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Autore: Ila9182    27/02/2023    3 recensioni
Irene si guardava intorno silenziosamente. Il clima era ancora relativamente caldo per Milano a fine settembre ma a San Vittore il calore non si percepiva. Un brivido percorse la schiena di Irene. L’umidità delle pareti della stanza nella quale si trovava le faceva rimpiangere il fatto di non aver portato con sé un coprispalle. Incrociò le braccia come per scaldarsi. Irene non riusciva a realizzare di trovarsi in carcere, ancor meno di essere lì per incontrare la Signorina Moreau.
{Inizio settima stagione}
{Personaggi: Gloria Moreau e Irene Cipriani}
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LO SO
 
Irene si guardava intorno silenziosamente. Il clima era ancora relativamente caldo per Milano a fine settembre ma a San Vittore il calore non si percepiva. Un brivido percorse la schiena di Irene. L’umidità delle pareti della stanza nella quale si trovava le faceva rimpiangere il fatto di non aver portato con sé un coprispalle. Incrociò le braccia come per scaldarsi. Irene non riusciva a realizzare di trovarsi in carcere, ancor meno di essere lì per incontrare la Signorina Moreau. Erano passati mesi ma l’intera vicenda le sembrava tuttora surreale. 
 
La Signorina Moreau che si rivelava essere la madre morta di Stefania… con tutte le implicazioni di quella scoperta: la rabbia, il dolore di Stefania inizialmente… il ricongiungimento con la madre infine, un ricongiungimento durato poco e spezzato dal ricatto di Gemma… il sacrificio di Stefania per salvare la madre… il sacrificio di Gloria per proteggere la figlia… e ora il carcere per Gloria… e il libro di Stefania per far conoscere la storia della madre… chissà forse un giorno quel libro sarebbe diventato anche un film, pensò Irene. 
 
Irene fu interrotta nei suoi pensieri dal rumore dei passi. Girò la testa a sinistra e tra le sbarre vide l’arrivo di Gloria. La donna allungò le braccia verso la guardia e inevitabilmente gli occhi di Irene si posarono sulle manette. Un altro brivido percorse la schiena della ragazza quando immaginò la sensazione del metallo freddo sulla pelle.
 
“Irene…” la chiamò Gloria da dietro le sbarre. 
 
Irene distolse lo sguardo dalle manette per posarlo sul volto stanco ma sorridente della Signorina Moreau. Le sorrise. Irene sapeva perché Gloria aveva richiamato la sua attenzione. La Signorina Moreau voleva proteggerla dalla durezza della scena che si presentava sotto i suoi occhi. Voleva che Irene sentisse il calore del suo sorriso e non il gelo delle manette. 
 
La guardia aprì la porta e Gloria entrò finalmente nella stanza. Irene la osservava in silenzio. Nonostante l’aspetto diverso e molto meno valorizzante, la Signorina Moreau era sempre una donna bellissima. Un’altra divisa aveva preso il posto di quella da capocommessa nella quale Irene era abituata a vederla. Il chignon era sparito lasciando liberi una cascata di capelli mossi e scuri. Irene non si era mai resa conto finora di quanto fossero lunghi i capelli della Signorina Moreau. Lunghissimi ma bellissimi…
 
“Irene.” La chiamò nuovamente Gloria, interrompendo i pensieri della ragazza. La donna le sorrise mentre prendeva posto sulla sedia dall’altra parte del tavolo.
 
“Signorina M-…” Irene si interruppe. Aveva ancora senso chiamarla così? Era la madre di Stefania e infatti con Stefania Irene aveva sempre parlato di Gloria in quei termini. Al lavoro invece – le volte in cui veniva nominata – Irene continuava a riferirsi a lei come la Signorina Moreau ma adesso che si ritrovava di fronte a Gloria, la Venere si rese conto che non sapeva più come rivolgersi a lei. Signorina era diventato ormai un termine inappropriato dato che tecnicamente Gloria era una donna sposata. Allo stesso tempo, Gloria non poteva essere chiamata Signora Colombo perché quel titolo apparteneva a un’altra donna. Anche se non era del tutto legittimo ma quella era un’altra storia, pensò Irene. Morelli era il suo cognome da nubile e non avrebbe avuto senso ritornarci. Rimaneva soltanto il cognome Moreau. 
 
