Cap. 3 - Rincorrersi
Erano
passate alcune ore, ma a Shun parvero una manciata di secondi. Un
raggio di sole gli ferì gli occhi, svegliandolo. Subito la
mente saettò
agli ultimi eventi: aveva baciato Ken Wakashimazu e si erano
addormentati abbracciati.
Eppure…
Adesso il letto era vuoto.
Si sollevò di scatto e osservò la stanza. Del
portiere nessuna traccia, a parte i suoi bagagli già pronti
in un angolo.
Giusto, ricordò, oggi
torniamo a casa…
Dette
un’occhiata alla sveglia e vide che era comunque in orario.
Infilò alla
meno peggio i vestiti in valigia: un sorriso gli increspò le
labbra al
pensiero di come, invece, nei bagagli di Ken regnasse sicuramente
l’ordine più assoluto.
Ken…
Ebbe
la tentazione di aprire le borse per sentire ancora quel profumo. Senza
dover affrontare lui in persona. Cosa si sarebbero detti?
Niente di niente.
Ken
si era comportato come se nulla fosse successo, parlando del
più e del
meno con Kojiro e Maki, sia a colazione sia durante il tragitto verso
l’aeroporto e dormendo praticamente per tutto il viaggio in
aereo. In
una parola, ignorandolo bellamente. Che, calcolando quanto si erano
avvicinati in quella settimana, non era esattamente far
finta di niente, aveva riflettuto Shun, fissando, senza
leggerle veramente, le istruzioni di sicurezza dell’aereo. Chissà
se c’è qualcuno che lo fa…
si ritrovò a pensare.
Scesero
dal velivolo e si avviarono verso l’area per il recupero dei
bagagli.
Ken procedeva ad ampie falcate lungo gli androni
dell’aeroporto e
Nitta, al solito, era costretto ad accennare una corsetta per tenere il
passo. E menomale facevo i cento metri in undici secondi,
pensò. Ken si fermò davanti al nastro, gli occhi
fissi sulla porticina coperta da quelle strane tende di gomma.
“Beh,
a quanto pare è arrivato il momento di salutarci”.
La voce del portiere
lo fece sussultare. Non la sentiva da quasi due ore.
“Già” rispose imbarazzato Nitta, la gola
prosciugata.
“Hai il treno, vero?”
“Sì”
“Mio fratello ci sta aspettando fuori, ti porterà
lui… io…devo… sbrigare alcune
cose”.
“In aeroporto?” chiese Shun dubbioso.
Quest’impegno improvviso sapeva tanto di una balla per
togliersi d’impiccio.
“No, dall’altra parte della città.
Lascio la valigia e prendo un taxi”.
Lo
sguardo del piccolo attaccante si fece torvo e la voce che gli
uscì
aveva il tono duro e sprezzante che Shun aveva imparato, suo malgrado,
a opporre alla strafottenza altrui. In quella meravigliosa settimana
credeva di averlo dimenticato, ma si accorse, con una stretta al cuore,
che non era così.
“”No, figurati. Userò io i mezzi per
andare alla stazione”.
“Sicuro?”
“Certo”.
In
quella la valigia di Nitta sbucò dalle tendine. Ken fece per
avvicinarsi al nastro trasportatore ma Shun gli tagliò la
strada e la
prese da solo, sul volto sempre l’espressione torva che non
tradì lo
sforzo che gli costò recuperare quel bagaglio. Ma la rabbia,
come la
paura, a volte ti fa tirare fuori energie che non neanche immagini di
avere.
“Ci vediamo, Wakashimazu”
disse, senza voltarsi. Quasi non lo udì il mormorare un
saluto
sommesso, ma sentì chiaramente che adesso lo sguardo del
portiere era
fisso sulla sua schiena. Serrò occhi e labbra
perché non ne uscissero
né lacrime né parole e anche le dita si strinsero
convulsamente attorno
al manico del trolley, ma non si voltò, ben consapevole di
non essere
Orfeo e che, per quanto si ostinasse a tenere lo sguardo fisso in
avanti, nessun dio gli avrebbe restituito la persona che, durante
quella breve parentesi, aveva creduto di amare.
