PROLOGO
Dalle «Memorie»
di Hiccup Horrendus Haddock
III,
sovrano delle Terre Selvagge dell’Ovest
e Signore dei Draghi
Isola del Domani,
Terre Selvagge dell’Ovest,
Arcipelago Barbarico
Sunnudagr*,
estate dell’Anno Domini 423
Lo
scalpitare d’ali delle creature del cielo si ripercuote ancora nel petto come
un richiamo primordiale.
L’antico
riverbero dei feroci sovrani dell’aria, predatori delle foreste oscure, pirati
degli abissi marini.
Riprendo in
mano questo libro solo adesso, al lume di una candela sul tavolo della mia
stanza. La luna è piena, stanotte. C’è silenzio. Tutto tace e riposa. Mi sono alzato
dal letto poco fa, ho camminato avanti e indietro, mi sono seduto sul davanzale
per riprendere sonno, ma non ne sono capace. Non con questo senso di potenza,
euforica leggerezza che mi tiene sveglio e che è tornato dopo anni a premere
nel sangue.
Ho sognato
di volare.
Sono
rientrato un mese fa dalla mia ultima avventura — le responsabilità e l’impegno
nelle mansioni del regno non sono bastati a reprimere la voglia di viaggiare.
Mosso dall’ossessione della scoperta e dalla mia frenetica e instancabile
curiosità, ho cominciato, molto tempo fa, a varcare i confini dell’Arcipelago.
Mi sono spinto a sud-ovest, fino alle coste della Caledonia* e negli anni
successivi ho scandagliato le falesie e i porti della Valentia e, oltre il
Vallo, la Britannia.
Molti legionari
hanno abbandonato i loro possedimenti, lasciando la Grande Isola a un convivio
di lingue e culture e a un campo di battaglia, meta dell’esodo dei popoli
conquistatori.
Ho visto le
possenti mura di Londinium* stagliarsi contro la
nebbia, le chiese e le strade di Durovernum*,
costruite sotto il segno di Roma. Ho udito il silenzio delle preghiere dei
monaci, le voci dei dialetti gaelici, le storie degli anziani woad* sulle gesta dei loro antenati. Ho bevuto dai calici d’argento
con i nobiles della società sassone,
ho salpato per le onde del Mare Germanico, alla vista delle navi dei pirati
frisoni*, fino a raggiungere le coste nord della Gallia.
Ma il
viaggio non dura per sempre, e col passare degli anni la fatica aumenta. Le
mani si intorpidiscono, la pelle raggrinzisce e si macchia, la barba diventa
bianca.
Sono
vecchio. Queste gambe avvizzite non sono più quelle di una volta.
Torno spesso
a Berk a trovare i vecchi amici, e camminando per le vie del villaggio cerco di
immaginare quel chiasso che un tempo si scatenava tra i picchi rocciosi, sui
tetti delle capanne, sulle vele delle langskip*.
E mentre
percorro i corridoi di pietra di questo castello, costruito e poi abbandonato
dal mio antenato Grimbeard* detto «il Terribile»,
dove s’insediò come capo del regno delle Terre Selvagge occidentali, guardo
passare gli ultimi anni. È bello vedere che tutto il lavoro per ricostruire il
regno ha dato i suoi frutti e ha portato l’armonia tra uomini e draghi. L’Isola
del Domani è un sogno realizzato: rovine di antichi relitti che giacciono tra
le scogliere lontane, bambini che giocano nei campi d’orzo, spiagge improntate
dai piedi scalzi dei druidi che spiovono sulla bassa marea, le voci delle
feste, i banchetti, i bardi che narrano le gesta dei grandi guerrieri.
Non si
avvistano da molto tempo. Stanno scomparendo, senza lasciare tracce della loro
esistenza. La gente comincia ad avere dubbi sul fatto che siano realmente
esistiti. Sente gelare il sangue all’udire racconti su creature grandi come
montagne, con sei occhi e denti lunghi come lance, capaci di incenerire un
villaggio con un solo sbuffo.
Il ricordo
perdura nella memoria dei pochi Cavalieri rimasti e vive ancora nelle poesie
dei cantori che ne parlano come fossero miti e leggende.
Io ho volato
con loro. Ho toccato il cielo con le mani. Ho visto le cose del mondo diventare
piccole. Ho combattuto col fuoco e con gli artigli. Ho goduto dell’amicizia più
bella che avessi mai potuto avere.
Se ne sono
andati come se ne vanno gli attimi della vita. Mi chiedo chi abbia voluto la
loro scomparsa. Forse era previsto nel ciclo della natura, continua produzione
e distruzione delle cose, in questo mondo che si conserva di morti e di
nascite, di autunni e primavere, di albe e tramonti. O forse è tutta opera dell’inesorabile,
indifferente scorrere del tempo.
Le cose
cambiano, si cancellano e cadono nell’oblio. Per questo vanno ricordate.
Sfoglio
queste pagine e ho voglia di ripercorrere il cammino che ho affrontato ai miei
vent’anni. Quando sono entrato per la prima volta in mondi sconosciuti; quando
ho incontrato l’amore e ho combattuto sui monti di Villainy*.
Quando
esploravo ogni angolo dell’Arcipelago e dormivo sotto le stelle, sulle cime
delle scogliere.
Quando
risuonava alto, dalle Terre Orientali, il pianto dei Draghi.
Sunnudagr: «domenica»,
nella lingua norrena.
Caledonia: nome latino del territorio a nord della Britannia romana
che corrisponde, in gran parte, all’odierna Scozia.
Londinium: nome
latino dell’odierna Londra. Fondata dagli antichi Romani a metà del I secolo,
era famosa per le sue mura difensive (una delle più importanti opere di
costruzione realizzate in Britannia).
Durovernum: città
fortificata della Britannia romana, oggi nota come Canterbury.
Woad: il termine si riferisce alla popolazione dei
Britanni (in particolare la tribù dei Pitti). Il nome woad fa
riferimento alla pianta del guado (Isatis tinctoria) che questo popolo usava per dipingersi
durante le battaglie.
Frisoni: popolazione germanica che nel V secolo, insieme ai
Sassoni, si diede alla pirateria nel Mare del Nord, fino alle coste
britanniche.
Langskip: letteralmente
«lunghe navi», erano le imbarcazioni utilizzate dai Vichinghi per scopi
militari.
Grimbeard: Grimbeard il Terribile (Grimbeard
the Ghastly) è citato nei libri di Cressida
Cowell come il leggendario antenato di Hiccup Horrendus Haddock III. Fu fondatore di un regno sull’Isola
del Domani (Island of Tomorrow) e della profezia degli Oggetti Perduti (King’s Lost Things):
chi li avesse trovati e portati sull’isola, sarebbe divenuto il nuovo re dell’Arcipelago.
Villainy: isola
citata nei libri e collocata nella parte meridionale dell’Arcipelago Barbarico,
a nord di Hysteria.