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Autore: Mick St John    12/09/2009    1 recensioni
E' una pagina di diario, basata sui ricordi di Mick St. John, subito dopo il suo matrimonio con Coraline e la trasformazione. Mick ha difficoltà ad accettare la sua nuova condizione di immortale e si allontana dalla moglie per intraprendere un percorso di "redenzione" con il supporto di Josef, suo amico.
L'idea di questa fanfic mi è venuta sentendo la canzone di James Morrison e Nelly Furtado, "Broken Strings" appunto, da cui prende il titolo.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Broken Strings




L'anno in cui Coraline mi ha reso immortale era il 1952.

E' stato un anno difficilissimo per me, pieno di profondi cambiamenti nel mio modo di essere, che non si riferivano solo al matrimonio e alla nostra vita di coppia, nè al fatto di dovermi adattare ad un corpo che non riconoscevo più come mio.
Certo, dovevo fare i conti con tante cose: primo, il disagio dovuto alla luce del sole, che tendeva a fiaccarmi. Poi con l'esigenza di bere prima di arrivare alla trasformazione, per poter tenere sotto controllo il mio istinto e ultima, ma non meno importante, l'abitudine che dovevo impormi di dormire in un posto abbastanza freddo come un freezer.
Oltre a queste esigenze prettamente tecniche, ne avevo altre molto più complicate da soddisfare.
Coraline mi stava dietro come solo una madre premurosa può fare con il suo piccolo indifeso.
Non posso rimproverarla di avere tentato di darmi tutto il sostegno necessario, ma la mia insoddisfazione non era sanabile con le sue attenzioni.
Al contrario, con il suo atteggiamento, mi soffocava, assicurandosi ogni momento che non mi mancasse nulla.
Fisicamente stavo bene, ma nella mia testa tutto era troppo confuso.
Nei primi anni di matrimonio, un uomo e una donna hanno fretta di tornare a casa per fare l'amore.
Approfittano di ogni momento di tempo libero per appagare quel desiderio intenso di essere l'uno il completamento dell'altra.
E sono felici come pochi possono capire, anche se a volte litigano, non si capiscono, soffrono.
Hanno la consapevolezza di non essere più solo due individui ben distinti, ma due parti di un tutto che può funzionare soltanto se entrambi sono pronti ai loro compiti.
Ai problemi che tutte le coppie avevano di fronte alle responsabilità del matrimonio, per noi si aggiungeva una difficoltà enorme.
L'essere diversi dal resto del mondo, ognuno a modo suo.
Perchè anche io e Coraline ci ponevamo in modo diverso, nonostante fossimo entrambi vampiri, per sua volontà.
E questo mio essere profondamente estraneo alla mia nuova natura, era per me un muro invalicabile tra me e mia moglie, così come tra me e il mondo intero.
Il fatto che fosse la mia Sire, più che la mia compagna, era frustrante ai fini del nostro rapporto.
Ero subordinato al suo desiderio.
Ogni volta che facevamo l'amore, la stringevo a me, pensando come lei, che il tempo avrebbe curato le mie ferite e cancellato ogni macchia, ma qualcosa dentro il mio cuore si era rotto.
Ero come un ingranaggio inceppato che ripete sempre lo stesso movimento, senza potersi sbloccare, e la mia mente si incantava su pensieri eccessivamente martellanti che stavano fiaccando la mia capacità di sopportazione.
Addirittura ero arrivato al punto di fingere di non accorgermi che alcune volte mia moglie rientrasse in orari decisamente insoliti.
Ma cosa poteva essere normale nella mia vita, dopo quello che era accaduto?
Un vampiro preferisce vivere di notte piuttosto che di giorno e per i primi tempi fu Coraline ad occuparsi della "caccia" anche per me.
Io ero troppo preoccupato a sforzarmi di ignorare tutta la mia tristezza e la mia insicurezza, che tuttavia si leggeva chiaramente nei miei occhi. Più passava il tempo, più diventava astio nei confronti della donna che avevo giurato di amare tutta la vita e che incolpavo di avermi reso un non-morto contro la mia volontà.
Coraline dal canto suo, cercava di non prendersela troppo per tutte le occhiate storte che le lanciavo ogni qual volta dovevo appagare la bestia che albergava in me.
Probabilmente sperava che con gli anni, il mio malessere diminuisse, ma al contrario, si esasperò a tal punto che una sera, durante una delle sue lunghe assenze, trovai la forza di prepararmi le valigie.
Quando lei rincasò, dopo qualche ora, rendendosi conto della mia risolutezza, il suo sguardo d'ossidiana si fece ancora più scuro.
"Mick... ma che cosa è successo? Dove stai andando?" Mi chiese lentamente.
