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Autore: Lartisteconfuse    20/04/2023    2 recensioni
(Ambientata in un passato non definito)
Izuku si trasferisce con la sua famiglia e fa la conoscenza di Katsuki, di cui diventa amico. Il ragazzo, però, non sa che il suo nuovo amico fa parte di una famiglia di vampiri.
Genere: Drammatico, Fantasy, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Izuku si fermò ansimando dopo la corsa fatta giù per la collina. Si era fermato poco lontano dall'albero del giorno precedente e mentre cercava di regolarizzare il respiro vide Kacchan seduto sullo stesso ramo, stavolta con entrambe le gambe che penzolavano nell'aria, una da una parte e una dalla parte opposta del ramo. 
Un sorriso affiorò sulle sue labbra e l'emozione che lo aveva accompagnato per tutto il resto del giorno prima tornò. 
Izuku cominciò a camminare, sforzandosi di mantenere un passo tranquillo per non mostrarsi troppo entusiasta davanti all'altro. 
Katsuki sentí arrivare Izuku e voltò la testa per guardarlo. Saltò giù dall'albero. "Alla buon'ora, pensavo non arrivassi più." 
"Scusa Kacchan, mamma mi ha trattenuto." 
Katsuki cercò di non dare a vedere come il nomignolo, che quel ragazzino praticamente sconosciuto gli aveva affibbiato, gli piacesse. Si mostrò imbronciato e poi dette le spalle a Izuku per sedersi in riva al fiume. Izuku lo osservò per un attimo prima di prendere posto accanto a lui. 
Senza dire una parola Katsuki tirò fuori dalla sua tracolla il taccuino e una matita. 
"Oh, posso vedere i tuoi disegni?" domandò Izuku, gli occhi puntati sul taccuino. 
Katsuki lo guardò. Non aveva mai fatto vedere a nessuno i suoi disegni, nemmeno a Emi, che gli chiedeva spesso di poterli vedere, ma lui si era sempre rifiutato. Doveva condividere fin troppo con la sua "famiglia", quindi quella passione voleva tenerla per sé, però sentiva che poteva fare un'eccezione con quel ragazzino dalla faccia piena di lentiggini e gli occhi grandi. 
"Fa pure" rispose, fingendo noncuranza e porgendogli il taccuino. 
Izuku stava per afferrarlo, ma Katsuki spostò la mano, un pensiero gli era appena affiorato in mente. Sorrise maligno. 
"Se prima mi fai vedere cosa scrivi su quel tuo quadernino." 
Izuku sbarrò gli occhi. Sulle prime apparve solo sorpreso, poi sul suo volto affiorò un'espressione quasi terrorizzata. 
"M-ma tu come…" provò a dire. 
"Ieri. Quando stavo andando via ti ho visto da lontano intento a scrivere." 
"Ah, pensavo…pensavo te ne fossi già andato." 
Katsuki scrollò le spalle e poi sventolò il suo taccuino sotto al naso di Izuku. "Allora Deku, vogliamo fare questo scambio?" 
Izuku guardò il taccuino e poi Katsuki. Alla fine scosse la testa. "Mi dispiace Kacchan, ma se questo è il prezzo, non posso." 
Katsuki smise di sventolare il taccuino e si limitò a osservare Izuku. Il ragazzino era diventato rosso sulle guance ancora un po' paffute e non lo stava più guardando. Aveva gli occhi puntati sulle proprio gambe.
Era a disagio e triste e Katsuki si pentì di quello che aveva fatto. Sospirò e lanciò il taccuino sulle gambe di Izuku. "Non mi interessa, guarda pure e tieniti i tuoi scritti. Stavo scherzando." 
Izuku alzò la testa per girarsi verso Katsuki, sorrise contento. "Grazie Kacchan!" 
"Per così poco" mormorò l'altro, spostando lo sguardo, imbarazzato. Quel ragazzino era così pieno di emozioni. Assomigliava ad Eri sotto questo punto di vista, anche lei regalava sorrisi grandi quando era contenta. Erano entrambi pieni di vita, forse era questo il punto. Katsuki una vita non ce l'aveva più. 
"Wow sono bellissimi!" L'esclamazione di Izuku portò Katsuki a voltarsi verso il ragazzo che osservava rapito i disegni. 
Ce ne erano molti di paesaggi, ma anche di Shouta, Emi e Eri, essendo le uniche persone che gli stavano intorno. 
"Non assomigli molto ai tuoi genitori" osservò Izuku. 
Katsuki ridacchiò. "Perché non lo sono e la bambina non è mia sorella." 
"Oh. D-davvero? Quindi i tuoi…" 
"Guarda." 
Katsuki si sporse vicino a Izuku, che sobbalzò sorpreso e arrossì, ma Katsuki non ci fece caso. Sfogliò velocemente le pagine del taccuino, per poi fermarsi. "Loro erano i miei genitori, ma sono morti."
Izuku osservò l'uomo e la donna ritratti su quelle pagine e sbarrò gli occhi, ma si morse la lingua per non parlare. Guardò Katsuki. "Qui c'è molta più somiglianza" disse. 
"Non lo so, sento che non li ricordo più tanto bene. I vecchi disegni mi aiutano più della mia mente." 
"Come sono morti? Se posso…" A quella domanda Katsuki si allontanò da Izuku, portò le gambe al petto e le abbracciò. "Non voglio parlarne" disse. 
"Oh, ok." Izuku tornò a sfogliare i disegni in silenzio, mentre Katsuki ripensava ai suoi genitori. 
