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Autore: Sidney Prescott    27/02/2023    0 recensioni
[La vera storia di Jack lo Squartatore]
[La vera storia di Jack lo Squartatore]Cosa sarebbe accaduto se il tormentato ispettore Abberline non avesse ceduto definitivamente al suo demone interiore e fosse andato avanti?
Se da sotto le macerie di una Londra decadente fosse, anche per miracolo, sopravvissuto un ultimo bocciolo di speranza in procinto di sbocciare?
Sono trascorsi ormai due anni dalle efferate vicende che hanno coinvolto il più famoso assassino vittoriano di tutti i tempi e il suo oscuro investigatore; l’oblio dell’omertà aveva certamente inghiottito informazioni che ai più faceva comodo dimenticare, ma dentro Fred non era altro che un capitolo archiviato, mai dimenticato, pronto, chissà, ad immergersi in quello successivo.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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                                                                                                                                                    "The only difference between the saint and the                                                                                                                                                                            sinner is that every saint has a past, and every sinner has a future."
                                                                                                                                                                         (Oscar Wilde)


Primavera, 1890. Londra.

La primavera, quella stagione meravigliosa dell’anno in grado di far riscoprire ancora i colori e i profumi della natura che si risveglia dopo il torpore dell’inverno, di ridare vita perfino ai paesaggi più spenti e lugubri, una sorta di rinascita!

Ma si poteva davvero parlare di rinascita?

No, no che non si poteva. Non sarebbe stato il fiorire di un albero di pesco o una rosa con il suo ammaliante profumo a spazzare via il marcio di quella città, né il migrare delle rondini a rischiarire un cielo sempre grigio, o il battito di una nuova vita a lavare via i peccati di un’anima ormai corrotta dal tempo e dalla società: questo, Frederick Abberline lo sapeva meglio di chiunque altro!

Ogni anno,mese, settimana, giorno, ora; era un semplice deteriorarsi col passare dei secondi, niente alleviava quel peso, nemmeno l’arrivo di una stagione dal clima mite o dai fiori colorati, visibili solo in casa di qualche abbiente lord o in qualche bordello per ornamento, non certo per quelle strade, dimenticate pure da Dio, se davvero ce n’era uno. Non ricordava molto della notte precedente, forse qualche frammento sparso, ma difficile capire cosa avesse fatto, detto, sognato, visto; la testa gli doleva in maniera insopportabile, come una botta dritta alla nuca. Si mise una mano sulla fronte, sollevando di poco i mossi capelli bruni, timidamente sfiorati da qualche filo grigio, realizzando solo in quel momento dove fosse: nient’altro che una squallida bettola da poche monete, stranamente molto silenziosa, che accoglieva diversi ubriaconi addormentati al bancone o alcuni direttamente riversi sul marcio pavimento, immersi fra scadente gin e vomito. 

L’insopportabile odore fu uno schiaffo notevole sul viso dell’ispettore, che aprì i grandi occhi scuri, ma gradualmente, poche mosse azzardate in quelle condizioni post sbornia, limitandosi ad accettare una tazza di the, portata a quel tavolo scognito, dove non sapeva nemmeno come ci fosse arrivato, tutto finchè non vide la mano amica che gli posò la bevanda sul tavolo.

Sbuffò, affatto sorpreso, frugando qualcosa dal suo malandato cappotto che aveva addosso, tirando fuori una fiaschetta, che vuotò direttamente in quella scheggiata tazza.

«Dico…fate sul serio, Abberline?»

L’uomo si limitò ad inarcare un sopracciglio alla domanda del vecchio collega e amico Peter Godley, quasi incurante del come o del perché fosse finito in quella fogna; mescolò semplicemente con il cucchiaino quel mix di alcool e scadente the, portando poi un sorso alle labbra, con gli occhi socchiusi. Il sergente di polizia prese posto di fronte al taciturno amico, facendo prevalere tra quelle due figure sicuramente la sua, ben piazzata ed imponente, dallo sguardo forse rassegnato, o forse solo stanco di dover ripescare l’uomo in condizioni pietose da bar, vicoli bui e case di piacere dal dubbio gusto.

 «Ripeto, fate sul serio, Abberline? Gradite, non so, anche del pesticida?»