Era scettica, nonostante fosse consapevole di ciò che mi torturava instancabilmente.
E' successo che tu mi hai ucciso, Coraline. E io non riesco a perdonarti.
Questo avrei dovuto dire, ma non aveva bisogno che glielo ricordassi, perchè lo sapeva perfettamente.
Il fatto che facesse finta di nulla mi feriva ancora di più.
Era il suo modo per minimizzare, illudendosi che avremmo superato la nostra crisi.
Voleva diventare il motore della mia nuova vita e la ragione del mio cambiamento, per farmi condividere l'eternità con lei.
Ed ero anche convinto che non trovasse un solo valido motivo per rimpiangere la mia trasformazione.
Ero ciò che voleva e non aveva nessuna intenzione di rinunciare a me, anche se non era quella la vita che io avevo sognato per noi due.
Aggrottai le sopracciglia e serrai le mascelle per un breve istante prima di voltarmi a richiudere anche la seconda valigia. Poi tornai a guardarla dritta negli occhi, recuperando un po' di sicurezza.
Quello che stavo per fare avrebbe rappresentato la crepa della dura verità, a causa della quale tutto il nostro castello di false speranze si sarebbe accasciato su se stesso.
Sentivo di dipendere completamente da lei e sapevo che non mi avrebbe mai lasciato andare senza farmi sentire mortalmente in colpa. Nonostante questo, il demone che mi si agitava dentro mi aveva reso più forte delle mie convinzioni e più determinato nell'ottenerle.
"Ho bisogno di stare per un po' da solo... Devo capire cosa voglio fare della mia vita."
E mentre lo dicevo, sentivo in bocca tutto l'amaro di quella parola che non mi apparteneva da diversi anni ormai.
Tu non ce l'hai più una vita. Mi dicevo. Tu non sei più, Mick...
"Questo vuol dire... che non mi ami più?"
Coraline aveva la voce tremante e gli occhi lucidi che mi imploravano di non abbandonarla.
Da mortale, mi sarei strappato volentieri il cuore pur di non vederla così in pena per me, ora invece ero in grado di sostenere quel luccichio ipnotico del suo sguardo.
Ma fui incapace di rispondere chiaramente a quella domanda.
Non sapevo se l'amavo ancora, ma ero certo che se quello che provavo per lei fosse stato amore, non era del tipo giusto.
Era un amore prepotente, possessivo, inarrestabile come un incendio devastante e capace di bruciare tutto ciò che avevamo intorno, lasciando una disarmante desolazione.
Avrebbe consumato anche me. Perchè tra noi due, lei era la miccia e io il fuoco, e tutto sarebbe finito con un'enorme esplosione. Tanto valeva cercare di salvare il salvabile finchè ero ancora in tempo.
Chiusi gli occhi, sentendo fluire dentro di me una sensazione di rancore che non sopportavo più di provare.
Non volevo passare un'esistenza da immortale, che lei mi aveva costretto a vivere, sforzandomi ogni minuto di non odiare la donna che avevo portato all'altare e che avevo giurato di amare per sempre, davanti a Dio.
Con quell'Abbraccio Coraline mi aveva privato di tutto quello in cui avevo sempre creduto. Mi aveva tradito in un modo del tutto inaspettato e crudele.
Schiudendo le ciglia, dopo avere assimilato per l'ennesima volta il ricordo di quella delusione straziante, fui in grado solo di sussurrarle le mie scuse.
"Devo prendermi del tempo per pensare. Mi dispiace."
E afferrando le valigie, mi ero già avviato verso la porta, ma lei mi bloccò.
La sua mano ferma, dalle dita lunghe e affusolate, fu pronta a serrare il mio braccio nella sua stretta.
"No!"
Alzai di scatto lo sguardo e lei impiegò qualche secondo per riprendere il controllo della sua voce e deglutire.
"Non sei tu che devi andartene, Mick. Resta qui, io torno nella mia casa di Beverly Hills." Aggiunse più calma.
Non so come, ma mi lasciai convincere da lei ad esaudire quel suo desiderio.
In fondo al suo cuore non credeva che facessi sul serio e se voleva che restassi tra quelle mura, era solo perchè mi avrebbero ricordato ogni momento la nostra vita insieme, in quella casa che, pieno di tante speranze, avevo comprato per noi e in cui volevo far crescere la nostra famiglia.
Mi ero fatto tante illusioni che la nostra vita insieme fosse di quelle da favola, ma allora ero vittima del suo immenso fascino e ora che le distanze tra noi si erano accorciate, avevo appreso una visione molto più chiara delle cose.
Era come se da mortale avessi avuto un velo davanti agli occhi, che con la trasformazione si era dissolto, mostrandomi tutto in modo nitido e inequivocabile.