Shouta gli aveva detto che erano morti quando Katsuki aveva chiesto se era possibile rintracciarli, voleva rivederli dopo tutto quel tempo, ma a quanto pare non era stato fortunato nemmeno in quello. 
"Kacchan?" 
Katsuki voltò la testa. "Mh?" 
"Grazie" disse Izuku porgendogli il taccuino. "E scusa se non ho ricambiato, ma…" 
Katsuki fece un gesto di noncuranza. "Tranquillo, non mi importa." 
"Posso farti una domanda?" domandò Izuku dopo un po' di silenzio. 
"Ovvero?" 
"Perché non vieni a scuola?" 
"Ho un insegnante privato." 
"Sì, lo sospettavo, ma non potresti chiedere di andare a scuola? Mi piacerebbe averti in classe…" le guance di Izuku si erano di nuovo colorate di rosso e Katsuki non poté fare a meno di trovarlo adorabile. Era troppo carino quando si imbarazzava, ma nonostante la vergogna gli parlava diretto. Questa era una cosa che Katsuki apprezzava tantissimo. 
Sorrise malizioso e si avvicinò di nuovo a Izuku e gli alzò il mento per poter far incrociare i loro sguardi. "Non puoi stare senza di me? Di già?"
Il rosso sul volto di Izuku si intensificó. "N-no, non è… non è questo. È che mi farebbe piacere, tutto qui." 
Katsuki continuò a sorridere e si sporse ancora di più facendo sfiorare appena le loro labbra. 
Izuku sobbalzò leggermente, ma rimase immobile. 
Katsuki avrebbe voluto osare di più, Izuku non sembrava infastidito, anzi, sembrava che stesse combattendo contro se stesso per non sporgersi e andargli incontro. Quando Katsuki prese un profondo respiro, però, il profumo di Deku lo investì e si ritrasse rapidamente. Si alzò in piedi sotto lo sguardo confuso di Izuku, ancora immerso nel tepore che il corpo di Katsuki aveva lasciato.
"Si è fatto tardi" commentò Katsuki. "Il sole sta tramontando."
"Di già? Devi andare per forza?" 
No, Katsuki poteva restare quanto voleva, ma non poteva permettere a Izuku di stare ancora accanto a lui. Sorrise divertito. "Per quanto mi piacerebbe, temo di sì e dovresti anche tu. Non conosci le storie sul bosco e gli assassinii?" 
Izuku si alzò a sua volta, triste. "Sì, mamma mi vuole a casa prima del buio."
"Ogni famiglia è uguale su certe cose" commentò Katsuki con tono divertito, anche se stava fingendo, ma questo Izuku non doveva saperlo. "Bè, ci si vede Deku."
"Ciao Kacchan, a domani." 
Sulla via del ritorno Izuku ripensò a cosa era successo poco fa tra lui e Katsuki. Si portò le mani al volto. "O mio dio, ci siamo quasi baciati!" gemette tra le mani, avvertendo il volto scaldarsi e il cuore riprendere a battere forte nel petto. 
Per cercare di calmarsi, si distrasse con un altro pensiero che gli era sorto in testa. I genitori di Kacchan erano terribilmente familiari e un sospetto gli stava affiorando alla mente. 
Quando tornò a casa andò subito a cercare sua madre, trovandola in cucina intenta a preparare la cena. "Oh Izuku sei tornato, ero in pensiero."
"Mamma ho una domanda" disse Izuku senza perdere tempo. 
"Dimmi pure." 
"I Bakugou avevano un figlio?" 
Inko rimase sorpresa da quella domanda, non capendo come mai Izuku se ne uscisse ora con quell'argomento. 
"Katsuki intedi?" 
Il respiro di Izuku si fermò. "Katsuki?" ripeté con un filo di voce. 
"Sì, ma tu lo chiamavi sempre Kacchan. Ma Izuku non ricordi? Katsuki scomparve quando avevi otto anni. Fu rapito e non tornò più. Quel povero ragazzo…" Gli occhi di Inko si riempirono di lacrime e si sedette sulla sedia davanti a lei, poggiando i gomiti sul tavolo. 
"Ma quanti anni aveva?" domandò Izuku. Non ricordava molto del figlio dei suoi vicini, solo che quando era piccolo ci giocava spesso e che era sicuramente più grande di lui. 
Però i Bakugou se li ricordava bene, li aveva salutati prima di trasferirsi e sua madre ci era sempre stata molto amica. E i disegni dei genitori di Kacchan erano identici alla coppia. Ora veniva fuori che il loro figlio scomparso si chiamava nello stesso modo del suo amico.
"Quattordici o quindici, non ricordo bene" rispose Inko. 
"Quindi ora dovrebbe avere circa vent'anni?" 
Inko annuì. "Ma Izuku perché queste domande?" 
"Nulla. Ho conosciuto un ragazzo che si chiama come lui e gli somiglia, ma ha la mia età." 
"Oh. Che strano" commentò Inko. "Bè ora vai a lavarti, è quasi pronto."
Izuku annuì e raggiunse la sua camera, la mente affollata da troppe domande. Mentre si spogliava l'occhio gli cadde sul libro che aveva poggiato sulla scrivania e che aveva consultato spesso durante la settimana. Era un libro sul soprannaturale e ciò che aveva interessato Izuku in quei giorni era stato il capitolo sui vampiri: esseri immortali che non invecchiano. Izuku puntò lo sguardo fuori dalla finestra, verso il bosco, in direzione della casa di Katsuki, nascosta da quella macchia verde e fitta. 
 
