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Autore: Stillathogwarts    04/03/2023    1 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Sarah_J._Maas#Serie_della_Corte_di_Spine_e_Rose[2]]
[ACOTAR] | Pov Rhysand
One Shot introspettiva su Rhysand che si svolge tra ACoTaR e ACoMaF.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Disclaimer: La serie di ACOTAR e i suoi personaggi appartengono a Sarah J. Maas. Questa è una fanfiction scritta da me, senza alcuno scopo di lucro.



Personaggi: Rhysand, Altri (Mentioned)
Contesto: Post UTM (tra ACoTaR e ACoMaF)
TW: Mention of SA, violence, PTSD




 
HAUNTED
 
 
 
 
 
Si portò la mano sul torso nudo con un gesto secco, come a scacciare rudemente un insetto molesto che gli solleticava la pelle, disturbando il suo sonno già inquieto.
Non era un animaletto irritante che voleva allontanare, in realtà, ma il fantasma di lunghe unghie rosse, affilate come artigli, che tracciavano linee immaginarie sul suo corpo, indesiderate, spregevoli, ripugnanti.
Per Velaris, ripeteva la vocina nella sua testa, come un mantra, come se quel pensiero fosse tutto ciò che lo spingeva a vivere un giorno in più, a resistere, a sopportare.
Per Velaris.
Non osava pensare a Mor, o a Cassian, o ad Azriel, e nemmeno ad Amren, non in Sua presenza.
Sapeva che Lei non possedeva abilità daemati, ma una parte di lui temeva che fosse in grado di accedere al potere che gli aveva sottratto con la forza e l'inganno per utilizzarlo contro di lui; perciò, allontanava ogni ricordo della sua Casa in un angolino così remoto della sua mente che a volte egli stesso faticava a raggiungere. Come se temesse che la sola tentazione di rivolgere un pensiero alla sua famiglia potesse indirizzare l'attenzione di quel mostro verso di loro, mettendo in pericolo le persone che amava; come se solo pensarli potesse attirarla nel luogo che aveva così ostinatamente faticato per tenerle nascosto, sacrificando tutto sé stesso per garantirgli protezione.
Per Velaris.
Qualcuno stava urlando all'esterno della stanza e gli occhi di lei luccicavano di cattiveria. La sua risatina gelida e penetrante gli faceva accapponare la pelle.
«Concentrati, Rhysand.»
Un forte strattone ai suoi capelli nero-blu, la sensazione della punta delle unghie che gli graffiavano violentemente il cuoio capelluto.
«Non abbiamo ancora finito, qui.»
Era di nuovo bloccato sotto di lei.
Era sempre bloccato sotto di lei.
Senza che potesse fare qualcosa per evitarlo.
Gli veniva da vomitare, ma non poteva fare neanche quello, non se lei poteva vederlo. Avrebbe solo peggiorato le cose.
Ormai doveva sapere che lui odiava ogni secondo di tutto ciò; se per un po' l'aveva convinta di trarne a sua volta piacere in cambio di qualche privilegio, un ultimo disperato tentativo di mantenere un piccolo vantaggio su di lei, di manipolarla per indurla a fidarsi di lui e magari garantirsi una possibilità di sconfiggerla, la notte precedente le aveva dato la conferma che non era affatto così. Quando lo aveva visto baciare Feyre e lei aveva capito. Aveva visto la sua gelosia.
Le sue unghie affilate si strinsero ulteriormente attorno alla sua gola, per impedirgli di distogliere lo sguardo dal suo, per far sì che fosse consapevole al cento per cento di ciò che stava accadendo, di ciò che gli stava facendo, del potere che esercitava su di lui. Per non dargli modo di rifugiarsi nella sua mente, di esercitare alcun controllo sul dolore e su quella profonda sensazione di violazione che lo assalivano.
Per farlo sentire il più impotente possibile.
Avrebbe voluto ucciderla.
Era il pensiero più ricorrente nella sua mente, vedere la vita che si spegneva nei suoi occhi intrisi di crudeltà.
Resisti.
Per Velaris.
