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Autore: Helen_Rose    31/03/2023    3 recensioni
[Mare Fuori ]
[Mare Fuori ]Ho tentato di immaginare una possibile prosecuzione del cliffhanger con cui ci hanno lasciati nel finale di stagione, basandomi su ipotesi e indiscrezioni emerse dai social; naturalmente, non si tratta di una versione ufficiale, tantomeno definitiva, di come si aprirà la quarta stagione.
DISCLAIMER N°1: ho origini napoletane, ma il napoletano non è la mia madrelingua; quindi, ho cercato di avventurarmi nei terreni conosciuti, sperando di non aver commesso errori. Laddove fossi in dubbio, ho preferito scrivere in italiano, correndo il rischio che ci sia il più alto tasso di lingua italiana mai visto in Mare Fuori ;-)
DISCLAIMER N°2 : è la prima fanfiction che scrivo su 'Mare Fuori', quindi vi prego di essere clementi.
Ho fatto del mio meglio per adattarmi allo stile e allo spirito della serie, e per ritrarre fedelmente questi personaggi.
Il mio stile prevederebbe dialoghi molto più articolati, quindi ho cercato di rifarmi alla semplicità abituale della serie, che peraltro si basa molto più sui gesti che sulle parole e le riflessioni, il che mi affascina ma si è anche rivelato particolarmente sfidante.
Mi sono impegnata, e soprattutto divertita scrivendo, quindi spero emerga e che vi appassioni.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cà, fermt cu ’sti man! Te le vuoi rompere? Fermt !” urla Massimo, terrorizzato.
È da mesi che non lo vede così fuori di sé, e teme che possa ripiombare in quel vortice autodistruttivo da cui l’avevano aiutato a uscire con una fatica titanica. A proposito: fortuna che Filippo è già partito: se avesse fatto dietrofront (per la seconda volta!), chi l’avrebbe sentita, poi, la maestrina del cazzo*1?
Stacca Carmine a forza dall’armadietto contro il quale si stava scorticando la pelle.
T’agg ritt ’e te fermà !” intima, con voce più ferma; cerca il contatto visivo con lui, per quanto si ostini a tenere lo sguardo fisso sul pavimento, allucinato. Tuttavia, è questione di attimi, prima che si abbandoni contro il petto del padre affettivo, scoppiando in un pianto a dirotto, trattenuto troppo a lungo. Parzialmente sollevato, Massimo ricambia l’abbraccio e lascia che si sfoghi completamente.
“Io non ti mollo, e capit ? Non l’ho fatto in passato, e a maggior ragione ora!”
Agg sbagliat tte cos ; non l’ho voluta ascoltare…” singhiozza Carmine, straziato.
“L’unica cosa che hai sbagliato è stata prenderti la colpa al posto suo, Cà.”
Si stacca da lui, quasi inorridito: “Comandà, ma ’o ver dite ? Essa stav’accirenn  a suo padre pe’me , per la bella faccia mia, e io dovevo pure lasciare che si prendeva la colpa? Ma state mariann ?”
“E intanto…” Massimo si morde la lingua. Non può permettersi di esternare la più grande paura di entrambi: la reclusione a Poggioreale; a quel punto, la situazione si complicherebbe eccessivamente.
Perciò, fingendosi impassibile, ripiega su quello che, in fondo, è un argomento di conversazione obbligato: “Futura?” Sperando che non gli risponda nuovamente di essere un padre inutile.
Eppure, la risposta paradossalmente lo spiazza in positivo: “Mia mamma dovrebbe aver capito come la penso. Spero.” Carmine si passa una mano sotto al naso. Più che una speranza, è una preghiera.
“Che hai detto nella testimonianza, esattamente?” s’informa Massimo, puntando all’aspetto pratico.
Il ragazzo aggrotta la fronte, sforzandosi di ricostruire gli eventi con quel poco di lucidità rimastagli: “Don Salvatore mi puntava la pistola contro; poi m’ha buttato a terra, agg pruvat a levà ’o fierr da miezz, ma è partito un colpo.”
“E com’è andata realmente?” Non glielo sta chiedendo da comandante, ma da padre.
Nella gola di Carmine ricompare, prepotente, l’occlusione. Deglutisce e tenta di rispondere: “Voleva costringere Rosa a scegliere tra me e lui… L’a mis ’o fierr ’nman pe’me sparà…” Chiude gli occhi, al ricordo di quegli istanti terribili, che non augurerebbe a nessuno. “Solo che lei ha puntato la pistola contro di lui…” La sua voce s’incrina. Non ha avuto né tempo, né modo di metabolizzare l’entità del sacrificio d’amore compiuto da Rosa. “Non mi sarei mai perdonato di averla costretta a fa ’na cosa accussìAgg pruvat  a convincerla a lassà stà…” Carmine scoppia di nuovo in lacrime. “E allora, sembrava che voleva spararsi sotto al mento…” Le sue possenti spalle sono scosse dai singhiozzi.
“Io mi sono buttato su di lei, e don Salvatore pure;” - non riesce a definire ‘padre’ uno che li ha messi in quella situazione – “secondo me, ess vuleva solamente prendere tempo; e po’ nun sacc comm’a fatt, però ha vist ca iss steve cercann’e piglià ’o fierr sulamente pe’me sparà...” Carmine chiude gli occhi. È come se sentisse risuonare la detonazione nella sua mente. “Allora, lo ha preceduto.” Avrebbe trucidato l’unico familiare rimastole. Per lui. Per loro, ammesso che esista ancora un ‘loro’.
Massimo non sa cosa commentare. Indubbiamente, Rosa si è dimostrata temeraria tanto quanto Carmine, visto e considerato che don Salvatore e i suoi scagnozzi potrebbero sempre riprovarci.
“Ma pecché, Cà… Pecché  ti devi sempre prendere le colpe del mondo… Tieni una creatura…”
“Comandà, n’ata vot ! ’O sacc ! Futura è ’a vita mja. Però, mo ce sta pur  Rosa. E secondo voi, crern chiù assaje a un di Salvo che ha sparato per legittima difesa di sé stesso, o a una Ricci che dice di aver sparato a suo padre pe’ parà o cul a ’o guaglione suoje ?” Forse per la prima volta nella vita, il suo cognome potrebbe tornargli utile, paradossalmente, invece di penalizzarlo oltremodo e ingiustamente.
In definitiva, l’assurdità della situazione colpisce il raziocinio del comandante come uno schiaffo: l’amore tra Carmine e Rosa sarebbe la salvezza definitiva non solo per loro, ma per le loro famiglie, per un mondo che gira al contrario, in cui sono i figli che tentano di insegnare qualcosa ai genitori; eppure, agli occhi di tutti, questo amore risulterebbe talmente fuori contesto da sembrare impossibile.
