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Autore: cabin13    28/02/2023    1 recensioni
[Osamu-centric][light angst]
È strano, ritrovarsi da solo ogni sera alla chiusura del locale; non ci ha ancora fatto l’abitudine – e forse non ce la farà mai.
{...} Promemoria implacabile del fatto che, per quanto viaggi con il pensiero e si metta a costruire dialoghi immaginari con qualcun altro, lui adesso si trova lì fuori da solo.
[menzioni SakuAtsu e OsaSuna]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Osamu Miya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché ho paura di sparire

Che c'ho una frase scritta in testa
ma non l'ho mai detta
perchè la vita, senza te,
non può essere perfetta.
[...] Quindi Marlena torna a casa,
che ho paura di sparire
(Torna a casa - Maneskin)

Il vento spezza il silenzio della notte con il suo fruscio e si porta via il debole filo di fumo che si leva da una sigaretta accesa. La notte è immobile sotto la fredda luce della luna piena, quasi un flash che scatta per immortalare quella quiete innaturale.

Osamu scrolla la cenere in eccesso e con un gesto lento, pesante, si porta la sigaretta alle labbra.

Un'altra folata gli scompiglia i capelli proprio mentre i polmoni inspirano la nicotina. L'aria gli invade le narici e si incanala nella trachea, giù-giù fino a mischiarsi con il fumo. Un attimo. E poi tutto quell’agglomerato di fumo e anidride carbonica risale fuori in un respiro che gli raschia debolmente la gola.

Dio, poi non lamentarti se quando vuoi giocare sei una mezza sega.

Un ghignetto divertito gli incurva le labbra. Riesce a figurarsi alla perfezione la voce fastidiosa e irritante che lo sfotte con quelle esatte parole, la testa che si scuote con disapprovazione.

Lui è sempre stato un rompipalle con i fiocchi, in effetti. Non che i suoi giudizi gli abbiano mai creato problemi, però; Osamu ha continuato a fare quello che gli pareva in ogni caso, tutte le volte. E fumarsi quella diamine di sigaretta in santa pace, dopo che ha chiuso il locale per la serata, rientra tra quelle “volte” a pieno titolo.

Una folata di vento più forte delle altre gli rammenta che tutt’intorno a lui è arrivato dicembre. Forse dovrebbe preoccuparsi più di come (non) è coperto anziché di tenere viva la fiamma della sua sigaretta.

Non si è nemmeno cambiato. Indossa ancora la maglietta nera a maniche corte che è la sua divisa da lavoro, il grembiule con il logo di Onigiri Miya allacciato in vita e uno straccio sporco usato per pulire i tavoli buttato sulla spalla. Solo il cappellino è rimasto dentro, dimenticato da qualche parte sul bancone del locale o forse in ufficio.

Ma Osamu non è abbastanza presente a sé stesso da rendersi conto del freddo gelido che gli cammina sulla pelle.

Ti coprirai di geloni, ti verrà il raffreddore e il naso gocciolante e sarai ancora più brutto.

(Vai a coprirti, ché altrimenti ti congelerai. Diamine, mi fai parlare come la mamma.)

La vocetta irritante nella sua testa continua a sbuffare contrariata, preoccupata a modo suo delle ripercussioni che il freddo e il fumo possano avere sulle condizioni di Osamu.

Ma lui stesso ha smesso di preoccuparsi della propria salute, quindi perché deve mettercisi quella forma non fisica di quel caga cazzi a rompergli le palle? Se vuole cadere a pezzi, distruggersi pian piano a modo suo, lui che diritto ha di metterci becco e impedirglielo?

Coglione, sono tuo fratello. Maggiore.

Di soli sette minuti. Sette fottutissimi minuti. Sai che grandissima differenza d’età e quali esperienze di vita in più si possono avere, in sette minuti di esistenza da neonato...

È strano, ritrovarsi da solo ogni sera alla chiusura del locale; non ci ha ancora fatto l’abitudine – e forse non ce la farà mai. La parte più egoista di sé stesso spera che abituarsi a questa sensazione non serva mai. La parte razionale invece gli ricorda implacabile che è un desiderio stupido, quello, e in contrasto con tutto quello in cui ha sempre creduto.

Perché dopotutto uno dei due dovrà vincere quella scommessa che hanno fatto a diciassette anni. E lui non ha intenzione di sorbirsi le prese in giro di ‘Tsumu quando sarà un vecchio sul letto di morte, no grazie.