Altre urla provenivano dall'esterno, che trasudavano agonia straziante.
Rhys voleva gridare a sua volta, ma non le avrebbe dato quella soddisfazione.
Non gliela dava mai.
Su quello, almeno, aveva ancora il controllo.
Resisti.
Per Velaris.
Goccioline di sudore freddo scivolarono lungo il suo collo, solleticandolo e lui si agitò tra le lenzuola, stringendo le palpebre con forza, il viso addormentato distorto in una smorfia sofferente. Il suo potere ribolliva furiosamente nelle sue vene, ansioso di fuoriuscire, di farla pagare a quella femmina crudele con il doppio della ferocia che lei ci aveva messo per tormentare lui e torturare un'innumerevole serie di anime innocenti.
Rumore di ossa rotte, un collo che si spezzava.
Gli artigli spuntarono sulle sue dita e affondarono nel materasso, bucandolo, squarciando il tessuto; la sua testa si mosse freneticamente, a destra e a sinistra, poi i suoi occhi si spalancarono con uno scatto.
Per lunghi istanti, Rhys non mise a fuoco l'ambiente circostante, il cuore che palpitava furiosamente nel petto, il respiro frammentato e affannato. Le lenzuola su cui giaceva erano fradice di sudore, gelide.
Voltò lentamente il capo verso la finestra e cercò di concentrarsi sulla flebile e bianca luce emanata dalla luna splendente, dalle stelle che brillavano alte in cielo e illuminavano fievolmente la stanza.
Era a casa.
Non si vedevano le stelle nel Regno Sotto la Montagna.
Era a casa.
Trasse un respiro profondo, poi un altro, cercando di stabilizzare la respirazione e il battito accelerato del suo cuore. Spostò lo sguardo sugli oggetti che lo circondavano, i suoi effetti personali, la sua camera da letto. Chiuse e riaprì gli occhi più volte, come per accertarsi che tutto non sarebbe svanito all'improvviso, che non si sarebbe risvegliato per scoprirsi nuovamente disteso accanto a Lei, come era accaduto ogni giorno, per quasi cinquant'anni.
Deglutì con forza.
Il suo potere si riversava nella stanza in onde oscure, instabile, in fermento. Lo ricacciò indietro. Distruggere la sua camera da letto non gli avrebbe portato alcun beneficio, nessun conforto; non gli sarebbe stato di aiuto.
Si beò della leggera luce lunare, perché l'oscurità, di quei tempi, lo rendeva inquieto, riportava a galla brutti ricordi.
Ricordi di sangue, terrore e crudeltà.
Ricordi che lo avrebbero perseguitato probabilmente per il resto della sua vita eterna.
Ironico, si ritrovò a riflettere. Lui, che era il Signore della Notte, ora quasi rifuggiva le tenebre.
L'oscurità, che in passato era stata quasi una seconda casa per lui, un luogo in cui si era sempre sentito al sicuro perché era sotto il suo controllo, poteva rappresentare anche una minaccia ormai.
Immaginava che molti in Prythian associassero quello stesso sentimento a lui.
C'era chi lo considerava l'incarnazione della Morte... e lui non poteva biasimarli.
Aveva intrapreso quel cammino da solo, costruendosi quella reputazione come un'armatura attorno a sé, alla sua famiglia, alla sua Corte, - quella vera -, e Amarantha non aveva fatto altro che accentuarla, usandolo come un burattino per i suoi sporchi e crudeli fini, anche quando lui non era affatto coinvolto negli eventi cruenti che causava.
Senza che lui potesse in alcun modo opporsi.
Nessuno poteva opporsi.
Chiuse gli occhi un'altra volta, il respiro ancora irrimediabilmente spezzato.
Tutto il suo corpo tremava, soffriva per le immagini che si succedevano incessantemente nella sua mente, ricordi che non riusciva a bloccare, a scacciare via, a impedire che tornassero a galla.
Sentiva ancora l'eco di urla agonizzanti e risate crudeli nelle sue orecchie.
Avvertiva il fantasma di quel mostro che aleggiava accanto a lui, che lo aveva seguito persino nel suo letto.