Cà, j agg capit chell che vuò ricer tu… Ma pure se ti prendi la colpa al posto suo, nella sua testa non cancelli che ha sparato al padre… Purtroppo.” Fa una pausa, cercando di captare un’espressione, un movimento, qualunque cosa tradisca il subbuglio interiore di Carmine. “Lo vedo che la ami, però…”
Viene interrotto bruscamente, con un tono che, più che insofferenza verso Massimo stesso, lascia sottintendere una profonda frustrazione per l’ingiustizia subita, e probabilmente, anche un senso di impotenza per il non poterla completamente salvare da sé stessa; per farlo, dovrebbe rivoluzionare il sistema, e non è di certo una facoltà nelle mani di un singolo. “Ma pecché nun può truvà pace ?”
Il comandante quasi non crede alle proprie orecchie. Conosce fin troppo bene la natura altruista del figlio putativo; ma la sua stessa vita non è certo stata un Carnevale di Rio, specie negli ultimi anni, e da ultimo con la giornata di oggi… Eppure, il suo primo pensiero va alle sofferenze patite da Rosa Ricci.
E primm ’a mamma, quann era ancora piccerella ;” - è forse il lutto che, naturalmente di riflesso, lo strazia più di tutti, anche perché la sua mente va inevitabilmente a Futura; - “e po’ i frat suoje; e mo, Edoardo ca è comm ’nu frat, e ’o pat, pecché è semp ’o pate: se salvan, nun se salvan ? Chi ’o sape.”
Cà, nun l’e a ricer ’sti cos ; vedrai che andrà tutto a posto.” Massimo gli rivolge il sorriso più rassicurante che ha a disposizione; almeno uno dei due deve fingere serenità, possibilmente.
Ij v’agg’a ricer grazie, Comandà; ma nun ce sta bisogn, ’o verament. Simm gruoss tutt’e duje.”
L’interlocutore, per l’ennesima volta, si ritrova colto alla sprovvista. “Tieni ragione, non ha senso nascondersi dietro a un dito; ma questo non significa che dobbiamo perdere la speranza, e capit ?” Cerca il contatto visivo con Carmine, ma è quasi come se avesse smesso di ascoltarlo.
“Non mi vorrà proprio più vedere, mai più.” Emettere quella sentenza lapidaria lo sta uccidendo internamente in maniera più violenta della prospettiva di marcire in galera per i decenni a venire. Anzi, a confronto, l’eventualità di essere fatto fuori per vendetta da un qualunque membro del clan Ricci lo conforta. Come farebbe a stare dalla sua, anzi loro parte, a questo punto, obiettivamente?
D’altro canto, inevitabilmente, a Massimo scappa un sorrisetto. Quando quel ragazzo avrà imparato a capire che ci si può sacrificare per lui senza provare alcun rimorso retroattivo; e che non dev’essere necessariamente solo lui, a rinunciare a quel poco che ha… Pensare alla possibile conclusione del concetto lo fa star male, quindi preferisce accantonarlo. Sarà meglio dimostrarglielo con la pratica, dato che per la teoria sicuramente è presto, essendo anche fisicamente e psicologicamente provato.
Di certo, il suo piano non sarà risolutivo nel lungo termine, ma allevierà lo strazio. *2 Perciò, esorta un perplesso Carmine a raccogliere le sue cose dalla cella: finché non si pronunceranno definitivamente, dovrà restare in isolamento. Ma non prima di essersi chiarito con chi di dovere, e a dovere; sa, per esperienza, che è meglio evitare di mettere la mano sul fuoco, con la stabilità emotiva ritrovata.
-
Mentre salgono le scale che portano alle celle di isolamento, gli sembra di sentire i sussurri di Maddalena. Se li beccassero, sarebbe la volta buona per licenziare pure loro. Ma ne varrebbe la pena.
Sientem buon…” esordisce, bloccando il ragazzo prima che salga l’ultima rampa, facendogli le imprescindibili raccomandazioni: “Lei non potrà restare tantissimo, però ci guadagneremo un po’ di tempo... M’arraccumann, parlate a bassa voce, accussì sarà più facile sentire se magari arriva qualcuno a controllarti; e in tal caso, nascondila più velocemente che puoi… M’agg spiegat, Carminiè ?”
Probabilmente non è stata una grande idea fare quel preambolo infinito, dato che i neuroni superstiti staranno sicuramente facendo a cazzotti per capire se stia alimentando inutilmente le sue speranze.
Massimo scuote la testa. È giunta l’ora di interrompere l’agonia. “Maddalè!” chiama, sbrigativo.
“Eccomi…” avanza la collega, sospirando, per far sì che Carmine venga chiuso dentro.
Avanza lentamente. Solamente poche ore prima, l’aveva fatto per prepararsi a incontrare quegli occhi a mandorla, di un nero che riflette la profondità degli abissi. Ora, semplicemente, sta cercando di ritardare il più possibile un eventuale sguardo di rifiuto… O peggio ancora, uno che rifletta tutta l’atrocità del dolore che sta vivendo. Una minuscola parte di lui spera di non doverla affrontare.
E invece, eccola lì. Proprio lei. Nel frattempo, anche lei si è ripulita dal sangue; ma proprio come previsto, l’espressione stravolta dal troppo pianto impressiona Carmine in maniera decisamente più significativa. Tenta invano di impedire che il sentimento che prova si rifletta nella sua espressione.
Rosa non gli dà neppure il tempo di interrogarsi su come comportarsi; trascorsi quei pochi secondi che acclarano che i passi discendenti sulle scale siano a buon punto, si proietta di slancio contro di lui, circondandogli il busto con le braccia come se quel contatto potesse far scomparire i recenti abomini. Aveva smesso poco prima di piangere, ma riprende automaticamente a farlo, straziata.
Carmine, dal canto suo, si blocca. È come la sua mente stesse subendo lo shock del riepilogo dei tasselli che hanno portato a questo: a partire dal giorno fatidico, in cui credeva che la disgrazia maggiore fosse essere stato licenziato, e invece si rivelò il tentato stupro di Nina davanti ai suoi occhi, dinanzi al quale fu costretto ad ammazzare il responsabile; generando, così, l’effetto domino della vendetta sul comandante, che si rifiutò di attuare; poi dell’omicidio di Ciro, sempre per legittima difesa; di conseguenza, l’omicidio di Nina, vittima sacrificale in sostituzione sua e di Filippo… Con la differenza che, stavolta, rischia di essere condotto a Poggioreale con un biglietto di sola andata.
