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Autore: ValeDowney    03/03/2023    0 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UNA VITA IN GABBIA
 
 

Capitolo XXXIV: Il più bel ricordo di Stephen


 
Stephen controllò l’orologio che aveva al polso, per poi dire: “L’ultima contrazione è avvenuta circa dieci minuti fa. Ormai dovremmo esserci”.
“Hai detto la stessa cosa anche poco fa” disse Christine, mentre prendeva qualcosa dalla credenza. Stephen si avvicinò a lei, dicendole: “Lo sai che non devi troppo affaticarti: la bambina potrebbe risentirne”.
“Stiamo bene entrambe. Quand’è che smetterai di preoccuparti?” domandò Christine, guardandolo.
“Quando la piccola sarà nata” rispose Stephen, baciandola su una guancia. Poi spostò entrambe le mani sulla pancia, aggiungendo: “La bambina si sta muovendo”.
“È normale: si starà preparando per nascere” disse Christine, quando Stephen le prese il polso sinistro e, mentre guardava l’orologio, disse: “Hai il polso accelerato”. Guardò Christine, aggiungendo: “Dovrebbe arrivare un’altra contrazione a momenti”.
“Stephen, smettila. Lo so che sei agitato, ma devi cercare di stare calmo. Andrà tutto bene” disse Christine, prendendogli la mano e guardandolo sorridendogli.
“E’ che non voglio che vi accada qualcosa di spiacevole. Non reggerei al solo pensiero di perdervi entrambe” disse Stephen.
“Non ci perderai e tu sarai un papà eccezionale” disse Christine, quando arrivò un’altra contrazione. Si piegò dal dolore e Stephen, sorreggendola, disse: “Le contrazioni si stanno facendo più frequenti: dovremmo avviarci verso l’ospedale” e si incamminò all’entrata.
“Questa è stata solo un po' più forte della precedente: niente di che” disse Christine.
“Non essere modesta in queste occasioni: sai benissimo anche tu che, in questi casi, è meglio muoversi. Hai visto parecchie donne nel tuo stesso stato, arrivare in ospedale in preda ai dolori ed io non voglio arrivare a quel punto. Meno male che ho già caricato la borsa in macchina” spiegò Stephen, aprendo con una mano la porta.
“Sei sempre stato troppo previdente” disse Christine.
“E’ uno dei miei più grandi pregi. Non che abbia difetti” disse Stephen, facendo un piccolo sorriso.
Poco dopo si ritrovarono a sfrecciare tra le vie di New York. Di tanto in tanto, Stephen guardava Christine, dicendo: “Cerca di fare dei respiri profondi”.
“E’ quello che sto facendo” disse Christine, mentre si teneva entrambe le mani sulla pancia.
“No, tu stai ansimando come un cane in calore” disse Stephen. Christine lo fulminò con lo sguardo, replicando: “E’ così che mi vedi?! Come un cane in calore?! Sappilo, caro mio, che se ora mi trovo in questo stato, è solo per colpa tua!” e riguardò avanti.
“Ora cerchiamo di calmarci: è normale essere nervosi” disse Stephen.
“Sono nervosa perché tu mi ci fai diventare! Mi hai appena paragonato ad un cane in calore, quando sono solamente una donna in procinto di partorire. Voi uomini non proverete mai il dolore che passiamo noi in questo stato” ribatté Christine.
“Mi dispiace, tesoro” disse Stephen.
“Dite tutti così. È la vostra risposta per ogni cosa: “Mi dispiace, tesoro, che non sia al posto tuo”; “Mi dispiace che sia tu a dover soffrire”; “Vorrei portare anche io quel peso per nove mesi”. Al diavolo le vostre scusanti!” replicò Christine.
“Ti amo ancora di più quando ti arrabbi” disse Stephen.
“Non aggiungere un’altra parola, Stephen Strange!” ribatté Christine, guardandolo e Stephen fece un piccolo sorriso.