«Se ne avete con voi, perché non usarlo, almeno non dovreste venirmi a raccattare ogni mattina per trascinare il mio culo alla centrale, non credete?»

«Oh, dunque parlate stamattina…e io che credevo vi avessero strappato la lingua insieme al portafogli..»

«Sfortunatamente per Warren e Kidley, la mia lingua resterà ancorata esattamente dov’è, può ancora servire il giusto per dargli del sano fastidio. Morire senza averli tormentati? Lo escludo, Godley.»

Peter sospirò quasi a quelle parole, dette con una freddezza disarmante, come se fossero dei dati certi; poggiò i gomiti sul tavolo, quasi ad avvicinarsi verso Fred, con lo sguardo veramente incredulo.

«Mi spiegate per quale dannata ragione con voi si finisce solo a parlare di morte? Se posso, Frederick, non ho questo piacere di vedervi morire, soprattutto se sarò io a ritrovarvi…»

Abberline fece spallucce,continuando a sorseggiare quella bevanda, forse ascoltando davvero poco le parole di Godley, o forse pensando semplicemente ad altro. Posò la tazza, rivolgendo finalmente la sua attenzione al collega, con un respiro profondo.

«Smettete di cercarmi e vedrete che non avrete questo dispiacere, smettete di ascoltarmi e non condividerete le mie pene, mi pare un meccanismo abbastanza semplice dopotutto..ma immagino che se siete ancora qui queste parole non serviranno a nulla, giusto? »

«Statevene un poco zitto, mi avete già rovinato la giornata e sporcato la giacca di Dio solo sa cosa! Ho una notizia per voi…da parte di Warren...Oh, per cortesia, non roteate gli occhi senza sapere di che si tratta!» ribatté quasi offeso dall’espressione di Fred, tirando fuori dal taschino della giacca bluastra una lettera dal sigillo di ceralacca ormai aperto; Abberline la prese, quasi con sospetto, ma ne lesse pigramente solo due righe, per poi rigettare il pezzo di carta al centro del tavolo.

«Mi sono già pentito di leggere a “Alla gentile attenzione di Frederick Abberline”, Peter…»

«Razza di…argh, datemi qua!» riprese subito la lettera, appoggiandoci solennemente una mano sopra, quasi fosse un testo sacro. «Vi è stato affidato un incarico molto importante Abberline, e anche molto delicato, direttamente da Warren, non vi interessa nemmeno un po sapere di che si tratta? Magari una svolta alla vostra carriera…»

«Ne vogliamo riparlare quando mi interesserà? Tipo, non so, l’anno prossimo, il 31 di febbraio, magari…» rispose senza il minimo interesse l’ispettore, guardando fuori per un momento, oltre lo sporco vetro di quella taverna, notando come le timide luci del primo sole avessero illuminato il marciume della strada. Era ormai mattina. 

Incontrò lo sguardo di Peter, appena più scuro del suo, ma meno cinico e gelido; sembrava solamente quello apprensivo di un amico, d'un fratello, quasi di un padre, che cercava disperatamente di salvare il figlio, da un nemico peggiore di qualsiasi altro: se stesso.

Abberline sospirò a quello sguardo, annuendo.

«Coraggio, parlate, vi ascolto…»

«Già mi piacete di più! Ieri è arrivata una missiva all’ufficio di Warren, dai nostri colleghi di…Dublino. Pare che abbiano saputo dei nostri problemi numerici al dipartimento di polizia, e pensate, hanno scelto di mandare da noi una delle loro migliori reclute…un giovane che ha da poco superato la qualifica di cadetto, Alec O’Brien…24 anni.»

Sul volto di Frederick Abberline si dipinse un’espressione davvero curiosa, un misto di stupore e assurdità, lasciandosi sfuggire quasi una risata sarcastica; prese una sigaretta dal suo portasigarette d’argento, stretta tra indice e il medio, ma non provò ad accenderla. 

«Un verginello cattolico nella terra dei razzisti anglicani? Hanno intenzione di giustiziarlo oppure divertirsi a suo discapito? E poi…che c’entro io con l’arrivo di Alice nel paese delle ingiustizie?»