“Va bene Moreau.” Confermò Gloria, salvando Irene dall’emicrania che iniziava a manifestarsi a forza di dibattere sull’appellativo appropriato da usare. “Sono sempre la Signorina Moreau per voi ragazze.” Abbassò brevemente lo sguardo. “Spero…” aggiunse con un po’ di timore nella voce. Chissà cosa pensavano veramente di lei le sue Veneri…
 
Irene annuì e le sorrise timidamente. “Come sta?” chiese la ragazza ma si corresse quasi subito, “Mi scusi, è una domanda stupida.”
 
“Irene, certo che me lo può chiedere.” La rassicurò Gloria. “Sto bene.” Rispose poi, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Abbassò nuovamente lo sguardo, imbarazzata per l’immagine di sé che mostrava a Irene – lei che era abituata a presentarsi ogni giorno alle sue Veneri con un aspetto curato e i capelli raccolti in un chignon preciso – però Irene era più di una sottoposta, era più di una Venere per Gloria, era più della miglior amica della figlia. Negli ultimi due anni avevano costruito un rapporto bello e profondo, e per niente scontato. Irene si era aperta con lei, si era mostrata vulnerabile e forse era giunto il momento per Gloria di farne altrettanto, anche se questo significava mostrare di sé un’immagine molto lontana rispetto a quella che Irene aveva imparato a conoscere e ad apprezzare negli ultimi anni. “Mi dispiace se la sto mettendo a disagio…” si scusò Gloria. “Mi rendo conto che per lei adesso sono un’altra persona, un’estranea…” aggiunse con timore, il timore di essere rifiutata. 
 
“No.” Rispose immediatamente Irene, scuotendo la testa. “Lei è sempre la stessa persona, è sempre lei, Signorina Moreau.” La rassicurò. “È questo posto… e l’idea di saperla qui…” mormorò Irene, lanciando un’occhiata alla guardia prima di incrociare nuovamente lo sguardo di Gloria.
 
“Non si deve preoccupare, Irene. Sto bene.” Insistette Gloria con un debole sorriso. “Questo posto sembra più spaventoso di quello che realmente è…” Notò subito che Irene non sembrava convinta da quell’affermazione e decise di cambiare discorso, “E lei come sta, Irene?”
 
Irene non rispose subito. Sorrise. Come poteva pensare la Signorina Moreau di non essere più riconosciuta per quella che è stata negli ultimi anni? Si domandò Irene. Era sempre la stessa persona che si preoccupava degli altri anche se stava personalmente attraversando una bufera. Cascasse il mondo, la Signorina Moreau aveva sempre un pensiero per gli altri. “Bene, sto bene, grazie.” Disse Irene con un sorriso.
 
Gloria annuì. I colloqui in carcere non erano infiniti e sapeva di non avere molto tempo. Doveva andare al sodo, anche se temeva la reazione di Irene. Esitò qualche istante prima di dire, “So che Gemma è tornata al lavoro…”
 
Il sorriso di Irene scomparve e la ragazza si irrigidì. Gloria se lo aspettava. Sperava solo che Irene non si sarebbe chiusa a riccio così tanto da impedirle di parlare dell’argomento, “Glielo ha detto Stefania?” chiese Irene piccata. 
 
“Sì… e mi ha detto che le cose sono un po’ complicate per ora…” aggiunse Gloria delicatamente. Sapeva di dover affrontare tutto con molto tatto perché Irene era già sulla difensiva. 
 
“Se fosse stato per me al Paradiso non ci sarebbe mai tornata.” Rispose freddamente Irene, incrociando le braccia sul petto, lo sguardo duro e i tratti tesi.  
 
“So che lei tiene tanto a Stefania e vuole proteggerla e questo lo apprezzo, Irene.” Le disse Gloria dolcemente. “Lei è una vera amica per Stefania e ci tengo a ringraziarla perché le è sempre stata accanto…” 
 
“Non ho fatto poi così tanto.” Minimizzò Irene, addolcendosi.
 
“Non è vero.” La interruppe Gloria, scuotendo il capo. “Il suo sostegno è essenziale per Stefania, soprattutto adesso… ma lo è sempre stato, Irene. Lei ha sostenuto Stefania in ogni momento importante, decisivo, doloroso della sua vita e io gliene sarò sempre grata.” Aggiunse Gloria con un tono commosso. Irene annuì, commossa anche lei dalle parole della donna. Gloria sapeva però che il resto del discorso avrebbe infastidito la ragazza ma dovevano affrontare quell’argomento, “Però Stefania ha fatto la sua scelta, ha deciso che Gemma poteva tornare a lavorare…”
 
“Non se lo merita.” Rispose subito Irene. “Gemma ha fatto soffrire Stefania, me lo ricordo solo io questo?” Si innervosì la ragazza. “E poi è tutta colpa di Gemma se lei è in carcere adesso!”
 