La puttana di Amarantha.
Perché nessuno si era accorto che lui non voleva veramente stare al suo fianco?
Perché nessuno si era accorto che non faceva mai del male agli indifesi per sua iniziativa? Che a volte uccideva per risparmiare il dolore della tortura per mano di Amarantha e dei suoi lacchè?
Perché nessuno si era accorto che a volte veniva meno agli ordini di Lei, pur di risparmiare della sofferenza alle sue vittime?
Perché nessuno aveva notato la strategia dietro le sue azioni?
Aveva svolto così bene il suo lavoro che la malvagità che aveva esibito sotto il controllo di Amarantha era risultata credibile a tal punto?
Al punto da considerarlo un mostro e un traditore di Prythian?
Eppure, lì era stato un prigioniero anche lui.
Era stato privato dei suoi poteri anche lui.
Era stato costretto a rimanere nel Regno Sotto la Montagna anche lui, confinato nelle stanze di Amarantha.
Rhys avrebbe preferito le celle o una delle sale di tortura, ma Lei sapeva che quelle non lo avrebbero spezzato, non un guerriero Illyrian, non il più potente Signore Supremo mai esistito a Prythian.
Erano stati trucidati anche i membri della sua Corte, sebbene appartenessero alla Città Spaccata.
Non che gli altri sapessero distinguerne la differenza.
Rhysand, il mostro.
Vedeva ancora il sangue sulle sue mani, le azioni riprovevoli che era stato costretto a compiere per sopravvivere un giorno in più e continuare a proteggere la sua casa. La gente che aveva ucciso per ordine di Lei.
Per Velaris.
Tattica, era stata una strategia la sua, però a volte si chiedeva se l'assenza di pentimento lo rendesse veramente un mostro.
Ma lui avrebbe sempre fatto anche l'impossibile per proteggere chi e ciò che gli stava a cuore, avrebbe pagato qualsiasi prezzo pur di assicurarsi il loro benessere.
Avrebbe persino sacrificato la sua stessa vita, se si fosse reso necessario.
Meglio la sua che la loro, pensava.
Alcuni tra i Signori Supremi intrappolati con lui nel Regno Sotto la Montagna avevano sospettato che fosse una strategia da parte sua, ne era certo.
Tarquin, per esempio... lui aveva capito, o almeno così gli era sembrato.
Helion, probabilmente.
E sperava che Kallias avrebbe visto oltre la maschera, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco; Amarantha si era profondamente impegnata per far sembrare opera sua l'omicidio di quei bambini della Corte del Giorno.
Una delle poche volte in cui il suo autocontrollo era quasi venuto meno, il momento in cui Lei aveva impartito quell'ordine e lui era impallidito e se non si era mosso era stato solo perché il sangue si era raggelato nelle sue vene, pietrificandolo.
Lui non c'era, in quella spedizione. Ma quasi nessuno aveva messo in dubbio le sue volontà in merito all'uso che la femmina faceva di lui.
Strinse le lenzuola con più forza, lasciando altri buchi nel materasso con i suoi artigli sguainati.
Troppe cose da respingere e lui era esausto.
Sapeva che una parte di quel dolore non era suo, lo avvertiva scorrere lungo il Legame che condivideva con Feyre, debole per via della distanza che li separava, ma comunque presente.
Lo sentiva formicolare quasi ogni notte e riversarsi dentro di lui, la sua disperazione, la sua sofferenza, la sua paura, il suo senso di impotenza, la solitudine... e Rhys si risvegliava con la voglia di vomitare e di fare a pezzi il mondo.
Dov'era Lui, quella volta? La stava lasciando sola con le conseguenze di ciò che aveva vissuto.
La sua compagna, che da qualche parte nel cuore della Corte di Primavera divideva il letto con il suo secondo peggior nemico, stava affrontando il suo dolore da sola.
Un'ondata di rabbia cieca lo travolse all'improvviso, il desiderio di trasmutare in quella villa e andarsela a prendere, portarla via dalle grinfie di Tamlin, sempre più acuto.
Tamlin che non aveva mosso un dito per salvarla.