Ogni volta che posavo lo sguardo sul nostro letto matrimoniale, ricordavo solo il profondo dolore che avevo provato al mio risveglio in quella seconda vita. Un dolore che andava al di là di quello fisico, già lacerante.
Volevo stare in casa il meno possibile, ma col sole e il caldo, non potevo andare a zonzo per molte ore.
A dire la verità non ce l'avrei mai fatta da solo, se non avessi avuto un aiuto insperato.
Josef ci faceva visita spesso e non mancava mai di invitarci alle sue feste a bordo piscina, nella sua fantastica villa.
Coraline, quando ci aveva presentati, mi aveva detto di conoscerlo da diverso tempo e di avere con lui un'amicizia basata sulla stima e il rispetto reciproco, pilastri importanti nella vita sociale dell'aitante miliardario.
Entrare nelle sue grazie significava avere un posto di rilievo nell'elite di Los Angeles e anche io lo sapevo bene.
Da umano, lo avevo sempre ritenuto un tipo intrattabile ed eccessivamente presuntuoso, da tenere buono solo perchè pieno di risorse e dal carattere eccessivamente irascibile.
Mi era simpatico, ma non lo avevo creduto da subito un potenziale amico fidato.
Con il passare dei mesi però, conoscendolo meglio, avevo cambiato idea, vedendo piano delinearsi intorno a lui una sagoma più umana, meno affettata.
Josef non era mai stato favorevole alla vita matrimoniale, per lui totalmente inconciliabile con l'essere vampiri, ma quando io e Coraline avevamo deciso di sposarci, lui aveva accettato di buon grado di farci da testimone di nozze.
Si stava rivelando un vero amico, anche se in un certo senso avevo l'impressione che intimamente sperasse proprio che le cose tra me e Coraline non andassero per il verso giusto.
Forse perchè temeva che lei decidesse di trasformarmi, come in effetti poi era accaduto.
Un giorno, qualche settimana dopo la nostra separazione, venne a trovarmi, per capire come stessero andando le cose tra me e la mia dolce metà.
"Chissà perchè, il settimo anno è sempre quello decisivo." Mi aveva detto con un tono stranamente sereno.
"E' inutile trascinarsi dietro un cadavere non-morto per chilometri se non ha nessuna intenzione di riprendere a camminare al tuo fianco. Spero che Coraline se ne renda conto. Dovrebbe farlo per te, ma soprattutto per se stessa." Non potevo dargli torto.
Aveva saputo da lei della mia crisi e senza pensarci troppo su, si era voluto accertare di persona che io volessi davvero dare una svolta alla mia esistenza.
Da vampiro, la mia prospettiva su di lui era completamente cambiata, così come era cambiata per la maggior parte delle conoscenze che avevo.
Kostan diventò ai miei occhi quello che rappresenta in ogni tempo la piena realizzazione della vita di un uomo come quella di un vampiro. E la mia stima verso di lui non si basava affatto sul suo considerevole patrimonio.
Non mi importava che fosse ricco e che avesse donne bellissime a completa disposizione 24 ore al giorno.
Josef aveva una padronanza di sè e del proprio potere che avrebbe lasciato allibito e affascinato chiunque.
Quando mi rivelò di avere più di 400 anni, capii che la sua autorità era più che comprensibile.
Era un pezzo di storia che si mostrava davanti ai miei occhi, oltre che la prova vivente che una creatura molto simile ad un dio pagano, potesse stare in mezzo agli uomini, integrandosi tra loro pur rimanendone profondamente diverso.
Non che il suo stile di vita fosse perfetto, ma il suo talento nel suo crearsi un vivere davvero inimitabile era qualcosa di irresistibile, soprattutto per un neovampiro come me.
E Josef, perfettamente cosciente della sua influenza, mi aveva preso sotto la sua ala protettiva, deciso a rendermi la libertà che reclamavo da Coraline, e allo stesso tempo a fornirmi tutte le armi di cui avevo bisogno per camminare con le mie gambe e difendermi.
La prima cosa che fece, fu trovarmi un altro posto in cui stare.
Quando mi portò a visitare il nuovo appartamento che aveva bloccato per me, non riusciva a contenere il suo sorriso soddisfatto.
"Non è stupendo? E' un loft esclusivo, Mick. Non è stato facile per me riuscire a spillarlo al direttore!"
Io continuavo a tenere il naso all'insù, spaziando di tanto in tanto dall'alto del soffitto, lungo le mura perimetrali.
"Potrai arredarla a tuo stile e vedrai che sarà ottimale, come sistemazione! Lì dietro c'è anche l'ufficio con l'entrata indipendente!"
"Fortress Of Style..." Continuavo a ripetermi, mentre aumentava la mia consapevolezza di avere un'altra chance per ricominciare a "vivere".
