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Autore: MadameGirodelle    23/02/2023    3 recensioni
Una storia raccontata a due bambini.
Un colonnello coinvolto in un duello e ciò che avvenne in seguito. Pochi capitoli, in verità, forse due, al massimo tre.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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‘Oscar… perché mai?’

Sospirò… 

‘È sempre stata una testa calda… sempre, non si smentisce mai. Quella ragazzina è così snervante, certe volte’. 

Un soldato gli si avvicinò, richiamando la sua attenzione.

“Tenente”.

Lo chiamò, mettendosi sull’attenti.

“Soldato scelto Maurice de Jossy, primo plotone, seconda compagnia, signore. Il comandante vi desidera nel suo ufficio”.

“Riposo, soldato… riposo”. 

‘Bene… adesso, coglierò la palla al balzo e gliene dirò quattro… quell’impulsiva…’

Si incamminò a passo marziale verso il suo studio. 

Bussò, ricevendo il permesso per entrare.

“Avanti”.

“Colonnello, comandi”.

“Riposo, tenente”.

Quando la guardò… tutte le sue convinzioni avute poco prima di mettere piede lì dentro, crollarono. Non si sentì di rimproverarle un atteggiamento che aveva reputato poco consono alla sua persona, un atteggiamento che le avrebbe permesso di mettere a rischio la sua vita… ancora una volta.

“Tenente… ho bisogno di chiedervi un favore… come amici, però”.

Mise perfino in dubbio se avesse sentito bene o non si fosse lavato bene le orecchie, quella mattina. Ma, nonostante ciò, decise di proseguire il discorso. 

“Dite… ditemi pure Colonnello”.

Disse con un certo imbarazzo. 

Oscar… Oscar… la sua Oscar… lo consideravo un amico… allora aveva sentito bene. Il cuore gli scoppiò di gioia.

“Sicuramente vi sarà arrivata la notizia del duello contro il Duca De Germain”.

“Beh… sì, qualcosa…”

Finse, mascherando i suoi tormenti e quell’irrefrenabile voglia di mettersi a piangere come un bambino, davanti a lei, supplicandola di lasciar perdere quella follia. Che, se proprio teneva a quel maledettissimo duello, lui sarebbe stato pronto a prendere il suo posto. 

“Ebbene… ebbene vorrei foste voi a farmi da padrino, se per voi non è d’impiccio”.

Certo, non era una cosa semplice da chiedere, dato che se fosse morta… lui avrebbe dovuto proteggere il suo onore, mettersi nelle sue mani. 

‘Tutto per te, Oscar… lo sai…’

Si ritrovò a pensare.

Sembrava un cagnolino che le scodinzola dietro… aveva ragione Dominique, quando lo prendeva in giro, apostrofando questo suo modo di fare, quando si trovava di fronte a lei… allora, il buon Victor pensò che non gli avrebbe fatto veramente male, in quel momento, una secchiata d’acqua gelida, per farlo risvegliare dallo stato di trance in cui si immergeva ogni volta che la vedeva… ed anche perché, onestamente, si sentì avvampare. E, probabilmente, anche lei doveva essersene resa conto visto che glielo chiese.

“Girodelle? Tutto bene? Vi vedo un po’ …”

“Sì, naturalmente non ci sono problemi, comandante. Sarò lieto di essere il vostro padrino”.

‘Sarò lieto? Sarò lieto? Ma sei impazzito? Ti sei rintronato?’ 

Continuò mentalmente a darsi dell’idiota.

L’ultima domanda era quella che gli volgeva il padre spesso e volentieri, quindi naturale fu che assunse la sfumatura di voce del buon vecchio Conte De Girodelle… 

“Bene… vi ringrazio davvero molto”.

“Oscar… a tal proposito…”

“Sì?” 

“Sono un po’ preoccupato, riguardo al duello, mi spiego. E, da quando me n’è arrivata voce, non ho fatto altro che chiedermi il perché”.

“Il perché abbia accettato?”

“Beh… sì, vorrei saperlo”.

