Ficcina-ina-ina che avevo, in realtà, scritto prima dell'altra, ma su cui ho avuto mille dubbi dato che era tanto che non scrivevo in italiano.

Nella vita di Marcello quasi nulla era stato graduale; era abituato ai cambiamenti improvvisi, di solito in peggio, che arrivavano a sconvolgergli la vita quando meno se lo aspettava. Forse era proprio perché non ci era abituato che non si era accorto che qualcosa, in lui, stava lentamente cambiando, e si era ritrovato davanti al fatto compiuto senza sapere come o quando fosse successo. 

Era tutta una questione di sguardi. Durante la sua relazione con Ludovica non aveva potuto fare altro, in pubblico, che guardarla da lontano, al punto che ormai seguirla con lo sguardo era diventato istintivo per lui. Anche dopo la fine della loro relazione, l’ingresso di Ludovica in una stanza aveva continuato ad attirare inevitabilmente la sua attenzione, come una lampada con una falena particolarmente determinata a farsi del male. 

Non sapeva quando avesse smesso. L’unica cosa che sapeva era che alla cena di Torrebruna, quando Adelaide aveva tirato Ludovica a sé per congratularsi con lei, si era quasi sorpreso della sua presenza, come avesse dimenticato che anche lei era lì. Mentre le due donne parlavano, si era perso ad osservare tutte le espressioni di Adelaide: il guizzo intelligente dei suoi occhi, la soddisfazione per una serata andata esattamente come voleva, il sorriso quando aveva ricevuto le orchidee. Accanto a lei, Ludovica era come scomparsa. 

Aveva detto ad Adelaide che, stringendola fra le braccia, aveva capito che tutto era possibile, anche dimenticare Ludovica. Stasera aveva capito di essersi sbagliato; non era possibile, era già successo.