Quella diventò la mia nuova dimora, una casa capace di rispecchiare il nuovo Mick St. John.
Una parte di me era ancora indissolubilmente legata alla mia mortalità e dovevo trovare un nuovo equilibrio per metterla d'accordo con l'altra parte, più spaventosa e assetata di sangue per una necessità intrinseca.
Era ancora una casa vuota e per me rappresentava un nuovo inizio, una nuova partenza da zero.
Inoltre non avevo ancora deciso che tipo di professione intraprendere e aspettavo un'illuminazione, un input che mi venisse dall'esterno e che potesse guidarmi.
Improvvisamente arrivò anche quello.
Avevo ancora molte paure di non farcela da solo e non smettevo mai di ringraziare Josef per quello che faceva per me, convinto che da solo non sarei potuto arrivare lontano.
Lui, in risposta, sorrideva dispettosamente, prendendomi in giro.
"Senza di me, ce l'avresti fatta lo stesso. Sei troppo testardo e troppo coraggioso per arrenderti, Mick. Forse perchè sei profondamente incosciente!"
Fatto sta che non mi sentivo ancora soddisfatto e la smania che avevo addosso e che non sapevo come appagare, mi faceva andare a briglia sciolta.
Non mi perdevo una sola festa di Josef e avevo anche ripreso a fumare, anche se erano almeno un paio d'anni che non lo facevo. Non era un vizio per me, ma fumare di tanto in tanto un buon sigaro era una mia debolezza da mortale che non volevo perdere.
Rimasto senza scorte, ero sceso in strada e dopo avere camminato un po' per rinfrescarmi al vento gelido di quella serata di fine dicembre, mi ero soffermato davanti ad una tabaccheria.
Sentivo il rumore del traffico in lontananza e ad un tratto mi sembrò di udire dei rumori simili a degli spari.
Pensai che la polizia doveva essere impegnata in qualche azione, non molto lontano da dove mi trovavo.
Dopo aver esitato qualche secondo, mi ero deciso ad entrare e fermandomi davanti allo scaffale, cercai una delle marche che conoscevo, per comprarne una confezione, quando entrò, ansimante per la corsa, un barbone dal cappotto pieno di strappi, che cercava disperatamente di coprire con le mani.
Il freddo di quei giorni era terribilmente pungente.
Prese fiato per un istante prima di gridare allarmato.
"Chiama il 911! CHIAMALO!! Hanno sparato ad un tizio e ora si sta dissanguando sull'asfalto a due isolati da qui!"
Sangue...
Se c'era qualcuno che potesse sentirne l'odore a distanza, ero proprio io. O chiunque fosse della mia razza.
Potevo ripercorrere i miei passi fuori di lì, fregandome altamente di quello che stava accadendo.
Tra l'altro, avevo già mangiato.
Invece, senza pensare un secondo, mi sfilai la giacca, e la passai al clochard spaventato.
"Tienila pure, io ho caldo." Gli spiegai mentre mi fissava basito.
Lo lasciai in compagnia del tabaccaio che sembrava credere alle sue parole e aveva afferrato già il telefono per chiamare la polizia e un'ambulanza. Io invece, cercai direttamente il ferito.
Ero un medico militare, durante la guerra, avrei potuto fare il possibile per prestargli un primo soccorso.
Mi bastò annusare l'aria a fondo per capire dove dovevo svoltare e in pochi minuti lo raggiunsi.
Come aveva riferito il senzatetto, il ragazzo, forse appena ventenne, era steso supino sull'asfalto in una delle stradine poco trafficate. A quell'ora non c'erano passanti e i negozi erano ormai chiusi.
"EHI!" Lo chiamai correndogli incontro.
M'inginocchiai a terra e mi chinai su di lui per visionare la ferita. Allora mi resi conto che aveva due fori, uno all'addome, all'altezza dello stomaco e uno più in basso, sotto la milza. Era quello a preoccuparmi più di tutti. Usciva un rivolo di sangue molto più consistente e più scuro e sapevo perfettamente che il rischio di quelle ferite era il dissanguamento.
Era più facile che la pallottola entrasse e uscisse dall'altra parte senza intaccare gli organi interni, ma quella zona anatomica era piena di vene e dunque più a rischio emorragico. Inoltre provocava dolori molto forti.
Il ragazzo tentò di aprire gli occhi, nonostante le fitte lancinanti gli contraessero i lineamenti in una smorfia di sofferenza.
"Aiutami..." Sussurrò appena.
"Lo farò! Sono un medico. Come ti chiami?" Tutto quell'odore di sangue mi inebriava i sensi e facevo fatica a mantenermi concentrato.
"Sono Andy." Mi fissò con lo sguardo terrorizzato, mentre cercavo di premere sulla ferita e tamponarla.