Il volto di Gloria si intristì. Scosse lentamente il capo prima di sussurrare, “Gemma ha solo affrettato qualcosa di inevitabile, Irene. Non è stata Gemma a chiamare i carabinieri, sono stata io a costituirmi.”
 
“Perché è stata costretta!” Esclamò Irene e Gloria sobbalzò, colta alla sprovvista dalla reazione della ragazza. Irene vide la guardia lanciarle un’occhiataccia e si coprì la bocca prima di mormorare, “Scusi…” Abbassò lo sguardo.
 
“Irene…” Sussurrò Gloria dolcemente. La donna aspettò che Irene alzasse lentamente lo sguardo e le sorrise. Fece scivolare le mani verso il centro del tavolo, invitando la ragazza a farne altrettanto. Le mani di Irene raggiunsero lentamente quelle di Gloria che le strinse brevemente. 
 
Irene, di solito così reticente al contatto fisico, si accorse in realtà di quanto le era mancato in questi mesi questo aspetto del loro rapporto. Gloria le mancava e lo aveva detto anche a Stefania, però più della sua presenza al Paradiso, a Irene mancava il rapporto che avevano instaurato negli ultimi due anni. I consigli di Gloria, il suo sostegno, la sua comprensione ma anche i suoi rimproveri fatti a volte anche solo con lo sguardo… Le mancava un punto di riferimento. Irene si rese allora conto di non aver mai fatto capire a Gloria quanto fosse importante per lei. Faceva fatica con queste cose, non era il tipo a lasciarsi andare a sentimentalismi, a parlare delle sue emozioni e sentimenti però in quel momento Irene sentiva il dovere di farlo, di dare voce – a modo suo – a questo suo pensiero.
 
“Mi manca Signorina Moreau… cioè ci manca a tutti al Paradiso.” Si affrettò di aggiungere, sentendosi improvvisamente in imbarazzo per aver espresso i suoi sentimenti.
 
Gloria sorrise tristemente. “Anche lei mi manca, Signorina Cipriani, lei e il suo modo di movimentarmi le giornate.” Scherzò per non far sentire ulteriormente a disagio Irene per essersi esposta. Sapeva quanto la ragazza facesse fatica con i sentimenti. Irene rise e alzò gli occhi al cielo. “Mi mancate tutti.” Aggiunse Gloria con un altro sorriso prima di tornare seria. Avevano un discorso da continuare. “Irene, io apprezzo il fatto che lei voglia difendere Stefania… e che voglia difendere anche me.” Disse con un tono commosso. Gloria sapeva quanto fosse generosa e altruista Irene… e sapeva che la ragazza avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere le persone a lei care e Gloria si sentiva onorata di farne parte. “Ma non posso lasciarla combattere le mie battaglie. Lo sta già facendo Stefania e non riesco ad accettare che metta la sua vita in pausa per me.” Spiegò Gloria, sospirando. “Vi ho sconvolto già abbastanza la vita, vi ho coinvolti tutti pure troppo in questa storia e non è giusto.”
 
“Quello che non è giusto è quello che le sta accadendo.” Rispose Irene. “Non se lo merita.”
 
Gloria sorrise tristemente. “Non sempre le leggi sono giuste…” Irene avrebbe voluto rispondere con veemenza che quelle leggi le facevano orrore, ma sapeva che non era la sede più adatta per esprimere la sua disapprovazione per l’ordinamento giudiziario italiano. Dopo qualche istante di silenzio, Gloria disse, “Se ho chiesto a Stefania di farla venire qui è anche perché volevo parlarle della situazione al lavoro che so un po’ tesa…”
 
“Io non…” iniziò Irene con un’aria preoccupata.
 