“Vedete Conte… il duca ha asserito, senza alcun ritegno, davanti a tutti, quanto fosse ridicola la scelta di mio padre nel del farmi prendere il suo posto. Sottolineandone l’ambiguità e la bizzarra situazione”.

“Vi ha ferita nell’orgoglio, dunque… beh, su questo ci avevo pensato, dato che vi conosco abbastanza bene… nei limiti che VOI avete imposto, naturalmente. Più che altro mi chiedevo perché aveste accettato con tanta fretta. Non è stata una decisione un po’ azzardata, Oscar?”

“Affatto…”

“Oscar… non credo voi abbiate bisogno di dimostrare il vostro coraggio, ne avete dato sufficienti prove”.

“Non si tratta solo di coraggio… ma del fatto che voglio dimostrargli che lui non può e non ha diritto di ergersi a giudice di tutti e tutto, dichiarando anche chi ha diritto di fare o non fare qualcosa, di dichiarare chi possa vivere o morire”.

“Capisco perfettamente, ma quell’uomo è noto per la sua cattiva fama. Mi preoccupa il fatto che possa accadervi qualcosa, che lui possa agire in maniera sleale. Sappiamo com’è fatto”.

“Per questo ho chiesto a voi di assistermi… perché mi avete dato prova, in questi anni, di potermi fidare ciecamente di voi e, se dovesse mai capitarmi qualcosa…”

“Non ditelo nemmeno per scherzo, ve ne prego”.

“Non scherzo affatto, metto solo in conto le possibili realtà dei fatti”.

“Non potrei sopportare di perdervi…”

“Conte… capisco che nutriate dell’affetto per me, come io ne nutro per Voi, ma addirittura…”

“No Oscar… è diverso”.

“Prego…?”

“Io non accetto l’idea di perdervi, non riuscirei a sopravvivervi”.

“Siete un po’… eccessivo, non credete?”

“Io vi amo”.

Le disse, tutto d’un fiato.

 

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“E, poi, e poi?”

Chiesero in coro in coro i due bambini che ascoltavano, affascinati, il racconto di quell’uomo.

“Cosa successe? Chi vinse il duello?”

“Oh, beh…”

Ricominciò a raccontare, seduto su una sedia a dondolo, mentre carezzava le testoline ricce di quelle due piccole pesti.

Intanto una donna, smise di mettere i fiori nel vaso e si avvicinò di soppiatto, curiosa anch’ella di sentire quella storia. 

 

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 “Conte… io… non ne avevo idea. Posso solo dirvi che mi dispiace. In tutti questi anni non ho fatto che trattare tutti, compreso voi, con sufficienza. Ma non perché fossi crudele, ma al fine di evitare che qualcuno potesse… affezionarsi… nutrire un affetto diverso da quello che sono capace di nutrire per gli altri… Non avrei mai voluto succedesse ciò”.

“Ho imparato, Madamigella che o vi si ama, o vi si odia. Non c’è una via di mezzo. E… dubito fortemente che voi siate incapace di nutrire quel genere di affetto, d’altronde prima di essere un soldato, siete umana, come tutti”.

“Nel… nel mio caso è diverso. Io non posso”.

Così decise di prenderla di sorpresa, poggiando le labbra morbide su quelle del suo colonnello. Forse lo immaginò, ma gli sembrò che il bacio fosse ricambiato con altrettanta enfasi. Lei si staccò dopo poco, fissandolo negli occhi con aria colpevole, come quando la sua cara Nanny scopriva le marachelle che combinava e l’accusava giustamente. Incapace di dire altro, se non rimettere la maschera che era sempre stata costretta ad in indossare.

“Vi aspetto a casa, dopo il servizio. Ci alleneremo con la pistola”. 

Disse, infine, scansandolo. 

“Facciamo finta non sia successo nulla, ve ne prego Girodelle”.

Oh, ma, invece, qualcosa era successo. Uno dei due, in questo momento, soffriva amaramente… e non era difficile indovinare chi.

“Sissignore… vi prego di scusarmi”.

