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Autore: Eneri_Mess    29/03/2023    1 recensioni
Tutta la pazienza che hai, Deku, ok? Finché la bambina non sarà nata, dovrai fare appello a tutta la tua pazienza. Conta fino a dieci, se necessario.
Il consiglio di Uraraka suonava più come un Rassegnati, ok?
Genere: Commedia, Omegaverse, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg
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COW-T 13, sesta settimana, M4
Prompt: Omegaverse
Numero parole: 2660
Rating: Safe
Warning: Omegaverse. Mpreg. Beta Deku e Omega Bakugou in dolce attesa.


Tell me now, how do I do this heavyweight that I can't pull?
Tell me now, do I look stupid?
Chasing dreams that are far to reach
Tell me now from your point of view
That you're still here and you'll always be
You'll always be

[Always Be 2.0 - Caleb Hearn]


“Kacchan! Che stai facendo!?

“Giardinaggio” fu la risposta sarcastica, con un lieve rimbombo.

Deku lasciò andare il borsone dove aveva ammassato la tuta da Hero insieme ad almeno due cambi che si riprometteva di lavare da giorni. Coprì la distanza che lo separava da Katsuki con un paio di falcate, abbassandosi di volata per infilare la testa nell’armadietto spalancato.

“Kacchan!” ripeté allarmato, ricevendo uno sbuffo. “Che cavolo stai-”

“C’è una perdita, idiota! Cosa credi che stia facendo qua sotto!?”

Nonostante lo spazio angusto e la torcia che proiettava la luce quasi unicamente sul sifone, i due incrociarono brevemente lo sguardo.

Quello di Katsuki diceva chiaramente Non ci provare, stai zitto, non dire-

“Kacchan sei al sesto mese! Perché non hai chiamato un idraulico!?”

La pinza a pappagallo che aveva in mano Bakugou fu pericolosamente vicina a incontrare la testa di Deku.

“Perché non c’è bisogno di pagare un fottio di soldi per una cavolata del genere! Va solo stretto il tubo.”

Sarebbe dovuto essere un lavoretto da cinque, dieci minuti massimo. Katsuki era lì da più di mezz’ora solo perché, come Deku aveva amato sottolineare, aveva un impedimento formato palla da spiaggia che lo rallentava in ogni - fottuto - aspetto del quotidiano. Aveva dovuto fare pure una prova anche solo per essere sicuro di riuscire a rialzarsi da solo - tenendo tuttavia il cellulare a portata di mano per chiamare Kirishima, l’unico con cui avrebbe potuto condividere quella vergogna, neanche con sua madre o suo padre. 

Nelle sue intenzioni, l’ideale sarebbe stato concludere il tutto prima che il responsabile della sua attuale situazione psico-fisica, aka Deku, rientrasse. Proprio per evitarsi quella manfrina dal sapore ansioso, come se lui non fosse già abbastanza sulle spine all’idea di fare qualche cazzata che nuocesse alla Sgorbia.

Inginocchiato, ma ancora curvo sotto il lavello, Izuku congiunse le mani davanti la faccia, respirandoci dentro profondamente.

Tutta la pazienza che hai, Deku, ok? Finché la bambina non sarà nata, dovrai fare appello a tutta la tua pazienza. Conta fino a dieci, se necessario.

Il consiglio di Uraraka suonava più come un Rassegnati, ok?

Stavano parlando del Grande Dio dell’Uccisione Esplosiva in dolce attesa. Era come armare una bomba di un timer difettoso, poteva esplodere come poteva non esplodere. Deku si complimentò tra sé per il paragone azzeccato, tornando quindi a concentrarsi sul compagno.

“Lo so cosa stai pensando, bastardo!” ringhiò Bakugou, lasciando perdere i suoi intenti da idraulico e piazziandogli un dito medio in faccia.

“Allora esci da lì! Ci guardo io!”

“Oh, non iniziare! È il mio lavandino! Lo riparo io!”

“Sei davvero impossibile.” Non che sottolinearlo a voce servisse a qualcosa. Deku non rammentava un Kacchan così testardo neanche all’età di cinque anni.

“Cazzi tuoi.” Come volevasi dimostrare. Ma era già tanto che la pinza a pappagallo non gli fosse stata conficcata in testa per quel commento.

La gravidanza stava trasformando Bakugou Katsuki sotto diversi aspetti e quello fisico era solo il punto che si coglieva per primo per ovvie ragioni - e Deku avrebbe voluto poter esprimere a parole quanto fosse divino col pancione, ma a detta dei più stava sperimentando quella combo micidiale di “sei cieco di amore” unita a “stai per diventare padre” per cui la sua voce in capitolo non contava.