***

Il giorno dopo, quando Izuku uscì da scuola, vide Katsuki appoggiato al muretto che recintava il cortile. Aveva un'espressione annoiata e non sembrava essersi accorto che le porte della scuola si fossero aperte. 
Quando, però, Izuku si avvicinò a lui, alzò la testa. "Oi, finalmente" disse a modo di saluto. 
"K-Kacchan, che ci fai qui?" balbettò Izuku. Non appena aveva visto Katsuki si era ricordato di quel lieve contatto di labbra che c'era stato tra di loro.
Il resto della sera prima lo aveva passato diviso tra il sospetto assurdo per quello che Katsuki poteva essere e il profondo imbarazzo per il quasi bacio. Aveva ripetuto la scena così tante volte nella testa che era arrivato a convincersi che forse se l'era solo immaginata e in realtà non era successo nulla. O che comunque Katsuki nemmeno si era accorto di quanto successo. 
"Mi annoiavo e sono passato qui, ti va di tornare insieme?" 
"Oh, sì!" esclamò Izuku entusiasta. "Grazie." Si mise accanto a Katsuki e si diresse in strada. 
"Izuku!" Al sentirsi chiamare Izuku si girò e vide Denki e Eijiro corrergli incontro seguiti poco dietro da Tenya, che gli urlava di non correre così veloce.
“Cosa c’è ragazzi?” domandò Izuku confuso. Una volta raggiunto l’amico, Denki si fermò e prese profondi respiri per cercare di riprendere fiato. “Volevamo chiederti…oddio…non ce la faccio…Ei…”
Eijiro ridacchiò nel vedere come l’altro stesse boccheggiando per una semplice corsa nel cortile. “Quello che Denki vuole dire è che volevamo chiedere se ti andava di venire con noi e altri ragazzi della classe a giocare al campetto.”
“Ah, ecco…non posso” rispose Izuku, “torno a casa con lui.” Denki, Eijiro e Tenya, che li aveva raggiunti, si girarono a guardare Katsuki, che se ne era rimasto in silenzio con espressione guardinga per tutto il tempo della conversazione. 
“Oh, tu chi sei?” domandò Denki. “Non sei a scuola con noi.”
“Non sono affari tuoi” rispose brusco Katsuki. “Dai, Deku, andiamo” e afferrò Izuku per un polso, iniziando a camminare. Izuku provò a fare resistenza piantando i piedi a terra. “Kacchan, aspetta! Ehm, ragazzi, ci vediamo domani” si trovò costretto a salutare, dato che Katsuki non sembrava avere intenzione di fermarsi, ma anzi, aveva aumentato la presa sul suo polso e lo stava strattonando per farlo camminare dietro di lui. 
I tre ragazzi rimasero a osservare quei due allontanarsi, con Izuku che inciampava sui suoi stessi piedi.
“Kacchan” ripeté Denki interdetto. 
“Devono essere molto amici” commentò Eijiro. “Fa nulla, magari la prossima volta invitiamo entrambi.”
Denki guardò l’amico sconvolto. “Scherzi? Quel tipo fa paura e hai visto come si è comportato con noi? Io non lo voglio intorno.”
“Denki, non è carino parlare male degli altri, soprattutto di chi non conosciamo” lo riprese Tenya con il suo solito tono severo.
Denki si sentì arrossire, come ogni volta che Tenya lo riprendeva e incrociò le braccia al petto, offeso. “Ci ha trattati male prima lui e senza che noi gli avessimo fatto niente!”
“In realtà ha risposto male a te” osservò Eijiro ridacchiando.
“Ma solo perchè è l’unica cosa che ha detto prima di prendere Izuku e portarlo via!”
“Va bene, come vuoi, ma ora andiamo, gli altri ci aspettano.”
Eijirou iniziò a camminare nella direzione che dovevano intraprendere.
“Su Denki, vieni” richiamò Tenya, questa volta con tono più gentile e gli afferrò una mano. Denki si lasciò guidare, provando a sopprimere le emozioni che lo stavano invadendo. Era sia offeso che incuriosito da quello strano amico di Izuku e allo stesso tempo stava cercando in tutti i modi di non mostrare a Tenya come si stesse letteralmente sciogliendo per le loro mani unite. 
 