Ma soprattutto, lo colpisce violentemente il dejà-vu del primo colloquio con Nina. Allora, s’impose di allontanarla, sentendosi poi raccomandare dal comandante di non chiudere fuori le poche cose belle, perché sarebbero state quelle a mantenerlo vivo. Già di per sé, aveva superato a fatica il senso di colpa di essersi fidanzato con una ragazza così pulita e onesta, totalmente estranee a quelle logiche camorriste in cui era nato e cresciuto suo malgrado; figurarsi dal momento che avevano tentato di violarla perché era nientedimeno che la fidanzata di Carmine di Salvo, per quei giochi di potere.
Ma con Rosa è diverso. È nata e cresciuta nel sistema, esattamente come lui.
Sono in grado di parlare la stessa lingua sia se si tratta di analizzarlo, sia se si tratta di aggirarlo, arrivati a questo punto; e l’hanno ampiamente dimostrato. Dopotutto, è stato lui a raccomandarle di non rinunciare a vivere, solo per paura. Eppure, una parte di lui si sente veramente orribile nel pensare che, se don Salvatore morisse, forse ora sarebbero finalmente liberi. Ma è stato proprio lui a scegliere di ritrovarsi in questa situazione, e soprattutto a trascinarceli dentro senza che avessero troppe alternative per uscirne senza né morti né feriti. E Rosa ha scelto proprio LUI. Ha scelto Carmine.
Perciò, risponde all’istinto primario sprigionatosi in ogni fibra del suo essere fin da quel  rimbombo tra le antiche rovine romane: con un braccio, cinge la schiena di Rosa; con l’altro, le accosta la testa contro il proprio petto. È come se avesse paura che possa scomparire da un momento all’altro.
E forse lo farebbe, se facesse affidamento unicamente sul proprio istinto. Le sembra di avere la stessa consistenza della cenere, di essere sul punto di dissolversi nell’aria, se non fosse per Carmine che la tiene stretta a sé, impedendole di sbriciolarsi. Restare a contatto col suo corpo le sta ricordando di esistere ancora, di avere ancora due braccia, un busto, due gambe; anche una testa, probabilmente.
Peccato che contemplarne l’esistenza equivalga a legittimarne i pensieri. E non si sente affatto pronta per questa micidiale presa di coscienza; significherebbe realizzare che l’unico membro vivente della sua famiglia è in pericolo di vita per la seconda volta in poche settimane, e stavolta per colpa sua.
Al contempo, significherebbe scendere a patti con la sua inequivocabile responsabilità dell’attentato ad Edoardo, del sacrificio di un figlio putativo, del non aver avuto pietà per un neonato e per una moglie straziata che, come ha tenuto a ricordare, ha accolto in casa propria quando era una ragazzina e che in quella stessa casa è andata a supplicarlo di tenere conto del fatto che esistessero, tutti e tre.
Significherebbe dare un nome al gesto contronatura a cui ha costretto lei stessa, sua figlia.
Significherebbe, pertanto, rinunciare a tutto ciò su cui si è basata la sua intera esistenza fino ad oggi; qualunque valore e certezza abbiano guidato ogni suo gesto, pensiero, parola, in ogni istante. E Rosa, fisicamente e metaforicamente, si sente esattamente come quelle convinzioni: ridotta in brandelli.
Ma per ogni vecchia convinzione che si lascia andare, se ne costruiranno altre, nuove. Senza che neppure se ne rendesse conto, la Terra ha smesso di girare intorno al sole, rappresentato dal clan Ricci, e ha chiamato Rosa a sé, ricordandole l’importanza di girare unicamente intorno a sé stessa, quando il troppo sole rischia di oscurarla, schiacciarla, a scapito della parte più profonda, la migliore.
Conseguentemente, girando intorno a sé stesse si ha modo di scoprire che entrare a far parte di una certa orbita non porta a rovinose rotte di collisione; anzi, sprigiona luce. Benché venga insegnato che il Sole è uno soltanto, ci si può ritrovare a scoprire che il riferimento era sbagliato, mentre ne esiste un altro, più luminoso, chiamato Bene Assoluto; e che un certo pianeta non pretende esclusività, obbedienza, privazioni, snaturamenti di sorta, bensì si limita a indirizzare verso quel bene assoluto, i cui benefici li si scopre da sé. Infatti, affermare che abbia protetto Carmine solo per amore sarebbe improprio... Rosa si è lasciata guidare dal senso di giustizia. Lo stesso che la portò a salvare Futura.
Sa perfettamente che Carmine non si è mai sentito in dovere né di appartenere alla propria famiglia, né tantomeno di scusarsi per le nefandezze da loro commesse. E solo ora, capisce cosa significhi. Solo ora che si rende conto dei rischi corsi, centrati e scampati, per ben quindici anni, e da ultimo qualche ora prima, nel portare il senso di obbedienza verso i dettami del padre fino all’estremo. Nessuno si era mai potuto permettere di dirle cosa dovesse o potesse fare, o meno… Tranne lui. Eppure, spegnere quella vocina interiore, o voce fisica, cui ci si sente chiamati a obbedire finché si è convinti del dovere di compiacere i genitori, è il passaggio obbligato per la vita adulta, per l’appunto. Quella bambina in cerca di approvazione non esiste più da tempo; doveva solo prenderne atto.
Ciò nonostante, questo non le impedisce di continuare a scoprirne versioni completamente inedite.
E a tal proposito, Carmine potrebbe giurare che sia proprio un’espressione fanciullesca, quella che Rosa gli sta rivolgendo in questo momento. Ricorda moltissimo quella successiva al loro primo bacio. Si tratta di uno sguardo che tradisce una vulnerabilità… Quantomeno insolita, per lei e con lui. Vulnerabilità della quale, a scapito di tutto e tutti, Carmine era comunque sempre stato consapevole. Piuttosto, la questione risiede nel fatto che, ora come ora, contribuisca a disarmarlo ulteriormente.
Pensare che quello sguardo è nulla, a confronto con l’asserire, con voce rotta: “Mi dispiace.”
A ogni buon conto, temendo di aver capito tutt’altro, Carmine s’irrigidisce e si discosta lievemente da Rosa, giusto per poterla guardare bene in viso. Vorrebbe evitare di esternare il proprio disprezzo per quell’essere che ha il solo merito di aver generato la ragazza presente, la quale, miracolosamente, ha scelto proprio lui. Pensare che Rosa possa associarsi a certe nefandezze gli causa l’occlusione delle vene. Quello ha portato il sangue del suo sangue nientemeno che sull’orlo del suicidio, e…
“Tarantè, ma che dici? Che vò ricer ca ti dispiace ?”
