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Autore: fefi97    02/04/2023    1 recensioni
[HughiexButcher; estabilished relationship; sono idioti ma si amano signori]
Quando, più tardi quella notte, giaceva sdraiato sul letto con il peso caldo di Hughie sul petto, ancora pensava a quella cazzo di canzone.
E a come parlasse fottutamente di Hughie.
Hughie era la maledetta ragazza dei quartieri alti, perfetto e puro, chiuso nel suo mondo fatto di pane bianco e gentilezza.
E lui era il bastardo dei piani bassi che si era infiltrato nella sua vita e lo aveva sporcato per sempre.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billy Butcher, Hughie Campbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uptown Girl

 

 

Butcher sapeva che una delle canzoni preferite di Hughie era uptown girl.

All'inizio la odiava. Quella maledetta canzone risuonava nel loro appartamento mentre Hughie era sotto la doccia, mentre si radeva quei due peli che si ostinava a chiamare barba, a volte addirittura mentre scopavano.

Butcher era solito odiare quella cazzo di canzone. Poi, un giorno, aveva rubato l'ipod di Hughie per avere un po' di compagnia mentre portava Terrore a fare una passeggiata e, ovviamente, uptown girl era stata la prima canzone a risuonargli nelle orecchie.

Forse perché era solo, forse perché davvero non aveva altro da fare a parte sorvegliare Terrore e evitare che si ingroppasse gli altri cani, prestò per la prima volta davvero attenzione al testo.

Quando quel tormento finì, tre minuti e diciassette secondi dopo, Butcher era sconvolto. La rimise da capo. E poi di nuovo da capo. E poi di nuovo, per cinque volte di fila.

Quando, più tardi quella notte, giaceva sdraiato sul letto con il peso caldo di Hughie sul petto, ancora pensava a quella cazzo di canzone.

E a come parlasse fottutamente di Hughie.

Hughie era la maledetta ragazza dei quartieri alti, perfetto e puro, chiuso nel suo mondo fatto di pane bianco e gentilezza.

E lui era il bastardo dei piani bassi che si era infiltrato nella sua vita e lo aveva sporcato per sempre.

Hughie sospirò nel sonno e si rannicchiò più vicino e Butcher gli strinse in risposta automatica il fianco, anche se, alla luce della sua nuova realizzazione, quel tocco gli sembrò contaminato.

 

 

Butcher cercò di non pensare troppo a quella merda di canzone, davvero.

Non significava niente, non dopo tutto quello che avevano passato insieme, non dopo tutti quegli anni insieme, nonostante il dolore, le perdite e la disperazione.

Loro due erano rimasti in piedi, erano rimasti insieme, doveva pur significare qualcosa, no?

Poi Frenchie dovette aprire quella boccaccia.

- Allora, Monsieur Charcutier, cosa hai organizzato per domani sera?

Butcher, chino insieme a Latte Materno sul fascicolo di un Super che aveva fatto particolarmente il cattivo, alzò infastidito lo sguardo verso il divano dove Frenchie e Kimiko erano stravaccati a guardare cartoni animati.

-Stiamo lavorando, Frenchie, cosa che anche tu e la tua ragazza dovreste fare, finché state qui.

Kimiko si limitò ad alzare il dito medio, mentre Frenchie sbuffò con allegria.

-Oh, andiamo, smettila di essere così brontolone. Vogliamo tutti sapere.

-Sapere che cosa? - sbottò Butcher esasperato.

Capì di aver detto qualcosa di sbagliato dal modo in cui il sorriso di Frenchie si congelò sulle sue labbra, Kimiko smise di guardare i Looney Tunes e si mise a osservarlo da sopra la spalliera del divano e Latte Materno mise da parte il fascicolo per rivolgergli uno sguardo incredulo ed esasperato.

-Ti sei dimenticato! - lo accusò, con voce tanto alta da farlo sobbalzare – Ti sei fottutamente dimenticato!

-La smettete di fare le fichette isteriche e mi dite che cazzo avete? - scattò Butcher, frustrato.

-Petite Hughie – disse Frenchie dopo un po', inclinando il capo – Domani è il vostro anniversario, no? Farai qualcosa?

Bucther si congelò, per un secondo. Nelle orecchie, quella fottuta canzone, a ricordargli che Hughie era materiale da quartieri alti.

-Che stronzata – brontolò infine, riprendendosi e dando le spalle a tutti quanti con la scusa di andarsi a prendere una birra in frigo – Non è roba per noi, comunque.

Latte Materno scoppiò in una risata sarcastica.

-Parla per te, forse. Hughie è dentro quella roba romantica fino al collo.

-E tu che ne sai? - scattò Bucther, stringendo la presa sulla birra senza voltarsi.

-Da chi pensi che l'abbia saputo che domani è il vostro anniversario, eh? Ne parla da due settimane!

-Fai anche un mese – si intromise Frenchie, in tono leggero.

Butcher si voltò a fissarli, incredulo.

-Perché cazzo dovrebbe parlarne con voi?

-Perché siamo suoi amici? - domandò Latte Materno, ironico.

-E perché dovrebbe importargliene così tanto di una fottuta convenzione sociale che non rappresenta per niente la nostra storia?

Kimiko si premette la mano sul cuore e poi indicò Butcher.

-Perché lui ti...

-Sì, grazie al cazzo Frenchie, non ho bisogno della traduzione – ringhiò Butcher, sempre più infastidito dalla loro intromissione. Aveva sempre protetto la relazione con Hughie, sin dal primo bacio incazzato e tutto denti che si erano scambiati. Era qualcosa solo loro, solo di Butcher. Ma, allo stesso tempo, non riusciva a liberarsi di quella vergognosa tenerezza che gli si infiltrava nel cuore al pensiero di Hughie che annunciava eccitato la data del loro anniversario.

Perché lui ti ama.

Frenchie sollevò le mani, con un sorrisetto consapevole che Butcher avrebbe tanto voluto cancellargli a suon di pugni.

-Butcher, il punto è che il ragazzo si aspetta qualcosa – intervenne Latte Materno, per poi trasformare la propria espressione in una disperata supplica – Ti prego, dimmi che riesci a pensare a qualcosa in circa ventiquattr'ore.

Kimiko indicò se stessa, poi Frenchie e Latte Materno.

-Buona idea, Mon Coeur. Possiamo aiutarti noi a organizzare qualcosa, Monsieur...

-No – lo interruppe Butcher, categorico – Nessuno mi aiuta a fare un cazzo. Ci penso io, va bene?