“Irene, io non sto mettendo in dubbio il suo lavoro.” La rassicurò immediatamente Gloria, “Io so che lei è all’altezza di questo compito, non ho mai avuto nessun dubbio a riguardo… Avessi potuto l’avrei raccomandata io stessa al Dottor Conti…”
 
“Non mi sento per niente alla sua altezza, Signora Moreau.” Le confessò sinceramente Irene. “Io ci provo, faccio del mio meglio ma lo vedo che le altre non mi prendono sul serio… lo vedo che vorrebbero solo che lei tornasse e riprendesse il suo posto…” spiegò dispiaciuta. “La verità è che lei è insostituibile, Signorina Moreau.”
 
“Non è assolutamente vero, Irene. Nessuno è indispensabile.” Rispose Gloria con un tono serio. “Io conosco le sue capacità e so che è pienamente in grado di ricoprire il ruolo di capocommessa… e anche meglio di me.” 
 
“Come può esserne certa? Non mi ha vista all’opera…” Chiese Irene con esitazione, facendo riaffiorare le sue insicurezze.
 
“Perché la conosco, Irene, e mi fido di lei.” Rispose Gloria come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Irene non disse niente. Annuì visibilmente toccata dalle parole della donna e la sua mente tornò a un discorso che fece a Rocco quasi due anni fa. Dev’essere bello… avere qualcuno che si fida di te senza giudicarti. Irene aveva invidiato il rapporto di Rocco con Armando, la fiducia che il capo magazziniere riponeva nel ragazzo e aveva pensato allora che non sarebbe mai stata degna della stessa fiducia, e invece… “Ho solo una preoccupazione.” Continuò Gloria, interrompendo i pensieri di Irene. 
 
Ecco, pensò la ragazza, c’era un “ma”, un “mi fido, ma non del tutto.” Irene abbassò lo sguardo, cercando di mascherare la sua delusione. C’era sempre qualcosa che impediva alle persone di fidarsi al 100% di Irene Cipriani e apparentemente questa cosa valeva – purtroppo – anche per la Signorina Moreau.
 
“Lei è una ragazza meravigliosa, altruista, attenta, generosa…” disse dolcemente Gloria. Irene alzò lentamente il capo. La ragazza si aspettava un elenco dei perché non era completamente affidabile. Di certo non l’elenco delle sue qualità, o piuttosto delle qualità che la Signorina Moreau pensava di vedere in Irene. “Non voglio che questa Irene Cipriani vada persa, anzi voglio che le ragazze vedano questa Irene qua…” aggiunse Gloria con un sorriso incoraggiante. Si fece però seria prima di continuare, “Non voglio che la sua rabbia la trasformi in un’altra persona… e mi sento responsabile perché so di esserne la causa… e io capisco che lei sia arrabbiata con me…”
 
“Io non sono arrabbiata con lei, Signorina Moreau.” La interruppe Irene perplessa. Perché mai doveva avercela con lei? La ragazza si sentiva piuttosto in colpa per aver anche solo dubitato qualche minuto fa della sincerità della donna. “Non sono minimamente arrabbiata con lei.” Ripeté per assicurarsi che la Signorina Moreau la credesse. “Io sono arrabbiata con Gemma che non meritava di tornare al Paradiso, sono arrabbiata con Clara che non merita di essere una Venere” spiegò Irene sempre più irritata, “sono arrabbiata perché sono stufa che vengano date seconde opportunità a persone che non lo meritano…”
 
“Non possiamo sapere se lo meritino o meno, Irene.” Intervenne Gloria delicatamente.
 
“Lo meritano più di lei?” Replicò Irene.
 
Un sorriso triste si disegnò sul volto di Gloria. La donna sospirò prima di rispondere, “Irene, non sono perfetta. Ho commesso degli sbagli, ho fatto soffrire le persone che amo…” continuò con una voce tremolante, “le ho messe in situazioni impossibili, le ho fatte sentire in colpa quando di colpe non ne hanno… come ho fatto con lei, Irene.” concluse Gloria dispiaciuta.
 
“Ma cosa dice, io non…” rispose Irene, scuotendo il capo. Non capiva a cosa si riferisse la Signorina Moreau. 
 
“Irene, io non credo che lei sia veramente arrabbiata con Gemma o con Clara…” la interruppe Gloria dolcemente.
 
“Certo che lo sono.” Disse immediatamente Irene, convinta.
 
“No, lei ce l’ha con sé stessa ed è per questo che se la prende con gli altri… per cercare di alleviare il senso di colpa che prova...” spiegò Gloria con grande delicatezza, “ma lei, Irene, non ha nessuna colpa.” 
 
