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Autore: Severa Crouch    08/04/2023    4 recensioni
Questa storia partecipa alla challenge di scrittura “Torneo Tremaghi, Harry Potter edition” indetto dal gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”.
In un universo in cui Roland Lestrange e i suoi fratelli, Roddie e Rabastan, sono cresciuti in Francia con i cugini Philomène e Cyrille e hanno frequentato l'Académie de Magie de Beauxbâtons, l’arrivo del Torneo Tremaghi offre loro la possibilità di andare in Inghilterra e conoscere Hogwarts, la scuola di magia frequentata dai loro genitori. Come sarà il ritorno in Inghilterra dopo la caduta di Lord Voldemort?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Lestrange, Nuova generazione di streghe e maghi
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 5 - Seguire il filo - pt. 2



Sbatté gli occhi e un senso di angoscia lo assalì. Era ancora in un condotto fognario. Afferrò lo specchio con le mani che gli tremavano, in preda all’ansia di non riuscire più a uscire. Roland era certo che se quel frammento di vetro fosse caduto e si fosse frantumato, lui sarebbe impazzito. 

Doveva respirare. 

Forse allo scadere del tempo lo avrebbero fatto uscire, forse si sarebbe risvegliato nella sua stanza, ma al pensiero di dover passare quasi un’ora in quel posto, sentì la nausea assalirlo. 

“Ragazzi! Sono ancora qui dentro!” 

“Continua a salire,” gli disse Roddie, “sembrano essere più livelli, forse tre.” 

Roland cercò di guardarsi intorno, l’oscurità gli rendeva difficile orientarsi e impiegò un po’ di tempo prima di trovare le scale e riprendere a salire. Era stanco e ogni gradino gli sembrava una tortura. Le braccia erano piene dei morsi degli Chizpurfle e persino il ricordo dell’Avvincino sulla mano e intorno al polso gli faceva malissimo. Ciò che lo motivava era il pensiero dell’aria fresca e di una doccia calda. 

Aprì l’ultima botola, pronto a inspirare l’aria fresca della scuola e tutto quello che sentì fu un terribile tanfo di letame. “Dannazione!” esclamò mentre si tirava su e compariva nel retro di quella che doveva essere la serra di Erbologia. Il professor Longbottom sussultò nel vederlo emergere, strinse la mascella come per prepararsi a dire qualcosa ma fu superato dalla preside di Hogwarts che arrivò insieme a Madame Maxime, più sorridente che mai. 

“Complimenti, Beauxbatons! Signor Lestrange, è il primo ad essere uscito.”

“Eccellente, Roland! Eccellente!” Madame Maxime sembrava molto entusiasta e Roland si disse che forse era riuscito a rimediare alla prova disastrosa di Roddie. I Lestrange, dopo tutto, sapevano cavarsela anche senza bacchetta. Sorrise quando vide arrivare i suoi compagni di squadra che gli stavano andando incontro, felici di rivederlo. Roddie era più avanti di Philomène ma, non appena sentì il suo terribile odore, si fermò di soprassalto al punto che Philomène gli finì addosso. “Ci salutiamo dopo la doccia,” li anticipò Roland mentre si dirigeva nella tenda dei campioni. 

Sotto l’acqua calda e profumata, si strofinò a fondo, cercando di eliminare ogni traccia dello schifo che aveva invaso ogni parte del suo corpo. Bevve copiosamente l’acqua della doccia e riempì le narici del bagnoschiuma al talco, quello che sapeva di casa e pulito più di tutto. Ripensò a suo padre, all’espressione sorpresa e orgogliosa che avrebbe avuto quando gli avrebbe raccontato della prova e dell’incontro con quello strano fantasma. 

Quel viaggio in Inghilterra, in qualche modo, era come un labirinto in cui il filo del passato della sua famiglia si stava srotolando e gli stava mostrando molte cose sui suoi genitori. 

Indossò l’uniforme cerulea della sua Accademia e raggiunse Roddie e Philomène che lo attendevano nella tenda dei campioni in compagnia di Rabastan e Cyrille. Era stato allestito un tavolo con un ricco buffet di stuzzichini. Sentì il profumino di alcuni panini farciti e si ricordò di essere a stomaco vuoto. Rabastan, con la sua voracità, stava saccheggiando il piatto con i croissant salati che, per fortuna, continuavano a ricomparire. 