Gli sguardi allarmati che si scambiarono i suoi ragazzi non erano molto lusinghieri, ma Butcher se li aspettava.

Alla fine Latte Materno sospirò, tornando al suo fascicolo.

-Beh, la tua scelta, amico. Buon suicidio.

-Succhiamelo.

 

 

Butcher era sempre stato per l'approccio diretto, quindi quella sera lo disse e basta.

-Oi – borbottò, distogliendo immediatamente l'attenzione di Hughie dal polpettone e calamitandola su di sé – Ti ho preso una cosa.

Hughie inclinò il capo ed era così fottutamente carino e innocente che Butcher provava sentimenti contrastanti. Da una parte voleva soltanto rovesciare per terra tutta la merda sul tavolo, trascinarci sopra Hughie e scoparlo finché non avrebbe implorato pietà. Dall'altra, uptown girl gli risuonava malefica nelle orecchie e Butcher voleva solo allontanarsi dal ragazzo prima di rovinarlo del tutto.

-Mi hai preso una cosa? - ripeté Hughie, un piccolo sorriso che gli arricciava le labbra, fissandolo con gli occhi azzurri accesi di una luce affettuosa e divertita.

Adesso Butcher non provava più l'impulso di scoparselo sul tavolo, ma di trascinarselo in grembo e tenerlo stretto finché non si fosse convinto che era davvero lì, che Hughie era davvero suo, che era sul serio un bastardo fortunato. Un tempo si sarebbe vergognato di sentimenti così patetici, ma adesso si era abituato all'effetto che gli faceva Hughie. Era simile a quello che provava per Becca e allo stesso tempo completamente diverso. Era come diceva Kimiko. Mano sul cuore e dito puntato su Hughie.

Butcher lo amava, cazzo.

-Ti ho preso una cosa – ripeté, con un po' di sforzo – Per...la roba di domani.

Hughie lo fissò sorpreso per un istante, poi scoppiò a ridere.

-La “roba” sarebbe il nostro anniversario?

-Sai cosa intendo – brontolò Butcher, guardandolo in cagnesco quando Hughie rise di nuovo.

-Scusa, scusa. È dolce in realtà che tu mi abbia preso qualcosa – scosse la testa con un sorriso improvvisamente timido – Pensavo che ti saresti dimenticato.

La frase colpì Butcher come un pugno allo stomaco. Non sapeva neanche cosa lo feriva di più, il pensiero che Hughie non si aspettasse niente da lui, nemmeno il giorno del loro anniversario, oppure il fatto che avesse ragione a pensare che se lo sarebbe dimenticato.

Latte Materno aveva detto che Hughie si aspettava qualcosa. Era umiliante e destabilizzante realizzare che non era così.

Si schiarì la gola, cercando di riprendersi.

-No, non mi sono dimenticato. Anche se, tecnicamente, è più di un anno che mi stai attaccato al culo.

Hughie riprese a sorridere in maniera ampia e luminosa e Butcher si rilassò un po'.

-Lo so. Però questo è il nostro primo anno intero da coppia ufficiale. Sai... – gli rivolse uno sguardo furbo – Da quando ti sei tolto la testa dal culo, intendo.

Butcher roteò gli occhi, ma sorrideva.

-Quando ho ceduto per sfinimento, vorrai dire.

Hughie gli diede un calcetto giocoso sotto il tavolo.

-Te ne penti, forse?

Dopo tutti quegli anni, Butcher sapeva riconoscere la reale insicurezza dietro gli scherzi di Hughie. Ridivenne serio e lo fissò dritto negli occhi mentre si allungava sul tavolo per stringergli forte la mano che teneva accanto al tovagliolo.

-No, mai.

Hughie gli rivolse un sorriso dolce, stringendogli a sua volta la mano. Poi la sua espressione si fece di nuovo giocosa e petulante e Butcher gemette piano.

-Quuuuuindi. Mi hai preso una cosa, eh? Tipo un regalo?

Butcher gli rivolse uno sguardo di avvertimento.

-Sì. Ma l'avrai domani, quindi non rompere.

-Non mi dai nemmeno un indizio?

Butcher finse di pensarci su, tamburellando con le dita sul dorso della mano di Hughie.

-Vediamo. È lungo e grosso, ma non è la tua cosa preferita.

Hughie gli tirò un altro calcio, meno giocoso questa volta.

-Sei disgustoso.

Butcher scoppiò a ridere e tirò la mano di Hughie finché, dopo pochi istanti di finta resistenza, non si alzò e non lo raggiunse. Hughie si lasciò trascinare in grembo di buon grado, circondandogli il collo con le braccia con una familiarità data solo dall'abitudine. Butcher gli diede un bacio umido sulla guancia e, come previsto, l'espressione sdegnata di Hughie si sciolse in un sorriso.

-Anche io ho preso una cosa per te – sussurrò poi, appoggiando la testa sulla sua spalla e sistemandosi meglio tra le sue braccia – Spero che ti piaccia.

Butcher sorrise e appoggiò il mento sui ricci di Hughie.

-Mi piace, amore.

Hughie soffocò una risata contro la sua maglia.

-Non sai neanche cosa ti ho preso.

-Non importa. Sai che mi piacerà qualsiasi cosa che venga da te.

Hughie rimase silenzioso per un po'.

-Sai, a volte vorrei registrare le nostre conversazioni solo per dimostrare ad Annie che si sbaglia quando dice che non sei romantico.

Butcher sbuffò, stringendo un po' la presa intorno a Hughie.

-Come se me ne fottesse un cazzo di quello che pensa la tua fidanzata.

Hughie scoppiò a ridere.

-Ex fidanzata.

-Ci puoi scommettere.

Hughie si strinse di più a lui, Butcher sentiva i contorni del suo sorriso attraverso il cotone che gli ricopriva la spalla.

-Geloso.

-Fichetta.

Hughie rise di nuovo e Butcher si ritrovò obbligato a sollevargli il volto per poter divorargli quel sorriso da stronzetto petulante.

Quando alla fine rovesciò tutta la merda che c'era sul tavolo per poterci sdraiare Hughie, nessuno dei due ne fu particolarmente sorpreso.

 

 

-Hai gli occhi chiusi?

-Cristo, Hughie.

-Billy.

Butcher sbuffò.

-Sì, ho gli occhi fottutamente chiusi. Possiamo farla finita adesso?

-Allunga una mano.

Butcher inarcò un sopracciglio, interessato, gli occhi ben chiusi.

-Spero per te che sia una sorta di ricompensa per questa tortura.

