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Autore: ballerinaclassica    12/09/2009    5 recensioni
{ Seconda classificata al contest "Regret" sul The Secret Castle of FanFiction Yaoi. }
Sbatte poi con violenza lungo le ordinate fila di lenzuola immobili - forse la pausa è calata anche su quelle -, rese ancor più statiche da ciò che è celato al di sotto, probabilmente. Uno spettacolo macabro, se solo non fosse così misterioso, quello scenario.
Li percorre tutti, quegli ordinati lettini, facendo poco caso alle figure sdraiate sopra, coperte da un sottile velo che sembra trasportarli in un mondo a parte, nel quale potrebbero avere di nuovo l'occasione di muoversi, liberarsi e andar via. Ma evidentemente, l'unico che ne ha ancora l'opportunità è lui, probabilmente chi, lì in mezzo, meriterrebbe di essere morto e dimenticato più d'ogni altro.
Pare solo accorgersi dei cartellini che, sottili e leggeri, sono appesi - e lui riesce a trovarlo addirittura buffo - ai piedi di ciascuna di esse.
Dovrebbe leggerli e trovare l'obbiettivo il prima possibile, ora che ci pensa. Od altrimenti, scegliere senza nemmeno conoscere il nome della potenziale vittima, carne da macello nelle mani di chi è dedito solo al proprio guadagno.
{ Kakuzu ~ Hidan }
Genere: Dark, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hidan, Kakuzu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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KakuzuHidan
Autore: ballerinaclassica (EFP), Capitan Haru. ~ (blogfree)
Titolo: Sangue ~He hates his last victim.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspance.
Rating:
Arancione.
Avvertimenti:
Alternative Universe (AU), One Shot, Yaoi (accennato)
Disclaimer:
Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e non mi appartengono. I fatti in essa narrati, inoltre, non sono ispirati ad avvenimenti reali. La seguente FanFiction non è stata scritta a scopi di lucro.
Personaggio/Coppia scelta:
Kakuzu / Hidan.
Introduzione:
Sbatte poi con violenza lungo le ordinate fila di lenzuola immobili - forse la pausa è calata anche su quelle -, rese ancor più statiche da ciò che è celato al di sotto, probabilmente. Uno spettacolo macabro, se solo non fosse così misterioso, quello scenario.
Li percorre tutti, quegli ordinati lettini, facendo poco caso alle figure sdraiate sopra, coperte da un sottile velo che sembra trasportarli in un mondo a parte, nel quale potrebbero avere di nuovo l'occasione di muoversi, liberarsi e andar via. Ma evidentemente, l'unico che ne ha ancora l'opportunità è lui, probabilmente chi, lì in mezzo, meriterrebbe di essere morto e dimenticato più d'ogni altro.
Pare solo accorgersi dei cartellini che, sottili e leggeri, sono appesi - e lui riesce a trovarlo addirittura buffo - ai piedi di ciascuna di esse.
Dovrebbe leggerli e trovare l'obbiettivo il prima possibile, ora che ci pensa. Od altrimenti, scegliere senza nemmeno conoscere il nome della potenziale vittima, carne da macello nelle mani di chi è dedito solo al proprio guadagno.
{ Kakuzu ~ Hidan }
Note dell’Autore (facoltative): Bel Contest e belle citazioni, lo ammetto. Sono sul Fandom di Naruto a singhiozzo e conto di lasciarlo il più presto possibile, finalmente. Ma devo ammettere che, almeno questa volta, avevo particolarmente voglia di cimentarmi con l'ennesimo concorso - che fortunatamente, poi, non ammetteva LongFic.
Ho scelto infatti una One Shot; avrei voluto scrivere un Flash, ma il Word aveva ormai contato 1.406 - aberranti - paroline.
Bon, non credo di aver niente da comunicare, quindi: buon lavoro e... Siate spietate! 








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S a n g u e ~He hates his last victim.






Aveva avuto l'impressione di sprofondare, di essere rapito da una spirale densa, intensa e tiepida. E sempre più in basso lo avrebbe portato, ne era certo.

