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Autore: pampa98    01/04/2023    1 recensioni
[Questa storia partecipa alla "To Be Writing Challenge 2023" indetta da Bellaluna sul forum Ferisce la Penna]
What-if? Valjean raggiunge Javert prima che l'ispettore si tolga la vita. Pre-Valvert.
Il titolo, a cui ho aggiunto un punto di domanda, è preso dalla canzone "Javert suicide" del musical.
La figura si era tolta il cappello ed era salita sopra il parapetto, con il corpo rivolto verso il fiume. Jean Valjean conosceva quella zona: là sotto, la Senna formava una specie di lago quadrato attraversato da una rapida. Anche il marinaio più esperto sarebbe annegato in quel punto – e una caduta da quell’altezza avrebbe potuto uccidere il malcapitato prima ancora che l’acqua gli riempisse i polmoni.
Il dispiacere per la disperazione di quella povera anima fu sostituito dal terrore quando la luna illuminò un profilo a lui tremendamente familiare.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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It is either Valjean or Javert?




 

Aprì la porta della camera di Cosette, osservando per l’ultima volta la sua figura stesa sul letto. Il lieve movimento del suo petto gli fece capire che si era addormentata. Il suo cuore si strinse all’idea che non l’avrebbe più rivista; ma era giusto così. Si portò due dita alle labbra e vi posò un bacio che depositò sui capelli di Cosette, poi uscì, chiudendosi piano la porta alle spalle.

Osservò il suo riflesso alla finestra: aveva approfittato del momentaneo allontanamento di Javert per ripulirsi dal fango e assumere un aspetto più dignitoso, dopo aver parlato a Cosette di Marius e averle detto addio. Guardò in strada, aspettandosi di vedere l’ispettore, tornato insieme ai rinforzi. 

La strada era ancora vuota.

Jean Valjean aggrottò le sopracciglia. Era grato a Javert per avergli concesso quel tempo in più, ma non riusciva a non pensare che quell’assenza fosse strana. 

Si voltò di nuovo verso la stanza di Cosette. 

Forse sarebbe potuto restare. Se Javert non aveva intenzione di arrestarlo, perché si sarebbe dovuto consegnare? Poteva continuare a vivere come aveva fatto fino a quel giorno, insieme a Cosette, libero. 

Ma era stato davvero libero? Solo due giorni prima, era fuggito dalla loro abitazione in Rue Plumet perché credeva che la sua identità fosse stata scoperta e lui dovesse, ancora una volta, crearsi una vita altrove. Non poteva continuare in quel modo. Non era giusto, soprattutto per Cosette. Il suo passato l’aveva quasi strappata alle braccia di un bravo ragazzo, che amava e da cui era ricambiata. Jean Valjean non aveva il diritto di intromettersi nella felicità di quelle due giovani anime pure. Il suo compito era prendersi cura della figlia di Fantine fin quando gli fosse stato possibile; adesso lei poteva avere un marito, che le avrebbe offerto sicurezza e protezione. 

E lui, in quello scenario idilliaco, era di troppo.

Con un sospiro, uscì dalla casa e si diresse in strada. Javert continuava a non vedersi.

Jean Valjean decise di incamminarsi verso il posto di guardia di Place du Chatelet: forse l’ispettore lo aspettava lì. Percorse il lungo Senna, osservando la maestosità della cattedrale di Notre-Dame che si stagliava oltre il ponte. 

A un tratto, il suo sguardo fu catturato da una figura solitaria, ferma davanti al parapetto. Jean Valjean la ignorò. 

Alzò lo sguardo verso il cielo: le stelle erano nascoste dalle nuvole e la luna filtrava con un tiepido raggio nella sua direzione. Sentì un fruscio e i suoi occhi tornarono a posarsi sull’unica altra creatura presente sul ponte quella notte.

La figura si era tolta il cappello ed era salita sopra il parapetto, con il corpo rivolto verso il fiume. Jean Valjean conosceva quella zona: là sotto, la Senna formava una specie di lago quadrato attraversato da una rapida. Anche il marinaio più esperto sarebbe annegato in quel punto – e una caduta da quell’altezza avrebbe potuto uccidere il malcapitato prima ancora che l’acqua gli riempisse i polmoni. 