Ormai, ogni volta in cui risente quel soprannome, le viene da sorridere. Specie quando ripensa al fatto che, se si sente chiamare Rosa dalla voce di Carmine, non ha l’istinto di voltarsi.
Ravvisando negli occhi di lui quell’espressione combattuta che raramente si è concesso, con lei, avendo entrambi già patito fin troppo e ingiustamente, Rosa si affretta a chiarire: “Mi dispiace perché ho lasciato che ti prendevi la colpa; ma proprio nun ce stev c’a capa…”
Carmine chiude gli occhi e inspira: si è risparmiato una strada tortuosa; ma gli preme puntualizzare quella che per lui è un’ovvietà: “Ma che dici? Potessi prendermi pure il tuo dolore, lo farei.” *3
Rosa lo fissa per un attimo, sbigottita: non sa se dalla naturalezza con cui l’ha affermato, dal concetto in sé, o da entrambe le cose. E pensare che si era convinta dell’inesistenza di un amore più grande rispetto a quello della e per la sua famiglia… Incontrando un nemico per nascita, non solo disposto ad amarla nonostante tutto, ma a sollevarla dal dolore che sente, sebbene lui stesso, nella propria breve esistenza, ne abbia già sperimentato più di quanto sarebbe umanamente giusto in un’intera vita.
È stata la similitudine dei loro dolori ad avvicinarli, e ora a unirli *4. Però, stavolta è lei a non potergli permettere di farsi schiacciare da quel peso da solo. Ragion per cui, pensa di manipolare leggermente la realtà dei propri sentimenti: “Grazie,” sorride debolmente, regalandogli tutta la profondità dei suoi occhi, “però, vir ca nun serv. Pe’ me, già era muort da quann agg capit ca era stat iss a fa sparà a Edoardo.” Non riesce a reggere il suo sguardo troppo a lungo, perciò lo abbassa rapidamente.
Troppo. Ormai, Carmine ha imparato a conoscerla quanto e meglio di sé stessa. Lentamente, porta l’indice della propria mano sotto il mento di lei, per sollevarlo. Scrutandola con attenzione, esegue quello che è ormai diventato un lavoro a tempo pieno: contraddirla. “Nun è ’o ver.”
Sarebbe inutile tentare di replicare. Rosa si limita a fissare un punto.
Non gli ha lasciato scelta: è arrivato il momento di richiamarla all’ordine. Carmine ripete il gesto di poco prima e premette il richiamo a cui sa che darà davvero ascolto: “Tarantè…”
A quel punto, non ha più senso nascondersi. Completamente vinta, alza lo sguardo.
Lui vorrebbe suonare scherzoso, sdrammatizzare; ma il risultato è fallimentare, se si considera il fatto che la voce gli si incrina in partenza: “E fernut ’e fa chella fort ?”
La reazione di Rosa è esattamente speculare. “E che risolviamo, a suffrì accussì ? Eh?”
Stringendola contro il suo petto, Carmine le sussurra tra i capelli: “E che risolvi, a fingere ca nun sient chell ca sient ? Nisciun può restà indifferente annanze ’a sti cos , ’o vuò capì?
Senza muoversi di un millimetro, Rosa si sforza di articolare: “Ij capisc sul ca chell ca sento è ’na schifezz, pecché ’a colpa è da mja si patem sta int’o spitale, ed è sempre colpa mia se m’ha seguita e ha cercato di farti del male. Sij cuntent, mo ?” Lei, dal canto suo, si sente come se avesse un buco nel petto *5 , proprio nel punto che preme contro quello di Carmine, per cercare di attutire la voragine.
Per quanto non si sappia se sia più profonda quella del senso di colpa di lei, o di lui. “Tarantè… Guardami.” Solo ammettendolo, percepirà di starsi assumendo parte delle responsabilità: “La colpa è mia che t’ho convinta a vederci.” Gli costa ammetterlo, al pari del timore delle possibili conseguenze.
Peccato che l’effetto suscitato sia esattamente l’opposto rispetto a quanto preventivato. Come se l’aver sparato al padre non fosse una prova di lealtà sufficiente, Rosa rimane muta per qualche istante, cercando di metabolizzare l’affermazione appena proferita. Proprio ora che non ha più la minima ombra di dubbio su loro due… L’indeciso diventa lui? La situazione sta sfuggendo al loro controllo?
Fa un passo indietro, fisicamente nonché mentalmente, preparandosi già a un eventuale rifiuto. “Quindi, quando dicevi che dovevamo viverci questa cosa senza paura…”
Essendosi reso conto della tempesta provocata nella mente di Rosa con qualche secondo di ritardo di troppo, che potrebbe risultare irrecuperabile, Carmine si affretta a rimediare: “Assolutamente no.”
Rosa accetta quasi passivamente il tocco delle mani di lui sulle sue braccia. Lo scruta, perplessa.
A Carmine scappa un sorriso per l’espressione interrogativa di lei. Non saprebbe stabilire se per l’incertezza su ciò che lui ha sempre ritenuto – e dimostrato - essere un’ovvietà, o se per le proprie contorsioni mentali fuorviante. “Ij vuless sulamente ca ’sta fronte arricciata ca tien, scomparisse.”
Sorride d’istinto, e altrettanto istintivamente lo provoca: “Pecché ‘a sta ngazzat nun fa buon ’a pell’ ?”
Di rimando, Carmine scoppia proprio in una risata liberatoria. E pensare che s’era convinto del fatto che, nei primi tempi, Rosa resettasse automaticamente qualunque cosa lui le dicesse. Ora che ha la conferma che le ricorda, si sente tra il lusingato e il potenzialmente inquietato dall’ottima memoria. “E ja, vulev sulamente marià ’nu poc… Tu sei bella sempre. Ma quando sorridi, lo sei molto di più.”
Ora, è Rosa ad essere indecisa tra il sentirsi lusingata e potenzialmente inquietata dal fatto che avesse notato fin da subito ogni minima sfumatura del suo aspetto e del suo essere, meglio di chiunque altro. Senza contare la sensazione che certe affermazioni, se fatte in italiano, assumano quasi una solennità, e sicuramente una sfumatura diversa da quella che solitamente assume ciò che pensano e sentono. *6
Lui prova tutto questo amore che lei ha impiegato settimane a riconoscere e accettare, e proprio quando ci è riuscita, ha realizzato di essere la sua rovina. Come superarlo? Forse, concedendosi di poggiare la fronte su quella di Carmine, appena prima di inaugurare l’opera di auto-demolizione. D’altronde, è stato proprio lui a desiderare che esprimesse pienamente i propri sentimenti, no? Indubbiamente, non gradirà; col tono più asettico di cui è capace, asserisce: “Era meglio si muriv’ij.”