Tamlin per amore del quale Feyre aveva messo in gioco la sua vita, per il quale aveva patito tutte quelle atrocità alle quali non sarebbe mai potuta sopravvivere da sola.
Tamlin che non aveva fatto niente per aiutarla, ed era rimasto immobile, a recitare la parte del bravo cagnolino di Amarantha, impassibile.
Tamlin che era rimasto a guardare.
A guardarla soffrire, mentre Feyre rischiava la vita per lui e la sua maledetta Corte.
Tamlin che, nell'unico momento in cui avrebbe potuto fare qualcosa per provare a salvarla, aveva deciso invece che fosse più importante scoparsela per l'ultima volta, piuttosto che cercare di farla scappare, di farla uscire dal Regno Sotto la Montagna.
La sua rabbia divenne primordiale a quei pensieri, ma Rhys non riusciva a fermarli.
Perché Tamlin gli aveva già portato via tanto e ora aveva anche la sua compagna.
Tamlin che aveva il cuore di Feyre e non riusciva ad apprezzarlo.
Tamlin che avrebbe dovuto proteggerla e non ci aveva neanche provato.
Tamlin che ora la stava tenendo confinata in casa.
Tamlin che la stava abbandonando a sé stessa, di nuovo.
Tamlin, che Feyre aveva scelto, ma che non si rendeva conto della preziosità e della forza della femmina che aveva accanto.
Feyre, che era la sua compagna, non quella di Tamlin.
Feyre, che le stelle avevano destinato a lui, ma che lo odiava, lo reputava un mostro.
Il mostro che il resto di Prythian vedeva era tutto ciò che anche Feyre scorgeva in lui.
La sua compagna, che aveva dovuto ferire per proteggere.
La sua compagna, che era innamorata di quel coglione di Tamlin, che voleva stare con Tamlin, nonostante tutto.
La sua compagna che non aveva idea di quanto Rhys avesse rischiato per salvarla, per aiutarla... per non farle affrontare quelle tremende prove da sola... per non farla morire, da sola.
La sua compagna che non sospettava minimamente di cosa gli avesse fatto vederla spegnersi e poi resuscitare e precipitarsi tra le braccia di un altro.
La sua compagna, che non sapeva niente delle motivazioni che lo avevano portato a comportarsi in quel modo ripugnante con lei.
La sua compagna, che sarebbe divenuta presto la Signora della Corte della Primavera.
Rhys avrebbe rispettato la sua scelta, nonostante ogni fibra del suo corpo odiasse e si opponesse a quell'idea rivoltante, nonostante quella verità non smettesse di tormentarlo e torturarlo neanche per un istante.
La sua compagna, grazie alla quale era riuscito a resistere.
Perché prima della sua comparsa inaspettata nei suoi sogni, ogni speranza si era spenta in lui.
Era quasi arrivato al punto di considerare l'idea di farla finita una volta per tutte, si era quasi arreso all'inevitabilità del suo destino segnato dall'abuso e dal sopruso, dal terrore e dall'orrore.
Ma poi Feyre era apparsa nella sua mente e aveva ricominciato a vedere uno spiraglio di luce, a sperare che ne sarebbero usciti, che prima o poi Prythian si sarebbe liberato dal giogo di Amarantha, che ci fosse qualcosa di più ad attenderlo là fuori, semmai avesse trovato il modo di abbandonare il Regno Sotto la Montagna.
Ma la sua compagna non sapeva niente di tutto ciò e non era sicuro che le sarebbe importato di saperlo.
Non pensava di meritarla, comunque.
Uno come lui... aveva sempre saputo di non essere destinato a quel tipo di felicità.
All'amore.
Poco importava che lei fosse l'unica persona al di fuori della sua famiglia a non aver paura di lui, ad avere il fegato di rispondergli a tono e tenergli testa.
Poco importava che nessuna femmina lo avesse fatto impazzire quanto lei, in passato.
Poco importava che la loro Unione fosse scritta nelle stelle.
Averla avrebbe significato apporre un bersaglio sulla sua schiena ed era già abbastanza in pericolo nella sua situazione attuale.