***

"Kacchan! Kacchan lasciami, ehiii!" Izuku aveva continuato a dimenarsi lungo la strada, mentre Katsuki lo teneva ancora per il polso e camminava spedito tra le viette della cittadina, per raggiungere la parte più periferica.
"Kacchan!" Izuku urlò con tutto il fiato che aveva e Katsuki lo lasciò andare, fermandosi di colpo, l'altro gli andò addosso e si lasciò scappare un piccolo gemito. 
"Che ti è preso?" 
Izuku era più basso di Katsuki e così, quando cercò di mostrarsi arrabbiato, guardando l'altro dal basso con un piccolo broncio che metteva in risalto le guance piene di lentiggini, Katsuki scoppiò a ridere. 
Il tentativo di rabbia di Izuku svaní e l'imbarazzo, rappresentato dal rossore del volto, prese il suo posto. 
Katsuki gli scompigliò i capelli e rise. "Scusa, ho esagerato" ammise. "Chi erano? Tuoi amici?" 
Izuku spostò la mano di Katsuki dai capelli e sospirò. "Sì, insomma, compagni di classe. Era la prima volta che mi invitavano a giocare."
Katsuki si sentí in colpa per come si era comportato. "Volevi andare con loro?" domandò. 
"Cosa? No. Ci sei tu, avevo già detto di sì a te e…preferisco stare con te" aggiunse, giocando nervosamente con il bordo della giacca. 
Katsuki non rispose, sorrise solo appena, quasi malinconicamente, ma quell'espressione sparì subito e Izuku pensò di essersela immaginata. Sorrise e gli porse la mano, in attesa che Katsuki la stringesse. "Andiamo? Possiamo spendere un po' di tempo al fiume."
"Va bene." Katsuki gli prese la mano e i due ricominciarono a camminare uno di fianco all'altro. 
Una volta arrivati, Katsuki si stese con uno sbuffo sul prato, il cielo azzurro sopra di lui. Ben presto il suo campo visivo venne occupato dalla faccia di Deku, che seduto accanto a lui, si era sporto per guardarlo in volto. 
"Che c'è?" domandò Katsuki confuso nel notare lo sguardo assorto dell'altro. 
"Quanti anni hai?" 
Katsuki alzò un sopracciglio. "Che?" 
"Non so quanti anni hai" proseguì Izuku. 
"Quattordici" fu la risposta di Katsuki anche se detta con un tono incerto, guardingo. 
"Mh, come me." Izuku si ritirò per sedersi di nuovo composto dalla sua parte. 
"Pensavo lo avessi capito" disse Katsuki, sedendosi a sua volta. 
"Sì, certo, era solo per conferma." 
"Ti sembro più piccolo?" domandò Katsuki e arricciò il naso in disappunto. Izuku scoppiò a ridere nel vedere quell'espressione. "No, anzi, il contrario." 
Katsuki continuava ad apparire confuso, ma non disse nulla e Izuku spostò lo sguardo sul fiume. 
Che idiota che era, come poteva aver solo pensato che Katsuki potesse essere un vampiro. I vampiri non esistevano e Izuku necessitava di passare più tempo con altre persone invece che con le sue fantasie. 
Il fatto che Katsuki si chiamasse come il figlio dei Bakugou era solo una coincidenza come anche il fatto che dai disegni del ragazzo Izuku ci aveva riconosciuto Mitsuki e Masaru. Erano pur sempre disegni e Katsuki aveva detto di non ricordarsi i genitori tanto bene. 
Aizawa Katsuki era solo un ragazzino di quattordici anni, il suo primo amico e nient'altro. 
Anche se… 
Izuku non aveva mai avuto amici, ma sapeva che sentire il cuore farsi più veloce al pensiero di Katsuki, arrossire in sua presenza e sentirsi attratto da lui non era un qualcosa che rientrava nella sfera dell'amicizia. 
Gli occhi di Izuku caddero sulle labbra di Katsuki: erano rosse, risaltavano sulla pelle pallida, e piene. Davano l'impressione di essere morbide. A Izuku tornò in mente come il giorno prima fosse stato così vicino dal toccarle. 
Katsuki era immerso nei suoi pensieri, da quando Izuku aveva fatto domande sulla sua età era andato in crisi. 
Quando stava con Izuku riusciva a dimenticarsi di cosa fosse, aveva anche mangiato prima di uscire quindi aveva ancora tanto tempo da poter spendere con Izuku prima di rischiare di potergli far del male. E invece quel ragazzino aveva dovuto chiedergli quanti anni avesse, così, dal nulla. 
Distratto com'era, Katsuki non si era accorto che Izuku si era avvicinato a lui e quando percepí la sua presenza, il volto del ragazzo era quasi attaccato al suo. 
Sobbalzò leggermente e incrociò i loro sguardi. 
"Deku" soffiò. 
"Kacchan" sospirò Izuku, gli occhi verdi si chiusero e in un attimo le sue labbra si posarono su quelle di Katsuki, che trattenne il fiato e sbarrò gli occhi per la sorpresa.
Le menti di entrambi si svuotarono completamente da ogni pensiero: le paure di Katsuki erano state cancellate quando quell'umano gentile e sorridente aveva fatto il primo passo; le paure di Izuku per quello che aveva deciso di tentare si annullarono quando Katsuki lo attirò a sé e ricambiò il bacio. 
Lo scambio di baci proseguì, ci fu un'alternanza di baci rapidi, casti, con altri più profondi, dati sempre con inesperienza e incertezza da parte di entrambi. 
Si stesero sull'erba, con i raggi del sole che carezzavano i loro volti riscaldandoli. Quando si staccarono Katsuki nascose il volto sul petto di Izuku che senza darci troppo peso lo abbracciò e pose la testa sui capelli biondi dell'altro. 
Da parte sua Katsuki stava cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime per le troppe emozioni che stava provando. 
Erano anni che non sentiva quel calore che avvertiva nel petto e il piacere di avere qualcuno vicino che lo teneva tra le braccia, lo toccava… 
Queste sensazioni risalivano a quando era ancora umano, a quei ricordi sfocati dei suoi genitori. Sapeva che suo padre amava abbracciarlo e che lui fingeva di esserne infastidito e ricordava di come sua madre amasse spettinargli i capelli anche quando avevano appena finito di discutere. 
Però ricordava anche altro: piccole mani che gli afferravano le gambe e tiravano i vestiti, un corpo contro il suo che cercava di mettersi comodo per dormire dopo un pomeriggio trascorso a giocare. 
Una voce alta e acuta, piena di gioia… 