Escluso quello, la sfera emozionale dell’omega biondo continuava a eseguire le più complicate evoluzioni in aria dal trampolino più alto, per poi tuffarsi in una piscina di frustrazioni, ansie e, talvolta, ma raramente, previsioni catastrofiche sul futuro che finivano col trascinare dentro anche Deku.

A conti fatti, loro due si stavano frequentando come coppia da poco meno di tre mesi quando Katsuki si era ritrovato a fare un test di gravidanza. Era stato solo del sesso fine a se stesso fino a quel momento, qualche parola un po’ più intima buttata qui e lì a fronte di una conoscenza che durava da tutta la vita, ok, ma non con il pensiero Ehi, che ne dici di un figlio? Proprio no. 

Izuku aveva sperimentato il significato dell’espressione essere al settimo cielo quando Katsuki lo aveva sfiorato per la prima volta privo della solita irruenza e si era preso un bacio senza preamboli. Da lì erano iniziate le montagne russe, incluse quelle due linee che avevano stravolto il loro quotidiano. Ma perfino arrivati al sesto mese non erano ancora in grado di determinare cosa fossero.

Una coppia?

Una coppia di amanti barra futuri genitori per sbaglio?

Una coppia di futuri genitori che per caso si frequentavano? (Aveva anche solo senso dirla al contrario?)

Deku a volte si chiedeva se ancora si frequentassero, tra l’altro. Se l’intento iniziale - che era solo del sesso!? O c’era stato altro ed erano successe talmente tante cose che se ne era dimenticato? - fosse ancora presente.

Erano quasi cinque mesi che dormiva sul divano dell’appartamento di Katsuki perché era stato bandito dalla sua camera da letto - il che era ok, come gli aveva spiegato Uraraka, visto che gli omega tendevano a essere estremamente territoriali nei riguardi nei loro nidi. A questo si aggiungeva il fatto che non avessero un legame - anche perché Deku era un Beta e non un Alpha - e nelle condizioni in cui si trovava Bakugou, non era poi così scontato che, nonostante tutto, Katsuki non lo volesse nella propria safe zone. Deku era capace di accettarlo, anche se l’amaro in bocca glielo lasciava lo stesso. Non poteva pretendere, e meno che mai voleva farlo. Non c’erano promesse tra di loro. Se Bakugou avesse voluto farsi una vita per conto suo… 

Ma chi voleva prendere in giro. 

Lui era conscio di volerci essere. Conscio che Kacchan fosse il suo punto di inizio da che avesse memoria e che sarebbe stato la sua fine, in qualsiasi senso il fato volesse interpretarlo.

Quella bambina - la Sgorbia, come Katsuki stesso l’aveva rinominata - per lui era un dono che non aveva osato chiedere, ma che era già prezioso quanto il legame che aveva con Kacchan. Era letteralmente la forma tangibile di ciò che li legava. Non aveva dubbi sul fatto che ci sarebbe stato per lei in ogni modo possibile.

Avrebbe voluto esserci anche per Katsuki, ma quella era una decisione che non spettava a lui. 

Si era perso nei propri pensieri, ma la smorfia che fece schioccare la lingua a Bakugou lo riportò alla realtà. Per avvicinarsi si acquattò di più all’interno nel mobiletto, mosso dalla preoccupazione.

“Che hai?”

Bakugou gli piantò il palmo contro il mento, spingendolo indietro.

“Levati! La Sgorbia mi sta prendendo a calci!” e seguì un’altra smorfia per cui si morse il labbro, soffocandoci un’imprecazione.

Deku recepì solo la parte del messaggio che, come ogni volta, gli ricordava con una schicchera mentale Stai per diventare papà! Sì! Proprio tu! Con niente meno che Kacchan…!

Gli si aprì un sorrisetto idiota sulle labbra e Katsuki fu diviso tra il volergli infilare le dita negli occhi o tirarselo addosso per baciarlo. Odiava gli ormoni.

“Cazzo.”

Izuku guardò verso il pancione, l’espressione da beota nel vederlo tremare.

“Ci sa fare, eh? Sarà lo Shoot Styl-”

Bakugou si agitò, cercando di uscire da sotto il lavello.

“Piantala di sparare stronzate e aiutarmi ad alzarmi! Devo andare in bagno!

Fine della magia. Midoriya ricollegò i neuroni e realizzò che fosse un momento da Colpo basso - quelli alla vescica, insomma - e quindi sinonimo di emergenza. Ma tra l’epifania, l’urgenza e il corpo che si mosse in autonomia, il piccolo particolare dello spazio angusto fu ignorato, così il retro della sua testa ebbe un incontro ravvicinato col sifone. Lo stung fu abbastanza sonoro. Le gocce d’acqua che caddero una conseguenza evitabile.