“Potrei mangiarne all’infinito,” gli disse non appena si accorse di essere osservato.

“Non credo che sia una scelta saggia,” scherzò Roland mentre prendeva un piattino con solo qualche tramezzino con il formaggio spalmabile e i cetriolini. Lo addentò e pensò che erano proprio come quelli che sua mamma faceva preparare per i pic-nic in spiaggia. 

“Signor Lestrange, venga qua.” 

Una donna burbera, con la divisa da infermiera, lo prese in disparte e controllò lo stato delle sue braccia; praticò degli incantesimi curativi che riportarono le braccia al loro stato originario, eliminando i segni delle strette dell’Avvincino e dei pizzichi dei Chizpurfle. Come ricordo di quell’avventura nell’impianto idrico rimase solo il segno di un lieve indolenzimento. 

“Non faccia sforzi e domani sarà come nuovo.”

Roland annuì e la ringraziò. Si sistemò su una comoda poltrona, circondato dai suoi compagni di Accademia e raccontò loro come si era sentito smarrito lì sotto e, proprio mentre raccontava i dettagli della sua avventura e avvertiva di nuovo quel senso di impotenza, la sua mano corse a cercare la bacchetta. Sorrise nel ritrovarla al suo posto, nella tasca della sua uniforme. Dalla punta della bacchetta uscirono delle scintille rosse e Roland le disse dolcemente: “Anche tu mi sei mancata…”

Philomène sedeva accanto a lui, sul bracciolo della poltrona, e gli cingeva le spalle con un braccio, mentre le dita di sua cugina passavano tra i capelli. Doveva essersi spaventata. Roland appoggiò la testa contro il fianco di Philomène e si lasciò accarezzare, persino Roddie gli si era attaccato.

“Hai avuto paura?” domandò Roland.

“Un po’ ma soprattutto tanta rabbia. Non so che mi succede, ma da quando sono arrivato in questo posto continuo ad essere arrabbiato.”

“Non ha senso, non ci hanno fatto niente.”

“Stanno distruggendo il mondo magico! Tutto quello che vediamo da quando siamo in Inghilterra è… sbagliato! Io volevo vedere la scuola della mamma, ma qui è terribile!”

“Lo sai, però, che la mamma non ha un bel ricordo degli anni di scuola, ed è il motivo per cui lei e papà hanno deciso di rimanere in Francia. Beauxbatons è la nostra casa, qui non c’è niente per noi, se non macerie e ricordi di un passato che è meglio lasciarsi alle spalle.”

“Roland ha ragione,” intervenne Philomène. Si voltò verso la cugina, grato dell’intervento. Philomène si fermò una ciocca bionda dietro l’orecchio e sospirò prima di iniziare il proprio ragionamento: “Sono secoli che i Purosangue devono confrontarsi con i sostenitori dell’integrazione con i Babbani. Le nostre tradizioni non possono essere decise dalle sorti della guerra. Lo sai che le idee non muoiono mai.”

Roland annuì, si stiracchiò sulla poltrona e passò nervosamente la mano lungo la coscia. In quel momento si accorse che qualcosa era comparso nella sua tasca. Forse anche gli altri concorrenti avevano terminato la prova. Estrasse un foglio di pergamena piegato in quattro e lo porse a Philomène.

“Che cos’è?” 

“Il prossimo indizio, suppongo.”

***
 

“Mio caro Roland, 

io e la mamma seguiamo l’andamento del torneo sulle pagine della Gazzetta del Profeta e attraverso la “Gazzetta di Rabastan” che, nelle sue lettere, non manca mai di fare una cronaca molto dettagliata degli eventi. Le lettere di Roddie ci stanno illuminando sul clima che state vivendo e ci confermano, ancora una volta, di aver fatto bene a rimanere in Francia. 

Suppongo che il fantasma che ti ha raccontato della mia avventura nei condotti idrici della scuola fosse Mirtilla, una ragazzina drammaticamente morta a scuola, ai tempi in cui tuo nonno Roland frequentava Hogwarts, pare che fosse coinvolta nell’apertura della Camera dei Segreti. 