Kacchan!

"Kacchan?" 
Katsuki alzò la testa di scatto e quasi rischiò di colpire Izuku sul mento. 
"Dormivi? È da un po' che ti chiamo…tutto bene?" Izuku si era sollevato, lo guardava preoccupato e nervoso. 
Katsuki si mise a sedere, allontanandosi dal tepore del corpo di Izuku. Di colpo sentì freddo. 
"No, solo… pensieri." 
"Mmh, mi dispiace, se ti sei pentito e ne sei schifato, possiamo dimenticarne. Però non dirlo a nessuno per favore e permettimi di esserti amico io-" Katsuki mise una mano sulla bocca di Izuku per frenare il suo chiacchiericcio. "Che stai dicendo? Non stavo pensando niente di tutto ciò." 
Il corpo di Izuku si afflosciò, come svuotato dall'agitazione che lo aveva invaso fino a quel momento. Katsuki tolse la mano permettendo a Izuku di sorridere sereno. "Mi fa piacere Kacchan." 
"Tch." il sorriso di Izuku si allargò ancora di più e si gettò addosso a Katsuki per abbracciarlo. Gli baciò una guancia con entusiasmo. 
"Kacchan, devo andare a casa" disse dopo un po' in tono lamentoso. "Devo studiare." 
Katsuki sospirò. "Sì, anche io devo andare." 
"Ci vediamo domani? Passi a scuola come oggi?"
Katsuki annuì e strinse la vita di Izuku prima di alzarsi seguito dal ragazzo. 
Izuku si chinò per raccogliere le sue cose, ma la sua borsa si aprì e il contenuto si rovesciò sull'erba. 
"Cavolo!" esclamò inginocchiandosi e iniziando a prendere tutto per rimetterlo dentro. Katsuki rise e lo raggiunse per aiutarlo. 
Nel mucchio di fogli e quaderni usciti il ragazzo trovò una busta di una lettera, era indirizzata a Midoriya Inko, la madre di Izuku sicuramente, ma ciò che catturò l'attenzione di Katsuki fu la scrittura. Non capiva bene come fosse possibile ma quella scrittura gli era talmente familiare che il cuore iniziò a battere più forte per l'agitazione. 
Era elegante, ma decisa e le m e le n erano molto simili a quelle di Katsuki che sapeva bene aver imparato a farle in quel modo da sua madre. 
Izuku era distratto e senza pensarci troppo Katsuki infilò la lettera nella sua borsa e porse a Izuku il resto delle cose, fingendo che non ci fosse nulla a turbarlo. Izuku gli sorrise riconoscente per l'aiuto. "Grazie Kacchan, allora a domani."
Dopo un momento di imbarazzo Izuku si sporse e lo baciò rapidamente prima di correre via. 
 