"Ok Andy, io sono Mick!"
"Aiutami, ti prego... la mia Mary! Quel bastardo mi ha rubato la macchina...l'altro l'ha inseguita...di là! Aaah!" Cercò di sollevarsi seduto, ma la ferita gli strappò un grido.
"Cosa?"
Non avevo capito nulla di quello che cercava di dirmi.
"Sto bene, maledizione! La mia fidanzata! Trovatela!"
Non sapevo come fare per aiutarlo. Era importante che cercassi immediatamente questo tipo che inseguiva la sua fidanzata, ma ero cosciente anche del fatto che Andy stava morendo in mezzo alla strada.
"Prima provo a fermare l'emorragia, hai capito? Stai perdendo troppo sangue!"
Nell'unico modo che avevo a disposizione, cercai di fasciargli l'addome come meglio potevo con la sciarpa. Strinsi il più possibile, ignorando i lamenti di Andy, che aveva le guance rigate dalle lacrime.
Non gliene importava niente del freddo che gli stava intorpidendo le membra e del sangue che scorreva via come un fiume insieme alla sua vita.
Pensava alla sua Mary che era finita chissà dove per sfuggire al suo aguzzino.
E continuava a parlare, con piccole frasi un po' sconnesse per spiegarmi quello che era successo.
"Ci aspettavano alla macchina... non ho fatto in tempo... Non voglio che muoia... chiama qualcuno, ti prego... falla salvare..."
"Cerca di stare fermo il più possibile, Andy! Io vado a cercare la tua Mary. Te la riporto sana e salva."
Cercai di rincuorarlo con una stretta vigorosa alla mano.
Quando lo lasciai, la mia scivolò ancora umida del suo sangue.
Mentre mi allontanavo, sentivo le sirene spiegate dell'ambulanza e certamente anche di qualche volante.
Avrebbero pensato loro ad Andy, mentre io potevo preoccuparmi di ricercare la ragazza.
Andai nella direzione che mi aveva indicato, verso il parco. Cercai di concentrarmi e di captare qualche suono, qualunque grido che potesse essermi d'aiuto, ma non sentivo nulla che potesse aiutarmi. Ad un tratto però, un altro sparo.
Individuata la direzione, mi concentrai sugli odori, immaginando che Mary fosse terrorizzata, stanca e anche sporca del sangue di Andy.
Era riuscita a scappare verso il parco, ma era anche caduta, mentre il suo inseguitore le stava alle calcagna.
Era una testimone scomoda che dovevano in qualche modo zittire.
Probabilmente l'idea iniziale era stata quella di derubare la coppia e di divertirsi a violentare la ragazza. Ma la situazione doveva essere degenerata in seguito ad un tentativo di reazione da parte di Andy. Non mi era sembrato affatto un tipo remissivo, da come si dibatteva come un forsennato con un solo grammo di energia in una pozzanghera del suo sangue.
Chiusi gli occhi e usando i miei poteri, rividi la scena. Mary non era stata meno combattiva, era fuggita a perdifiato, cercando disperatamente poi un riparo tra i cespugli più bassi del parco e tentava di trattenere il respiro il più possibile per non farsi scoprire, ma quel tipo con il passamontagna rosso l'aveva seguita da lontano. Puzzava forte di vodka e tirava su continuamente col naso per colpa della cocaina.
Aveva scoperto dove si era nascosta e stava tranquillamente prendendo la mira per spararle.
Nonostante lo stato alterato dalla sbronza aveva un'ottima mira.
Premendo il grilletto, tutto sarebbe finito con due giovani vite spezzate per sempre, in cambio di una Plymouth Fury rossa del '58, qualche centinaio di dollari e una collanina d'oro.
Ma per sua sfortuna, non fu difficile per me pararmi sulla traiettoria dei proiettili.
Il rapinatore mi fissò allibito per qualche secondo, cercando di capire come mai non mi accasciassi a terra in seguito alle ferite.
Ad essere sincero, mi ci volle qualche attimo per riprendermi dal dolore.
Avevo avvertito distintamente il bruciore che mi provocavano le pallottole, infilandosi nella carne. Ad un tratto le sentivo bloccarsi di colpo con uno *stonk* come se si incastrassero in un muro di metallo.
Mi restava poi la sensazione del colpo, come se avessi battuto violentemente ad uno spigolo.
"Ne hai ancora uno. Vuoi usare anche quello?"
Lo incitai con un sorriso strafottente prima di concedermi un ruggito a fauci spalancate. I miei occhi di ghiaccio lo paralizzarono.
Lo sguardo dell'uomo si perse nel buio della paura e a quel punto lo disarmai prontamente per poi costringerlo a sbattere la testa su uno dei tronchi alle sue spalle, facendolo svenire sul colpo.