-Butcher, giuro su dio che se non allunghi quella mano non ti lascerò scopare mai più.

Butcher allungò la cazzo di mano.

Qualcosa di freddo e leggero gli scivolò sul palmo.

-Okay, adesso puoi aprire gli occhi – esclamò Hughie, eccitato.

Butcher sbatté le palpebre mentre studiava la catenina che aveva in mano.

Buon anniversario, amore – mormorò Hughie, sedendosi accanto a lui sul letto ancora sfatto.

Butcher non rispose, mentre afferrava con due dita il ciondolo della collana. A prima vista sembrava una piastrina militare, ma era incisa.

In un elegante corsivo, c'era scritto “Oi. I fucking love you”.

Butcher sorrise, commosso, e sfiorò con reverenza le lettere con il pollice.

-Aprila! - lo esortò Hughie, eccitato come un bambino il giorno di Natale.

A un esame più attento, Butcher individuò la chiusura della medaglietta e la fece scattare. Dentro c'erano due piccole foto, una per lato.

La prima era un primo piano di Terrore e Butcher rise un po'. La seconda gli fece morire la risata in gola, mentre il cuore gli batteva più veloce.

Erano Hughie e Ryan abbracciati sotto lo sgangherato albero di Natale che Frenchie aveva rubato nessuno sapeva dove.

Butcher ricordava quella foto, perché l'aveva scattata lui solo qualche mese prima. Gli occhi di Ryan avevano catturato il flash e sembravano fanali di un auto e Hughie aveva gli occhi chiusi.

Era la foto più brutta del mondo, ma in qualche modo era la cosa più bella che Butcher avesse mai visto.

I suoi ragazzi.

Deglutì a disagio e strinse la presa sulla medaglietta, quando si rese conto che aveva un'umidità sospetta negli occhi.

In qualche modo, Hughie che appoggiava la testa sulla sua spalla non lo stava aiutando.

-Ho pensato che così potevi portarci sempre con te. Soprattutto Ryan. So che ti manca, quando è con Grace e non con noi – disse piano, con una voce cauta che a Butcher non piaceva, perché non era giusto che Hughie fosse cauto solo per il suo carattere di merda. Non quando era così meraviglioso.

Quando era così fottutamente roba da quartieri alti.

Butcher voltò la testa e lo fissò.

Hughie era così vicino che poteva contargli ogni fottuta lentiggine, poteva sentire l'odore del dentifricio alla menta che aveva usato e poteva vedere ogni singolo riccio ancora spettinato dal sonno.

Più brusco di quanto volesse essere, gli afferrò la nuca e se lo tirò contro per un bacio duro e affamato.

Hughie gli posò le mani sulle guance, delicato, e come placato, Butcher rallentò il bacio in un tenero sfiorarsi.

-Grazie – scandì sulle sue labbra, sincero e forte.

Hughie sorrise e posò la fronte contro la sua.

-Prego. Te la metto?

Butcher annuì e Hughie si raddrizzò per prendergli la catenina e fargliela scivolare delicato intorno al collo. Indugiò con la mano sul suo petto e Butcher la coprì con la sua, premendosi contro il cuore i contorni duri della medaglietta.

D'un tratto, Hughie sorrise, tutto denti.

-Ehi. E la mia cosa?

Butcher aggrottò la fronte.

-Cosa?

Gli occhi di Hughie erano increspati agli angoli dall'allegria.

-Avevi detto di avermi preso una cosa.

Butcher se lo era completamente scordato. E, a dirla tutta, aveva sperato che Hughie avesse fatto lo stesso.

-E se ti portassi a cena fuori invece? Ti piace quella merda romantica, no?

Hughie si scostò un po', la fronte aggrottata, e Bucther rimpianse subito la perdita di contatto.

-Avevi detto che mi avevi preso una cosa. Non era vero?

La domanda non uscì fuori come un'accusa, ma come una semplice curiosità, il tono di voce comprensivo e calmo fece sentire Butcher ancora più una merda.

-Non è all'altezza del tuo – borbottò, anche se quello che voleva davvero dire era altro.

Io, io non sono alla tua altezza.

-Non è una gara, Billy – mormorò Hughie in tono dolce, inclinando un po' il capo – Ricordi cosa mi hai detto ieri sera? Hai detto che avresti amato qualsiasi cosa che fosse venuta da me. Non pensi che per me sia lo stesso?

Butcher lo fissò frustrato per un istante, poi sbuffò.

-E va bene. Chiudi quei fottuti occhi, Hughie.

Hughie lo fece, non prima di averlo accecato con un sorriso enorme e vittorioso.

Butcher non era per niente sicuro di quello che stava facendo, mentre si alzava e si chinava ad afferrare quello che aveva nascosto sotto il letto. Fissò l'oggetto tra le sue mani per qualche istante, incerto, poi scrollò le spalle con un grugnito e lo scaraventò sulle mani tese di Hughie.

Hughie aggrottò la fronte, tastandolo alla cieca.

-Beh, è davvero lungo e duro. Se non fosse freddo, avrei davvero paura che il tuo regalo sia il tuo cazzo.

Butcher roteò gli occhi.

-Guarda e basta, Hughie.

Hughie aprì subito gli occhi, con un sorriso eccitato sul volto. Abbassò gli occhi sulle sue mani e Butcher osservò in silenzio la sua espressione passare dall'esaltazione alla confusione e, infine, al terrore.

-Ma che cazzo! - urlò e Butcher dovette allungarsi di scatto per evitare che la pistola cadesse per terra – Ma che cazzo, Butcher!

-Oi, attento – lo redarguì Butcher, senza guardarlo negli occhi – C'è la sicura, ma è sempre una fottuta pistola.

Sentì Hughie deglutire diverse volte.

-È...è vera? Mi hai regalato una pistola vera?

Butcher non rispose, pensava davvero che non ce ne fosse bisogno.

Se ne stava solo in piedi davanti al letto su cui era ancora seduto Hughie, gli occhi fissi sulla pistola, in attesa che Hughie realizzasse come quella relazione, come Butcher, non avrebbe mai portato niente di buono nella sua vita.

-Posso...ehm, posso tenerla? - chiese poi Hughie, esitante, ma più calmo.

Butcher sollevò di scatto gli occhi su di lui.

Hughie stava facendo un notevole sforzo per non dare di nuovo di matto, Butcher poteva dirlo, ma il fatto che fosse ancora lì e non fosse fuggito a gambe levate, scaldò il suo cuore forse anche più della catenina.