***

Quando Katsuki tornò a casa corse in camera sua senza salutare nessuno, si chiuse dentro a chiave e tirò fuori dalla borsa la lettera che aveva rubato a Izuku. 
Si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, ma non poteva ignorare lo spaventoso pensiero che si era creato nella sua testa nel leggere sul retro della lettera quella scrittura così familiare.  
Guardò la busta stretta tra le mani tremanti, l’ansia stava prendendo possesso del corpo intero e cercò di regolarizzare il respiro.
Dentro di sé stava pregando che era tutto uno sbaglio, che non avrebbe trovato nulla dentro quella busta e che l’unica cosa che avrebbe fatto dopo era cercare di capire in che modo avrebbe potuto far recapitare quella lettera aperta a Izuku.
Prese un respiro profondo e aprì la busta, tirò fuori la lettera ripiegata e la dispiegò. 
Gli occhi lessero in fretta e la mente non riuscì a recepire bene le informazioni. Erano parole rivolte alla madre di Izuku scritte da un’amica, nulla di troppo importante per Katsuki, ma ciò che sconvolse il mondo del ragazzo furono tre parole, poste alla fine del foglio. Tre misere parole che ruppero il precario equilibrio che Katsuki aveva costruito per sei anni.

Masaru e Mitsuki Bakugou

“No” mormorò con un filo di voce. “È impossibile.” Katsuki cercò di continuare a ripetersi che non era possibile, che quello che aveva davanti era solo un brutto scherzo, ma le parole erano lì davanti a lui, scritte nell’elegante grafia di sua madre. 
Sua madre Mitsuki, che aveva scritto anche a nome di suo padre Masaru e aveva impresso quel cognome che Katsuki aveva dovuto mettere da parte quando aveva iniziato a vivere con Shouta e Emi. 
Masaru e Mitsuki dovevano essere morti e invece Izuku girava con una loro lettera nella borsa per consegnarla alla madre. 
Tutto ciò non aveva senso, ma almeno una cosa Katsuki poteva saperla. 
Uscì di fretta dalla sua stanza. “SHOUTA!” urlò mentre cercava l’uomo per i corridoi. “DOVE CAZZO SEI?”
Arrivato davanti alla porta aperta della camera di Eri, Katsuki si affacciò e vide l’uomo seduto sul pavimento con la bambina in braccio e un grosso libro poggiato davanti a loro.
Shouta alzò gli occhi verso il ragazzo. “Cosa c’è?”
“MI AVEVI DETTO CHE ERANO MORTI!”
Shouta fece scendere Eri dalle sue gambe e si alzò. “Di cosa stai parlando?”
Katsuki gli lanciò la lettera con rabbia e il pezzo di carta planò dolcemente ai piedi di Shouta, che si chinò a raccoglierlo. 
“I MIEI GENITORI! SONO VIVI!”
“Tu perchè hai questa lettera?”
“NON SONO CAZZI TUOI, VOGLIO SAPERE PERCHÉ MI HAI MENTITO!”
Shouta assotigliò lo sguardo, severo, il volto una maschera impassibile. “Prima di tutto non urlare, stai spaventando Eri.”
“NON ME NE FREGA UN CAZZO SE SI SPAVEN-” Katsuki si zittì di colpo non appena lo schiaffo che Shouta gli dette colpì la sua guancia con forza. Si portò una mano alla guancia che pulsava per il dolore e guardò sconvolto l’uomo davanti a lui. 
Eri si era accucciata a un angolino e piangeva silenziosamente come ogni volta che assisteva alle litigate tra Shouta e Katsuki. 
“Cosa avresti fatto sapendoli vivi?” domandò Shouta. “Continuato a vivere con loro nonostante non fossi più umano? Avresti accettato di vederli invecchiare mentre tu continuavi ad avere quattordici anni? Chi ti avrebbe aiutato? Non sai vivere da solo, sei debole, non puoi stare troppo a lungo con gli umani da solo perché gli uccideresti. Quindi dimmi, che avresti fatto?”
“Avrei vissuto sapendo che erano vivi” rispose Katsuki con voce bassa e tremante. 
“Non avresti retto. Saresti andato da loro.”
“No!”
“Sì e sai perché? Vuoi sapere come hanno vissuto in tutti questi anni?”
Katsuki spalancò gli occhi, guardando terrorizzato Shouta. 
“Hanno vissuto con il dolore per aver perso il proprio figlio, morto, a seguito di un rapimento. La loro speranza di rivederti è svanita con gli anni, per loro sei morto. E lo sei. Noi non facciamo parte del loro mondo” e con questo Shouta indicò Eri seduta per terra. “Loro crescono, invecchiano, si ammalano, possono provare piacere come tu non potrai mai fare. Sei bloccato in questo corpo di bambino per sempre e devi fartene una ragione o non potrai mai essere indipendente.
“Te l’ho sempre detto, hai due alternative: prosegui in questa tua non vita, in cui sei solo uno spettatore esterno della vita umana o ucciditi e smettila di soffrire.”
Shouta uscì, lasciando Katsuki che, sconvolto, fissava con sguardo vuoto davanti a sé. Le guance erano bagnate dalle lacrime che non si era reso conto avessero iniziato a cadere.
Fu il tocco lieve di una piccola mano che gli tirò la camicia a risvegliarlo da quello stato di immobilità in cui era finito. 
Guardò in basso e vide Eri che lo guardava piangendo. “Non litigate” disse la bambina con voce rotta.
Normalmente Katsuki l’avrebbe ignorata e sarebbe andato via senza nemmeno sentirsi in colpa, ma un’immagine simile, appartenente al passato gli affiorò alla mente.