Altro che ‘non gradire’… Fa un balzo indietro, come se fosse stato morso da una tarantola. Evidentemente, Rosa non ha ancora realizzato di essere la sua condanna e la sua cura al contempo.*7  D’ora in avanti, sarà opportuno ricordarglielo più volte al giorno, onde evitare rischiose dimenticanze. “Nun t’azzardà chiù a ricer sti cos. Sò serij.” La forza a guardarlo negli occhi. “’O saij buon ca te vendicasser come minimo per due generazioni. E invece, grazie a te, Futura tiene ancora un papà.” Abbozza un sorriso, imponendosi di non specificare ‘per ora’.
A quanto pare, è Carmine a non aver realizzato che ormai, senza il suo amore e soprattutto senza il suo esempio, avendo perso un’infinità di affetti viscerali, Rosa non saprebbe più come andare avanti. Un pensiero che fino a un mese prima avrebbe giudicato assurdo, oltre a tremendamente sdolcinato. Con la voce sull’orlo dello schianto, riesce a proferire: “Ma come faccio, se non ti posso vedere più?” Lo sguardo fa da corollario al concetto già espresso, insieme al singhiozzo che le sfugge incontrollato.
Ed è in quel momento, ancora una volta, che Carmine si accorge di quel dolore tale e quale al suo.
Ma se c’è qualcosa che lui ha appreso, con violenza disumana, è che solo alla morte non c’è rimedio. Perciò, combatteranno fino allo stremo delle forze affinché cose e persone terrene non li separino. Ma qualora dovesse capitare, troveranno un modo per non perdersi. Soprattutto, per far sì che Rosa non si perda, comunque vada e qualunque direzione prendano per uscire dall’apparente vicolo cieco.
Ragion per cui le prende il viso tra le mani e, con tutta la convinzione di cui è capace, la rassicura con quel tono di voce caldo e intenso che assume solo con lei: “Andrà tutto bene. Ti fidi di me?”
Arresa, disarmata per l’ennesima volta, non può far altro che confermare: “Più che di me stessa.”
-
È trascorsa mezz’ora circa. O forse mezza giornata; ma a giudicare dal cielo, non sembrerebbe.
Con proprio grande stupore, Carmine ha appreso che una delle gioie maggiori della genitorialità consiste nell’osservare i bambini dormire; e non solo per il luogo comune secondo il quale è l’unico momento in cui sono tranquilli, ma proprio per la pace che emanano, soprattutto quando sono a diretto contatto col corpo del genitore. Un po’ per non svegliarla, e un po’ perché s’incanta a guardarla, si è reso conto di essere in grado di tenere in braccio Futura per ore, mentre dorme.
Ebbene… Avrebbe giurato che Rosa avesse un sonno irrequieto; ma è da quando ha chiuso gli occhi, accoccolata contro il suo petto, che non ha mosso un solo muscolo. Può darsi che sia spossata per la giornata, e di conseguenza che, nonostante sia caduta in un sonno profondo, non stia sognando. Indubbiamente, al suo lato più egocentrico piace pensare di avere un effetto calmante su di lei. Fatto sta che, nonostante stia rischiando la paresi al braccio destro, schiacciato dalla schiena di lei, ora come ora non si sposterebbe per nessuna ragione al mondo; a maggior ragione, correndo il rischio di svegliarla e cancellare prepotentemente quell’espressione innocente dal suo viso. Merita una pausa.
Sfortunatamente, le leggi dell’IPM poco si conciliano con la necessità di riposare della sua fidanzata. Carmine sente dei passi per le scale. Tuttavia, prima che faccia in tempo a svegliare Rosa, il comandante si fa riconoscere. Avendo trovato la scusa perfetta per salvare la circolazione del sangue nel proprio braccio, lo sfila lentissimamente, mentre intima a Massimo di abbassare la voce.
“Grazie, Comandà, veramente. Mo, con calma, la scet ; abbiamo approfittato pure troppo.”
Massimo abbozza un sorriso. “Di niente. Comunque, non sono venuto solo per questo.”
Carmine assume un’espressione tra l’interrogativo e l’atterrito.
“A quanto pare, ci stanno buone possibilità che don Salvatore Ricci si rimetta completamente.”
Il povero malcapitato s’illumina in volto. È un’ottima notizia, sia per Rosa che per la sua posizione.
“Vedrai che, stavolta, capiranno che è stata legittima difesa.” Gli dà una carezza sulla nuca.
“Quindi, puoi, anzi, potete rientrare in cella.” Fa una pausa esplicativa. “Ognuno nella propria.”
A Carmine scappa una risata. “Naturalmente. Però…” Fa dei gesti eloquenti, al fine di chiarire che ha intenzione di accompagnarcela di persona; anzi, per essere più chiari, di portarcela di peso.
Massimo capisce al volo. “No, Cà, nun ce penzà proprio. Abbiamo già rischiato abbastanza accussì.”
Carmine assume un’espressione supplichevole. “Comandà, ’o vrit comm’è tranquilla? E ja…”
Sospira rumorosamente. Se dieci anni prima gli avessero detto che si sarebbe ritrovato a infrangere tutte quelle regole per fare da cupido a un figlio putativo carcerato, non ci avrebbe creduto.
Lo fissa intenzionalmente. “E muovt, ja ! Che aspetti? Io sistemo qua dentro e vi raggiungo.”
Lo osserva mentre solleva delicatamente Rosa dal letto, riuscendo nell’impresa di non svegliarla.
Scuote la testa e lo provoca scherzosamente: “Secondo me, non arrivi manco a fare il primo scalino.”
Ma contrariamente rispetto alle previsioni del comandante, riescono a raggiungere il cortile.
Tuttavia, inevitabilmente, nonostante la massima accortezza usata da Carmine, prima o poi il dondolio irregolare causato dalle rampe di scale avrebbe comunque svegliato Rosa.
Non apre subito gli occhi. È un po’ frastornata, come se non avesse un’idea precisa di dove si trovi e con chi; per qualche istante, rimane nel dubbio di star ancora sognando. Oltre che dal trauma appena subito, sicuramente dipenderà anche dall’aver cambiato due letti in due giorni.
Finché il suo olfatto non lo individua e riconosce. Il profumo di casa. La sua vera casa.
Di certo, all’IPM non si allestiscono saloni di bellezza; dato che l’ammorbidente emana una scia tenue, si può dire che il profumo più caratteristico di lui sia quello del dopobarba, delicato ma persistente, che tuttavia è svanito da un pezzo, vista l’ora.
Di conseguenza, le narici di Rosa si sono assuefatte al SUO odore. Di Carmine. Inconfondibile.