Si fermarono dietro ad una lunga fila: “Magnifico, di questo passo non arriveremo mai in tempo in ospedale” disse Stephen.
“Credevo che la puntualità fosse tra i tuoi pregi” disse Christine.
“Non farmi dire cosa sto pensando in questo momento” replicò Stephen; poi aggiunse, uscendo con la testa dal finestrino: “Allora lì davanti, ci vogliamo dare una mossa?!”.
In quel momento, Christine sentì qualcosa di caldo scenderle lungo i pantaloni. Guardò Stephen, dicendogli: “Credo che dovrai cambiare i sedili nuovi”.
“Christine non è il momento di parlare di queste cose. Dobbiamo andare in ospedale, prima che tu finisca per partorire qua in macchina” disse Stephen, guardandola.
“Ecco, appunto” disse Christine. Fu lì che Stephen capì, per poi dire: “No, no, no, no”.
“Invece sì: credo che mi si sono rotte le acque” disse Christine.
“Questo lo avevo già capito! Dovrei avere tutto l’occorrente nel baule” disse Stephen.
“Non dirai sul serio?! Non voglio che la mia bambina nasca qua dentro!” replicò Christine, guardandolo.
“La nostra bambina” la corresse Stephen, per poi continuare: “Non nascerà qua in macchina, ma se il traffico non scorrerà allora non vedo altra soluzione”.
“Conosci anche tu quali sono i rischi per un parto in macchina” disse Christine.
“Sì, li so” disse Stephen, riguardando avanti. Poi puntò lo sguardo sullo specchietto laterale e su quello retrovisore. Infine, guardando di sfuggita Christine, aggiunse: “Reggiti, tesoro”. La donna fece appena in tempo a prendere con una mano la maniglia, che Stephen partì a tutta velocità, superando le varie macchine, finendo sul marciapiede e schivando le varie persone presenti.
“Stephen ti prego, rallenta: rischierai di ammazzare qualcuno” disse Christine.
“Non posso rallentare: ormai non dovrebbe mancare molto a destinazione” ribatté Stephen.
Continuarono a sfrecciare veloci per le strade di New York e, più di una volta, Stephen aveva quasi messo sotto qualcuno. Quando, finalmente, arrivarono all’ospedale. Stephen spense la macchina; poi, a passo spedito, andò dalla parte di Christine e, aprendole la portiera, disse: “Coraggio, Christine, scendi che entriamo”.
“Credo che, invece, stia scendendo qualcos’altro” disse Christine.
Stephen si abbassò e fu lì che capì: vide sbucare una testa. Per poco non sbiancò; ma poi si ricompose e, guardando Christine disse: “Ok, credo che la farò nascere ora”.
“No, ti prego, ne abbiamo già parlato anche prima. Non farla nascere qua. C’è ancora tempo” disse Christine.
“Non c’è più tempo: la piccola vuole uscire. Facciamo così: la farò nascere e poi vi porterò entrambe dentro l’ospedale. Ma ti devi fidare di me” disse Stephen, mettendo una mano sopra quelle di lei. Christine ansimava per il dolore. Poi però annuì. Stephen si alzò e, velocemente, dopo aver aperto il baule, ne estrasse una borsa, che portò con sé. Si inginocchiò di fronte alla donna e, dopo aver aperto la borsa, prese fuori guanti; una forbice e degli asciugamani.
In quel momento, il Dottor West stava passando di lì, quando notò la scena: “Strange, ma che cosa stai facendo?”.
“Sei talmente ottuso che non riconosci nemmeno un parto” disse Stephen, mentre si metteva i guanti.
“Ma tu non sei un ginecologo” disse il Dottor West.
“Grazie di avermelo ricordato e, ora, se non hai altre domande da fare, puoi anche andartene e lasciarmi al mio lavoro!” replicò Stephen, per poi allungare le mani verso Christine.