Con attenzione, rimise la pistola nelle mani di Hughie. Con il senno di poi, legare un fiocco rosso alla canna adesso gli sembrò l'idea più patetica e stupida del mondo.

-Beh – disse dopo un po' Hughie, passandosi la pistola da una mano all'altra come se scottasse – Sembra carina.

Butcher avrebbe riso, se l'intera situazione non fosse stata così umiliante.

-Non te l'ho regalata perché è carina.

-Ecco – esclamò Hughie, cercando il suo sguardo – Parliamo del perché hai pensato di regalarmi proprio una pistola.

Butcher si strinse nelle spalle, dondolando appena sui talloni.

-Per proteggerti. Se succede qualcosa e io non sono nei paraggi.

Hughie aggrottò la fronte.

-Sei sempre nei paraggi.

-Non sempre – mormorò Butcher amaro e, da come l'espressione di Hughie si era incupita, sapeva che anche lui stava pensando all'ultimo, finale scontro con Patriota.

Hughie si strofino il petto, dove Butcher sapeva trovarsi una cicatrice spessa che gli arrivava fino all'ombelico.

-Billy. Non è stata colpa tua. E una pistola in quel caso non avrebbe cambiato le cose.

-Ma magari avrebbe aiutato – ribatté Butcher, suonando un po' disperato alle sue stesse orecchie.

Lo sguardo di Hughie adesso era dolce come miele e Butcher voleva allo stesso tempo scappare e annegare in quegli occhi per sempre.

-Siediti accanto a me, per favore.

Butcher fece una smorfia indolente, ma fece come chiedeva. Hughie colmò immediatamente lo spazio che Buther aveva lasciato tra loro e gli afferrò una mano.

Lo fissò, finché Butcher non incrociò con riluttanza il suo sguardo, limpido e allo stesso tempo deciso.

-Ti amo, lo sai?

Butcher deglutì, la sua mano si contrasse in quella di Hughie.

-Sì – chiuse gli occhi e prese un forte respiro – Sai che è lo stesso per me, no? - domandò burbero.

-Sì – mormorò Hughie, accarezzandogli il dorso con il pollice.

Butcher aprì gli occhi e si sentì patetico e indifeso di fronte al sorriso di Hughie.

-Grazie per la pistola. La userò sempre.

Butcher aggrottò la fronte, allarmato, e Hughie scoppiò a ridere, appoggiando la testa contro la sua spalla.

-Scherzo. Cazzo, avresti dovuto vedere la tua faccia.

Butcher grugnì, ma circondò Hughie con un braccio.

-Vaffanculo, fichetta.

Hughie ridacchiò e gli abbracciò il busto.

-Non preoccuparti. Sono sicuro che non avrò davvero bisogno di usarla – gli baciò il petto, dove la medaglietta riposava – Non ho bisogno di altra protezione quando ho te.

Butcher non disse nulla, ma appoggiò il mento sui suoi capelli e lo strinse forte.

 

 

Per qualche giorno, Butcher non pensò più a come erano andate le cose al loro anniversario.

La sensazione di essere sbagliato per Hughie c'era sempre, ma era come un rumore di sottofondo: riusciva sempre a ignorarla.

Sapeva, però, che non avrebbe dovuto abbassare la guardia.

Non aveva davvero realizzato che Hughie sarebbe stato così stupido da portare quella pistola ovunque, finché, mentre si allungava per afferrare uno degli intrugli esplosivi di Frenchie dallo scaffale, non gli cadde dalla felpa.

Fissarono tutti la dannata cosa che rimbalzava sul pavimento fino a depositarsi con un suono metallico ai piedi di Frenchie.

Latte Materno fu il primo a recuperare l'uso della parola.

-Sei completamente fuori di testa?! - urlò, gesticolando fuori di sé verso Hughie – Perché cazzo tieni una fottuta pistola nei pantaloni?!

-In realtà era nella tasca... - cominciò Hughie, quasi offeso, ma si interruppe di fronte allo sguardo incazzato di Latte Materno.

-Merde – mormorò Frenchie, esaminando con cautela la pistola – È carica e tutto – Guardò Hughie con preoccupazione – Cosa volevi farci?

-Niente! - esclamò Hughie, esasperato – Perché siete così sconvolti, comunque? Vedo ciascuno di voi con qualsiasi tipo di arma ogni giorno e sono abbastanza sicuro che Frenchie non mi avesse appena chiesto di passargli dell'acqua minerale.

-È diverso! - protestò LM con veemenza – Tu sei diverso da noi. E quella – indicò con stizza la pistola tra le mani di Frenchie – Non è roba per te.

Kimiko annuì con forza, i grandi occhi pieni di preoccupazione mentre alternava lo sguardo dalla pistola a Hughie.

-E da quando non sarebbe roba per me? - esclamò Hughie, mettendosi le mani sui fianchi, in quel modo da mammina incazzata che di solito faceva sempre sorridere Butcher, ma non in quel momento – Ho affrontato la stessa merda che avete affrontato voi, ho fatto le stesse cose che avete fatto voi, per sopravvivere!

-Esatto! Per sopravvivere, Hughie. Adesso non c'è più bisogno che tu sia così coinvolto in questo mondo. Homelander è morto, noi gestiamo bene i super rimasti e non abbiamo una fottuta taglia sulla nostra testa!

-Ora basta – intervenne Butcher, che era rimasto silenzioso fino a quel momento, appoggiato con finta indifferenza alla finestra – Gliela ho data io, va bene? Smettete di fare le fichette.

LM si voltò verso di lui così di scatto che tutti gli sentirono scricchiolare il collo.

Butcher ricambiò il suo sguardo per quasi un minuto, prima che Frenchie si intromettesse.

-Hai dato una pistola carica a Petite Hughie?!

-Non sono petite! - protestò Hughie, ma tutti lo ignorarono.

-Perché la cosa non mi stupisce quanto dovrebbe stupirmi? - domandò LM, scrollando la testa.

Butcher si strinse nelle spalle.

-Immagino che sia perché sono uno stronzo e lo sappiamo tutti.

-Non è vero – esclamò Hughie, arrabbiato. Li guardò tutti uno per uno, il petto che si alzava e si abbassava furioso – Era il suo regalo di anniversario, va bene? E io lo adoro. Quindi smettete di trattarmi come un fottuto bambino e ridatemela!

Si avvicinò a Frenchie, ma l'uomo lanciò rapidamente la pistola a Kimiko, che la prese al volo. Hughie si voltò verso di lei, ma gli bastò un solo sguardo alla ragazza per capire che quella era una battaglia che non avrebbe vinto.

Hughie gemette.

