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Autore: Jeremymarsh    13/03/2023    1 recensioni
Quattro stagioni per esplorare il rapporto tra Kyo e Tohru prima e dopo la maledizione.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kyo Soma, Momiji Soma, Toru Honda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Di sole e di pioggia

 


 

Autunno.

Quel giorno, dopo scuola, Momiji insistette nel voler tornare a casa con loro. Le vacanze estive erano appena terminate e il nuovo semestre li aveva accolti con una valanga di nozioni, compiti e verifiche in più, ma Momiji non ne sembrava intaccato. L’umore era sempre lo stesso – e anche l’energia, a quanto pareva, considerando i piani che aveva fatto.

Kyo sbuffò nel sentire la sua voce entusiasta elencare a Tohru, con delle note un po’ troppo alte, ciò che aveva programmato per quel pomeriggio che, a suo dire, sarebbe stato il migliore di sempre. Alzò gli occhi al cielo e allungò il passo, oltrepassando i cancelli dell’edificio e lasciando indietro i due che continuavano a chiacchierare, i visi abbassati e vicini, con Tohru che condivideva lo stesso entusiasmo di Momiji.

Il ragazzo la guardò con la coda dell’occhio mentre aspettava al semaforo, soffermandosi sul sorriso smagliante e sulla luce negli occhi che aveva ogni volta che qualcuno le proponeva di fare qualcosa insieme. Come se non avesse nulla al mondo che la preoccupasse e nient’altro da fare se non assecondare i bisogni e le richieste degli altri. Lui sapeva che non era così, sapeva che la sua agenda era tutt’altro che libera, eppure, a vederla lì che annuiva e si rallegrava all’idea del pomeriggio organizzato da Momiji a fare chissà quale roba per bambini, qualcun altro avrebbe potuto dubitare.

Scosse la testa, incrociò le mani dietro la nuca e attraversò le strisce pedonali, sempre con un occhio attento rivolto a quei due svampiti.

Quando finalmente raggiunsero casa di Shigure, lo trovarono che leggeva tranquillo un giornale. Kyo non gli riservò nemmeno una parola, mantenendo la sua espressione scocciata e facendo per salire e andare a chiudersi in camera sua, ma l’uomo lo bloccò.

«Kyo-kun, vai già via?» gli chiese con una voce, se possibile, ancor più fastidiosa di quella di Momiji.

«Ho un sacco di compiti da svolgere» rispose atono.

«Non pensi al nostro ospite? E Tohru-kun stava giusto per prepararci una bella tazza di tè, non vuoi unirti?» Poi, senza farsi notare dagli altri, da sotto gli occhiali da lettura gli lanciò l’occhiata di chi la sa lunga.

«Yuki mi ha detto che per domani non avete molti compiti; l’ho incontrato nel corridoio prima di raggiungervi. Non è vero, Tohru?» si intromise il coniglio, muovendosi così tanto sul posto che sembrò quasi stesse saltellando come l'animale dello zodiaco che incarnava.

«Sì, dicci, Tohru-kun» continuò Shigure con un sorrisetto e continuando a osservare Kyo di sottecchi.

Tohru guardò prima Momiji, poi Shigure, e infine si soffermò su Kyo, il quale ora era ancora più annoiato, ma stava tentando di non darlo a vedere a lei mentre, allo stesso tempo, pensava ai tanti modi in cui farla pagare a quei due impiccioni. «Io, ecco, in realtà... non vorrei che Kyo-kun si sentisse obbligato a restare.» Annuì con veemenza e si voltò del tutto per rivolgersi solo a lui. «Non devi preoccuparti per me» aggiunse agitando le braccia, imbarazzata. «Io e Momiji ci divertiremo un mondo!» E così dicendo, rivolse a quest’ultimo un altro sorriso sincero che, però, fece vacillare per un attimo Kyo, il quale divenne dello stesso colore dei capelli.