Il Dottor West si avvicinò e fu lì che si accorse cosa effettivamente stava accadendo. Guardò Christine che, guardandolo a sua volta, gli disse: “Ti prego Nicodemus, va a chiamare la dottoressa Garrison” ed il dottor West corse all’interno dell’ospedale.
“Tu non ti fidi di me, vero?” chiese Stephen, guardandola.
“Io mi fiderò sempre di te ma, in questo caso, è meglio lasciare il lavoro di ginecologia a chi lo sa praticare” rispose Christine.
Stephen non replicò e, riabbassando lo sguardo, allungò le mani, per poi dire: “Ora spingi”.
“Stephen, non credo che…” iniziò col dire Christine, ma Stephen ribatté: “Ho detto spingi! Vedo già metà testa fuori: non voglio che muoia soffocata”.
Così la donna iniziò a spingere, mentre una piccola folla di presenti – dottori e non – che avevano sentito le urla, si fecero lì intorno. Stephen avrebbe tanto voluto cacciarli ma, in quel momento, era solamente concentrato per far nascere la figlia.
Incitava Christine nel continuare a spingere, quando in quel momento, arrivarono di corsa il dottor West, accompagnato dalla dottoressa Garrison ed un paio di infermiere. Appena videro la scena, la dottoressa Garrison replicò: “Dottor Strange, le consiglio vivamente di spostarsi immediatamente da lì!”.
“Non posso: non vede che sto operando?” disse Stephen.
“Lei sta facendo nascere un bambino!” lo corresse la dottoressa Garrison. Poi aggiunse: “Dottor Strange non glielo ripeterò più: si sposti immediatamente da lì! È un ordine!”.
“Lei non è il mio capo, ma a volte solamente una collega in sala operatoria. Non mi sposterò da qui, finché non avrò fatto nascere mia figlia!” ribatté Stephen. Ci fu silenzio; poi la dottoressa Garrison, rivolta alle due infermiere, disse: “Fate allontanare i presenti” e le infermiere fecero come era stato appena loro chiesto.
La dottoressa Garrison riporse lo sguardo su Stephen, dicendogli: “Dev’essere il più delicato possibile, proprio come quando opera al cervello. Si assicuri che la bambina non abbia il cordone ombelicale legato intorno al collo: in quel caso dovremmo metterla subito in un’incubatrice”.
“So benissimo come devo comportarmi: non c’è bisogno che mi detta tutto per filo e per segno!” replicò Stephen.
“Ho seguito sua moglie per tutti i nove mesi della gravidanza: so in che stato è la bambina” disse la dottoressa Garrison.
“Ed io ho letto alcuni libri di ginecologia, memorizzandone ogni singola riga e pagina. Non sbaglierò, se è quello a cui sta pensando. Soprattutto con Christine e la piccola. Sono la mia famiglia: non posso perderle!” ribatté Stephen.
“Faccia come le pare ma, appena avrà fatto nascere quella bambina, la prenderò e la porterò immediatamente in ginecologia per assicurarmi che stia bene” disse la dottoressa Garrison.
“Va bene, ma ora mi lasci lavorare!” replicò Stephen.
Christine continuava ad urlare, finché…Stephen estrasse la bambina, che piangeva. La guardava amorevolmente, mentre la teneva tra le mani. Quel fagottino così piccolo, ma già così pieno di vita.
La dottoressa Garrison stava per prendere le forbici, quando Stephen la guardò malamente: “Non si azzardi neanche!”.
“Allora si sbrighi” disse la dottoressa Garrison.
Mentre con una mano sorreggeva la figlia, con l’altra prese le forbici, con le quali tagliò il cordone ombelicale. Poi avvolse la piccola in un asciugamano. La guardò: “Ciao, cucciola mia. Sono il tuo papà. Quanto ti ho aspettato” e la baciò sulla fronte. Alzò lo sguardo, quando Christine lo chiamò, vedendola allungare le mani. Riguardò la piccola, dicendole: “Ora andiamo dalla mamma” e la depositò delicatamente tra le sue mani.