-Sul serio?

Kimiko si limitò a indicare la pistola, poi Butcher e poi a scuotere il capo verso Hughie.

Butcher deglutì, il cuore che gli sprofondava fino allo stomaco.

Kimiko aveva ragione. Quella non era roba per Hughie. Butcher non era roba per Hughie.

-Davvero, Butcher? - domandò LM, esasperato – Un regalo di anniversario? E per la vostra luna di miele cosa gli regalerai, un fucile da caccia?

Butcher sentì la rabbia impossessarsi di lui e le parole gli uscirono di bocca prima che potesse davvero rifletterci.

-Come se volessi davvero sposare qualcuno dopo la mia Becca – sputò, tutto cattiveria, rancore e dolore.

LM lo fissò con disapprovazione e qualcosa che assomigliava in modo orribile alla pietà.

-Oh, andiamo Petite Hughie, non fare così!

Butcher si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Hughie che sfuggiva al tentativo di Frenchie di trattenerlo e si precipitava fuori dall'appartamento, proprio mentre Annie entrava, carica di buste di cibo.

-Hughie? - domandò perplessa, ma Hughie la ignorò e corse via, tutti sentirono le sue scarpe da ginnastica risuonare sulle scale.

Annie distolse lentamente lo sguardo dal punto in cui Hughie era sparito e li fissò uno a uno, fino a posare gli occhi sulla pistola tra le mani d Kimiko.

-Oh, insomma. Sono stata via letteralmente mezz'ora per prenderci il pranzo, cosa diavolo è successo?

Butcher non si diede pena di risponderle, né di aspettare che qualcuno lo facesse. Scattò in avanti e strappò la pistola a Kimiko, che non protestò, per qualunque strana ragione.

Nessuno disse niente mentre si precipitava fuori, correndo dietro a Hughie.

 

 

 

-Hughie! Hughie, cazzo, fermati un attimo!

Butcher riuscì ad afferrare il polso di Hughie e a trattenerlo prima che potesse attraversare la strada.

-Lasciami stare! - urlò Hughie, attirando su di loro l'attenzione di qualche passante.

Quando Butcher non gli lasciò andare il polso, cercò di colpirlo con la mano libera, ma Butcher la intercettò senza sforzo.

Si leccò le labbra, mentre si guardava intorno da sopra la spalla di Hughie.

-Ora, ora. Stai attirando l'attenzione, amore. Parliamone in un posto più privato, mh?

-Vaffanculo! - esclamò Hughie, divincolandosi dalla sua presa con più forza.

Spazientito, Butcher strinse più forte e si sentì subito male quando Hughie gemette di dolore.

-Signore?

Entrambi si voltarono al suono della voce timida, ma decisa.

Era una ragazza sui venticinque anni, piccola e tesa, ma guardava Hughie con una sorta di determinazione.

-Ha bisogno di aiuto, signore? La sta importunando?

Butcher aprì la bocca per dirle di andarsene a fanculo, ma Hughie lo anticipò.

-No, no, grazie. È il mio ragazzo, va tutto bene – si guardò intorno e ripeté più forte – Va tutto bene!

Il cuore di Butcher si riempì di nuovo di senso di colpa davanti alla consapevolezza che Hughie lo avrebbe sempre difeso, anche quando non se lo meritava affatto.

La ragazza non sembrava convinta, ma di fronte al sorriso rassicurante di Hughie non poté fare altro che ricambiarlo. Lanciò una breve occhiata sospetta a Butcher e si allontanò.

Butcher riportò lo sguardo su Hughie, allentando appena la presa sui suoi polsi.

-Ti lascio andare. Non fare la fichetta e ascoltami, okay? - domandò, brusco.

Hughie strinse le labbra, ma annuì.

Butcher lo lasciò andare subito e, anche se Hughie fu rapido a incrociare le braccia al petto, i suoi occhi catturarono le impronte rosse che le sue dita avevano lasciato sulla pelle dell'altro.

Il suo sguardo si indurì.

Non alla sua altezza.

-Mi dispiace, va bene? Sai come divento quando quei coglioni mi mettono all'angolo e mi fanno incazzare.

-Lo so – disse Hughie, arrabbiato ma leggermente più calmo – Questo non significa che debba andarmi bene quando dici qualcosa con il preciso intento di ferirmi.

Butcher si passò una mano sulla faccia, frustrato.

-Non volevo ferirti. Non ci ho pensato, va bene? Le parole sono solo uscite...

-Spontanee – completò Hughie per lui e sembrava più devastato che mai – Perché lo pensi, vero? Non sarò mai all'altezza di Becca per te.

Butcher era così sorpreso di come Hughie avesse completamente frainteso tutta la fottuta faccenda, che per un attimo non seppe cosa dire.

Poi i suoi occhi catturarono quelli lucidi di Hughie, del ragazzo che diceva di amare, e la sua espressione si fece di pietra.

Perché no? Era l'occasione che aspettava, dopotutto.

-Come potresti esserlo? - sputò, con un ghigno storto. Hughie trasalì e Butcher fece un grande sforzo per ignorarlo – Pensavi davvero, cosa, di averla sostituita?

Hughie scosse la testa e Butcher strinse forte i pugni davanti alle lacrime che cominciavano a scivolare sulle guance dell'altro.

-Certo che no – disse piano – Non posso e non voglio sostituirla, non sarebbe giusto. Proprio come tu non potresti mai sostituire Robin. Ma questa è la grande differenza tra me e te: se Robin mi camminasse davanti proprio in questo momento, io sarei felice, la abbraccerei, vorrei che fosse felice e in salute – il suo sguardo si fece feroce nonostante le lacrime – Ma sceglierei comunque te, Billy. Perché è te che amo, è te che voglio. Ma per te non è lo stesso, vero? Non sono io che voglio sostituire Becca, sei tu che mi hai reso una sorta di rimpiazzo momentaneo per lei.

Ogni osso del corpo di Billy faceva male, faceva male restare fermo e impassibile, quando avrebbe solo voluto scuoterlo e urlargli contro che non aveva capito un cazzo, di lui, di loro, di quello che significava Hughie per lui.

Invece, tirò fuori la pistola e la porse a Hughie, che si affrettò a prenderla e a nasconderla di nuovo nella felpa, guardandosi preoccupato intorno.

-Mi dispiace, ragazzo – disse, freddo e distaccato, il contrario di come si sentiva.

L'espressione di Hughie passò in modo rapido dall'essere confusa a consapevole.