Ma riportato lo sguardo su quel traditore di Shigure, si riprese, pur mantenendo il viso scarlatto. Allora, cercando di contenere la rabbia che gli stava pian piano montando in petto per evitare che Tohru ci rimanesse male, esclamò: «Smettetela di farmi perdere tempo con queste stronzate!» e filò via dritto verso le scale.

Shigure scosse la testa, riaprendo il giornale e sistemandosi gli occhiali. «Non c’è proprio niente da fare con quel ragazzo» sospirò. «Sicura di non voler cambiare idea, dolce Tohru? Una ragazza allegra come te.»

«Uh?» fu la brillante risposta di lei che non aveva colto per nulla il messaggio implicito.

Lui rise, divertito, e sventolando la mano con un’espressione innocente riprese: «Oh, niente, niente. Allora, questo tè?»




 


 

Inverno.

Quel mattino Kyo si alzò tutto indolenzito. Si mise a sedere e poi si stiracchiò, adocchiando già i pantaloni della tuta che aveva preparato la sera prima in previsione della corsa mattutina. Tuttavia, da uno spiraglio della tenda notò le nuvole grigie in cielo e la sottile pioggerellina che stava cadendo e realizzò l’inferno che lo aspettava. Un'altra occhiata alla sveglia gli rivelò che si era svegliato ben oltre il solito orario.

Gemette.

Proprio quello che ci voleva per affrontare un’altra giornata a scuola a schivare ragazze moleste, noiosi compagni di classe e parenti invadenti.

Chiuse gli occhi, gettando il capo all’indietro sul cuscino, e li coprì con un braccio. Sentiva già il dolore alle ossa aumentare a ritmo delle gocce che tamburellavano sul tetto e sulle finestre, sempre più forti.

Ploff, ploff, ploff.

Sospirò ancora e contemplò l’idea di rimanere nascosto in camera sua. Quante possibilità c’erano che Shigure non venisse a dargli fastidio o qualcuno non chiamasse da scuola?

Non ebbe il tempo di rifletterci perché, un istante dopo, un leggero bussare alla porta si unì al rumore della pioggia.

Meditò di ignorare chiunque fosse, ma siccome nessuno rispettava la sua privacy in quella casa a parte Tohru, vi rinunciò. «Avanti» mugugnò, il suono attutito dal braccio ancora alzato che gli copriva gran parte del viso.

«Kyo-kun» lo salutò con un’allegria nella voce che per lui a quel mattino sarebbe stata impensabile – che per lui sarebbe stata impensabile sempre. «Spero di non averti disturbato; ho notato che non eri ancora sceso e mi sono preoccupata. La colazione è già pronta e Yuki vorrebbe partire a breve.»

Allora rimosse finalmente il braccio dagli occhi e si rialzò a sedere per guardarla bene: le note allegre che aveva percepito nella voce erano visibili anche sul suo viso, sebbene Kyo fosse abbastanza allenato da riconoscere il piccolo cipiglio tra le sopracciglia che indicava quanto fosse preoccupata. Sapeva di esserne la causa e quindi trattenne le rispostacce che avrebbe rifilato a chiunque altro, limitandosi ad annuire con il capo.

«Arrivo» fornì solamente. E quello stupido topo poteva anche avviarsi da solo verso scuola se ci teneva tanto!

In tutta risposta, Tohru gli rivolse un sorriso smagliante, di quelli che lo facevano arrossire ogni volta – cosa che non mancò di fare nemmeno quel mattino – e si voltò per lasciarlo di nuovo da solo. «Stamattina ho fatto un po’ di salmone in più» gli rivelò, infine, prima di chiudersi la porta alle spalle.

A quel punto, un accenno di sorriso comparve anche sulle labbra di Kyo, nonostante la pioggia, i dolori, e tutti gli scocciatori che avrebbero invaso la sua giornata, come se questa non si presentasse estenuante prima ancora che fosse cominciata sul serio.