“Ciao, piccola. Finalmente sei arrivata. Quante notti insonni mi hai fatto passare e quanti calci mi hai dato. Ma, dopotutto, sei figlia di tuo padre: sempre impaziente; combattivo e sicuro di sé. Non sai già il bene che ti vogliamo”.
“Dottoressa Palmer, mi dispiace interrompere questo dolce momento, ma devo portare subito la piccola in ginecologia” disse la dottoressa Garrison.
Christine la guardò in silenzio; poi guardò la piccola e, dopo averla baciata sulla fronte, disse: “Non ti preoccupare, piccola: ci rivedremo presto. Mamma e papà non vedono l’ora di riaverti tra le loro braccia” e consegnò la piccola alla dottoressa Garrison che, insieme alle infermiere, entrò nell’ospedale.
Stephen si affiancò a Christine. Strinse le mani di lei tra le sue, per poi dirle: “Sei stata bravissima”.
“Anche tu, ma non avevo dubbi” disse Christine, guardandolo.
“Ti avevo detto di fidarti di me. Non me lo sarei mai perdonato se vi avessi perso entrambe. Siete ciò che ho di più prezioso in questo mondo” disse Stephen ed i due si baciarono.
Poco dopo e dopo che Christine fu stata curata, i due si trovavano davanti alla nursery. La loro bambina, che in quel momento stava dormendo, era stata posta in una delle culle in prima fila, vestita con un pigiamino rosa e con una cuffietta dello stesso colore.
“Ancora non ci credo che finalmente sia arrivata. L’abbiamo aspettata per tanto” disse Christine.
“Sarà la bambina più viziata che ci sia. Non le farò mancare nulla e, da grande, diventerà la migliore neurochirurga in circolazione” disse Stephen.
“Ha poche ore di vita e già pensi al suo futuro? Cerchiamo, invece, di godercela finché è piccola” disse Christine, appoggiando la testa sulla spalla di Stephen. Questi la guardò sorridendo. Entrambi volsero gli sguardi, quando la Dottoressa Garrison, con un’infermiera, li raggiunse. La donna guardò Christine: “Allora, come si sente?”.
“Bene, grazie. Quando potremo tenere in braccio la nostra bambina?” domandò Christine.
“Molto presto e poi potrete portarla a casa. A proposito avete già deciso che nome darle?” chiese la Dottoressa Garrison.
“Stephanie. Lei si chiamerà Stephanie” rispose Stephen.
“Donna” aggiunse Christine. Stephen la guardò e Christine, guardandolo a sua volta, aggiunse: “Stephanie Donna Strange” e, guardando la dottoressa Garrison, finì col dire: “Lei si chiamerà Stephanie Donna Strange”.
La dottoressa Garrison si limitò ad annuire e, insieme all’infermiera se ne andò.
“Christine, io…” iniziò col dire Stephen. Christine gli mise un dito sulla bocca, dicendogli: “Pensavo che ti avrebbe fatto piacere. Sì…insomma…non hai mai dimenticato tua sorella e non ti sei mai dato pace per ciò che le accadde. Lei potrebbe rivivere in nostra figlia”.
Stephen le mise una mano sulla guancia, dicendole: “Oh, Christine, mi hai fatto il dono più bello che io potessi desiderare. Ti amo. Ti amerò per sempre”.
“Anche io ti amo” disse Christine e si baciarono.
I giorni passavano ed i due neo genitori presto si dovettero dividere tra turni in ospedale; pappe; cambi di pannolini e strilli notturni. Ma erano felici, soprattutto Stephen.
Stephanie era la luce dei suoi occhi; la sua più grande gioia e lui ne era molto orgoglioso. Già prospettava il suo futuro, vedendola al suo fianco come brillante neurochirurga, operando solamente i casi più difficili.
Una notte, sentirono piangere la piccola dal baby monitor. Christine si rigirò nel letto e, tenendo gli occhi chiusi, mugugnò qualcosa: “Stephen, va tu per favore”.