-No. No, Butcher – mormorò, facendo un passo verso di lui e arrestandosi quando Butcher ne fece uno indietro, con uno sguardo di avvertimento sul volto.

Rimase a fissare il volto devastato di Hughie, ripetendosi che era meglio così.

-Starai meglio senza di me, te lo garantisco. Hai i ragazzi e, se vuoi, la pistola a proteggerti. Starai bene.

Gli occhi di Hughie lampeggiarono di odio, nonostante le lacrime.

-Vuoi dire che tu starai meglio senza di me.

-Sì, è fottutamente questo che volevo dire, va bene? - urlò Butcher, perdendo anche quel sottile brandello di pazienza che gli era rimasto – Ora levati dal cazzo!

Non pensava che Hughie avrebbe obbedito così facilmente, ma immaginava che tutte le persone avessero dei limiti.

E Butcher era sempre stato bravo a superarli, fino a farsi terra bruciata intorno.

 

 

Non era stata una sorpresa tornare a casa e non trovare più Hughie da nessuna parte, ma non era stato comunque piacevole.

-Non guardarmi così – brontolò, quando Terrore lo fissò giudicante dalla sua cuccia, la prima sera senza Hughie – È meglio così per lui.

Dirlo a Ryan, se possibile, era stato ancora peggio.

-Ehi campione – disse Butcher, sorridendo davanti alla webcam e sperando che Ryan non si accorgesse che era completamente sbronzo. Butcher aveva scoperto, con profondo scorno di LM, che bere almeno due bottiglie di Jack Daniel's lo aiutava a sopportare meglio tutto quanto.

-Ciao, Billy – sorrise Ryan, la sua immagine un po' sgranata in video-chiamata, ma non meno cara a Butcher -Come stai?

-Fottutamente bene, ragazzo. Tu come stai? Zia Grace ti tratta bene?

Ryan annuì, anche se sembrava un po' triste.

-Sì. Ma tu e Hughie mi mancate.

Butcher non disse niente, ma il cuore gli si contrasse.

Quello era stato più e più volte motivo di discussione con Hughie. Voleva che prendessero il ragazzo con loro, che lo crescessero come una famiglia. Butcher continuava a sostenere che Ryan sarebbe cresciuto molto meglio con Grace che con lui.

Hughie di solito scuoteva la testa, triste, ma lasciava sempre perdere, forse sapendo che era una delle poche battaglie che Butcher non gli avrebbe fatto vincere.

-A proposito – continuò Ryan, aggottando la fronte – Dove è Hughie?

Butcher meditò per un attimo se rifilargli qualche bugia a buon mercato, poi scosse la testa con un sospiro.

-Hughie è andato a stare per un po' da zia Annie.

Ryan spalancò gli occhi, sconvolto.

-Perché?

-Perché non vado bene per lui, okay? - scattò Butcher, maledicendo la decisione di accettare la chiamata di Ryan anche se aveva in corpo più alcol che sangue – E non vado bene per te, quindi smettila di chiamare.

Lo sguardo di Ryan si fece allarmato e addolorato insieme e Butcher non poteva sopportarlo, non un'altra volta.

Perché dovrei guardarti, quando sei il motivo per cui la mia Becca non c'è più?

-Billy...

Butcher chiuse il computer di scatto, poi prese la bottiglia mezza vuota di Jack Daniel's e la scaraventò contro il muro.

Terrore guaì, spaventato, ma Butcher lo ignorò e si diresse verso la sua camera da letto, con il preciso intento di svenire prima che potesse sentire la mancanza del calore di Hughie sul lato destro del materasso.

 

Quasi non sentì la chiamata di Annie quella notte.

Il telefono dovette squillare tre volte prima che riuscisse a gettare un braccio oltre le lenzuola e ad afferrare il telefono che vibrava furioso sul comodino.

-Oi – borbottò, stropicciandosi il volto con una mano – Spero che tu abbia una fottuta buona ragione per chiamare a quest'ora.

-Butcher, è Hughie – ansimò Annie, agitata, e Butcher si sedette immediatamente, sbattendo le palpebre fino a quando non gli sembrò di avere scacciato il sonno e l'ubriachezza del tutto -È in ospedale, vieni subito, per favore.

-Come cazzo è possibile che te lo affido per una fottuta settimana e finisce in ospedale, eh? - sbraitò Butcher, mentre tastava alla cieca sul pavimento alla ricerca di un paio di jeans, il cellulare premuto contro l'orecchio.

-Non è stata colpa mia! - protestò Annie e Butcher sapeva che la colpa era solo e unicamente sua, ma non poté evitare di sfogare la sua rabbia e il suo senso di colpa su di lei.

-Arrivo, cerca almeno di mantenerlo in vita per dieci fottuti minuti, d'accordo? - sbottò e chiuse la chiamata prima di sentire la risposta di Annie.

Quando arrivò in ospedale, trovò Annie nell'atrio, un giaccone buttato sopra il pigiama, i capelli raccolti in una coda bassa più trasandata del solito e il volto sfigurato dalla preoccupazione.

-Ehi – mormorò, avvicinandosi a lui con il cellulare in mano – Ho appena chiamato gli altri, stanno arrivando.

-Dov'è Hughie? - sbottò Butcher, a cui in quel momento non poteva fregare un cazzo di chi stava arrivando – Cosa è successo?

Annie scosse la testa.

-Non lo so. Stavamo guardando un film insieme, Matrix. Poi è diventato tutto strano durante la scena, sai, quella famosa, quella delle pillole. Si è alzato e ha detto che andava a fare due passi, ma continuava a non tornare, mi sono preoccupata e sono andata a cercarlo e ho trovato lui e un altro tizio sanguinanti e svenuti in un vicolo.

Butcher scosse la testa, sentiva il sangue pulsare nelle tempie in un modo che non lo stava rendendo lucido da quando Annie aveva menzionato il fottuto Matrix.

-Beh, non c'è un cazzo di dottore con cui parlare?

Annie scosse la testa, arrabbiata.

-Non mi dicono niente, perché non sono una parente o una congiunta – si morse il labbro – Per questo ti ho chiamato. Magari tu saresti riuscito a fartelo vedere.

-Ci puoi scommettere le tue chiappe luminose che ci riesco – ringhiò Butcher e la superò con ampie falcate.

-Oi! - sbraitò, al primo dottore che riuscì a intercettare – Sto cercando Hughie Campbell. Devono averlo portato qui.

Il dottore scrutò preoccupato l'aspetto di Billy, ma raddrizzò la schiena in una dimostrazione di coraggio che Butcher avrebbe ammirato, forse, in un'altra circostanza.