Durante
il viaggio in treno, la mente inquieta di Shun cominciò a
vagliare ogni
possibilità. Alla fine si era quasi convinto che quel bacio
doveva
essere stato solo frutto della sua fantasia, brillantemente coadiuvata
dalla dose non indifferente di alcol ingerito. Eppure si era svegliato
nel letto di Ken. Ma per quanto ne sapeva, lui poteva aver steso a
terra il futon, dormito lì e riposto il tutto prima che lui
si
svegliasse… d’altronde, aveva anche fatto i
bagagli e senza che lui si
accorgesse di niente! Ma se non era successo nulla, perché
aveva
cambiato atteggiamento nei suoi confronti? Nei giorni precedenti erano
diventati amici… no?
Prese in mano il cellulare. Gli bastò aprire il registro
delle chiamate per trovarsi davanti quel Wakashimazu 17.
Chiuse gli occhi e prese un lungo respiro mentre pensava ora
lo chiamo e chiarisco tutto. Proprio in
quell’attimo il telefono prese a suonare. Shun
aprì di scatto gli occhi.
Il display recitava Mamma.
Convinto di aver ormai perso un paio d’anni di vita, mentre
il battito gli tornava normale, rispose.
“Ciao cucciolo”
“Mamma” salutò atono.
“Cosa c’è, cucciolo? Triste che la
vacanza è finita?”
“Già” disse lui, cercando di suonare
convincente.
“Senti, lo so che non ci vediamo da una settimana,
cucciolo…”
Se mi chiama un’altra volta così,
Shun giurò a se stesso, lancio il cellulare dal
finestrino, tipo tiro del falco…
“…
ma papà ha un convegno e devo accompagnarlo. Partiamo adesso
e torniamo
dopodomani, ok? In freezer c’è un po’ di
roba, se hai bisogno di
qualcosa puoi chiamare la signora Rukawa, ok?”
“Va bene, mamma, non ti preoccupare, divertitevi”.
Finalmente
una buona notizia. Non avrebbe dovuto sopportare sua madre affacciata
alla porta della stanza col suo “raccontami,
cucciolo” e quello sguardo
dolce e luminoso nei grandi occhi da cerbiatta. Le voleva un gran bene
e di solito si confidava volentieri con lei, ma stavolta…
Si
rese conto di avere ancora il telefono in mano, ma si accorse di non
avere il coraggio. E comunque non c’era niente da dirsi. Si
sarebbe
rinchiuso in casa per due giorni, si sarebbe pianto un po’
addosso ma,
poi, avrebbe ripreso in mano la sua vita: presto avrebbe iniziato
l’università e ricominciato gli allenamenti.
Magari avrebbe pure
richiamato Ayumi… E tutto quella storia sarebbe diventata
presto solo
un lontano ricordo o un sogno, in fondo, non c’era molta
differenza.
Infine,
scese anche dal taxi ed entrò in casa. Era una villetta
supermoderna e
dotata di ogni confort, come piaceva a suo padre, ma gli
sembrò assai
più fredda della casetta di Maki. Scosse la testa per
scacciare quei
ricordi, tanto vicini eppure già così lontani. Il
movimento gli provocò
una stilettata alla fronte, rendendolo pienamente consapevole del mal
di testa che già da un po’ gli premeva sulle
tempie. Era stanco,
sfibrato quasi. Decise che ai bagagli avrebbe pensato più
tardi ora ci
volevano un bel bagno e una lunga dormita.
Ringraziò
mentalmente le diavolerie fredde ma moderne di suo padre e accese
l’idromassaggio. Si spogliò, quindi
pensò che, affinché il tutto fosse
davvero perfetto, mancavano ancora le candele profumate di sua madre e
una tazzona fumante di tè verde.
Guardò
a malincuore l’acqua già calda e piena di bolle,
ma infilò
l’accappatoio e andò a procurarsi gli ultimi due
ingredienti. L’attesa,
d’altronde, aumenta il piacere.
Seduto
in cucina, aspettava il fischio del bollitore, quando un altro rumore
gli giunse alle orecchie. Il rombo di una moto che si avvicinava sempre
di più e poi si spegneva. Vicinissimo, nel suo giardino,
avrebbe
giurato. Incuriosito, si avvicinò alla finestra.
In effetti nel vialetto di casa sua c’era una moto da strada
azzurra da cui stava scendendo…
La
sua mente si rifiutava di crederci, ma il suo cuore aveva
già
riconosciuto le lunghe gambe fasciate da jeans chiarissimi che aveva
visto solo poche ore prima. Ma quando il motociclista si
sfilò il casco
e ne uscì una cascata di lunghi capelli nerissimi non ci
furono più
dubbi.