 La luce riesce a filtrare solo nella misera forma di un pallido arabesco che può comunque trovare la forza di insidiarsi prepotentemente tra le pareti, rompendo quel buio imperturbabile che è sovrano, ormai, delle quiete della stanza, andando goffamente a cozzare contro il metallo che riempie il vuoto e contro la pausa che aleggia.
Sbatte poi con violenza lungo le ordinate fila di lenzuola immobili - forse la pausa è calata anche su quelle -, rese ancor più statiche da ciò che è celato al di sotto, probabilmente. Uno spettacolo macabro, se solo non fosse così misterioso.
Li percorre tutti, quegli ordinati lettini, facendo poco caso alle figure sdraiate sopra, coperte da un sottile velo che sembra trasportarli in un mondo a parte, nel quale potrebbero avere di nuovo l'occasione di muoversi, liberarsi e andar via. Ma evidentemente, l'unico che ne ha ancora l'opportunità è lui, probabilmente chi, lì in mezzo, meriterebbe di essere morto e dimenticato più d'ogni altro.
Pare solo accorgersi dei cartellini che, sottili e leggeri, sono appesi - e lui riesce a trovarlo addirittura buffo - ai piedi di ciascuna di esse.
Dovrebbe leggerli e trovare l'obbiettivo il prima possibile, ora che ci pensa. Od altrimenti, scegliere senza nemmeno conoscere il nome della potenziale vittima, carne da macello nelle mani di chi è dedito solo al proprio guadagno.
E così decide di affidarsi all'istinto, a cosa il sesto senso ha in serbo per lui. Cammina, accompagnato semplicemente dal ritmico, ma lento rumore dei suoi stessi passi e li osserva, uno ad uno.
La mano si chiude su una caviglia particolarmente pallida, avvolgendola come tentacoli, stringendola come per strangolarla. E' già tremendamente irritante, quella persona, nevvero? Avrebbe voglia di ucciderla, un'altra volta.
Con un verso scocciato, tira via la stoffa leggera che ricopre il cadavere, ormai inutile. Non c'è più nulla che possa ormai migliorare l'attuale condizione di quella gente, sdraiata e pronta soltanto alla sepoltura.
Lo guarda a lungo, senza nemmeno sapere perché ha scelto proprio lui, che riesce a dargli sui nervi solo restando sdraiato supino, immobile in tutto il suo tenue pallore.
Ha quasi l'impressione di averlo visto rabbrividire per il freddo. Semplicemente, sarà troppo stanco.


Plic... Plic... Plic...


Il sangue non è ancora rappreso del tutto, ma Kakuzu non teme di essere stato troppo duro.
Anzi, se fosse realmente vivo, quel moccioso, sarebbe un piacere vederlo soffrire ed urlare per il dolore.
E' per questo che osserva il suo volto ceruleo, nella speranza di poter notare anche solo un impercettibile e sporadico cambiamento sul suo volto.
Vuole vederla, quella nota angosciante, sofferente, quello stridio sulle sue labbra, quel fremito lungo il suo corpo.
Vuole vederlo soffrire, contorcersi ed agitarsi.
Lo vuole ammazzare.


Plic... Plic... Plic...


 Lo sistema con dovizia, il cadavere, soffermandosi forse troppo a lungo su quel corpo. E sta già considerando quella situazione insopportabilmente opprimente.
Sta perdendo tempo con lui. E il tempo è denaro, non può concedersi pause.
La sua causa sta solo nella lama del bisturi, bagnata ed inumidita dal rosso del sangue delle loro carni. Sta in quella lama lucida, sottile, leggera ed affilata, che altro non sa fare che punire ancora una volta i loro corpi, per trapassarli e strappargli via fin'anche l'anima, per uno scopo che di buono ha ben poco.
Si sporca delle loro interiora, quella lama, riuscendo a toccare il loro ultimo respiro, a sentire il loro terrore, il loro ribrezzo, mentre affonda, lentamente e ancor più dolce.

 Kakuzu estrae dalla valigetta l'unico compagno che, come un fedele complice, ha buona parte del merito e dei guadagni.
E il bisturi si avvicina al petto ed allo sterno, con la lama fredda almeno quanto quella pelle nivea. Con un tic, tintinnio metallico accompagnato solo dal respiro del dottore, va a sfiorare delicatamente l'argenteo ciondolo, gelido e rassicurante, appoggiato appena sotto la linea delle clavicole.
E Kakuzu è quasi sicuro di aver percepito un sussulto, un fremito di quella pelle diafana. Ed inspiegabilmente viene colto dalla rabbia e dal ribrezzo.
Avvolge la mano attorno alla chiara pelle del collo, liscia e fredda contro il suo palmo; mentre con l'altra, strappa via, con brutale violenza, la catenina sottile, scagliandola, nell'attimo successivo, dall'altra parte della stanza.
Quel moccioso riesce solo e soltanto a renderlo nervoso.
E poi lo osserva, a lungo. Così strafottente, in tutta la sua morte, così insopportabile, nonostante non possa muoversi, né parlare.
E riesce a fargli perdere altro, prezioso tempo.