Come diavolo pensi di vincere se ti stai auto-sabotando con quella roba?

È proprio un rompipalle anche quando non è lì davvero. Forse è un dono naturale.

Osamu è felice del suo business, dei frutti che gli sta portando la strada che si è scelto anni prima. Onigiri Miya si è costruito una solida reputazione sia a Osaka che Tokyo e sono in corso i lavori per aprire una terza sede a Nagano – mancano solo gli ultimi dettagli da definire per la fornitura di riso da un produttore locale che sarà in società anche con Kita-san.

Non se la passa male nemmeno dal punto di vista sentimentale, se per questo. Adesso come adesso sente di essere contento della sua situazione nella sfera delle relazioni – lui e Suna hanno una storia abbastanza stabile, costruita su quasi dieci anni di solida amicizia e districata in qualche maniera tra gli impegni di entrambi e le tre ore di Shinkansen che li separano.

Deve essere sincero, però: per un periodo è stato un po’ tutto una merda. Un po’ tanto. E l'aiuto per andare avanti e non mandare tutto a puttane gli era arrivato dalla rottura di palle con i capelli biondi che divide il patrimonio genetico assieme a lui.

Tante grazie per la rottura di palle, eh.

Osamu fa un altro tiro dalla sigaretta e ridacchia.

Atsumu è una rottura di palle cosmica, su questo non ci piove. È irritante ed egocentrico, così convinto che sarà davvero il più felice dei due grazie alla strada che ha intrapreso e comunque sempre pronto a scroccare gli onigiri al tonno che prepara Osamu, come se quest’ultimo non facesse niente e non si spaccasse la schiena al locale da mattina a sera.

Come se fosse solo lui quello che può puntare alla vetta, a essere il migliore nel suo ambito.

Osamu non aspirerà a un podio olimpico o una Coppa del Mondo, certo, ma questo non vuol mica dire che ci tenga a proliferare nella mediocrità. E proprio per questo sta dando tutto sé stesso nella propria attività, perfezionando al meglio la cosa che ama di più fare.

L'espressione che farà suo fratello quando si vedrà sbattere in faccia la sua sonora sconfitta sarà impagabile. Con un sorrisetto storto, si appunta mentalmente di dover immortalare la scena – magari con l’aiuto di Suna e del suo fidato cellulare sempre pronto a scattare foto. Forse potrà pure appendere l’immagine alla parete del locale di Osaka a mo’ di decorazione.

Cosa ti fa supporre che non sia io a vincere e ad appendermi la foto del tuo brutto muso sul muro?

Già, ma dove l’appenderà, allora?

La parete di Onigiri Miya la vedrebbe chiunque. Bisognerebbe imparare a conviverci ogni volta che si entrerà nel ristorante e si punterà lo sguardo sulla zona vicino al bancone e alla cucina a vista – perché Osamu è stronzo tanto quanto il fratello che sta insultando, e l’area centrale è il miglior posto per sfottere l’alzatore alla perfezione quando perderà.

Atsumu... non ha nessun luogo a Osaka dove potrebbe mettere la foto per farsi beffa di Osamu.

Non è nemmeno più fisicamente a Osaka, se è per questo.

Osamu inspira due boccate veloci, apprezzando quasi la nicotina che gli raschia la gola e il vento che di nuovo colpisce gelido le sue braccia nude. Promemoria implacabile del fatto che, per quanto viaggi con il pensiero e si metta a costruire dialoghi immaginari con qualcun altro, lui adesso si trova lì fuori da solo.

Italia.

Suo fratello è andato a giocare in Italia e ha piantato lì ogni cosa della sua vita precedente.

Quasi ogni cosa, in realtà, perché la squadra di Superlega che ha ingaggiato Atsumu ha ben pensato di fare il colpo grosso e proporre un contratto anche a Sakusa. Se fossero consci della relazione tra i due o meno Osamu non è sicuro al cento percento, ma sa che quegli italiani si son fatti furbi e non si sono lasciati sfuggire due giocatori di alto livello.

E Atsumu è stato contentissimo di prendere e volare dall’altra parte del mondo.

Probabilmente parte del mal di testa che ha colpito Osamu in quel periodo, prima della partenza, deve essere dovuto anche alle chiacchiere non-stop che l’alzatore gli propinava riguardo i mostri che militano in buona parte dei team di Serie A.

“Sarò in squadra persino con uno degli ex compagni di Romero! Romero, ci credi?!”