Quella fu la prima volta in cui provai l'ebrezza di avere usato i miei poteri per uno scopo in grado di nobilitare completamente ciò che ero.
Perciò feci a me stesso la promessa di impegnarmi ad aiutare chi aveva bisogno di protezione e scelsi la mia nuova professione.
Fare l'investigatore privato mi ha dato la possibilità di restare a contatto con gli umani, mantenendo lontano da sguardi indiscreti il mio terribile segreto.
Finalmente avevo trovato il lato positivo della mia dannazione, potendo essere utile nel modo più giusto.
Avrei aiutato loro per aiutare me stesso.
Mi gettai letteralmente a capofitto in quella nuova occupazione, distogliendo i pensieri che inevitabilmente ogni tanto si riaffacciavano a farmi male.
Avevo anche meno tempo da dedicare allo svago e Josef si era accorto del fatto che per prudenza, mi stavo relegando nella mia fortezza.
La mia vita sociale si limitava ad i rapporti lavorativi con i clienti e ai fini delle indagini, e solo un paio di volte al mese riuscivo a partecipare alla serata del poker o alle partite di biliardo che si facevano abitualmente a casa di Josef o nell'ufficio principale delle Kostan Industries.

Josef mi aveva presentato più gente possibile, consigliandomi anche ai suoi amici importanti, perchè la mia attività si avviasse come volevo, ma poi si era reso conto che dedicavo troppo poco tempo al sano divertimento.
Una sera provò in tutti i modi di convincermi a raggiungerlo alla villa.
"Stasera ho due splendide ragazze a cena. Perchè non vieni?"
Lo guardai per un attimo nel suo sguardo ambrato e poi scossi la testa.
"Vuoi dire, per cena." Lui rise alla mia precisazione, annuendo con disinvoltura.
"Si insomma... mi hai capito. Dai vieni, Mick. Ti farà bene svagarti un po'!"
Mi avrebbe fatto bene se fosse stata davvero una cena a quattro come aveva detto.
Ma quando arrivai alla Goldstein in compagnia del mio fidatissimo scotch invecchiato di 25 anni, mi accorsi che non era proprio la cenetta tranquilla che mi aspettavo.
"MA NON DOVEVANO ESSERE IN DUE?" Gli domandai subito alzando il tono per superare il volume altissimo della musica.
La villa brulicava di gente e molti erano anche in piscina.
"Eh, si è sparsa la voce, Mick!" Si giustificò lui, ringraziandomi del regalo e guidandomi sul divano.
Poi però si chinò verso di me per avvisarmi.
"In piscina c'è Coraline... Scusami, ma non ho potuto fare a meno di invitarla, sono anni che la evito."
La cosa mi spiazzò per un istante, ma poi annuii, cercando di tranquillizzarlo.
Prima o poi dovevo affrontare anche quel fantasma del mio passato che ogni tanto mi appariva alle spalle, ricordandomi ciò che ero.
Almeno mi aveva avvisato prima che me la ritrovassi davanti all'improvviso.
Poi Josef tentò di distogliere subito la mia mente dai pensieri sulla mia ex moglie.
"Guarda lì, non è splendida?" Mi indicò con lo sguardo una ragazza mora dagli occhi azzurri come zaffiri.
"Si... E' Virginia!" Gli risposi io stupito che se ne fosse accorto solo allora.
"E' sempre bellissima, Josef!"
"Si, hai ragione... Beh, cerca di divertirti, eh?"
Mi diede un'amichevole pacca sul petto e tornò ad abbracciare le sue due invitate ufficiali.
Io mi trascinai fino al tavolo dei drink cercando qualcosa di forte e puro da ingerire, ma per quanto cercassi di controllarmi, il mio sguardo vagò oltre la vetrata.
La piscina era sempre ben illuminata e così accogliente da attirare tutti gli invitati come mosche.
Coraline era impegnata in una conversazione con due umani, a mio parere abbastanza banali, impettiti nei loro abiti scuri.
Avanzai di qualche passo, varcando la porta a vetri e ponendomi a poca distanza da loro, sicuro che lei mi avrebbe presto notato. Fuggire non sarebbe servito a nulla, tanto valeva affrontare subito la situazione di quel nuovo incontro dopo quasi 15 anni dal momento in cui avevamo deciso di smettere di sentirci anche per telefono.
Ero curioso di sapere se fosse cambiata, se avese sofferto per me come mi diceva. In realtà la trovavo in splendida forma come sempre.
Non aveva un capello fuori posto e il suo aspetto curato ed elegante era come sempre la cornice di quell'opera d'arte che era il suo corpo perfetto. Ma la dote migliore di Coraline era il suo modo di fare così attraente da farti girare la testa talmente forte come fosse dentro ad un frullatore.