Aveva continuato ad affondare in quella carne, con meticolosa delicatezza, osservandone il colore e tastandone la consistenza attraverso il sottile strato di lattice.
Eppure, nemmeno il sangue rappreso che ormai macchiava i suoi guanti sembrava toccarlo minimamente od impietosirlo.
Così come gli occhi chiusi di quel cadavere, della bambina morta per chissà quale fatale e macabro avvenimento. Né la sua pelle liscia, nonostante il pallore tipico, né le labbra leggermente schiuse, decorate da guance paffute, né i capelli neri come l'ebano, sparsi sul letto di gelido acciaio e fuggiti sulle spalle e sulle clavicole;
né gli occhi impercettibilmente aperti, testimoni della violazione della sua salma, nei quali aveva intravisto il colore del ghiaccio.
Aveva soltanto continuato a tagliare, avido dei suoi organi interni e ancor più voglioso del denaro che ne avrebbe ricavato, vendendoli.
 
 Forse, in passato, aveva rimpianto la sua umanità. Ma sicuramente - anche se solo ci fosse stato qualcosa per cui ne sarebbe valsa la pena, di tornare indietro - adesso non l'avrebbe fatto.
Kakuzu è dedito al guadagno, agisce semplicemente pensando al proprio tornaconto e nel proprio interesse. Ed effettivamente, non c'è nulla di sbagliato in questo. Ma è altrettanto sicuro che non sia perfettamente legale, tutto ciò che sta facendo.
Ha visto - riflesso in uno specchio, ma lo pur sempre ha visto - un medico trasformarsi in un macellaio. Ha visto, seppure non si sia reso conto di tutto a causa dei contorni sfocati di quelle immagini, ribaltarsi il senso della sua professione. Evidentemente però, finge di non accorgersene: il mercato degli organi lo fa guadagnare bene, se si è precisi, meticolosi e stimati come lui stesso ammette di esser diventato.

 E' questo quello che pensa mentre è ancora intento ad asportare le sue interiora, senza il minimo ribrezzo negli occhi, ma con il puro e semplice scopo di portare a termine il suo lavoro il più in fretta possibile.
Eppure, talvolta lancia truci sguardi a quel cadavere, quel fottutissimo cadavere.
Giura - sì, ne è tanto sicuro che potrebbe scommetterci sopra - che quell'idiota di un morto stia sorridendo, che rida di lui, ancora e ancora, per il solo gusto di farlo innervosire ancor più di quanto già non sia.

Il sangue non è ancora rappreso del tutto, ma Kakuzu non teme di essere stato troppo duro.
Anzi, se fosse realmente vivo, quel moccioso, sarebbe un piacere vederlo soffrire ed urlare per il dolore.
E' per questo che osserva il suo volto ceruleo, nella speranza di poter notare anche solo un impercettibile e sporadico cambiamento sul suo volto.
Vuole vederla, quella nota angosciante, sofferente, quello stridio sulle sue labbra, quel fremito lungo il suo corpo.
Vuole vederlo soffrire, contorcersi ed agitarsi.
Lo vuole ammazzare.
Eppure, perché sembra si stia divertendo?
Il dottore porta una mano alla pallida e liscia pelle del collo, cominciando a stringere più che può, per strangolarlo, per strozzarlo, per ucciderlo e togliergli quell'insopportabile ghigno dalla faccia. Per togliergliela via del tutto, quella faccia.

 Ripulisce tutto, con precisione, ma questa volta si rifiuta di guardare, ancora, quel corpo che tanto lo ha deriso per tutto il tempo.
Si volta solo un attimo, sporgendosi tra le gelide pareti, sull'acciaio e sul sangue. E non con l'intento di rivedere quello strafontente sorriso, di un folle che prova gioia, che si diverte, che affonda nel piacere della propria morte.
Vuole semplicemente deriderlo, quel moccioso, lasciando quel ciondolo abbandonato nell'angolo, lanciato via e tenuto lontano, dimenticato per sempre in quella misera porzione di pavimento, in quel lembo di marmo freddo che le sue mani - morte mani - non possono nemmeno sfiorare.
Ed è fin troppo stupito ed ancora più arrabbiato, inferocito nel trovarlo adagiato sul suo sterno, ancora a rassicurarlo e confortarlo, a trasmettergli quel calore inesistente del quale solo un pazzo potrebbe godere.

E Hidan ride ancora.
E' stato divertente, vero?




   
 
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