Accenna un mezzo sorriso, ripensando a come, la prima volta in cui lo sognò, *8 si rese conto della sostituzione del braccio e del petto del fratello per una questione tattile, unicamente perché, appunto, si trovava nella dimensione onirica. Quel profumo è marchiato a fuoco nella sua memoria sensoriale, inconsapevolmente, da prima che realizzasse di amarlo; e lo riconoscerebbe in qualunque contesto. *9
L’unica conclusione possibile, dunque, è che attualmente si trovi nel mondo reale.
Solleva lentamente le palpebre e, come in un flash, le sovvengono le ultime, estenuanti ore che la sua mente, probabilmente per compassione, aveva sapientemente rimosso per qualche istante.
Ma essendosi accorto dell’intera operazione che frullava nella testolina macchinosa dell’amata, in base agli adorabili mugolii che emetteva; rallentando leggermente l’andatura, Carmine ha preso ad accarezzarle delicatamente la schiena con la punta delle dita, impegnandosi affinché la coccola non gli faccia allentare la presa. Infatti, se un braccio le sorregge la schiena e assicura che la testa di lei rimanga stabilmente sulla spalla di lui, senza dondolii, l’altro necessariamente le sorregge le gambe.
Questa semplice accortezza l’autoconvince della ‘doverosità’ di regalargli un sorriso.
Per tutta risposta, il ghigno appena accennato di Carmine preannuncia uno dei consueti siparietti. Con tutta naturalezza, sbuffando teatralmente, osserva: “Finalmente, Tarantè; nun c’a facev chiù. Tu PARI piccerella piccerella ; però…” Accompagna l’affermazione con un’espressione eloquente.
Troppo spossata per sciogliere un braccio dal suo collo e assestargli una pacca dovunque le possa risultare comodo, Rosa si limita a rimbeccarlo: “Ma vafangulo, Cà.” Ormai, negli ultimi giorni, non riesce neanche più a trattenere un sorrisetto finale. E in fondo, si detesta un po’ per questo. Ma poco.*10
Lui sorride di rimando e commenta: “Ah, meno male; me stev preoccupann.”
A questo giro, nonostante si senta ancora un po’ intorpidita, la manata se la becca tutta. Sul braccio. Insieme a un bacio, furtivo ma preciso.
Prima che abbia tempo e modo di proporle formalmente di posarla a terra, in modo da proseguire con l’interessantissima argomentazione un po’ più agevolmente…
Al solo sollevare lo sguardo dal viso di lei, una causa di forza maggiore, per non dire massima, lo spinge ad eseguire l’operazione senza troppe cerimonie, portandola inevitabilmente a barcollare.
La suddetta causa porta il nome di sua madre.
Carmine scatta verso i cancelli, da cui è appena entrata. Si stupisce dell’espressione che intravede sul suo volto: con tutta probabilità, non l’aveva mai vista tanto preoccupata. Si frena a pochi centimetri da lei. Innanzitutto, una sola parola, prioritaria, emessa con tono ansiosamente indagatore: “Futura?”
Wanda annuisce, con un groppo in gola: “Sta buon. Sta a casa. Sta buon.”
Stavolta, senza che né lei né il figlio abbiano modo di metabolizzare fino in fondo questo gesto istintivo, è lei a prendere l’iniziativa di abbracciarlo. Adeguatamente, per di più: i loro corpi aderiscono completamente; le sue braccia lo stringono, quasi in una morsa.
Eppure… Carmine si sorprende delle sensazioni parzialmente contrastanti che lo assalgono, durante quegli istanti. Innanzitutto, una volta staccatosi, gli sembra di averla stretta a sé per un tempo interminabile, di cui non gli è pesato un solo millisecondo. Sua madre l’ha stretto fortissimo, eppure non gli è parso di soffocare; anzi, s’è sentito… Protetto. Come non si era mai sentito con nessuno. Se non… Proprio con lei. In uno spazio e in un tempo risalenti a una dimensione che sembrerebbe appartenere a un’altra vita, ad altre persone. Ma era… È, la loro. Indipendentemente da tutto, da loro stessi. Probabilmente, ha ragione proprio lei: i legami di sangue non si possono cambiare, e neppure spezzare; però, si può imparare a non percepirli, e a non farli percepire, come una catena da cui volersi liberare, anche quando è troppo stretta, scomoda, ingombrante.
L’unica speranza che può coltivare, per il futuro, è che il loro rapporto continui a ricostruirsi, a partire da quel momento lontanissimo in cui sua madre ha smesso di essere sua madre, per diventare complice del marito e istruire il figlio maggiore. Rinunciare a barattare la propria integrità con il suo affetto gli risulta sempre più duro. Spera di riuscire a compensare, con il proprio amore e la propria presenza, il fatto che Futura non conoscerà mai neanche una forma d’amore materno distorto, per dire. Nina sarebbe stata una madre perfetta, ma il destino ha deciso diversamente, per loro.
Ma ora, a colmare parzialmente quel vuoto, c’è Rosa.
Rosa! Carmine si gira di scatto, come se temesse che, nel frattempo, se ne sia andata.
Ma è rimasta esattamente dove l’ha lasciata. Mentre lui e sua madre erano nella loro bolla, è stata raggiunta dal comandante che, presumibilmente, l’avrà aggiornata sulle novità. Rosa si volta verso di lui e accenna un sorriso al suo indirizzo, un po’ incerta sul da farsi.
Carmine, invece, ha le idee chiarissime. Cerca conferma nello sguardo della madre. Fortunatamente, la trova. Il comandante ha capito, e si fa leggermente in disparte.
L’unica a non aver intuito le intenzioni di Carmine sembrerebbe proprio Rosa. Lentamente, le si avvicina, sfoggiando un sorriso caldo, che lei ricambia istintivamente. Lui fa per allungare il braccio.
A quel punto, un po’ per temporeggiare e un po’ per reale interesse, Rosa si arrischia a chiedere: “Come sta?”
Carmine rimane sul posto, un po’ confuso dal rapido avvicendarsi degli eventi: “Chi?”
Lei accenna un sorriso e, con tutta la naturalezza del mondo, specifica: “Futura.”
La questione è che, essendo la prima volta in cui pronuncia ad alta voce il suo nome, per di più in presenza di Carmine, l’emissione è tutt’altro che naturale. È straordinaria nel vero senso del termine. Non saprebbe neanche esprimere in quanti e quali modi questa cosa lo emozioni profondamente. Rosa lo intuisce dal suo sguardo, e i suoi occhi si gonfiano di lacrime di rimando, simbioticamente.