 


 


 

Primavera.

«Scordatelo» affermò prima di ignorarlo in favore del suo pranzo.

«Ma Kyooooo» si lamentò Momiji, appendendosi al suo braccio e impedendogli di portare le bacchette alla bocca. «Dobbiamo rispettare la tradizione!»

«Non c’è nessuna tradizione. Scordatelo» ripeté, facendo un grosso sforzo per non farlo volare giù dal tetto dove si era rifugiato durante la pausa – per essere puntualmente disturbato.

«Ci sarà se dici di sì, se andiamo tutti quanti insieme» continuò il coniglio. «Anche Haru ha detto di sì, questa volta; non è vero, Haru? » Momiji si voltò verso di lui.

«Hn» fu la risposta di quest’ultimo che l’accompagnò con un cenno della testa e l’espressione di chi non aveva idea di cosa si stesse discutendo.

«Hanno detto tutti di sì» piagnucolò Momiji. «Non rovinarci la festa come tuo solito. Non vuoi fare il tuo regalo a Tohru per il White Day? Come saprà che ti piace, poi, eh? Eh? Eh

Kyo cominciò a contare mentalmente, ma si bloccò al due e Momiji non volò giù dal tetto per davvero solo perché non rassomigliava più a un bambino di prima media. Ora che li superava quasi tutti in altezza, infatti, sarebbe stato difficile maltrattarlo come un tempo.

A quel punto si avvicinò anche Haru, che andò a coprire del tutto Kyo dal caldo sole primaverile. «Conviene anche a te venire, Kyo» spiegò tutto serio. «Non ti interessa trascorrere più tempo con Honda-san lontano dagli occhi invadenti del sensei?» Poi se ne andò, con la stessa non-chalance che aveva utilizzato per parlargli, portandosi appresso un Momiji saltellante, ora certo che Kyo non avrebbe più rifiutato.

E a quest’ultimo non rimase che sbuffare, chiedendosi perché mai tutti sembrassero improvvisamente consapevoli del suo affetto per Tohru – tranne lei, anche se era meglio così.


 

*


 

E così, un paio di settimane dopo il White Day, in concomitanza con l’arrivo della primavera, il gruppetto si ritrovò in gita nell’ennesima tenuta della famiglia Souma per passare un weekend insieme e celebrare quella che per Momiji sarebbe diventata la nuova tradizione di famiglia, una che doveva assolutamente coinvolgere anche l’unica che quel cognome non lo condivideva: Tohru.

«Ma è bellissimo, Momiji-kun!» esclamò la ragazza non appena vide il luogo dove avrebbero alloggiato per le prossime due notti.

La villa era circondata dal verde, ma ora che i numerosi alberi di ciliegio erano sbocciati, vi era per lo più una distesa di bianco e rosa che le tolse il fiato e la fece commuovere all’idea di quanto fortunata fosse ad avere una possibilità del genere.

Momiji, che come al solito condivideva il suo entusiasmo, non si lasciò pregare e prendendola per la mano, la trascinò via, lasciando Yuki, Haru e Kyo a occuparsi delle valigie.

«Keh» sbuffò quest’ultimo, prima di gettarsi sulle spalle la sua e la borsa di Tohru. Non capiva cosa dovesse esserci di entusiasmante in qualcosa che potevano vedere ogni anno. Non diceva di no alla compagnia di Tohru, ma avrebbe fatto volentieri a meno delle occhiatacce di Yuki, le prese in giro di Haru e i gridolini eccitati di Momiji.

Riportò lo sguardo sulla coppia più avanti e anche se erano un po’ lontani, riuscì ancora a leggere tutta la sincera euforia della ragazza. Sorrise, suo malgrado, e pensò che sebbene non riuscisse a essere altrettanto entusiasta, per lo meno valeva la pena essere lì – per Tohru.


 


 


 


 

Estate.