Ken appoggiò il casco sulla
sella e si tolse la giacca da moto. Anche la maglietta era la stessa
che aveva indossato durante il volo. Mosse qualche passo incerto, come
se le gambe gli tremassero, e uscì di nuovo dal vialetto per
controllare il nome sul campanello. Poi dette un’occhiata
all’abitazione, scorgendo l’unica finestra aperta
e, dietro di essa, la
faccia allibita di Shun. Gli fece un cenno di saluto.
L’attaccante si riscosse e corse ad aprire la porta. Lo
guardò salire gli scalini appoggiandosi al muro.
“Ken… cosa…”
balbettò.
Il
portiere alzò stancamente una mano. “Ho bisogno di
un bicchier d’acqua
poi parliamo, ok?” accennò un sorriso ma il volto
era pallido ed aveva
l’aria esausta.
“Ho appena fatto il tè, se…”
disse Shun ancora incredulo, spostandosi per farlo entrare.
“Perfetto” rispose l’altro, sedendosi
faticosamente sul divano.
Cercando
di controllare il tremore delle mani ed evitare eventuali ustioni, il
padrone di casa riempì due tazze di tè, le
sistemò su un vassoio
assieme allo zucchero e a dei biscotti, quindi appoggiò il
tutto sul
basso tavolino del soggiorno. Si sedette poi su una poltrona a poca
distanza da Ken, guardandolo con aria interrogativa. Il portiere si
staccò faticosamente dallo schienale, sistemandosi sul bordo
della
seduta. Prese il tè, lo zuccherò abbondantemente
e, socchiudendo gli
occhi, cominciò a sorseggiarlo.
“Adesso va meglio” disse con un sospiro. Poi
aprì gli occhi e, finalmente, il suo sguardo intenso
incontrò quello di Shun.
“Innanzitutto scusa l’intrusione”
esordì. “Di solito non mi presento così
a casa degli amici…”
“Figurati”
farfugliò Nitta. Quell’ultima parola gli aveva
scaldato il cuore.
Nonostante le ore precedenti, si sentiva come se tutto forse scomparso
d’incanto… la rabbia, la tristezza, persino il mal
di testa… era solo
profondamente e irrazionalmente felice che Ken fosse lì con
lui.
“… ma, d’altra parte, per lo
più, neanche mi comporto in quel modo,
con gli amici…”
L’attaccante sentì le guance imporporarsi e
distolse lo sguardo, inclinando leggermente il capo.
Ken posò la tazza sul tavolino, poi gli prese il mento e lo
fece girare in modo da tornare occhi negli occhi.
Le
sue dita sfiorarono le labbra di Shun, che a stento si trattenne dal
baciarle, poi tornarono verso la tazza, ma non l’afferrarono.
“…
intendo dire, che non faccio finta che non sia successo niente, non
fingo di dormire o di essere interessato ad altro quando, invece, ce ne
sarebbero eccome di cose da dire…”
Nitta non riusciva a staccare gli occhi da quel volto, sempre
più vicino.
“…
avrei dovuto dirti quanto mi sono divertito in questa settimana, quanto
la tua presenza mi abbia aiutato a non pensare alla mia stupida gelosia
nei confronti di Maki, e avrei dovuto dirti quanto ti ho sentito vicino
in spiaggia e quanto le tue attenzioni mi abbiano lusingato e
quanto…”
Si
interruppe. Un leggero rossore gli tinse le guance pallide, si
passò
una mano fra i capelli sudati, che gli si appiccicavano al volto, per
poi toccarsi imbarazzato la nuca.
“Quanto parlo, quando ci sei tu! Non mi succede spesso,
sai…”.
Questa volta fu Shun a premere le sue dita sulle labbra
dell’altro: “Continua,” gli
sussurrò.
“Avrei
dovuto dirti…” continuò, la voce calda
e profonda era ridotta a un
sussurro ma i loro volti erano ormai tanto vicino che a ogni parola
Nitta sentiva il fiato caldo e profumato di tè verde sulla
pelle.