Avevo proprio la tua età e l’anno successivo avrei dovuto intraprendere il mio percorso da Mangiamorte. Avevo intenzione di farmi notare dal Signore Oscuro e avevo saputo da Bellatrix che era venuto a scuola per chiedere di poter insegnare Difesa contro le Arti Oscure. Oh, sarebbe stato un insegnante meraviglioso! Ancora oggi, molte delle mie conoscenze e il metodo di studio lo devo ai suoi insegnamenti. Era un mago grandioso, come ne nascono pochi al mondo, al punto che i grandi maghi odierni impallidiscono per abilità magiche al suo cospetto. 

Ad ogni modo, gli rivelai che avevo scoperto un passaggio segreto, attraverso le tubature, andai a incontrarlo, ai margini del Lago Nero, lo guidai dentro la scuola. Non so cosa dovesse fare, ma era molto importante per lui. Ricordo che nel tentativo di arrivare al passaggio segreto persi la bacchetta, ma riuscii lo stesso a orientarmi.

Purtroppo, mentre tornavo in sala comune venni fermato dal professor Silente in persona, era su tutte le furie. Minacciò di espellermi da scuola e solo la mediazione del professor Lumacorno lo convinse a farmi finire l’anno. Dentro di me, però, ero orgoglioso di aver reso un servigio al Signore Oscuro. Non appena presi i M.A.G.O., mi ricompensò ed entrai nella sua cerchia ristretta e fui in grado di essere istruito da lui in persona e scalare le posizioni fino a diventare il suo braccio destro. Dopo la fine della guerra, quando la mamma lesse il rapporto di Potter, pare che il Signore Oscuro quella notte abbia nascosto il Diadema di Corvonero in una stanza magica della scuola. Abbiamo impiegato molti anni e attraversato ingenti sofferenze per arrivare a capire che la Causa dei Purosangue era solo un pretesto per accumulare potere. Abbiamo creduto alle sue parole, affascinati dalla prospettiva di un mondo magico che seguisse il filo delle nostre tradizioni, abbagliati dalla sua grandezza, e siamo stati traditi.

Ogni famiglia Purosangue è andata avanti, a modo proprio, è inutile fare paragoni tra le scelte di ciascuna famiglia. Abbiamo scelto di ritornare in Francia ed essere liberi di darvi un insegnamento completo, senza i dogmi che affliggono la società inglese e farvi vivere da Purosangue senza compromessi, per noi era importante riuscire a trasmettervi le nostre tradizioni. 

La mamma ed io siamo contenti che tu voglia conoscerci meglio, che le tue radici ti incuriosiscano, e hai ragione nel dire che nel passato ci sono i segni per decifrare il futuro, ma questo è solo nelle tue mani: sarai tu a decidere un giorno quale sarà la posizione dei Lestrange, quando prenderai sulle tue spalle l’eredità della famiglia. Se vorrai tornare in Inghilterra, avrai tutti gli strumenti per farlo. Dopo tutto, lo ha già fatto Radolphus Lestrange, non vedo perché tu non possa farlo! Sono certo che saprai soppesare i pro e i contro di ogni decisione, sei molto giudizioso.

Fino ad allora, continua ad essere il meraviglioso giovane e talentuoso mago che sei e che ci sta rendendo molto orgogliosi. Veglia sui tuoi fratelli, non ti nascondo che siamo molto preoccupati per Roddie.

Con affetto,

Papà

 

Roland ripiegò la pergamena che Antares II, il nuovo gufo della mamma, gli aveva recapitato. Sorrise mentre infilava la lettera all’interno del suo taccuino, asciugò una lacrima di commozione al pensiero di quanto gli mancasse la presenza di suo padre e quel senso di sicurezza che sapeva trasmettergli. 

Si alzò dal muretto nel cortile di Hogwarts in cui si era nascosto per poter leggere in tranquillità. Sperò di riuscire a tornare verso l’Atrio e poi dirigersi verso la carrozza dell’Accademia dove i suoi fratelli e i cugini lo attendevano prima di cena.

“Ti sei perso?”

Lucile Dolohov era comparsa con i suoi splendidi occhi azzurri incorniciati da una cascata di capelli biondi. 

“Forse,” ammise, dicendosi di non avere idea della strada da percorrere per tornare indietro. Aveva camminato fino a quel cortile con lo sguardo fisso sulla pergamena, alla ricerca di un posto tranquillo in cui leggere e non aveva fatto caso al percorso.