Osamu aveva dovuto resistere all’impulso di tirargli qualcosa addosso per farlo stare zitto. Magari una padella pesante o un coltello ben appuntito. O entrambi.

A dodici ore di aereo di distanza è andato a finire, quel rompipalle.

Chi cazzo se le fa dodici ore in una scatola con le ali, confinato in un posto che rasenta il minimo di mobilità concessa a una persona per non essere una violazione dei diritti umani bella e buona?

Sono otto ore guardando il fuso orario – sette se si conta che in Italia c’è l’ora legale fino a novembre e Atsumu è partito a settembre; Osamu non ha mai capito questa cosa del tirare avanti e indietro le lancette dell’orologio un po’ a caso. Sono strani, in Europa. E ogni volta è un emerito casino quando vuole chiamare suo fratello.

“Mi hai svegliato alle due del mattino, deficiente.”

Poi sono rimasti comunque al telefono per un’ora buona, perché Atsumu è sempre il solito melodrammatico e logorroico, capace di cianciare del più e del meno pure a un orario indegno come le due del mattino.

(Non perché Osamu voleva anche solo sentire la voce del fratello che non vedeva da un mese e di cui già sentiva la mancanza. No. Assolutamente no. Non diciamo scemenze.)

Potrei tornare per Natale. Il campionato fa due settimane di pausa.

Ma chi lo vuole di nuovo tra i piedi? Che se lo tenga pure Sakusa, per tutto quel tempo. Ha voluto volare in Italia con Atsumu, e adesso si deve sorbire il pacchetto completo. Osamu ha già dato per quasi vent’anni, ora sono problemi di Kiyoomi.

Poi non ci sono comunque gli allenamenti obbligatori? Sono professionisti, se non vanno in palestra per due intere settimane, poi al ritorno sarà un disastro riprendere i ritmi pre-pausa.

E Osamu non può nemmeno allontanarsi dal locale per troppo tempo, perlomeno non in questo periodo; non con la sede di Nagano che deve ancora aprire e le altre che sono sempre oberate di lavoro. Forse se ne ripotrà parlare tra qualche mese quando non ci saranno un miliardo di impegni che si accumulano uno dopo l’altro.

Di nuovo, maledetto Atsumu che si è andato a scegliere l’Italia. Il posto più vicino, dietro l’angolo a destra in fondo alla strada, proprio.

Ma io che ci posso fare? Anche tu mi manchi, coglione.

Un cazzo di niente ci si può fare, ecco cosa.

Sì, c’è WhatsApp e ci sono le videochiamate programmate agli orari più assurdi per entrambi, per cercare di incastrare il fuso orario – di nuovo, il bastardo – e gli infiniti impegni che tutti e due devono rispettare, ma non è abbastanza.

Non quando una persona manca così tanto che senza di lei ci si sente sul punto di sparire.

A rifletterci adesso, è quasi buffo pensare che Osamu è lì, fuori dal locale a fumarsi una sigaretta e immaginarsi la voce petulante di suo fratello, perché sente la mancanza di ‘Tsumu ed è come se un po’ stesse svanendo poco alla volta.

Quando erano piccoli, non gli piaceva che lui e Atsumu venissero sempre associati l’uno all’altro, come se non potessero esistere come entità singole. Lui non era suo fratello, suo fratello non era lui. Erano identici – al tempo persino di più, entrambi con i capelli ancora mori – e simili in molti atteggiamenti, sì, ma c’erano significative differenze nel carattere come nel loro modo di giocare. Atsumu era uno stronzo mega-galattico, in primis.

Con il passare degli anni si è abituato al fatto che la gente li riconoscesse come “i gemelli Miya”; tuttavia c’è sempre stata quella parte di lui che temeva di sparire se messo al confronto con Atsumu. Il fratello ombra di un palleggiatore selezionato per la Nazionale Under-19.

Ha scelto la strada della ristorazione perché era quello che voleva fare, non perché temeva di non essere all’altezza; così ha detto ad Atsumu quando gli ha comunicato che avrebbe mollato la pallavolo dopo le superiori. E ne è davvero convinto – non ci sarebbero tre sedi di Onigiri Miya se si fosse dedicato anima e corpo a qualcosa che non lo convinceva al cento per cento.

Ma ogni tanto l’ha tormentato questo dubbio di finire a essere solo un’ombra se mai avesse scelto la carriera in V-League.

