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Autore: robertar    19/03/2023    4 recensioni
Con un giorno di anticipo, un piccolo regalo per il compleanno di Sua Maestà Ladyriddle.
Riflessioni di uno dei due protagonisti della sua OTP, tinte cupe per il suo cuoricino nero.
I pensieri di Marcus Flint su Oliver Baston, davanti a un campo da Quidditch conteso.
Buon compleanno, ragazza!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Marcus Flint, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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I'm invincible                                    Sono invincibile
Yeah, I win every single game          Sì, vinco ogni singola partita
I'm so powerful                                 Sono così potente
I don't need batteries to play            Non ho bisogno di ricaricarmi per giocare
I'm so confident                                Sono così sicuro di me
Yeah, I'm unstoppable today            Sì, oggi sono invincibile    

(Unstoppable, Sia)                           (Unstoppable, Sia)
        
            
            
            
            






“Come sarebbe dovete allenare il vostro nuovo cercatore, Flint?” chiese Baston, come sempre gagliardo e sfrontato su un campo da quidditch, quanto era educato e gentile nella vita di tutti i giorni, avanzando di un passo rispetto ai ragazzi della sua squadra, alto e deciso nella sua divisa rosso oro.

Flint non si lasciò intimorire, ben più alto e ben piazzato di lui come era, avanzò a sua volta, freddo nei suoi colori verdeargento,
una pergamena in mano, fino a che si trovarono uno di fronte all’altro.
Alle spalle di ognuno, le due squadre si fronteggiavano, ostili.

Harry Potter e Draco Malfoy, i cercatori, si guardavano con l’aria di chi sarebbe quasi più contento di battere l’altro che di vincere per sé.
 
“Puoi leggere, se vuoi, ragazzino” sorrise Flitt, un sorriso deciso e sfrontato,
indifferente ai brutti denti per cui era oggetto di scherzi e battute a scuola.
E solo lui sapeva quanto gli costasse quel sorriso.
Lo sfottevano. Sì.
Senza pietà.
Finché non volava.
Finché non giocava a quidditch.
Perché allora tacevano ammirati, o spaventati: il suo volo era pesante, veloce, cattivo, le sue azioni non facevano prigionieri, e la sua strategia di gioco non prevedeva pietà, a differenza del volo elegante e armonioso di Baston, del suo rispetto assoluto delle regole.
 
E però, Baston no, non lo sfotteva.
Per quel motivo, Flint lo odiava ancora di più.
Proprio perché Baston non si faceva odiare.
E lui giocava per odio. Lui voleva odiare.
Se gli toglievi l’odio, gli toglievi tutto.

Invece quel capitano tutto serio e con la faccina dolce
lo faceva imbestialire, per la sua correttezza, per la sua gentilezza.

A volte si immaginava di baciarlo.
Immaginava che non si sarebbe ritratto disgustato.
Immaginava di mordergli le labbra.
E che Baston comunque gli avrebbe sorriso.

Baston gli prese la pergamena di mano, la lesse incredulo, ma non fece commenti.
Non era tipo da discutere gli ordini, notò Flint, non per la prima volta.

Anche quello lo faceva diventare matto.
Guidava una squadra, ma sapeva obbedire.
E Flitt voleva che obbedisse ai suoi, di ordini.
Immaginava che obbedisse ai suoi, senza fiatare e senza protestare.
Lo mandava ai matti, consumarsi di fantasie su Baston, come in effetti faceva,
salvo trattarlo malissimo ogni volta che lo incontrava, fuori e dentro il campo.

Ora che lo aveva di fronte, avrebbe voluto solo allungare una mano, prenderlo per i capelli e baciarlo.
Baciarlo fino a non sentire più le labbra, fino a sentire solo quelle dell’altro.
Invece doveva respingerlo e odiarlo e soprattutto farsi odiare.

Amava tutto di Baston, amava persino odiarlo.
Ed era l’unica cosa che poteva permettersi, l’odio.

Perché l’odio per lui era tutto.
L’odio lo rendeva invincibile.
   
 
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