“Mi stavi seguendo?” Roland era diventato diffidente, quel riferimento al modo in cui ogni famiglia Purosangue era andata avanti a modo proprio, lo metteva all’erta. 

“No, stavo andando in biblioteca a prendere un libro,” gli rivelò mostrando l’ingresso della biblioteca. Roland sorrise, imbarazzato. Certo, che presunzione, come poteva credere che Lucile Dolohov lo seguisse?

“Sei stato molto abile nella prova.”

“Grazie.” Roland non sapeva cosa dire. La sua testa era diventata improvvisamente vuota e gli sembrava che nulla esistesse al mondo al di fuori degli occhi azzurri e del sorriso di Lucile. 

“Vado?” domandò lei, forse credendo di metterlo a disagio.

“No!” Roland rispose con troppa veemenza, l’espressione sorpresa, quasi spaventata, di Lucile gli confermò che doveva mantenere la calma. “Vorrei che mi aiutassi ad orientarmi, per favore,” aggiunse. Il viso di Lucile si sciolse in un sorriso che provocò un sussulto allo stomaco di Roland. Non stavano insieme senza altre persone dal ballo, dove erano riusciti a danzare un paio di valzer e poi lei aveva dovuto raggiungere le sue amiche e il suo cavaliere, lui era tornato dai fratelli e i compagni di Accademia.

Erano trascorsi quasi due mesi da allora. Lo realizzò in quel momento, mentre osservava Lucile che gli spiegava punti di riferimento per non perdersi a Hogwarts che lui non avrebbe ricordato. Era un idiota: a giugno sarebbe ritornato in Francia e non l’avrebbe mai più rivista, ma come si corteggiava una ragazza? 

“Tu non mi stai seguendo, vero?” Lucile lo osservava con un sopracciglio alzato e una pazienza infinita. Roland scosse la testa. “Perdonami, ma ho un pessimo senso dell’orientamento e non riesco a memorizzare questi posti…”

“Però nell’impianto idrico riuscivi a orientarti…”

“Beh… c’erano meno… distrazioni.” Roland non sapeva cosa fare, sapeva solo che doveva continuare a parlare, perché quel silenzio tra loro era carico di elettricità e lui non sapeva fino a dove spingersi, cosa fare, come farlo. Sapeva solo che vedere il sorriso di Lucile che si allargava e le guance che si colorivano di rosso era quanto di più bello ci fosse al mondo. Il cuore gli batteva forte nel petto e sembrava che avesse perso la capacità di respirare.

Lucile riprese a camminare, il suo sguardo leggermente scurito e Roland comprese di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. “Non voglio dire che sia distratto!”

“Lo hai detto.”

“No!” Roland aveva un nodo alla gola e sentiva solo paura. “Volevo dire… beh… volevo dire…”

“Risparmiati le scuse Lestrange, non è importante.”

“Tu mi piaci.” Lo disse così, senza riuscire a trovare parole migliori, più romantiche, più appropriate. Lucile si fermò a studiarlo e Roland comprese di non poter rimanere in silenzio. “Tu mi piaci. Tanto. Ed è per questo che non posso concentrarmi sui nomi delle classi di questa scuola, perché avrei voluto dirlo meglio.”

Credeva che confessando il suo stato d’animo si sarebbe tolto un peso dallo stomaco, invece, la paura era solo aumentata. Cosa pensava lei?

“Anche tu mi piaci,” gli confessò con un sussurro sufficientemente alto da giungergli alle orecchie.

“Posso tenerti per mano?” Si pentì subito della domanda sciocca. Qualsiasi altro ragazzo si sarebbe limitato a guardarla, stringerla a sé e baciarla. Philomène glielo aveva spiegato un milione di volte cosa sognano le ragazze, ma lui era troppo terrorizzato dal rifiuto per correre un simile rischio. Lucile annuì e Roland sentì una capriola nello stomaco nel momento in cui i loro palmi si sfiorarono. Le dita si allargarono spontaneamente per accogliere quelle di Lucile. 

“Devo confessarti una cosa,” le disse mentre erano già fuori dal portone di quercia della scuola. 

“Cosa?”

“Non voglio più tornare alla carrozza.”

“Vieni. Conosco un posto.”