Irene abbassò lo sguardo e rimase in silenzio. Dopo qualche istante, sussurrò, “Certo che è colpa mia.” Irene alzò lentamente lo sguardo e Gloria sentì una fitta al cuore quando vide gli occhi della ragazza colmi di lacrime. “È tutta colpa mia.” Confessò Irene sottovoce. “Sono stata io a dirle la verità sul ricatto di Gemma, sul sacrificio di Stefania… Le ho detto tutto…”
 
“L’ha fatto per il bene di Stefania…” La rassicurò Gloria.
 
“Le sembra il bene di Stefania questo?” replicò Irene addolorata, guardandosi intorno. “E chi ha pensato al suo di bene, Signorina Moreau?” 
 
Gloria rimase spiazzata da quella domanda. Il suo bene… Gloria aveva rinunciato a pensare al suo bene ormai una vita fa, semplicemente perché – a suo parere – non ne era più degna. Aveva causato troppa sofferenza per meritare considerazione e protezione. Il suo bene non aveva più importanza. 
 
“Io me lo sentivo che sarebbe accaduto… Le ho detto tutta la verità, sono stata io a spingerla a fare quello che ha fatto.” Continuò Irene come un fiume in piena. Si era tenuta dentro tutta questa dolorosa vicenda per mesi, sentendosi responsabile ogni qualvolta guardava Stefania. Irene non si era confidata con nessuno, era andata avanti fingendo di non essere schiacciata da un sentimento che neanche lei comprendeva appieno. La Signorina Moreau però gli aveva dato un nome: senso di colpa. “Quel giorno mi ha detto di avviarmi, che mi avrebbe raggiunto al matrimonio” ricordò Irene, “e io avevo un brutto presentimento, sentivo che c’era qualcosa che non andava e non ho detto niente.” Una lacrima rigò il volto di Irene. “Sarei dovuta restare per impedirle di fare quello che ha fatto e invece me ne sono andata. Mi dispiace tanto…” Aggiunse chinando il capo.
 
“No, Irene.” Mormorò Gloria con la voce rotta mentre alcune lacrime scendevano lungo il suo volto. “No, no e no.” Ripeté scuotendo negativamente il capo. La sua mano raggiunse quella di Irene e la strinse brevemente per costringere la ragazza a guardarla. Gloria aspettò che Irene alzasse lo sguardo prima di continuare, “Lei non ha nessuna colpa, mi ascolti, nessuna colpa.” Disse il più fermamente possibile. “Non avrebbe mai potuto farmi cambiare idea, nessuno avrebbe mai potuto.” Insistette. Gloria aveva bisogno che Irene capisse che niente e nessuno avrebbe potuto fermarla. Aveva bisogno che Irene capisse che non era responsabile, né dell’accaduto né tantomeno delle azioni di un’altra persona. “Costituirmi era l’unica alternativa, non solo per liberare Stefania dal ricatto di Gemma ma per liberare me stessa… da tutte queste bugie… Voglio che questo le sia chiaro, Irene.”
 
Il dolore lo conosco e posso conviverci, ma non sopporterei di causarlo ad altri. A Gloria tornò in mente quella frase detta tempo fa alla Zia Ernesta. Purtroppo Gloria constatò che nonostante tutti i suoi sforzi, nonostante tutti i suoi sacrifici, continuava a fare del male agli altri. Stefania, Ezio, Zia Ernesta… e adesso anche Irene… Era come se ogni persona che tentava di avvicinarsi a lei finiva per soffrire e questa cosa Gloria non riusciva ad accettarla. Un’altra lacrima rigò il suo volto ma la donna la spazzò via in fretta con il dorso della mano. Guardò Irene seduta di fronte a lei, quei suoi occhi rossi ancora umidi per le lacrime e le si strinse il cuore. La consapevolezza del dolore che causava intorno a sé era la sua vera condanna, ancor più infamante del procurato aborto che l’aveva portata in carcere. La legge e l’opinione pubblica l’avevano condannata, ma era Gloria la giudice più severa. La sua prigione non era fatta di sbarre e di manette, ma era altrettanto opprimente. La sua prigione si chiamava senso di colpa ormai da quasi diciassette anni e non c’era scarcerazione possibile. Il perdono avrebbe potuto liberarla da quelle catene mentali ma non meno reali, ma se Stefania ed Ezio l’avevano perdonata, sussisteva un giudice più crudele e imparziale che invece non perdonava e quel giudice era Gloria stessa. Per lei non poteva esistere un fine pena se non riusciva prima a perdonare sé stessa.
 