Lei annuì, dandogli le spalle, prima di afferrare il pomello e girarlo per uscire da quella stanza, la cui aria divenne sempre più pesante. 

 

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“Quindi non era innamorata?”

“Oh si che lo era, solo che non aveva il coraggio di ammetterlo”.

I tre sobbalzarono, sentendo quella voce angelica che li colse di sorpresa. 

“La bella abitudine di bussare, tesoro?”

“Oh beh, non volevo disturbare il tuo racconto. Mi stava incuriosendo, sai? Di cos’è che parla?”

“Del colonnello Oscar François De Jarjayes… e di quanto il suo luogotenente l’ami”.

“Sembra davvero interessante. Allora mi seggo qui, tu continua”.

“Come desideri”.

I due bambini continuavano a girarsi in direzione delle voci opposte di quella coppia. 

“Allora bambini? Posso continuare?”

“Siiii”.

Risposero in coro i due ficcanaso.

 

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“No vi preoccupa, Generale?”

“No, ho allevato personalmente Oscar. È abile con la pistola, tanto quanto con la spada”.

“Sì, ma dovete tener presente che il duca è un uomo vile”.

“I padrini servono ad evitare spiacevoli incidenti, a controllare che sia tutto in regola. So che vincerà Oscar”.

I tre uomini continuarono a confabulare, quando Oscar si girò verso di loro, per in frazione di secondo, in cui lo guardò negli occhi, mentre ricaricava la pistola. A qualcun altro, quell’espressione, avrebbe fatto paura, ma non a lui… perché lui era ben cosciente di cosa tormentasse i pensieri del suo biondo colonnello.

Lui lo aveva capito che Oscar provava qualcosa, il problema stava nel capire cosa provasse. 

 

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“Bene, bambini. Adesso è tardi, però. Riprenderemo questa storia domani sera”.

“Noo, voglio sapere come finisce. Voglio saperlo adesso”.

Disse, indispettendosi la piccola dai capelli dorati. Capricciosa come la madre, pensò l’uomo, sorridendo. 

“Tuo padre ha ragione: è tardi, dobbiamo metterci a dormire, senza storie, Aurore”.

“Mmh… anch’io sono curioso di conoscere questa storia… anche perché mi ha colpito questa donna, che è andata contro tutti”.

Disse il bambino con i capelli più scuri e poco più alto della sorellina.

“Ti assicuro, Damien, che questa donna è la migliore che abbia mai conosciuto in vita mia, la più bella e buona”.

“Non esageriamo con i complimenti che, poi, sono gelosa”.

Gli pizzicò la spalla, mentre glielo disse, scaturendo anche una risata generale.

“Perfino più bella della mamma?”

S’intromette Damien.

“Mmh… direi che non ha nulla da invidiarle, ahahahaha”.

“Io-voglio-sentire-la-fine-della-storia”.

Continua a crucciarsi la piccolina.

“Sai che si dice che l’erba “voglio” non cresce mai. Su, piccola mia, fa’ la brava”.

“No, no, no”.

Disse, portando le braccia al petto, alzando la testa con aria di sufficienza.

Era tutta sua madre, nonostante avesse la tenera età di 5 anni, era una bambina molto intraprendente, che già sapeva cosa voleva e quando lo voleva. Testarda, fin quando non otteneva ciò che voleva, si ribellava sempre. Ma non oggi, oggi i genitori non gliel’avrebbero data vinta. È già da un po’ che cercavano di insegnarle cosa fosse l’attesa, ma, alla fine, il padre (innamoratissimo della sua bambina, quanto del suo primogenito Damien), non riusciva a vedere la figlioletta così corrucciata e cedeva. Ma la moglie, col pugno di ferro, glielo vietò categoricamente;

*”Mio caro Marito, se oserai nuovamente accontentare i capricci di nostra figlia, mi assicurerò che il tuo amato colonnello ti dia un bel rapporto disciplinare di un mese”*

Gli disse, una volta, alzando l’indice mentre parlava. Con quel tono di rimprovero che apparteneva solo a lei.

 

   
 
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