E dopo averlo capito durante il salvataggio di Futura, durante la conversazione che aveva fatto seguito, e i tanti altri piccoli grandi momenti cardine, per culminare con il gesto compiuto poche ore prima, e la connessione appena instauratasi… Carmine pensa di poter veramente mettere la mano sul fuoco che, per quanto Rosa non abbia fatto mai promesse, le abbia mantenute tutte. E anche molto di più. Sono due gocce dello stesso mare che hanno già trovato l’ultimo amore. *11
E deve aver pensato lo stesso pensiero anche lei, a giudicare dalla decisione con cui prende quella mano tesa e accetta che lui la tiri verso di sé.
Una consistente parte di lei vorrebbe fuggire lontanissimo; non si sente affatto pronta. Eppure… La stretta di Carmine le infonde un coraggio che non credeva di possedere. Probabilmente, scaturisce dalla stessa fonte di energia che le ha permesso di salvare, nell’ordine, Futura e Carmine, rischiando la propria stessa vita. Ci sono momenti in cui non si ha né tempo, né modo di riflettere. Ed è un bene. Soprattutto per chi, come lei, deve imparare a non schiacciare il suo cuore enorme, a non farsi oscurare quella luce, quella fiamma che arde dentro di lei, e si accende e si spegne in nome del bene.
Perciò, non senza una certa titubanza, si fa guidare verso Wanda di Salvo.
Che, tuttavia, è innanzitutto la madre di Carmine. E con propria immensa sorpresa, nel suo sguardo legge solamente… Qualcosa che potrebbe avvicinarsi alla gratitudine.
Senza rendersene neppure pienamente conto, si ritrovano l’una di fronte all’altra. Carmine è al fianco di Rosa, glielo sta proprio cingendo con un braccio, delicatamente; non si smuove di un centimetro, mentre cerca una maniera per farle coesistere.
Ma è sufficiente un eloquente cenno del capo da parte del figlio, affinché Wanda di Salvo, acerrima nemica del clan Ricci, mandante in maniera reiterata dell’omicidio di Edoardo Conte, totalmente sfiduciata verso Rosa stessa, riconosca l’evidenza: ha salvato la vita a chi ha di più caro al mondo. Pertanto, guardandola negli occhi con il suo sguardo penetrante, le rivolge l’unica parola in grado di racchiudere pienamente questo concetto: Grazie.Inizio modulo
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Wanda se n’è appena andata, dopo un breve ragguaglio sulla situazione.
Il comandante sta per realizzare il suo più grande desiderio, ovvero accompagnare Romeo e Giulietta in cella… Quand’ecco che sentono una conversazione concitata provenire dai cancelli d’ingresso.Fine modulo
“GENNÀ, devo parlare con Carmine; per favore, è importantissimo!”
Il diretto interessato sgrana gli occhi, non credendo alle proprie orecchie.
Massimo libera l’ennesimo, profondo sospiro della giornata e commenta: “Andrà a finire che questo, al Beccaria, ce lo accompagneranno in catene. Già compatisco il povero Gennarino.”
Nel frattempo, Gennaro cede, fa aprire i cancelli e Filippo si fionda addosso a Carmine, prima che entrambi abbiano il tempo di realizzare che, nella fattispecie, non si vedono solamente da 36 ore.
A Carmine, quasi ridendo, viene spontaneo osservare: “Chiattì, ma tu ca ce fai ancora?”
Filippo si stacca e, senza togliergli le mani dalle spalle, lo scruta attentamente per accertarsi che stia bene. “Ci faccio che ho rischiato di perderti per due volte, e sotto ai miei occhi. Una terza anche no.”
A entrambi si inumidiscono gli occhi di lacrime, praticamente in contemporanea. Ne hanno passate un’infinità, insieme. Ma stavolta è diverso. Stavolta c’è la concreta possibilità che tutto si aggiusti.
“Beppe ha chiamato mia mamma. Non lo ringrazierò mai abbastanza.”
Massimo alza gli occhi al cielo. Toccherà una strigliata pure a lui. Non troppo severa, visto il periodo.
“Ma tu ’e a partì, Filì. Ti stanno aspettando…” tenta di esortarlo Carmine, con un mezzo sorriso.
“Sì, ma non solo chi pensi tu…” allude l’amico, con un sorrisetto, allungando il collo verso i cancelli.
Da cui, come per magia, spunta Naditza. Carmine sbatte le palpebre più volte, sconcertato.
Uè uè, indovinate chi è turnat…” non fa in tempo a terminare il suo saluto di rito, che viene prontamente sollevata in aria da Carmine, naturalmente col permesso silente di Filippo. Decisamente, la sua apparizione è la seconda notizia meravigliosa della giornata, per i due amici.
Rosa, lievemente in disparte rispetto alla loro ‘bolla’, nel frattempo si sta facendo attraversare la mente da una quantità spropositata di paranoie. Più che nel caso di donna Wanda, paradossalmente. Silvia le ha parlato molto di Naditza: sa che è una ragazza solare, generosa, e ca ten pur ’a cazzimma ; anzi, a dirla tutta, Silvia sostiene che loro due si somiglino molto, soprattutto nel senso di protezione. Ragion per cui, dal momento che è la fidanzata di Filippo ed è così amica di Carmine, Rosa teme che le abbia raccontato il peggio di lei, visto e considerato il periodo dell’ultimo incontro con Carmine. E per quanto le costi ammetterlo, le dispiacerebbe che Nad avesse un’opinione negativa di lei.
Per quanto sia difficile carpire qualunque opinione possa avere, in base alla sua espressione neutra. Prima di staccarsi, gli sussurra nell’orecchio: “Non dire che non eri stato avvertito ca stiv inguaiato…” S’avvicina a Rosa e, prendendola alla sprovvista, la stringe in un abbraccio accogliente e caloroso.
 
“Insieme a Nina, era morto pure Carmine; ma grazie a te è rifiorito. Si vede dal suo sguardo.” Praticamente, ha mormorato, in modo che potessero capire solo loro due; ma in base agli occhi progressivamente sempre più gonfi di Rosa, è evidente che, qualsiasi cosa Nad le abbia detto, l’ha profondamente toccata. Filippo e Carmine si consultano con lo sguardo, poi scrollano le spalle. Carmine non può che essere felice che sempre più persone notino l’enormità del cuore di Rosa; ma il fatto che lei riesca ad accorgersene e gioirne supera ogni sua aspettativa, e riempie il suo, di cuore.
 
Sfortunatamente, non possono trattenersi ancora molto; gli strappi alla regola sono stati fin troppi. Naditza rompe il ghiaccio: “Vabbuò, mo ce ne jamm ; vi aspettiamo a Milano, eh!” Fa l’occhiolino.