Deeeekuuuu!” ululò Katsuki. “Sei un defi-”

La Sgorbia ebbe da dire la sua con un altro calcetto ben piazzato.

LEVATI!"

Riuscirono a coordinarsi decentemente. Midoriya saltò in piedi e tirò su Bakugou come se non pesasse quasi sette chili in più. Detestando il mondo ed esprimendolo a suon di imprecazioni, Katsuki sparì in bagno.



“Non farlo di nuovo” borbottò Bakugou a mezza voce, fissandosi la pancia. Non ci furono responsi. Niente nuovi calcetti, non finché non passò la mano sulla curva prominente un paio di volte e avvertì una leggera pressione.

“Vedi di stare buona…”

Non ricordava il momento preciso in cui aveva iniziato a parlare con la Sgorbia. Ricordava invece vivido l’attimo in cui il fagiolino, come lo aveva chiamato Eijirou per mesi, era diventato una lei e qualcosa di più concreto.

Sarà una bambina!

Lo avevano ripetuto tutti. Con emozione, con commozione, con parole di festa. A Katsuki era sembrato che urlassero perché lui non riusciva ad accettarlo.

Era complicato. Era tutto fottutamente complicato.

Ci aveva messo degli anni a rigirare i suoi sentimenti per Izuku e trovare il verso giusto. Trovare quel lato che continuava a nascondere o soffocare, dicendosi che non fosse possibile.

Amore. Gli veniva l’urticaria solo a pensarci, eppure aveva avuto tutto il tempo del mondo per sperimentare il resto e scartarlo miseramente: l’invidia, la rabbia, persino l’odio. Nessuno di questi aveva resistito. Dei cartelloni pubblicitari che si erano sciolti con la prima pioggia, non importava quanti strati applicasse. 

Alla fine, ciò che c’era sotto era venuto a galla, ma aveva dovuto sfiorare i ventitre anni per capirlo e accettarlo. Per dare una chance a quel sentimento che era cresciuto di pari passo con lui, che si era alimentato in segreto di ogni attimo passato con Deku, che aveva avuto pazienza, facendo capolino solo di tanto in tanto per farlo esitare, ma il momento non era mai stato davvero maturo.

E non lo era stato neanche quando Katsuki si era davvero deciso a fare sul serio.

Tre fottuti mesi.

Avevano iniziato dal sesso perché Bakugou non sarebbe stato capace di mettere a parole qualcosa di diverso da un insulto nei confronti di Deku. Ed era andata alla grande. Superati i primi impacci, l’intesa era stata devastante, quasi superiore al piacere stesso.

Katsuki avrebbe preferito almeno un anno di quel sesso vorace e solo dalla parvenza occasionale, prima di muovere un altro passo ed essere più concreto. Invece no. No. Il fottuto destino aveva deciso che un qualche preservativo si sarebbe dovuto bucare, o un birth control non mantenere la promessa dell’effetto per cui era stato inventato.

Sentite anche voi questo odore dolce? Sembra… latte?

Ricordava ancora le parole del Bastardo a metà negli spogliatoi dell’Agenzia di Endeavor. Lui e il suo maledetto olfatto da Alpha che avevano fiutato la gravidanza prima ancora che il Grande Dio dell’Uccisione Esplosiva potesse anche solo ipotizzare che fosse il motivo dei suoi malesseri recenti.

E ora eccolo lì, cinque mesi dopo, con il baricentro andato a puttane e un quantitativo di sentimenti che facevano giornalmente a botte con gli ormoni. Una tortura senza fine e preferiva pensarla tale, perché l’alternativa era guardare il calendario e accettare che di lì a tre mesi avrebbe tenuto tra le braccia il risultato di tre giorni di sesso no stop con il suo amico di infazia barra rivale barra amante barra… padre di sua figlia.

Dio, cosa aveva fatto di sbagliato nella vita?



Quando tornò in cucina rimase impalato sulla porta, la mano ancora appoggiata sul ventre, ma i pensieri completamente spariti.

Non c’era niente di imprevedibile in quello che stava guardando, eppure gli consegnò le ennesime emozioni contrastanti. O meglio, emozioni che avrebbe dovuto mettere in fila insieme alle altre, ma il processo di accettazione andava così a rilento dentro di lui che stava solo stipando a manciate cose che chiunque altro nella sua situazione probabilmente avrebbe elaborato in un lampo con… gioia? Gli venne la nausea e per una volta non fu colpa della Sgorbia.

Non ce l’aveva con Izuku.