Forse... forse alla Corte della Primavera sarebbe stata al sicuro.
Forse, lì sarebbe stata meglio, lontana da lui e dalla sua oscurità.
Eppure... eppure, Feyre non sembrava felice.
Eppure, gli sembrava che sussurrasse cose a lui, che le urlasse, talvolta, attraverso il loro Legame.
Ma poi si ricordava che lei non aveva la più pallida idea di come funzionasse quel filo che li univa.
Lei non lo sapeva, che avrebbe dovuto essere sua.
Aprì di nuovo gli occhi e strinse i pugni. Tirò via le lenzuola con uno scatto deciso e si alzò dal letto, per fermarsi a guardare il cielo notturno, brulicante di stelle splendenti; le stelle che pregava tanto, a cui affidava tutti i suoi desideri da oltre cinquecento anni.
Le stelle che avevano esaudito quello che più bramava, permettendogli di incontrare la sua compagna... per poi vedere quel sogno secolare infranto brutalmente dalle circostanze. Ancora non riusciva a capacitarsi di essere stato così sciocco da coltivare quell'ideale romantico, nonostante fosse consapevole del risultato disastroso che il vincolo di coppia aveva avuto per i suoi genitori.
Strinse il labbro inferiore tra i denti e trasse dei respiri profondi, poi si vestì con rabbia, spalancò le sue ali e volò nel cielo ancora illuminato dalle stelle.
Non poteva recarsi nella biblioteca della Casa del Vento a quell'ora della notte e disturbare il sonno delle Sacerdotesse, già inquieto e flebile di suo, così si diresse verso le terre degli Illyrian.
Forse, allenarsi lo avrebbe aiutato a tenere a bada i mostri, quelli che affollavano la sua testa.
Forse, allenarsi lo avrebbe sfinito al punto di concedergli qualche ora di sonno profondo e senza incubi.
Forse, allenarsi avrebbe tenuto il bellissimo viso di Feyre lontano dalla sua memoria.
Forse, allenarsi avrebbe messo un freno al fluire dei ricordi terribili relativi ai precedenti cinquant'anni.
Forse, allenarsi avrebbe scacciato il fantasma che infestava la sua mente e sembrava seguirlo ovunque andasse.
E sicuramente, allenarsi lì, da solo, sfogarsi con l'esercizio fisico fino a recuperare una sorta di controllo su sé stesso, avrebbe impedito a Mor, Cassian e Az di rendersi conto che il Rhys che era tornato dal Regno Sotto la Montagna non era il Rhys che vi era entrato, che non lo sarebbe stato mai più.
Che era danneggiato, rotto e piegato dagli eventi a cui aveva assistito e da quelli di cui si era reso fautore per proteggerli. Che aveva dato tutto sé stesso, per permettere a loro di vivere e restare al sicuro, entro le mura protette di Velaris.
E mentre iniziava una serie di brutali esercizi, Rhys cominciò anche a pregare per l'ennesima volta che la sua famiglia non scoprisse mai fin dove si era spinto e cosa esattamente aveva subito per assicurarsi che loro fossero sani e salvi.
Non avrebbe sopportato di caricarli di quel fardello.
Non lo faceva mai.
.
.
.
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.
n.d.a.
Salve!
Ho deciso di scrivere questa OS perché avverto la mancanza di POV Rhysand nei libri che vadano ad analizzare determinati aspetti e eventi della vita del personaggio, per cui ho provato ad esplorarlo in forma introspettiva. Questa prima OS fa parte di un progetto più ampio, costituito da una serie di OS, che spero possa interessare a qualcuno (ho notato che in ambito fanfiction il fandom di ACOTAR è un po' spento, non vi è neanche una categoria apposita.)
Spero comunque che la storia vi sia piaciuta e, se vi va, vi invito a lasciarmi una recensione/opinione in merito; per me è molto importante ricevere un feedback (non solo come autrice, ma anche perché tengo molto al personaggio preso in esame in questo caso).
Grazie per aver dato una possibilità alla mia OS,
a presto!

 
   
 
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