”Kacchan, non litigare con Micchan.”
“Mpf stupido Izuku, non stavamo litigando.”
“Però stai piangendo.”
Katsuki si chinò per mettersi alla stessa altezza del bambino e gli spettinò i ricci verdi. “Non è successo niente.”
“Sicuro?” 
Katsuki annuì. “Tu non litighi mai con tua mamma?”
Izuku fece un faccia buffa mentre pensava, poi scosse la testa. “No” disse alla fine.
Katsuki ridacchiò, “Allora aspetta di avere la mia età, quando inizierai ad avere i tuoi segreti.”
A quelle parole Izuku si spaventò. “Io non voglio litigare con mia mamma, io le voglio bene" stava quasi per scoppiare a piangere.
Katsuki sospirò e prese il bambino in braccio con un po’ di fatica. “Mamma mia, ma pesi ogni giorno di più” mormorò facendo ridere Izuku.
“Sto diventando grande come Kacchan!”
“Sì, ma non mi supererai mai, nanetto.”
“E invece sì.”
“Comunque Izuku, litigare non significa odiarsi, mamma mi vuole bene e io ne voglio a lei. Solo che alcune volte lei mi fa arrabbiare e io lo stesso. È normale.”
“Io ti faccio arrabbiare?” domandò Izuku guardando Katsuki con i suoi occhi grandi, rossi per il pianto.
“Sì, ogni volta che non mi ascolti e finisci nei pasticci e ti fai male.”
“Oh. Scusa Kacchan.” Izuku abbracciò Katsuki e poggiò la testa sulla sua spalla. “Ti voglio bene Kacchan.”


Katsuki si sedette a terra accanto alla bambina, che, sorpresa per il gesto inaspettato, rimase ferma ad osservarlo. 
Il ragazzo cercò di ricomporsi, si asciugò le guance con le maniche della camicia. "Tu sei fortunata Eri" disse, la voce gli si era fatta roca per aver urlato troppo. "E nemmeno te ne rendi conto. Sei come Izuku." Guardando la bambina Katsuki non faticò a sovrapporre l'immagine del bambino che gli abitava accanto quando stava con i suoi genitori. Quel bambino che adesso era cresciuto e che per un qualche strano scherzo del destino lo aveva trovato. 
Katsuki non aveva pensato a Izuku per molto tempo, il bambino era stato solo una macchia confusa nei suoi ricordi di umano, una figura senza nome a cui non aveva mai dato importanza. 
Mai avrebbe pensato di poterlo rivedere e amare. 
Ma Shouta aveva ragione, Katsuki non poteva amare Izuku. C'era una barriera in mezzo a loro. 
Eri prese posto accanto a lui e poggiò la testa addosso alla sua spalla. Quando Katsuki alzò il braccio su cui era poggiata la bambina si irrigidì, pensando che sarebbe stata spinta via come succedeva sempre, ma questa volta Katsuki l'abbracció ed Eri si rilassò, sorridendo. 
Katsuki si allungò in avanti e raccolse il libro che stava leggendo Shouta. "Dove siete rimasti?" 
Katsuki lesse per qualche oretta fino a quando Emi non venne a bussare. "Ei, non vorrei disturbarvi, ma è ora di cena per Eri." 
La bambina si alzò e corse dalla donna contenta. "Kat mi ha letto il libro." 
"Ho visto" rispose Emi sorridendo e carezzando una guancia della bambina. "Ora vai di sotto, papà ti sta aspettando." 
Eri annuì e corse via. 
"Mi fa piacere vedervi andare d'accordo" disse Emi rivolta a Katsuki rimasto seduto per terra. 
"Tch, non ho fatto niente." 
Emi non smise di sorridere e si avvicinò. "Mi dispiace, nessuno dei due voleva mentirti."
"Sì, certo." 
"No, è vero. Katsuki tu lo sai come la pensiamo, quello che ti ha fatto quel vampiro è stato orribile. Strapparti da casa tua e trasformarti in così giovane età senza il tuo consenso per giunta, è qualcosa che Shouta e io condanniamo. Quel vampiro ha infranto due delle regole più importanti che ci tramandiamo da secoli e ha pagato per questo e mi dispiace che tu ti ci sia trovato in mezzo."
"Volevo solo rivederli" mormorò Katsuki, non guardando la donna negli occhi.
"E ti sarebbe bastato? Avresti avuto la forza di osservarli da lontano e voltare loro le spalle?" 
Katsuki rimase in silenzio e Emi capì da sola la risposta. "Esatto, avrebbe peggiorato la situazione. Comunque come hai quella lettera?"
"L'ho rubata e non giudicarmi per questo." 
Emi rise. "Non avevo intenzione."
"A quanto pare i miei vicini si sono trasferiti qui e ho conosciuto senza saperlo il figlio con cui giocavo, ma non si ricorda di me, anche perché non dovrei avere questa età."
"Oh, quindi hai un amico e come va? Riesci a gestire i tuoi istinti?" 
Katsuki annuì. "Sì, quando sento che la fame sta tornando me ne vado, per il resto è come quando sto con Eri, solo che non ho voi intorno." 
Emi sorrise. "Mi fa piacere, stai imparando. Hai fame?" 
Katsuki scosse la testa. "Ancora no." 
"Va bene, dopo che Eri ha finito di mangiare Shouta uscirà per te, ma se non riesci ad aspettare diccelo." 
"Sì, nel dubbio rimarrò di sotto, lontano da Eri."
 