Carmine sorride istintivamente; poi, appena si gira verso Rosa, la sua mente viene improvvisamente attraversata da ogni possibile scenario di terrore, in base a cui lei si sente soffocare dalla repentinità con cui stanno ‘ufficializzando’ la relazione e mette dei paletti, vista la circostanza particolare.
 
Ma Rosa non ha fatto una piega; quasi non ha sentito l’invito di Nad. È decisamente più preoccupata per via del secondo e definitivo saluto a cui Carmine e Filippo sono inevitabilmente costretti. Anche un cieco intuirebbe quanto profondo sia il loro legame, e non è detto che siano pronti ad allentarlo.
Ma sorprendentemente, il saluto è piuttosto rapido; forse perché non vogliono crollare davanti alle fidanzate per non farle preoccupare, o forse perché si sono già detti ciò che dovevano dirsi.
Dopo averle chiesto il permesso con lo sguardo, Filippo abbraccia anche Rosa e si congeda con Nad.
 
I due si scambiano l’ultimo sguardo in lontananza, quasi come nella villa dove riscoprirono la libertà.
Paradossalmente, ora hanno ancor meno certezze su quando si rivedranno; ma sono uomini, ormai.
E Filippo legge negli occhi di Carmine che, qualunque cosa dovesse accadere, non si perderà più.
E in fondo, lo sa meglio di chiunque altro, che l’amico suo non è uno che si arrende.
E se si è speso in prima persona affinché Rosa se ne rendesse conto, un motivo ci sarà.
Carmine, dal canto suo, sta facendo del proprio meglio per non crollare; è la seconda volta in due giorni in cui gli tocca separarsi da quella parte fondamentale di sé, e teme di non reggere lo strappo.
 
Rosa gli si avvicina con un pizzico di circospezione: è la prima volta in assoluto in cui si sente investita del compito di tirargli su il morale, e dubita di esserne in grado. Toccherà improvvisare. Appoggia la testa sulla sua spalla. “Ti manca, ’o sacc. Ma Naditza ave ragione : e jamm a truvà, no?”
Lui la fissa sbigottito, dunque si affretta a precisare: “No mo… Ma mica staremo qua pe’ semb…”
 
Il fatto è che Carmine non ha minimamente colto una parte del contesto, e precisamente il dolore per il distacco e il fatto che Rosa lo stia consolando per la prima volta. Ha sentito solo una parola.
Jamm ?” ripete, incredulo, scandendo ogni lettera al meglio delle proprie possibilità.
Rosa capisce all’istante e le scappa una risata. Il suo sguardo dice: ‘Ho sparato a mio padre per te, e pensi che possa disturbarmi un viaggio in treno verso una bellissima città dove non sono mai stata?’
 
Anzi, a questo punto le sembra opportuno giocare anche lei a carte scoperte. Non senza un misto di esitazione e perverso divertimento, confessa: “Vir ca me sò  fatta mettere in galera apposta per te.”
Carmine assume un’espressione interrogativa, cercando di cogliere la definitiva tra le molteplici implicazioni di quell’affermazione. Appena la trova, scoppia in una risata fragorosa e infinita, trascinandosi dietro Rosa. Paradossale, no? Almeno, questo significa che non dovrebbe temere eccessivamente per la sua incolumità, in caso di gelosia… Forse. Meglio non sfidare la sorte.
 
Pe’ m’accirer, ’o ver?” ha l’urgenza di puntualizzare, non senza un pizzico di perverso divertimento.
Rosa fa spallucce, come a chiamarsene fuori.
Ma Carmine non desiste: “Allora, già era amore, eh?”
Lei si rifiuta di dargli quella soddisfazione, ma compensa con un bacio. Piccolo… C’è il comandante.
 
La cui insofferenza è ormai palpabile. Ragion per cui, Carmine si affretta a riprenderla in braccio, come fosse la cosa più naturale del mondo, e a dirigersi all’interno dell’IPM, prima che faccia notte.
Rosa ridacchia. Carmine non le aveva mai sentito produrre quel suono; è semplicemente adorabile.
Naturalmente, sente l’esigenza di provocarlo: “Agg perz qualche chilo, negli ultimi minuti?”
Carmine sogghigna. Frecciatina meritatissima.
“Allò, dov’eravamo rimasti?”
 
 
-
*1  Non è mia abitudine ricorrere a un linguaggio volgare; ma siccome in Mare Fuori se ne fa abbondantemente uso, naturalmente in base al contesto socio-culturale trattato… Mi sembra la maniera più naturale di tradurre pensieri e parole dei personaggi.
*2  Non conosco le procedure in questi casi, e soprattutto quali potrebbe osservare Massimo senza entrare eccessivamente in conflitto con Sofia; quindi mi scuso in anticipo, ma non ho pretese di verosimiglianza, volevo solo far viaggiare la fantasia.
*3  Fin da quando ho sentito pronunciare da Carmine la frase: “E io non mi perdonerei mai se tu, per paura di morire, rinunciassi a vivere.” ho pensato al testo di I lived.   Soprattutto, trovo sia significativo il verso: I hope that you don’t suffer, but take the pain . Nessun essere umano augura a sé stesso, o a qualcuno a cui tiene, di soffrire; ma è altrettanto vero che, in certi casi, la sofferenza è l’unico modo che si ha per imparare. Quindi, interiorizzare veramente il dolore consente di trarne lezioni che poi possono essere trasmesse, proprio come è successo a Carmine con Rosa, e altri dell’IPM. Naturalmente, laddove il dolore è (o pare) tutt’altro che istruttivo, si vorrebbe poterlo eliminare, e perché no, prenderlo su di sé, se ha colpito chi si ama.
*4  La meraviglia di essere simili; la protezione tra esseri simili (Simili, Laura Pausini)
*5 Nella seconda stagione, Carmine usa questa espressione e mi sembrava appropriato riproporla.
*6  Immagino che per loro funzioni al contrario rispetto alla nostra sensazione col dialetto, napoletano o di qualunque altra città, o magari che l’italiano sia il corrispettivo di una lingua straniera, per noi.
*7  è una tarantella, di nome e di fatto; I don’t make the rules.
*8   Personalmente, nel sonno non ho neppure il senso del tatto, è estremamente rarefatto; ma Rosa aveva riconosciuto Carmine da prima di guardarlo in viso, quindi a qualcosa dovevo aggrapparmi.
 *9   Il tuo profumo ad occhi chiusi tra mille saprei   (Ciao , Alessandra Amoroso)
*10 I hate the way, Sofia Carson
*11 Ragazza Paradiso, Ermal Meta
 
 
   
 
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