“Ma non l’hai appena cambiata?” le domandò.
“Sì e le ho anche dato da mangiare” rispose.
“Allora vado a vedere cosa c’è che non va” disse Stephen e, dopo essersi alzato da letto, si diresse nella nursery, dove trovò Stephanie nella culla che piangeva.
“Cucciola mia, cosa c’è che non va? Non devi far preoccupare così papà e mamma. Su, smetti di piangere. C’è qua il tuo papà” disse Stephen guardandola sorridendole e, abbassandosi, la baciò sulla fronte. Stephanie smise di piangere, ma continuò a singhiozzare, guardando il padre con quegli occhi azzurri così uguali ai suoi.
Stephen le sorrise, quando alzò lo sguardo verso una figura che parlò: “Come siamo sentimentali. Il grande Stephen Strange che si fa addolcire così facilmente”.
“Chi sei? Vieni fuori!” ribatté Stephen.
La figura uscì dall’ombra, rivelando…un altro Stephen Strange.
“Tu?! Cosa ci fai qui?! Non dovrebbe essere possibile” disse stupito Stephen, riconoscendo la sua variante malvagia.
“Per me nulla è impossibile. Noto, però, che nei sogni sei molto cosciente. Questo sta a significare che sei ancora troppo attaccato al passato. Sei debole. Ed io credevo che tu fossi quello più pericoloso tra tutti gli altri” disse lo Stephen cattivo, avanzando verso la culla.
“Non osare toccarla!” replicò Stephen ma, appena cercò di attaccarlo, l’altro lo bloccò a mezz’aria, per poi dirgli: “Che cosa pensi di farmi? In questo sogno, non sei ancora diventato lo Stregone Supremo ma sei un semplice neurochirurgo con la sola sete di fama e notorietà”.
Si avvicinò alla culla, mentre Stephen lo guardava furente e cercando di liberarsi. Lo Stephen cattivo disse, guardando Stephanie che lo guardava a sua volta: “Porterò via la tua Stephanie e la crescerò come la mia. Poi prenderò anche Christine e tutti e tre insieme ritorneremo ad essere una famiglia”.
“Sei solo un codardo! Mi attacchi in questo momento, perché sai che contro la mia parte malvagia non avresti vittoria facile. Liberami e combattiamo!” ribatté Stephen.
“Nemmeno la tua parte malvagia è in grado di sconfiggermi: sono io il più forte! E, ora, preparati a dire addio alla tua dolce Stephanie!” replicò lo Stephen cattivo e, stava per prendere la bambina, quando una forte magia lo scaraventò a terra e, chi lo aveva attaccato, liberò anche Stephen. Questi alzò lo sguardo per trovarsi accanto Wong: “Wong?! Che cosa ci fai qua? E come sei riuscito ad entrare nel mio sogno?”.
“Le spiegazioni a dopo” rispose Wong. Entrambi guardarono lo Stephen cattivo che, dopo essersi alzato, replicò: “Questo è giocare sporco: due contro uno. Non si fa”.
“Potrei dire la stessa cosa di te: entri nei sogni altrui, nei momenti delle loro debolezze. Dovresti combattere ad armi pari” ribatté Wong.
“E, allora, che divertimento ci sarebbe vedervi soffrire? Dovreste, invece, ringraziarmi: ho ucciso le altre nostre varianti spingendole giù da alti edifici. Con te sto dando troppe possibilità di sopravvivenza. Però sto iniziando a perdere la pazienza: prenderò Stephanie anche a costo di distruggere il vostro insulso universo!” replicò lo Stephen cattivo.
“Avanti, ti sfido a provarci!” ribatté Wong e creò due scudi dorati.
“Non ho voglia di sporcarmi le mani con te: preferivo un combattimento uno contro uno” disse lo Stephen cattivo; poi spostò lo sguardo su Stephanie, che lo guardava, dicendo: “Con me avrebbe avuto potenziale: sarebbe diventata la più forte di tutti”. Riguardò i due aggiungendo: “Ma non è ancora finita qua: prima o poi lei sarà mia!” e, ridendo malignamente, creò un portale, nel quale sparì.