“Avrei dovuto dirti che mi piaceva cogliere gli sguardi
furtivi che mi
lanciavi con quei tuoi bellissimi occhi, la loro luce mentre sorridi e
il brillio che li percorre quando lasci correre la tua mente
sveglia…
persino ora, ma guardati… e il tuo corpicino
così… me lo aspettavo,
quello che è successo ieri notte, ma mai avrei
osato… E poi, al
mattino, ti ho visto accoccolato come un cucciolo sul mio petto, mi sei
sembrato così… fragile che non avrei mai
voluto… e allora ho pensato,
che magari se facevo finta di niente tu avresti creduto di aver solo
sognato e ognuno sarebbe potuto tornare alla sua vita… ma,
quando in
aeroporto mi sono ritrovato solo… mi son reso conto che
l’unico a
essersi mostrato fragile ero io, che sono stato il solito vigliacco
mentre tu invece eri stato forte… soprattutto nel momento in
cui,
prendendo il coraggio a due mani, mi hai baciato e ancora quando te ne
sei andato senza voltarti indietro. Arrivato a casa mia, stavo male e
ho capito che volevo solo rivederti e allora sono andato in garage e ho
pensato che la mia moto nuova non era ancora ben rodata e mi sono fatto
una cavalcata…”
“Da Tokyo a qua in quanto? Un paio d’ore? Sei
matto…”
“Dovevo
chiederti scusa e dirti la verità…
cioè che sono un coglione” svuotò la
tazza in un sorso e, barcollando, si alzò in piedi.
“Dove vai?”
“Torno a casa. Tranquillo, andrò più
piano”.
“Ma
se sei distrutto, guardati, barcolli più di ieri
sera…” disse Shun,
alzandosi a sua volta e afferrandolo per un braccio. Ken
lasciò che lo
traesse a sé e si trovò il mento di Nitta
appoggiato al petto, quei
suoi bellissimi occhi che lo fissavano da sotto in su, ardenti. Una
luce furbetta li fece luccicare, mentre gli diceva “io stavo
andando a
fare il bagno, se ti va…”
Le mani
di Ken gli scivolarono ai lati del collo, insinuandosi sotto i capelli,
verso la nuca, poi il portiere si chinò e le loro labbra si
incontrarono ancora. Intanto le sue mani riscendevano lungo quelle
spalle minute e facevano scivolare a terra l’accappatoio, in
modo da
poterlo accarezzare su tutto il corpo.
Shun
sentiva l’erezione dell’altro sotto ai jeans, ma lo
scostò leggermente
da sé e raccolse l’accappatoio riaggiustandoselo
alla belle’e meglio.
Poi si sistemò un braccio di Ken attorno alle spalle e gli
cinse la
vita col proprio.
“Andiamo, rottame, appoggiati al bastone della tua
vecchiaia” disse ridendo.
L’altro
l’ammonì con un blando “Attento
piccoletto” ma poi si lasciò condurre
al piano superiore, godendo del contatto col corpo seminudo del
compagno.
Lo lasciò fare anche
quando, una volta entrati nell’enorme sala da bagno, Nitta lo
spogliò
lentamente e lo guidò verso la vasca. Shun sorrise vedendo
l’espressione di beatitudine sul suo volto: doveva essere
davvero
distrutto dopo quella folle corsa in moto. Assaporando ogni attimo, il
padrone di casa accese le candele, poi si tolse l’accappatoio
ed entrò
silenziosamente in acqua. Ken aveva la testa appoggiata al bordo e gli
occhi chiusi. Quando le mani di Shun cominciarono ad accarezzarlo,
sollevò il capo e lo guardò per un attimo, poi
tornò a rilassarsi sotto
le sue carezze.
Col cuore in gola,
l’attaccante gli sfiorò il sesso e
soffocò un gemito quando lo sentì
già eccitato. Mentre sotto il pelo dell’acqua
continuavano quelle
carezze intime, sopra, Shun cominciò a tempestare di baci e
piccoli
morsi ogni centimetro del torace del portiere. Ken gemeva di piacere e
rideva per il solletico provocato dai dentini aguzzi del giovane
attaccante, che, rapido, gli si fece sopra: quando i due membri
sensibilissimi entrarono in contatto, un brivido di eccitazione scorse
sui loro corpi assieme alle bollicine. Ken lo strinse forte e lo
baciò
con passione, poi, come travolto da un’ondata di desiderio,
dando un
potente colpo di reni e quasi sollevandolo di peso, ribaltò
le
posizioni e Shun se lo ritrovò sopra.