Roland si lasciò condurre verso il Lago Nero da cui arrivava un vento freddo sotto un cielo carico di nuvole. Avrebbe voluto portarla con sé a Beauxbatons e invitarla a passeggiare nei loro giardini fioriti, con il sole, gli uccellini che cinguettavano e le rose che sbocciavano durante tutto l’anno. Si sarebbero seduti su una panchina in ferro battuto e chiacchierato mentre un gruppo di anatre nuotava nello stagno.

Erano seduti sull’erba, ciascuno sul proprio mantello e Lucile aveva appoggiato la testa contro la sua spalla. Aveva un profumo delizioso come nessuna ragazza dell’Accademia. 

“Le vedi quelle montagne?”

Roland annuì. 

“Lì ci sono le Highlands. Pare che siano dei posti intrisi di magia ancestrale. Durante i sabba, mio papà ci porta spesso, per compiere i riti celebrativi e rafforzare la nostra magia. Mi ha detto che alla nostra età era compagno di classe di tua mamma.”

“Adesso cosa fa?”

“Lo stregone di magia antica. Lo chiamano per celebrare i matrimoni con i riti tradizionali, oppure compiere magie di buon auspicio sui nuovi nati. Cerca di non far scomparire il mondo antico.”

“Un po’ come i miei genitori, è difficile?”

Lucile si strinse a lui. “In casa non si parla mai della guerra, solo della modernità. Papà aveva la nostra età quando suo padre, Antonin Dolohov, è finito ad Azkaban per la prima volta. Non lo ha visto per quasi sedici anni. Hai idea di quanti siano? E poi, è stato con loro appena due anni. Dopo la guerra è stato catturato e rispedito ad Azkaban dove è morto.”

“Insieme al Signore Oscuro, tuo nonno è stato il maestro di mio papà.”

“Credo che mio padre non abbia mai voluto farci sentire lo stesso dolore, quello dell’assenza. Voleva iscrivere me e mio fratello a Durmstrang, sai?”

“Cosa gli ha fatto cambiare idea?”

“La magia delle Highlands. È tutto quello che ci resta, voleva che la conoscessimo e che la praticassimo senza essere contaminati dalla magia scandinava.” Lucile fece un respiro profondo. “Sai, papà dice sempre che quando si è giovani si è modellabili come creta ed è facile cambiare forma o inquinare la magia se si mescolano troppi stimoli.”

“Non dovrebbe essere il contrario?” domandò Roland. “Che più stimoli si ricevono, più si diventa forti?”

“Vale per la conoscenza, ma non per la magia ancestrale che ha bisogno di un legame con gli elementi della natura e le forze magiche che sono dentro di esse e che devono diventare parte di te.” Lucile si voltò verso di lui e gli prese la mano tra le sue. “Guarda,” gli disse. Chiuse gli occhi e respirò. Le mani di Lucile divennero calde, di un calore che gli entrava fin dentro il corpo e sembrava allargarsi allo spazio che li circondava.

“Sentito? È la magia antica, la connessione con il cuore della terra.”

“È così diverso dagli insegnamenti di zio Rabastan,” confessò. 

“La Francia ha una magia tutta sua, ogni terra ha le sue tradizioni magiche. Bisogna dominarle, prima di aprirsi ad altre.”

“Il punto è che io non so a che terra appartengo. Non riesco a sentire nessun legame, oltre il sangue, mi sento perso.”

“Non sei abituato a sentire il legame. Inizia a casa, nel luogo in cui il sangue può farti da medium. Vai a ricercare le origini dei Lestrange e lì potrai sentire la connessione. Una volta scoperto il contatto, sarà più facile ritrovarlo altrove.”

“Vuoi dire che riuscirò a sentire le radici con la mia terra?”

“Esattamente.”

“Wow! Grazie!”

“Non ringraziarmi, Lestrange, baciami, invece. Non voglio aspettare altri mesi.” Le mani di Lucile corsero verso il viso di Roland che sorrise contro le labbra di lei e poi si lasciò andare a un bacio. Fu diverso da tutti i baci dati in precedenza, era come se non ci fosse solo attrazione, ma qualcosa di più profondo che si agitava in lui e che lo spingeva verso Lucile. La strinse a sé ed era leggiadra, delicata e forte al tempo stesso. Le dita le accarezzavano i lunghi capelli biondi mentre le labbra non si staccavano dalla sua bocca.

Era felice, incredibilmente felice.

 
   
 
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