Con i suoi gesti e le movenze sinuose, con i suoi sguardi provocanti, perdere il controllo era una conseguenza inevitabile e dalla fretta di prenderla, un uomo faceva fatica persino a sbottonarsi i pantaloni.
Ecco perchè sapevo bene cosa sarebbe toccato a quei due ingenui che credevano di poter catturare la tigre che già li stava braccando.
Continuavo a sorseggiare whiskey e a spiare quella scenetta, provando anche un pizzico di pietà per quei due malcapitati.
Presto Coraline sarebbe saltata loro al collo con le fauci spalancate, facendo strage dei loro sentimenti più vulnerabili. Ad un tratto però, il suo sguardo magnetico si alzò su di me.
Uno dei due mortali si era offerto di farle fare un giro notturno di Downtown e lei ridacchiò con falso imbarazzo. Poi sbottò, agitandogli davanti al naso la mano con la fede.
"Oh santo cielo, sono una donna sposata!"
"Tuo marito deve essere un pazzo a mandarti alle feste da sola!" Protestò il damerino alla sua destra.
"Non merita tanta grazia!" Fece eco l'altro.
E lei per tutta risposta, sghignazzò divertita, prima di avanzare nella mia direzione ed offrire il suo lato B al loro sguardo affamato.
"Credo che mi farò un bagno rinfrescante... Tanto mio marito non è un tipo geloso." Si fermò davanti a me con un sorrisetto di sfida e si girò di spalle.
"Mi aiuteresti, per favore?"
La prima volta che ci eravamo incontrati, a casa sua, mi aveva chiesto di aprirle il vestito per potersi buttare in piscina e si era spogliata davanti ai miei occhi, offrendomi uno spettacolare nudo integrale.
A me sfuggì un sorriso incredulo nel sentirla ribadire quella richiesta per farmi rivivere quel momento.
Ero curioso di capire che cosa avesse in mente e così la assecondai. Abbassai la zip e lei si sfilò il vestito, facendolo scivolare ai suoi piedi.
Ero sicuro che avesse progettato tutto.
Aveva uno striminzito bikini a paillettes dorate e sotto lo sguardo ammirato dei presenti, si immerse nella piscina pensile di casa Kostan.
I due uomini avrebbero volentieri voluto seguirla, ma non potevano perdere il loro contegno e capitolarono.
Lei sguazzò per un po', divertendosi a provocare tutti fino a che io non mi abbassai per porgerle la mano, afferrarla e tirarla fuori dall'acqua.
Lei ubbidiente si lasciò sollevare nella mia stretta e una volta fuori, mi abbracciò, bagnandomi piacevolmente i vestiti.
"Ce ne hai messo di tempo a riprenderti quello che è tuo..." Mi rimproverò piegando le labbra rosse in un sorriso malizioso.
"Ti trovo bene, Coraline... Non sei stata tanto male senza di me."
Lei si morse dispettosamente un labbro e il suo tono si fece più delicato.
"Tu sei sempre più bello... E mi sei mancato così tanto..." Sussurrò deliziata, prima di cercare le mie labbra in un lungo bacio senza preoccuparsi delle attenzioni di chi ci stava intorno.
Josef sospirò, scorgendoci da lontano e Virginia se ne accorse. Scivolò vicino a lui e gli accarezzò una guancia.
"Che hai Mr. Kostan? Sembri preoccupato. Che c'è? "
Lui la abbracciò, trattenendola a sè e indicò dalla nostra parte.
"C'è che Mick si sta facendo fregare un'altra volta."
Si voltò a guardarla negli occhi e abbozzò il suo sorriso dispettoso a mostrare le fossette sulle guance.
"Voi donne siete troppo brave ad ottenere quello che volete. Basta alzare il livello del testosterone e il cervello di ogni maschio si svuota completamente."
"Eh già..." Anche Virginia sospirò sentendo che l'altra ragazza stava reclamando l'attenzione di Josef.
"Ti sta chiamando, dovresti andare... io invece me ne vado a casa."
Lui si sorprese molto e cercò di fermarla.
"Perchè?" Domandò corrugando la fronte.
"Come perchè? E' tardissimo, capo."
"Ma qui c'è posto!" Le rispose lui con sicurezza.
"Dove? Nel tuo letto?" Domandò a sua volta Virginia e Josef si sciolse in un sorriso più malizioso.
"Se vuoi..."
"Con quella?" Indicò la ragazza che si sbracciava per richiamare l'attenzione del padrone di casa e lui tentennò.
"No grazie. Aspetterò che il tuo cervello sia di nuovo pieno."
Il vampiro incassò il colpo e, cercando il cellulare in tasca, fece un'altra proposta.
"Allora ti chiamo un taxi!" Ma lei negò con la testa, sicura.