-Signore, come ho già detto alla sua amica, se non è un parente dovrà tornare domani durante l'orario di visita e...

-Sono un parente – sbottò Butcher e si strattonò la catenina fuori dalla maglietta. Aprì il medaglione e mostrò al dottore la foto di Hughie e Ryan abbracciati sotto l'albero di Natale.

-È mio marito e quello è il nostro fottuto ragazzo. È la mia famiglia, quindi me lo faccia vedere, cazzo.

Il dottore studiò per un attimo la foto, incerto.

-Dovrei chiederle un documento – iniziò, ma qualcosa nell'espressione di Butcher dovette convincerlo, perché rilasciò un profondo sospiro – E va bene. La porto da suo marito. Mi segua.

Butcher non se lo fece ripetere due volte. Prima di sparire dietro a un corridoio, si voltò e intercettò lo sguardo di Annie. Le strizzò l'occhio e lei gli rivolse un sorriso teso e sollevato insieme.

-Come sta? - domandò al dottore, mentre lo tallonava a una stretta distanza.

-È stabile, come può essere una persona che prende tre coltellate nel fianco e viene lasciata a sanguinare per chissà quanto tempo – Butcher strinse la mascella ed era quasi pronto a lasciare tutto e ad andare a trovare il bastardo che aveva fatto questo, quando il dottore aggiunse: - Sta comunque meglio dell'altro ragazzo.

-Cosa? - sbottò Butcher, distratto dai suoi piani di vendetta.

-La polizia lo ha identificato come un rapinatore che cercava da tempo. Seguiva persone sole di notte, le accoltellava e le derubava. Deve aver tentato di fare lo stesso con il suo Hughie – si lasciò scappare una risatina – Credo però che abbia trovato pane per i suoi denti.

-La pistola – mormorò Butcher, poi, più forte: - Gli ha sparato?

Il dottore lo guardò, confuso.

-Mh, no. Suo marito aveva una pistola però. L'ha usata per picchiare il suo aggressore sulla tempia fino a farlo svenire. Gli ha dato una dannata commozione cerebrale.

-Aveva una pistola e l'ha usata per picchiare questo stronzo sulla tempia – ripeté Butcher, incredulo, poi scoppiò a ridere.

Il dottore gli gettò un'occhiata in tralice, chiaramente preoccupato per la sua salute mentale, ma Butcher rise solo più forte.

-Quel fottuto stronzetto – sospirò una risata e posò una mano pesante sulla spalla del dottore, ignorandolo quando trasalì – Mi porti da lui, d'accordo?

 

 

Butcher aveva cominciato ad assopirsi, ma scattò subito seduto non appena percepì Hughie lamentarsi e muoversi.

-Oi – mormorò, sporgendosi verso di lui e prendendogli con infinita delicatezza la mano che non era stata infilzata dall'ago per la flebo – Piano, amore, o ti scollegherai da tutta questa diavoleria.

-Mmmmh – Hughie voltò la testa verso di lui, gli occhi ancora chiusi – Billy?

Butcher gli strinse la mano, sentendosi patetico da quanto fosse sollevato nel sentire la sua voce.

-Proprio io. Come ti senti?

Hughie impiegò qualche istante ad aprire gli occhi e Butcher non poté fare a meno di sorridere davanti a quell'azzurro. Hughie aggrottò la fronte e Butcher perse un po' il sorriso e si sporse verso di lui, ispezionandolo come una dannata mamma chioccia.

-Che c'è? Ti fa male qualcosa? Devo chiamare un dottore? Oi, rispondimi, cazzo.

-Dov'è la mia pistola? - domandò invece Hughie, preoccupato, e Butcher lo fissò incredulo per un istante, poi scoppiò a ridere.

-Porca puttana – mormorò tra le risate e si piegò sul letto di Hughie fino a posargli la fronte sulla spalla – Mi farai morire, ragazzo, te lo giuro.

-Era un tuo regalo – protestò Hughie, petulante – Dov'è?

-Non lo so dov'è la fottuta pistola, okay? - sospirò Butcher, sollevandosi per poter incrociare l'espressione contrariata di Hughie – E, sinceramente, non me ne fotte un cazzo. Te ne comprerò altre cinque a Natale, se vuoi. Mi importa solo che tu stia bene.

Hughie si morse un labbro, l'espressione un po' colpevole, e ricambiò la stretta di Butcher alla sua mano.

-Scusa. Non volevo fare preoccupare te o Annie. Mi dispiace che ti abbia dovuto chiamare.

Butcher ingoiò il dolore che gli aveva provocato quella frase, conscio che tutto questo era solo colpa sua, perché a quanto pareva non poteva fare a meno di ferire chi amava.

-Perché cazzo sei uscito di notte da solo? - sbottò invece, scegliendo come al solito di andare sul pratico.

Se ne pentì quando vide l'espressione di Hughie chiudersi. Tentò di ritrarre la mano, ma Butcher la trattenne con forza e, dopo un debole tentativo, Hughie si arrese.

-E a te cosa importa di quello che faccio? - sollevò il mento con arroganza e Butcher voleva scrollarlo e baciarlo allo stesso tempo – Hai messo in chiaro che saresti stato meglio senza di me.

-Hughie – mormorò Butcher, mortalmente serio, chinandosi ancora di più su di lui – Sono qui, seduto al tuo capezzale come una fottuta vedova e stavo per uscire di testa quando Annie mi ha chiamato. In quale fottuto modo puoi credere che quello che ti ho detto quel giorno fosse vero?

Hughie lo fissò con occhi febbrili per lunghi istanti, poi liberò un singhiozzo che era insieme di sollievo e di rabbia.

-Tu, fottuto stronzo. Hai idea di come mi hai fatto stare?

-Shhh – mormorò Butcher, burbero, attirandolo contro di sé con tutta la delicatezza che riusciva a racimolare in quel momento – Va tutto bene. Sono qui, okay?

Hughie si aggrappò forte a lui, nascondendo il viso bagnato di lacrime nell'incavo della sua spalla.

-Non mi mandare via più – lo pregò Hughie, una sorta di feroce disperazione che impregnava le sue parole – Giuramelo, cazzo.

Butcher sospirò, continuando a stringerlo a sé.

-Te lo giuro, amore.

Hughie sembrò placarsi a quella promessa. Tirò due volte su con il naso e poi si staccò da Butcher. Billy lo lasciò andare, un po' riluttante. Hughie si appoggiò contro i cuscini, strofinandosi gli occhi rossi con le mani.