Il dispiacere per la disperazione di quella povera anima fu sostituito dal terrore quando la luna illuminò un profilo a lui tremendamente familiare.

«Javert!»

L’ispettore ebbe un sussulto, ma riuscì a rimanere in equilibrio. Raddrizzò la schiena e restò immobile, senza voltarsi.

«Tornate a casa, Jean Valjean» disse. La sua voce era ferma, anche se meno dura del solito.

«Javert, in nome del cielo, cosa fate lì sopra?» chiese lui, ignorando l’ordine dell’uomo e avvicinandosi al parapetto. «Scendete, è pericoloso.»

Perché era salito lì sopra? Stava forse pensando di…? 

No, Javert non lo avrebbe mai fatto.

«Fate come vi ho detto. Non avete più motivo di temere un mio arresto: siete libero.»

Jean Valjean non poteva credere alle sue orecchie. Libero? Javert lo scagionava dalle sue colpe; ma in quale modo?

«Javert, vi prego, scendete. Parliamone a terra.»

«Non c’è niente di cui parlare. Ho detto ciò che dovevo: siete libero. Adesso tornate a casa e lasciate che io ponga fine al vostro inseguimento.»

Jean Valjean scosse la testa. «Non siete in voi, Javert. State delirando.»

«Sì, avete ragione. E, ciononostante, questa di stanotte è la scelta più assennata che abbia mai preso.» Si voltò verso di lui. I suoi occhi brillavano di determinazione e di lacrime non versate. «Tornate a casa. Non priverò vostra figlia di un altro genitore.»

Detto ciò, tornò a puntare lo sguardo verso la Senna. 

Jean Valjean gli afferrò la mano sinistra, tenendolo fermo.

«Javert, io non farò niente fino a quando non scenderete da questo parapetto. Arrestatemi o dichiaratemi libero, accetterò qualunque cosa. La scelta è solo vostra; ma dovrete prenderla a terra.»

Una flebile risata lasciò le labbra dell’ispettore. 

«Una scelta? Sì, dovrei arrestarvi: siete un ladro, avete tentato di evadere più volte dalla vostra prigionia, avete mentito sulla vostra identità e violato la libertà condizionale. Sì, dovrei dichiararvi libero: avete dato futuro a decine di persone a  Montreuil-sur-Mer, avete salvato una bambina dalla miseria e solo stanotte aveva rinunciato a vendicarvi di me e rischiato la vita per salvare un ragazzo morente. Siete un ex-galeotto e un sant’uomo. La legge mi impone di arrestarvi, ma in coscienza io non posso farlo. Dunque, ditemi, quale scelta mi resta?»

Jean Valjean era sempre più incredulo, ma non allentò per un solo istante la presa sulla mano di Javert. 

Javert, che per anni gli aveva dato la caccia, braccandolo in nome di quella legge che lo costringeva a essere un fuggitivo. 

Javert, l’irreprensibile ispettore di polizia, che si rivolgeva a lui con il voi e riconosceva il bene che aveva fatto negli ultimi vent’anni. 

Javert, che sceglieva il suicidio convinto che non ci fosse un’altra strada.

Jean Valjean si issò sul parapetto, posizionandosi accanto a lui.

«Cosa fate?» esclamò Javert.

«Vengo con voi» rispose, stringendogli la mano.

«Non dite sciocchezze.»

«Sono serio.»

«Allora siete impazzito.»

Jean Valjean rise. «Possibile. Ma non vi sentite meglio, a sapere di essere in compagnia?»

Javert abbassò lo sguardo. Cercò di sfilare la mano dalla sua, ma lui non glielo permise.

«Non meritate di morire» disse in un sussurro. «Il mondo ha ancora bisogno di voi, Jean Valjean.»

«Ha bisogno anche di voi, Ispettore Javert.»

I loro occhi si incontrarono. Speranza e calma brillavano in quelli di Jean Valjean, che si specchiò nello sguardo confuso e spaventato di Javert. Conosceva quelle sensazioni: le aveva provate dopo aver rubato una moneta d’argento a un bambino. Il suo mondo si era infranto in quel momento e dalle sue ceneri era nato un uomo nuovo, che aveva sotterrato la rabbia e l’odio in favore dell’altruismo e della pace. 