"Farò due passi. Non avrai paura che qualche ingenuo possa tentare di saltarmi addosso! So difendermi dagli umani!"
Josef sorrise e azzardò la sua provocazione.
"E dai vampiri?"
"Ci sto lavorando..." Rispose lei, e ammiccando lo ringraziò con un bacio sulla guancia, prima di raccogliere la giacca e andare via.
Non so come proseguì la festa, perchè non ero abbastanza lucido da rendermi conto di quello che accadeva intorno a me.
So solo che mi ritrovai Coraline addosso su uno dei divani della Goldstein, mentre mi affrettavo a slacciare quei pochi laccetti del costume che la dividevano da me.
Volevo fare di nuovo l'amore con lei sperando che le cose fossero migliorate, standole lontano.
Io ero cambiato e credevo che stare separati le avesse fatto capire che doveva cambiare anche lei, per il mio bene.
Mi sentivo libero finalmente di sceglierla di nuovo e forte della mia nuova presa di coscienza di poter essere un uomo migliore anche da vampiro.
Quella notte fu la prima, dopo tutti quegli anni di separazione.
E fu anche l'ultima perchè fu Josef a svegliarmi di soprassalto, rovesciandomi un bicchiere d'acqua in faccia.
Io sobbalzai per la sorpresa e lui sghignazzò.
"Ah bene! Credevo fossi morto!"
"Ma che cavolo fai?"
"Che faccio io? Questa è casa mia, ricordi? Dov'è lei?"
Coraline non c'era. E non c'erano più nemmeno i suoi vestiti.
"Non... non capisco..." Balbettai stupito.
La stringevo tra le braccia poche ore prima e ora si era dileguata senza lasciare nemmeno un messaggio.
Josef sbuffò comprensivo e diede sfogo al suo sarcasmo.
"Per un attimo ho creduto davvero che avreste fatto pace, sai?"
In quel momento lei entrò dalla porta d'ingresso.
Ci guardò con sguardo un po' imbarazzato e stringendo i denti si scusò.
"Dov'eri?"
"Avevo un impegno che non potevo rimandare... Quasi me ne stavo dimenticando." Si giustificò lei vagamente.
Josef sparì al piano di sopra e io mi alzai fissandola con lo sguardo cupo.
"Io e te facciamo l'amore dopo quasi 15 anni che non ci vediamo, mi sveglio, non ti trovo e tu mi dici che avevi un impegno che non potevi rimandare?" Non potevo crederci. "Stai scherzando, vero?"
Lei ricambiò il mio sguardo con aria confusa. Agitò i boccoli neri, scuotendo la testa comprensiva, con quel modo che aveva sempre di consolarmi.
"Hai ragione, scusa... Non dovevo lasciarti solo."
"Voglio sapere dove sei stata, Coraline! Voglio sapere tutto. Ora!" Evitai la sua mano che cercava di accarezzarmi il braccio e indurii il tono di voce.
"Ma non è importante, Mick! TU sei importante!"Piagnucolò lei.
"Ah io sono importante? Oh si... sono così importante che mi pianti in asso nel cuore della notte per tornare la mattina dopo senza potermi dare una spiegazione? Che sta succedendo Coraline? Cosa fa parte della tua vita da prima che ci sposassimo e perchè io ne sono sempre stato tagliato fuori?" Non riuscivo a digerire il fatto che mi nascondesse qualcosa. Non era gelosia, non solo almeno.
Era una questione di fiducia reciproca che non poteva esserci con una persona come lei che mi teneva all'oscuro. Volevo capire e il fatto di non poterlo fare, rendeva tutto più irritante.
"Coraline, dove sei stata?" Domandai per l'ennesima volta scandendo bene le parole. Ma lei farfugliò qualche scusa senza senso e io la lasciai lì, incurante delle sue suppliche, sbattendo la porta e dandomi dell'idiota per avere ancora creduto che mi amasse davvero.
Mi aveva nascosto troppe cose.
Il nostro matrimonio era nato sulle bugie e sui segreti.
Io volevo qualcosa di diverso per me.
Non ero più il mortale che aveva circuito con il suo sguardo penetrante e malizioso, non ero più la preda docile del suo sortilegio d'amore.
Ero un vampiro sicuro di sè e ora più convinto che mai che quello che provassi per lei era solo un'attrazione fatale destinata a farmi impazzire e basta.
Per sopravvivere dovevo chiudere definitivamente con Coraline, perchè stare eternamente da solo era meglio che essere eternamente infelice.
E quel giorno lo giurai a me stesso, non sarei più corso tra le sue braccia in cerca di qualcosa che non riusciva proprio a darmi.
Un amore puro.
Quello che invece bussò alla mia porta qualche anno più tardi e per cui ancora adesso io vivo.
  
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