Cosa cazzo stai dicendo? Stai accampando scuse? Tra l’altro pietose, lasciatelo dire. Ma che cazzo.

Si sta incazzando la versione di Atsumu nella sua testa a quell’ammissione, figurarsi se lo rivelasse a quello vero. Gli improperi e le parolacce che tirerebbe andrebbero avanti fino alla fine del secolo, ne è certo.

Non è quello il punto, però.

Il punto è che se in passato si è sentito sparire perché accostato a suo fratello, adesso pensa di poter sparire proprio per la mancanza di quest’ultimo.

Perché è come aver perso una parte di sé, e quello che è rimasto è così fragile da poter perdersi nel filo di fumo che si leva dalla sua sigaretta ancora accesa. C'è qualcosa di non equilibrato adesso, un silenzio che persiste come una cappa soffocante, sbagliato e innaturale, tipo quella stessa sera quando ha finito di rassettare il locale dopo la chiusura. Dove sono le chiacchiere infinite, i resoconti non richiesti su allenamenti e partite, l’abuso del nomignolo “Omi” (perché Osamu va informato sempre e comunque, anche quando non gliene frega niente), le battutine taglienti e le preghiere piagnucolanti per un altro onigiri al tonno? Li rivuole indietro. Rivuole indietro tutto.

È stupido ed egoista pensare che rivuole suo fratello a casa? Sì, lo è, e lo sa benissimo. Grazie tante. Non aiuta lo stesso.

Ma a volte pensa che il meglio di sé lo dava quando c’era Atsumu a spronarlo. Al club di pallavolo la loro competizione era una costante quotidiana, però la cosa è andata avanti anche dopo le superiori, e non solo per la scommessa.

C'era un che di completo quando aveva suo fratello a bazzicare al locale, a rompergli le scatole ogni due per tre: già che era lì, Osamu lo sfruttava per testare le sue ricette e ottenere consigli su cosa migliorare e/o modificare. C’erano idee geniali e idee stupide nate dalle loro conversazioni che in qualche occasione tiravano avanti fino all’una del mattino, c’era la libertà di provare sempre, di parlare faccia a faccia nel loro contorto linguaggio, c’era la felicità di trovarsi ogni tanto, a porte chiuse per un momento tranquillo, solo loro due con a volte Rin e Kiyoomi al seguito.

C'erano i gemelli Miya.

E Osamu lo sa, se lo ripete ancora, se lo deve (vuole) memorizzare che è un desiderio stupido sperare che Atsumu torni presto a casa. C'è in gioco la sua carriera, non può certo mollare tutto di colpo per correre a Osaka solo perché lui – quello rimasto in Giappone – ha nostalgia e sta adottando pessimi meccanismi di difesa alla cosa.

Ma non ne può fare a meno.

E come il filo di fumo che traspare appena contro la luce della luna e viene disperso via nella notte dal freddo vento di dicembre, Osamu si sente sparire un pochino alla volta.











Hola gente
Ho altre seimila cose da terminare, tra cui due testi per l'uni, ma io mi metto a scrivere roba nuova, ovvio
È partito tutto da una fanart di Instagram (link l'account è di @yuran_gg) che mi ha ricordato un verso della canzone dei Maneskin e me l'ha fatta andare a ripescare dopo anni che non la sentivo che problemi avevo nel 2018 quando non mi era piaciuta? Io boh

La Marlena dei Maneskin simboleggia la loro musica, la creatività e la libertà; la Marlena di Osamu è Atsumu - ho sempre immaginato Atsumu come quello un po' più libero, più spontaneo (parola chiave "un po'"), mentre Osamu è quello un po' più misurato, anche nell'esprimere i propri sentimenti. Soprattutto se di mezzo c'è suo fratello... Forse aveva tutto più senso nella mia testa, non so, spero di essere riuscita a spiegare quello che mi sono immaginata quando ho buttato giù questa storia...
Comunque, ho messo l'Italia come Paese di destinazione perché avevo visto questa fanart di @achumu_miya su Twitter e l'ho semplicemente adorata (e perché è il campionato che conosco meglio ed è anche abbastanza pieno di mostri di varie nazionali)
Al solito il titolo non mi convince appieno e spero di non aver fatto casini con l'IC dei personaggi, ogni commento o critica costruttiva è sempre ben accetto
Ringrazio chi recensirà e anche chi leggerà e basta
Alla prossima gente

Adios
   
 
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