«Io non… non posso» disse Javert. «Per rispettare la legge, devo andare contro la mia coscienza e questo… questo non è possibile. La legge è la mia coscienza! Seguono sempre lo stesso binario, insieme, armoniose; ma oggi sono deragliate. Una dice di seguire una strada, l’altra dice di intraprendere l’opposta. Capite, Valjean? Devo farle tacere.»

Jean Valjean scosse la testa. «Vi sbagliate, Javert. C’è una soluzione molto più semplice, più giusta.»

«Illuminatemi, allora.»

Jean Valjean ruotò verso di lui, costringendo Javert a fare altrettanto. Gli posò la mano libera sulla spalla. L’ispettore la guardò come se fosse la prima volta che vedeva un’immagine simile e per un attimo Jean Valjean si chiese se Javert avesse mai ricevuto un tocco affettuoso. 

«Guardami» disse, sperando che un linguaggio informale avrebbe raggiunto più facilmente il suo cuore. 

Javert alzò gli occhi verso di lui: lo guardò come un cucciolo smarrito che si chiedeva se la mano tesa verso di lui appartenesse davvero al suo padrone. 

«La notte è calata sulla tua mente, Javert. So cosa significa, l’ho provato sulla mia pelle. È spaventoso, è atroce: sembra che anche Dio ti abbia abbandonato. Ma non è così. All’oscurità segue sempre la luce. L’alba di una nuova vita sta per sorgere intorno a te: accoglila, accetta questa secondo opportunità che ti viene donata. Getta la tua vecchia coscienza nella Senna, questo è salutare; ma resta, e vivi un nuovo giorno. Sarà migliore del precedente, ti do la mia parola.»

Come se Dio avesse ascoltato le sue parole, il Sole iniziò davvero a sorgere, spazzando via le nuvole e illuminando il fiume sotto di loro. Javert volse lo sguardo verso l’orizzonte. Jean Valjean attese in silenzio che le sue parole fluissero dentro di lui, senza mai lasciargli la mano. Quel contatto, il più lungo che avessero mai avuto, era l’ancora che assicurava Javert.

«Avete imparato a controllare anche il tempo, adesso?» chiese Javert.

«Piacevole coincidenza.»

Il piccolo sorriso dell’ispettore fece fremere il suo cuore. 

Scese dal parapetto e Javert lo seguì. Gli diede le spalle, cercando di nascondere il braccio che andava ad asciugare il suo viso. Jean Valjean attese che l’uomo fosse pronto a parlargli.

«Così sono due volte in debito con voi» commentò Javert, mentre riprendeva il suo cappello, abbandonato sopra il parapetto.

«Non ci sono debiti tra vecchi amici, Javert.»

L’uomo lo fissò, inarcando un sopracciglio, e Jean Valjean riconobbe in parte l’ispettore che conosceva. Javert lo squadrò a lungo, poi lasciò andare un sospiro.

«Sei davvero impazzito, Valjean.»

Jean Valjean rise. «Possibile. Credo sia dovuto all’assenza di sonno: sono state giornate pesanti e non ho riposato a sufficienza. Immagino che valga anche per te.»

Javert annuì.

«Allora vieni a casa mia» disse. «Lì potrai dormire e mangiare a dovere.»

«Dovresti farlo anche tu.»

«Sì. Lo faremo insieme.»

Jean Valjean si mosse in direzione di Rue de l’Homme-Armé, facendogli cenno di seguirlo. Non aveva bisogno di tenerlo ancora stretto a sé: sapeva che non avrebbe più tentato di togliersi la vita. 

Javert spostò lo sguardo da lui al fiume, brillante dei colori riflessi dal Sole. Altri pensieri attraversarono la sua mente, pensieri che Jean Valjean sperava avrebbe desiderato, un giorno, condividere con lui. 

Dopo alcuni minuti, Javert si avvicinò di nuovo al parapetto e lanciò il cappello dentro la Senna. Poi lo raggiunse e si incamminò insieme a lui verso casa.


 
   
 
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