Butcher lo fissò per un po' e pensò, proprio in quel momento pensò: poteva morire per colpa di un fottuto stronzo e sarebbe morto pensando che per te non era abbastanza, solo perché non era Becca.

-Oi – mormorò e sorrise un po' quando gli occhi di Hughie furono subito nei suoi, arrossati, ma calmi e dolci – Ti amo, va bene? Ti amo fottutamente tanto. Sai come sono entrato qui dentro? Ho detto a quello stronzo di dottore che eri mio marito e che Ryan era nostro figlio. Vuoi sapere la cosa più assurda? Non mi è sembrata nemmeno una bugia, quando l'ho detto. Mi è sembrato...solo giusto, cazzo. E quello che hai detto l'altro giorno, di Robin, del fatto che sceglieresti me anche se lei varcasse quella fottuta porta adesso...beh, vale anche per me.

Gli occhi di Hughie si riempirono di nuove lacrime e Butcher si sarebbe sentito in colpa, se Hughie non gli avesse sorriso nel modo in cui gli sorrideva.

-Non capisco però – sussurrò poi Hughie, perdendo un po' il sorriso e inclinando il capo – Perché ti sei comportato da stronzo, allora? E non si tratta solo di quello che è successo in ufficio – aggiunse velocemente, prima che Butcher potesse parlare – Sei stato strano da un po', dal nostro anniversario.

Butcher sospirò e abbassò gli occhi sulle sue ginocchia.

-Billy? - lo incalzò Hughie, preoccupato.

Butcher incrociò le braccia al petto, sempre senza guardare Hughie.

-È quella fottuta canzone – brontolò infine.

-La canzone? - domandò Hughie, confuso.

Butcher sospirò di nuovo e alzò lo sguardo su di lui.

-Quella che ascolti sempre, cazzo. Quella sulla fottuta ragazza ricca e dello sfigato poveraccio che vuole conquistarla.

Per un momento Hughie sembrò ancora più confuso, poi la sua espressione si rischiarò con la comprensione.

-Ah, intendi uptown girl – aggrottò la fronte – Cosa c'entra la canzone di Billy Joel?

-Mi sento un po' come se tu fossi la ragazza della canzone – confessò Butcher, parlando con lentezza e reggendo lo sguardo di Hughie con una certa difficoltà – Un po' troppo perfetta per uno stronzo come me.

Hughie lo fissò incredulo per un lungo istante.

-Fammi capire – disse infine, con esasperazione e un pizzico di rabbia – Per tutto questo tempo, sentivi di non meritarmi e invece di parlarmene hai preferito farmi credere che non ti importasse niente di me?

-Hughie, non riesco nemmeno a farti un regalo decente per il nostro anniversario – ringhiò Butcher, frustrato – Ti ho fatto piangere più volte in una sola fottuta settimana che chiunque altro in un anno e hai dovuto essere mezzo morto per sentirmi dire quello che davvero sento per te. Pensavo che l'unico modo per lasciarti trovare qualcuno che ti meriti fosse allontanarti da me.

-Non voglio qualcuno che mi meriti – sbottò Hughie – E chi cazzo ha deciso che tu non mi meriti? Sei uno stronzo e un coglione, ma nessuno più di te merita il mio amore, Billy.

Billy sorrise un po', ma divenne una smorfia quando lo sguardo gli cadde sulle macchina a cui Hughie era attaccato.

-Continuerò a ferirti, Hughie. E tu continuerai a incassare e a rimanere accanto a me, perché sei così fottutamente leale.

-Ehi – esclamò Hughie, sporgendosi verso di lui con così tanta veemenza che Butcher fu costretto ad avvicinarsi per evitare che si staccasse da qualcosa – Sono più tosto di quel che credi – sorrise un po', accarezzando piano una guancia di Billy, che chiuse gli occhi e sovrappose la mano alla sua – Ho praticamente scassato il cranio di quel tipo con una fottuta pistola – Butcher sbuffò una risata e Hughie gli circondò anche l'altra guancia -Se mi ferirai, io ti dirò che sei un coglione, litigheremo, ti scuserai e faremo pace. Perché è così che si fa quando ci si ama.

Butcher non rispose, ma aprì gli occhi e si sporse verso Hughie per un bacio bisognoso. Hughie gemette, appendendosi con forza ai capelli di Butcher.

Billy fece durare il bacio il più a lungo possibile, staccandosi con delicatezza solo quando Hughie gli sembrò un po' a corto di fiato.

Sorrise davanti all'espressione contrariata dell'altro e gli diede un colpetto affettuoso sulla spalla.

-Fammi spazio, fichetta.

Hughie obbedì con entusiasmo, facendosi da parte in modo che Butcher potesse stendersi sul letto accanto a lui. La testa di Hughie finì subito sulla sua spalla e Butcher gli circondò con delicatezza le spalle, attento a non stringerlo troppo forte.

Voltò la testa e gli sfiorò con le labbra la tempia.

-Temo di aver fatto un casino con Ryan – sussurrò.

Hughie si limitò a sospirare, mentre abbracciava lo stomaco di Billy e affondava il volto sul suo petto.

-Va bene. Lo sistemeremo. Fidati di me.

Butcher sorrise.

-Mh, mi fido – gli baciò i capelli arruffati – Se mi perdonerà, potremmo farlo a venire a stare da noi per un po', che dici?

Sentì il sorriso di Hughie contro la sua maglietta e si sentì il bastardo più fottutamente fortunato del pianeta.

E non gliene fregava un cazzo, in quel momento, se lo meritava o no.

Probabilmente no, ma finché Hughie fosse stato più felice con lui che senza di lui, Butcher non avrebbe mollato la presa.

D'altronde, glielo aveva promesso.

-Mi piacerebbe – sussurrò Hughie, la voce impastata dal sonno, accoccolandosi di più contro di lui.

Butcher sorrise ancora di più.

-Bene. Adesso dormi – la sua voce si fece appena più aspra, quando aggiunse: -Parleremo dopo del fottuto modo di usare una pistola ed evitare di finire accoltellato, mh?

Hughie si limitò a ridacchiare e Butcher sospirò, aggiustò la presa intorno a lui e chiuse gli occhi.

 

 

ANGOLINO

 

Non c'è molto da dire, se non che loro sono la mia nuova ossessione e li amo alla follia. Questa è comunque tutta colpa tua, Giuls, che me li hai fatti scoprire (scherzo, ti amo. E amo anche Rach <3).

Spero che vi sia piaciuta!

Un bacio grande a tutti.

Fede <3

 

 

  
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