Minuscole
goccioline d’acqua scendevano lente lungo le ciocche corvine
del
portiere, stillando sul volto e sul torace di Nitta o rituffandosi con
un leggero pluff nell’acqua calda che
abbracciava i loro
corpi. Adesso era il portiere a guidare quella strana danza: sdraiato
su un fianco e sporgendosi leggermente, gli faceva scorrere le dita
sull’addome, sui muscoli così piccoli ma
perfettamente disegnati. Anche
le cosce sembravano minuscole, eppure avevano quadricipiti tonici e
possenti. La sua mano grandissima andò brevemente a
stimolare il sesso
del compagno, poi scese giù e cominciò lentamente
a saggiare la sua
apertura. Quando fece scivolare un dito all’interno, Shun si
contrasse
leggermente e i suoi occhi cercarono quelli del portiere. Lo sguardo
che ricevette in cambio fu però così rassicurante
e dolce che il
piccolo annuì e si rilassò. Socchiuse gli occhi e
per attimi infiniti
esistettero solo sensazioni tattili… l’acqua
calda, le bollicine e le
dita di Ken… poi le sue labbra gli sfiorarono la fronte, i
capelli e
l’orecchio dove il portiere depositò un dolce
sussurro: “Vuoi?”
In
tutta risposta, l’altro voltò lentamente la testa
e lo baciò, con
trasporto, traendolo a sé. Ken ricambiò, ma si
staccò quasi subito. Si
alzò sulle ginocchia, ergendosi in tutta la sua bellezza
statuaria e
Shun deglutì a fatica. Poi gli prese le gambe e se le
aggiustò attorno
ai fianchi, quindi appoggiò le mani ai lati di Nitta e si
lasciò
scivolare giù, sfiorando con tutto il corpo il membro del
compagno.
Quando si trovò all’altezza giusta, lentamente
iniziò a penetrarlo.
Faceva
male. Nittà gli conficcò le unghie nelle braccia,
stringendosi anche
per non cadere sott’acqua, e lo fissò spaventato.
Ma, ancora una volta,
la dolcezza nello sguardo dell’altro lo
tranquillizzò, e così si
rilassò, permettendogli di entrare. Dapprima i movimenti
furono lenti,
poi sempre più decisi. Non appena Ken lo sentì
ben dilatato, tenendolo
stretto a sé, si gettò all’indietro per
trovarselo sopra. Allora Shun
iniziò a muoversi, oscillando su quel corpo, cercando il
proprio
piacere e quello del compagno. Quando lo sentì liberarsi
dentro si sé,
quasi di conseguenza, il suo corpo rispose.
Poco
dopo, Shun si ritrovò seduto sul divano a carezzare
distrattamente i
capelli ancora umidi di Ken, che si era addormentato con la testa nel
suo grembo. Il piccolo attaccante non si stancava mai di guardare il
suo bellissimo amante, e con le dita ne percorreva e ripercorreva i
tratti del viso, mentre l’altro mugolava piano nel sonno e le
sue
labbra si piegavano in un sorriso.
D’un tratto aprì gli occhi e si tirò su
di scatto: “Oh mio Dio…”
esclamò, “sarà tardissimo, devo
andare”.
“I
miei tornano solo fra due giorni, Ken, ti prego, resta… non
sprechiamo
più neanche un attimo… c’è
tanto, troppo tempo per stare lontani”.
Gli occhi di Nitta brillavano di passione.
Ken
sorrise. “Hai ragione, non mi lascerò mai
più scappare neanche un
attimo di quelli che posso passare con te, non fuggirò e non
ti lascerò
fuggire…” rispose attraendolo verso di
sé. Shun sprofondò il viso
nell’incavo fra la spalla e il collo, aspirando il suo
profumo
inebriante. Raccolse le ginocchia contro il fianco di lui e
sentì le
sue braccia lunghe cingerlo e proteggerlo.
Ken
se lo strinse al petto e appoggiò la guancia sui capelli
morbidi del
compagno. Abbracciandolo, sentì che le tensioni e la
stanchezza
fluivano via. Anche le forze, tuttavia, sembravano averlo abbandonato,
ma, per la prima volta, sentirsi inerme non gli faceva più
paura, e
così si riaddormentò, sereno.
Questo era il dessert, ora caffè, limoncello e il CONTO! lol
Vorrei ringraziarvi davvero tutti per aver letto e commentato questa storia e per i tanti troppi complimenti che per essa e per me si sono sprecati... Comunque devo dire che c'ho preso gusto a questa coppietta e se il Golden 23 mi assiste... vedremo! ;)
Per ora, ancora grazie, grazie grazie....