«Non siate così modesto, Fred, non lascereste mai Alice in balia della regina di Cuori!»

«Volete vedere..?» disse con completo distacco, avvicinando alla fiamma di quella piccola candela sul tavolo la punta della sigaretta, che si accese in un istante. Peter fece finta di non sentire quel solito commento, sottolineando col dito su carta le testuali parole dello stesso superiore dei due uomini, niente di meno che Charles Warren.

«“Saremo onorati di affidare la custodia del signor O’Brien alla lungimirante guida del premiato ispettore Frederick Abberline”..»

«Col cazzo? Non esiste, non baderò ad uno scolaretto uscito dal magico mondo idealizzato dalla polizia del dipartimento degli gnomi con le pentole d’oro…si fotta Warren e l’idiota che ha scelto di spedire uno dei suoi ragazzi all’inferno…» replicò a tono quasi più alto Frederick, strappando dalle mani di Peter la lettera, solo per renderla cenere, lasciando l’estremità biancastra a bruciare velocemente, fino a diventare solo un cumulo fumante sul piattino del the. Godley agitò la testa da destra a sinistra, con un sorriso quasi consapevole ma non poi così deluso, dando una pacca sulla spalla dell’altro.

«In caso non l’aveste capito…quella non era una gentile offerta, ispettore, quanto più un ordine dal vostro superiore, e mio..purtroppo…conoscete bene i mezzi di cui dispongono uomini come lui, e la vostra posizione al dipartimento è stata messa in discussione fin troppe volte per concedervi ora il lusso di disobbedire di nuovo, lo sapete, giusto?» precisò il sergente, risultando molto più che chiaro alle orecchie di Fred; quello si lasciò prendere da un ghigno amaro, espirando una fitta nube grigia dalle labbra carnose.

«Siete…stato voi….vero? A suggerire a Warren di affidarmi la custodia del marmocchio….così che non possa dare nuovamente fastidio alla sezione speciale e farmi pestare…ammettetelo, Godley, siete colpevole!»

Il sergente non rispose, si limitò ad un buffo e quasi incriminatorio sorriso serafico, rubando allo stesso uomo la fumante sigaretta ma non per fumarla, solo spegnerla crudelmente all'interno della stessa tazza da the. Il grande omone si alzò dalla sedia, lasciò sul tavolo qualche moneta per l’ubriaco oste, rivolgendo all’amico alcune parole prima di andarsene.

«Datevi una ripulita, puzzate da far schifo…»

«Non penserete seriamente che queste moine con me funzionino, Peter..non sarà fare da tutore ad un leprecauno a distrarmi dalla merda che ci circonda fino al collo…» disse con chiarezza l’ispettore, per poi prendere imperterrito una nuova sigaretta, senza distogliere lo sguardo dal vecchio collega; Peter si mise una mano sul volto, sapendo dentro di sé che quel dannato non sarebbe cambiato, mai, per quanto disperatamente lui ci provasse. La mano tornò distesa lungo il fianco, aprendo la porta di quella bettola da cui penetrò dell’aria fresca, stranamente pulita, un respiro che spazzo per un momento quella coltre di fumo.

«No, Fred, so che non cambierete idea, niente è in grado di farlo…eppure vi inviterei, per una volta, a respirare un’aria diversa, chissà che questo Alec non ci porti delle sorprese, in questo posto dimenticato da Dio…una luce, chissà….ne avreste bisogno..lo dico davvero!»

Lo salutò, nella speranza di rivederlo al più presto; gli occhi di Fred lo guardarono andarsene, fino a disperdersi nella folla, tra i passanti. Sospirò, non dicendo nulla, restando nel suo riflessivo silenzio, finchè il suo sguardo nocciola non incontrò la superficie contaminata di cenere del suo stesso the; fu come uno squarcio, per un solo istante, breve e penetrante, come sempre, ma che cos’era stavolta? 

No, non era il fumo, l'alcool o la droga, era qualcosa che non si poteva spiegare, non ad orecchie sorde e ad occhi ciechi: una visione. 

Qualcos'altro stava per accadere, in quel marzo del 1890; forse Peter non aveva completamente torto, ma si sarebbe trattata di una luce nel buio o dell’ennesima voragine all’inferno?

 
   
 
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