Non riusciva a metterlo a parole, ma non lo riteneva responsabile, colpevole o qualsiasi altra sfumatura simile. Quella situazione l’avevano creata in due - e, neanche sotto toturlo lo avrebbe ammesso, non vedeva l’ora di replicare quei tre giorni di puro e semplice piacere insieme. Non era il tipo da incolpare seriamente il partner o cazzate del genere.

Era complicato. E odiava ripetersi, ma venire a patti con se stessi era un percorso tortuoso e pieno di buche o di mine.

Vuoi essere felice con Deku?

Cristo, quante volte gli era stata fatta quella domanda negli ultimi mesi?

E perché dire era tanto difficile?

Lui lo aveva spinto nel fango Izuku, letteralmente e metaforicamente, più di una volta.

Izuku era tornato da lui ogni volta. Con quel suo sguardo che sembrava in grado di fagocitare ogni cosa nell’essere preoccupato per il prossimo, con quella sua mano tesa pronta ad aiutare.

Kacchan stai bene? Riesci a rialzarti?

Anche nel presente che stavano vivendo Katsuki era ancora restio ad accettare quelle dita, più per abitudine che per reale ritrosia, ma questo non cambiava quello che per anni aveva fatto.

Quindi come poteva ammettere di desiderare qualcosa di bello con la persona che per tutta la vita aveva antagonizzato?

Come faceva Izuku a trovare la felicità con lui?

Perché Testa a punta, Ghiacciolo caldo e Guance tonde avevano tutti più volte sottolineato quanto Deku fosse al settimo cielo. Era semplicemente assurdo.

Il tempo passava e il recipiente dove Bakugou stava ammucchiando tutti i pensieri, le sensazioni e i respiri stava diventando un torchio e prima poi avrebbe dovuto decidere cosa distillare. Aveva sulle spalle i battiti di cuore di tre persone. Il proprio, quello di Izuku e quello della Sgorbia. Come si faceva ad avere in carico il cuore di altri due esseri viventi oltre al proprio? Proprio a lui doveva capitare una situazione del genere? Lui che con le mani faceva esplodere le cose?

Forse più che destino quello era il fottuto karma e Deku sarebbe continuato a essere la sua croce e la sua redenzione per tutta la vita.

Si mosse, lasciando la cornice della porta ed entrando in cucina. Era stanco di pensare, di mettersi le mani al collo da solo e soffocarsi. Voleva uscirne e voleva pensare ad altro.

Fissò ancora una volta Izuku, ma cambiò prospettiva, soffermandosi sul lato puramente sensoriale. Aveva addosso l’ennesima tuta - un’abitudine che aveva preso da qualche mese al posto di vestiti più decenti perché, a detta sua, erano più comodi, poteva dormirci, correrci in giro se necessario. Non gli rendevano per niente giustizia.

Tuttavia, la solita maglietta stupida era leggermente tirata su, lasciandogli scoperti gli addominali. Katsuki li fissò e li fissò ancora, prima di sfilare un piede dalla ciabatta e piantarglielo sullo stomaco.

Kacchan!” sussultò Deku, finendo col dare una gomitata al mobiletto per la sorpresa.

Mpfh. Hai finito? Quanto ti ci vuole? Mi serve il lavandino per fare la cena.”

Deku tentò di tirarsi meglio su, ma Bakugou insistette con fermezza a tenerlo dov’era, stirando un risolino vagamente di sfida.

“Ehm… togli il piede?” tentò Izuku.

“Perché dovrei? Non mi pare tu abbia finito e ti servono le mani lì sotto, mica i tuoi stupidi addominali.”

Il beta sospirò, lanciandogli un’occhiata incerta, ma tornò a sdraiarsi, pinza alla mano.

“Potremmo ordinare qualcosa stasera? Non hai voglia di, non so… pizza?”

Che era il modo scontato di Izuku per chiedergli di non affaticarsi. Katsuki roteò gli occhi esasperato, ma non ribatté.

Sì, aveva voglia di fin troppe cose, ma non si sarebbe ingozzato solo perché la Sgorbia giocava con il suo appetito e gli faceva venire voglie assurde in orari altrettanto assurdi.

Fu però pensando proprio a quello di cui avrebbe potuto avere voglia che Bakugou si distrasse e il piede gli scivolò più in basso, incontrando qualcosa di, be’, duro. Izuku si irrigidì di botto e allo stesso tempo scattò. Un nuovo stung risuonò brevemente nell’aria, insieme a un Kacchan! esalato.

Kacchan non se lo fece ripetere due volte e tastò con più consapevolezza.

Gli si aprì un ghigno perfido sul volto.

“Non mi dire che stai pensando al mio Katsudon, Deku.”

 

   
 
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