***

Izuku rovesciò tutto il contenuto della tracolla sul letto e cercò in mezzo a tutte le sue cose la lettera di Mitsuki. Nulla. 
Doveva averla persa al fiume.
Corse fuori dalla stanza e andò in giardino dalla madre. 
"Mamma, devo uscire!" urlò. 
Inko, che stava ritirando i vestiti appesi ad asciugare, lo guardò confusa. "Perché? Sta facendo buio Izuku, lo sai che non voglio che tu esca."
Izuku non guardò sua madre, colpevole. "Ho perso la lettera di Mitsuki che ero andato a prendere all'ufficio postale" disse a mezzavoce. 
"L'hai persa? E dove?" 
"Al fiume…" 
Inko batté le palpebre interdetta. "Al fiume? E cosa ci stavi facendo al fiume?" 
"Stavo lì con un mio amico, è Aizawa Katsuki. Ora corro al fiume e cerco la busta, se non è lì faccio una corsa dagli Aizawa e chiedo a lui se per caso l'ha presa per sbaglio."
Izuku stava per mettersi a correre in direzione del cancelletto del giardino, ma Inko lo fermò.
"Aizawa? Izuku ma, tu sai…le voci che girano su di loro" disse Inko con tono ansioso. 
Izuku sorrise sereno e carezzò la mano della madre poggiata sul suo braccio. "Mamma sono solo voci che gli abitanti della cittadina hanno mandato in giro. Kacchan è buono e mio…amico."
Inko annuì, ma l'espressione preoccupata e spaventata non scomparve dal suo volto. "Izuku non voglio che vai a casa loro, soprattutto quando il sole cala. Per farlo devi attraversare il bosco e qualcuno che attacca le persone lì c'è. Aizawa o no." 
Izuku sospirò. "Va bene, andrò solo al fiume, se non trovo la lettera chiederò a Kacchan domani se ce l'ha lui." 
Inko annuì e preoccupata vide il figlio correre via. 
Al fiume Izuku cercò ovunque, ma non trovò la busta da nessuna parte. Gli dispiaceva averla persa, sapeva quanto a sua madre mancasse la sua migliore amica. Ovviamente sapeva che Inko non si sarebbe arrabbiata per questo, avrebbe semplicemente scritto un'altra lettera a Mitsuki e le avrebbe spiegato cos'era successo, ma a Izuku dispiaceva lo stesso. 
Mentre i raggi del sole non illuminavano più nemmeno un pezzo di terra, Izuku osservò il bosco a sinistra. Katsuki andava sempre in quella direzione quando si separavano e bene o male Izuku aveva capito dove fosse. 
Il ragazzo lanciò un'occhiata nella direzione di casa sua, poi di nuovo al bosco. 
Casa di Katsuki non era distante e non era ancora davvero buio.
Inoltre se poteva rivedere Kacchan prima del giorno dopo, perché non andare? 
E così Izuku si avviò verso il bosco. Non era spaventato, anzi, Izuku amava passeggiare in mezzo alla natura e intorno era tutto così tranquillo che dubitava di incontrare qualcuno e così fu. Arrivò davanti alla casa di Katsuki senza problemi. 
Salì i pochi gradini del portico e suonò il campanello. 
"Finalmente sei torna- Izuku?" 


Note: ed eccomi qui con il seguito di questa mini fic :) 
Avrei voluto pubblicare prima, ma sono stata impegnata
Come sempre spero che vi stia piacendo <3
Alla prossima

 
   
 
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