Kyo aveva pianificato tutto nei minimi dettagli, come non era solito fare, e quindi era andato ben oltre i suoi normali sforzi. Ma evidentemente non era stato abbastanza.

Non se ora si ritrovava davanti casa niente di meno che Arisa e Hanajima.

Era certo di essere riuscito a fregarle e distogliere ogni loro attenzione da quel giorno, così che li lasciassero in pace almeno una volta. Una!

E invece.

«Cosa ci fate qui?» sbottò senza nascondere il fastidio.

«Che domande, testa di mandarino» rispose Arisa, dandogli una spallata e costringendolo a farle entrare. «Siamo qui per visionare il tuo appuntamento con Tohru. Pensavi di averci fatto fesse, eh?» gli sorrise con tono canzonatorio. «Ne passerà di tempo prima che tu possa riuscirci.»

«È nostro dovere assicurarci che tutto vada come previsto e tu non faccia soffrire la nostra Tohru» concordò Hanajima, la quale era vestita di nero nonostante il caldo afoso di quei giorni e stava giusto richiudendo il suo parasole, anch’esso nero, prima di entrare e lasciarsi alle spalle Kyo. «Sono sempre disposta a convincere Arisa ad andar via» aggiunse voltandosi verso di lui, «a patto che tu acconsenta a chiamarmi madre.»

Il ragazzo strinse i pugni e i denti, cercando di controllarsi. Ma cosa aveva fatto di male per meritarsi quelle due? E, soprattutto, di quale disturbo bipolare soffrivano? I toni aggressivi di Arisa e quelli macabri di Hanajima, infatti, erano già spariti ora che stavano abbracciando Tohru. Non era una novità, certo, ma non era ciò che aveva messo in conto per quel giorno.

E invece... invece anche quell’appuntamento sarebbe stato sorvegliato niente di meno che da madre uno e madre due.

Sospirò mentre si chiudeva la porta alle spalle.

Avrebbe resistito. Per Tohru, ce l’avrebbe fatta.


 

*


 

Kyo era cambiato da quando la maledizione era stata spezzata, Tohru lo sapeva bene e non si era aspettata nulla di diverso.

Di quel ragazzo chiuso e scontroso che era stato quando lo aveva conosciuto erano rimasti gli angoli ancora da smussare, ma colui che aveva nascosto dentro di sé, la persona che Tohru aveva scoperto quasi subito e che l’aveva fatta innamorare, ora era alla luce del sole. Tutti potevano vederlo – e amarlo – proprio come faceva lei da tempo.

Tohru l’osservò mentre bisticciava con Uo-chan e Hana-chan, leggendo nelle loro interazioni a prima vista complicate un affetto che non avrebbero mai ammesso ma di cui erano consapevoli. Sorrise, fiera di chi Kyo era diventato, e poi di nascosto si asciugò le lacrime scappate agli angoli prima che uno di loro se ne accorgesse e si preoccupasse inutilmente; erano di gioia le sue. Poi, vide Uo tentare di gettare Kyo nella fontana del parco, facendolo passare per un semplice incidente, e scoppiò a ridere di cuore nel vedere la risposta infervorata di lui.

Probabilmente Kyo aveva ragione, un appuntamento da soli sarebbe stato del tutto differente – e anche più tranquillo –, eppure Tohru non riusciva a rimanerci male ogni volta che le due amiche si presentavano, puntuali, per unirsi a loro. In compagnia le giornate così avevano tutto un altro sapore.

E poi, il tempo da trascorrere insieme a Kyo, solo loro due, non sarebbe mancato in futuro.

Ne era certa.



 


Questa storia partecipa alla To Be Writing Challenge indetta da BellaLuna sul Forum Ferisce la Penna. 
Se vi è piaciuta, vi invito a lasciarmi un commento per farmelo sapere e a visitare il mio profilo Ao3 dove potrete leggerne altre. 


Un abbraccio a tutti! 

 
   
 
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