Stephen corse al fianco della culla e, guardando la piccola, disse: “Cucciola mia, stai bene?” e Stephanie rise. Wong si affiancò a lui e, prima che Stephen potesse aprire bocca…si svegliò.

 
Stephen ansimava. Si trovò Wong accanto al letto, chiedendogli: “Perché sei qua nel pieno della notte?”.
“Era un’urgenza e non potevo aspettare domani mattina” rispose.
“Fammi indovinare: l’urgenza riguardava la mia variante malvagia?” domandò.
“Ero in meditazione, quando mi sono accorto che qualcosa non andava. Così mi sono collegato con il piano astrale ed ho notato un notevole cambiamento di energia nella tua mente” rispose Wong.
“No, un momento: ti sei collegato alla mia mente?! Dove è finita la privacy?” disse stupito Stephen.
“Se non l’avessi fatto, quell’altro te sarebbe riuscito a portare via Stephanie” disse Wong.
Sentendo il nome della figlia, Stephen si alzò da letto ed a passo spedito si diresse nella camera di Stephanie. Tirò un sospiro di sollievo, vedendola che stava dormendo beatamente. Venne raggiunto da Wong.
“Come ci riesce?” chiese Stephen.
“Con il Darkhold: quando uno è del tutto disperato, il Darkhold gli fornisce ogni genere di maledizione. Dopotutto, è stato creato dal primo demone. Ogni cosa è possibile per chi vuole ottenere ciò che vuole” spiegò Wong.
Stephen si avvicinò a Stephanie e, dopo essersi abbassato, le mise una mano sulla fronte. La ragazza si mosse, ma non si svegliò. Poi guardò Wong: “Che cosa consigli di fare?”.
“Controbatterlo, ma tenendo costantemente la guardia. È un tipo molto pericoloso” rispose Wong.
“Così pericoloso, che nemmeno la mia parte malvagia è riuscita a contrastarlo. Se fossi stato più preparato” disse Stephen.
“Può attaccare in qualsiasi momento, cogliendoci di sorpresa. È per questo che non sei riuscito a contrattaccarlo” disse Wong.
Stephen riguardò Stephanie, sospirando per poi dire: “Al momento c’è solo una cosa da fare”.
Il mattino seguente Stephanie si svegliò, illuminata dai raggi solari. Si stiracchiò, ma le saltò subito all’occhio la stanza: “Un momento: questa non è la mia camera da letto”.
Scese e, velocemente si diresse verso la porta, trovandola chiusa. Provò ad aprire la maniglia, ma nulla da fare. Bussò incessantemente, chiamando il padre, ma nessuno andava da lei.
Andò verso la finestra, aprendola, rimanendo a bocca aperta: davanti a lei si ergeva il tempio di Kamar-Taj. Come era finita lì?







Note dell'autrice: Buona sera ed eccomi con un nuovo capitolo. Vi avevo detto che non sarei più sparita per molto tempo (e spero di non sparire ancora). Volevo aspettare ancora un pò prima di arrivare al secondo film di Doctor Strange, approfondendo gli altri Strange (soprattutto il sinister). Spero che questa scelta vi stia piacendo. Non volevo, soprattutto, avere buchi di trama o quant'altro
Volevo ringraziare chi ha continuato a sostenere la storia (seppur son sparita per un paio di mesi). Quindi GRAZIE per il vostro continuo sostegno. Grazie a chi sta recensendo o chi è passato semplicemente da queste parti. Chi ha messo la storia tra le seguite e preferite. Grazie di cuore
Con ciò vi attendo al vostro capitolo (sperando non tardi ad arrivare)
Una buona notte ed un buon inizio di week end
Un forte abbraccio
Valentina

 
  
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