“Non stiamo insieme.”
“Può fare quello che vuole, non mi interessa.”
“Non è il mio ragazzo.”
“Non sono interessato alle relazioni.”
Erano queste le frasi che Sae e Shidou si trovavano a dire, sempre più spesso, a tutte le persone che chiedevano cosa ci fosse tra di loro o che semplicemente provavano a insinuare qualcosa.
Era logico che gli altri lo pensassero considerando il modo in cui flirtavano apertamente, baciandosi anche spesso in pubblico, ma non avevano mai confermato l’inizio di una qualche tipo di relazione.
Tuttavia, molto spesso, i fatti parlavano più delle parole.
 
Itoshi Sae, nel suo bel vestito elegante e il bicchiere di champagne in mano, si avvicinò al trio con passo tranquillo e sguardo impassibile.
Il trio in questione era formato da Shidou e due oche, il primo con il suo ghigno immancabile anche mentre parlava in modo quasi cortese e carino con le due ragazze che aveva di fronte, Sae non aveva bisogno di conoscere il nome di queste, né di cosa si occupassero o perché fossero lì. Nonostante ciò dovette concentrarsi su di loro quando capì che avevano delle intenzioni ben precise, chiari segni erano il rossore sulle guance di una mentre l’altra si arricciava una ciocca di capelli con il dito.
La voce del rosso centrocampista era calma e bassa mentre li raggiungeva e si intrometteva nella conversazione, rivolgendosi alla prima ragazza che si trovò davanti –Chi ti ha fatto entrare qui con quel vestito? È un insulto a tutte le donne e tu lo porti ancora peggio. Non hai un minimo di decenza? Sei rivoltante.
Senza aspettare una risposta, voltò il capo e parlò con l’altra –Ti si vede la ricrescita nei capelli. Il tuo culo è flaccido e hai un trucco di merda. Però ammiro il tuo coraggio per esserti presentata lo stesso a un evento del genere in queste condizioni.
Qualche secondo dopo, i due uomini erano rimasti soli.
Shidou rise, poi commentò –Hai appena fatto scappare la mia possibile scopata a tre.
-Oh, perdonami- rispose il rosso senza guardarlo e prendendo con tranquillità un sorso del suo drink –non ci avevo fatto caso.
La gelosia di Sae si manifestava in modo sottile, quasi invisibile, ma che colpiva dritta e precisa la persona che aveva puntato. Inondandola di un terrore freddo che difficilmente sarebbe riuscita a dimenticare. In molti l’avevano paragonato a un serpente velenoso, di quelli peggiori.
 
Al contrario, la gelosia di Ryusei era evidente, rumorosa e terrorizzava tutti all’interno della stanza. Come un leone rimarcava il proprio territorio con la forza e si metteva al di sopra di chiunque, facendo in modo che venisse guardato perennemente dal basso verso l’alto, facendo in modo che difficilmente avrebbero scordato a cosa sarebbero andati incontro sfidandolo di nuovo.
L’aveva toccato e Shidou non aveva capito più nulla. Quel damerino tutto agghindato che aveva avuto il privilegio di parlare con Sae per più di due minuti aveva anche osato sorridergli e mettergli una mano sulla spalla in modo amichevole. Ma come si permetteva? Chi cazzo pensava di essere?
Senza nemmeno accorgersene si trovò alle spalle del centrocampista. Una sua mano si ancorò al fianco di Sae, l’altro braccio si sistemò intorno alle sue spalle e alla sua gola. Con questi lo tirò indietro verso il suo petto.
Da come il volto del ragazzo con il quale Sae stava parlando era sbiancato, Shidou capì che doveva avere un’espressione spaventosa. Ma non fece nulla per cambiarla e aumentò la dose ruggendo –Chi cazzo ti ha detto che potevi toccarlo?
Il ragazzo era talmente terrorizzato che non riuscì a rispondere nulla. Questo suo essere debole fece infuriare Ryusei ancora di più. Perché Sae stava parlando con un pappamolle del genere? Avrebbe dovuto distruggere le persone come lui.
-Non hai neanche le palle per rispondere?
-Mi dispiace!- urlò disperato l’altro mentre correva via talmente veloce che quasi inciampava sui suoi stessi piedi.
Sae non fece nulla per tirarsi indietro dal suo “abbraccio” e, alzando leggermente un angolo della bocca divertito, commentò –Hai appena terrorizzato a morte il figlio del mio manager.
Shidou strinse di più la presa e rispose a tono –Se non ha le palle per affrontare le conseguenze di quello che fa dovrebbe tenere le mani a posto.
 
I fatti parlano più delle parole e la gelosia che l’uno provava verso l’altro ne erano una prova evidente. Perché potevano anche dire che non erano persone che avevano bisogno di una relazione, che si stavano solo divertendo, che avevano trovato nell’altro la migliore valvola di sfogo e che erano liberi di fare quello che volevano. Ma quando poi qualcuno minacciava di avvicinarsi a quello che era loro, non perdevano tempo a sfoderare gli artigli e rimarcare il proprio possesso.