“Sono io che mi devo scusare con lei, Irene… perché per quanto cerchi di evitarlo, continuo a far soffrire le persone a me care…” ammise Gloria tristemente.
 
“No, Signorina Moreau.” Intervenne Irene con un tono deciso. “Non è lei, non è colpa sua… È qualcosa di più grande di lei, di più grande di tutti noi… È questa situazione ingiusta, è la legge italiana…” continuò la ragazza. Ecco l’aveva detto. “Lei ha salvato una vita e non ci può essere qualcosa di sbagliato in questo. Io non voglio che si senta in colpa.”
 
“Io non voglio che lei si senta in colpa.” Replicò Gloria. “Me lo promette, Irene? Basta senso di colpa.”
 
Irene annuì ma si rese conto dallo sguardo della Signorina Moreau che la donna aspettava una conferma a parole. “Glielo prometto.” Mormorò Irene. “Però anche lei, ha sofferto abbastanza, non è giusto che si tormenti con colpe che…”
 
“Il tempo è finito.” Annunciò la guardia battendo le chiavi contro le sbarre, interrompendo il discorso di Irene.
 
Gloria sorrise dispiaciuta alla ragazza, anche se era da una parte sollevata. Sapeva che Irene le avrebbe chiesto di promettere anche lei di non sentirsi più in colpa e quella era una promessa che Gloria non poteva fare. “Abbia cura di lei, Irene.” si accontentò di dire la donna mentre si alzava lentamente dalla sedia.
 
Irene ne fece altrettanto e quando Gloria le passò accanto, la ragazza la trattene prendendole la mano, “Signorina Moreau… io…” Irene si bloccò. Scosse il capo e sospirò. Si sentiva a disagio ma non voleva che questo la fermasse. “Io le…” Ci riprovò ma le parole le morirono in gola. Si maledisse, lei e la sua incapacità di esprimere sentimenti. 
 
“Il tempo è finito.” Ripeté freddamente la guardia mentre apriva la porta.
 
Irene sapeva che era solo questione di secondi prima che la Signorina Moreau tornasse nella sua cella e ancor prima di valutare se potesse o meno farlo, abbracciò Gloria cogliendola alla sprovvista. Se Irene non era stata capace di dirlo a parole, avrebbe usato i gesti ma non avrebbe lasciato che la Signorina Moreau se ne andasse senza farle capire prima quanto fosse importante… anche perché chissà quando l’avrebbe mai rivista. Le si strinse il cuore al solo pensiero.
 
Irene sentì le braccia della Signorina Moreau avvolgerla e stringerla. “Sia forte…” Mormorò la ragazza, ma avrebbe voluto dirle ben altro.
 
“Le voglio bene, Irene.” Le sussurrò Gloria come se le avesse letto nel pensiero e conoscendo la Signorina Moreau, la sua sensibilità ed empatia, Irene non rimase sorpresa. 
 
“Io…” iniziò a rispondere Irene ma si bloccò nuovamente. Come risposta la strinse più forte e sperava che sarebbe stato sufficiente per che Gloria capisse ciò che a parole Irene non riusciva a comunicare.
 
All’improvviso, Irene sentì il tono duro e irritato della guardia esclamare, “Nessun contatto fisico!” La ragazza sobbalzò quando si rese conto che l’uomo le aveva raggiunte e lasciò andare la Signorina Moreau. 
 
La guardia si interpose tra le due donne e posò una mano sul braccio della Signorina Moreau per guidarla verso la porta. Irene la guardava con gli occhi lucidi e Gloria tentò un ultimo gesto, una rapida carezza sulla guancia della ragazza prima che l’uomo la portasse via. “Lo so.” Disse a Irene per rassicurarla, regalandole un sorriso commosso.
 
Irene seguì Gloria con lo sguardo mentre si allontanava. La vide ripetere lo stesso iter al contrario – passare la porta, tornare dietro le sbarre e tendere le braccia per indossare nuovamente le manette. Mentre la guardia chiudeva le manette attorno ai polsi di Gloria, la donna si voltò verso Irene e le sorrise prima di muovere le labbra per ripeterle due semplici parole. 
 
Lo so. 
 
 
 
 
 
   
 
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