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Autore: mutefish    05/05/2023    0 recensioni
Serenety sognava la Terra.
Correre tra prati infiniti e terra calda, e ridere sguaiatamente fino a stare male. Il calore del sole, e il pizzicorio gelido del vento sulla pelle.
Sognava l'amore, quello vero, dolce e perfetto.
Purtroppo i sogni, sopratutto quelli più belli, prima o poi finiscono.
La piccola principessa deve diventare adulta e affrontare due mondi pronti a farsi guerra.
Da che parte stare?
Cosa dovrà sacrificare per il Bene Supremo?
Scrivere è la mia cura ai miei attacchi di fantasia ossessiva. Da piccola ( ma anche ora da adulta) amavo Sailor Moon, e creavo nella mia testa storie aggiuntive o alternative alla storia canone.
Quindi vi propongo una storia diversa dal canone. Totalmente. O quasi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
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1. Perfezione Imperfetta.





Un fascio di luce indaco filtrò tra gli spiragli dalle pieghe sottili delle tende, gettando un manto surreale per tutta la stanza. Tagliava di netto il chiarore bianco perla del marmo, e denudava appena il contorno del mobilio facendo spazio a ombre bluastre.
Era un evento che avveniva solo in una determinata ora, quando i due regni si incontravano uno di fronte all’altro e si abbeveravano a vicenda del loro chiarore; ed era quello il momento che preferiva, quando quell’enorme biglia blu si poteva ammirare in tutto il suo accattivamene potenziale e nessuno era li per impedirglielo.
Per una breve ora, gli sembrava quasi di essere in un altro mondo, distante anni luce da un esistenza divisa tra doveri e responsabilità.
Serenity contemplò la Terra, mentre svogliatamente si pettinava i lunghi capelli dorati, seguendo la linea degli oceani scontrarsi su quelle massi marroni-verdi spruzzate di vaporose nuvole.
Non capiva come un agglomerato cosi discordante di colori potesse essere così non bella, così non perfetta.
Così attraente.
Era in netta contrapposizione con la Luna, invece, di bianco e oro ammantata a stendardo di un fiero e antico popolo di matrice sacra; Il bianco a indicare la purezza del loro animo immortale, e l’oro che come liquido scorreva nelle loro vene divine.
Sulla Luna non scresceva vegetazione, non soffiava vento; e la notte era placida e languida, tinta dal nero dell’universo tutto attorno sopra le loro teste.
Sulla luna non si conosceva il decadimento della carne, e rimaneva immutabile e compiuta, ammantata da una diafana luce propria, tanto bella da ferire gli occhi.
Gli abitanti della Luna erano spettatori silenti in un eterna preghiera di amore e pace, dove niente mutava e rimaneva squisitamente immobile; e tutto il resto attorno a loro si espandeva e contraeva in spasmi di vita. La perfezione non si muoveva, la perfezione non evolveva.
Mai.
La Terra rapiva i sui pensieri, non solo per quel strano ossimoro di colori, ma perché secolo dopo secolo la sua faccia non era mai stata la stessa; veniva tagliata da scheletri montuosi, o dai ghiacciai che si contraevano e espandevano come al ritmo di un respiro pesante.
La Terra stravolgeva i suoi lineamenti sotto i suoi occhi, sempre diversa, sempre nuova in quella battaglia tra luce e buio, come in uno spettacolo di magia fatto di ombre cinesi e lustrini.
Sospirò, posando la spazzola sulla mensola della toilette, rimanendo per qualche istante imbambolata a scrutarsi nello specchio. Non riusciva bene a decifrare la sua espressione riflessa, forse perché i suoi sentimenti erano estranei anche a lei stessa.
Amava la Luna, e quell’odore sempre presente di fiordaliso e camomilla.
Amava la Luna, e il luccichio freddo del marmo sotto i suoi piedi scalzi.
Amava la Luna, e quell’eterna luce che bandiva gli incubi dell’oscurità.
Eppure…
Non succedeva mai nulla.
Mai un conflitto, mai un evoluzione. Tutto immobile.
Si sentiva completamente sopraffatta dalla consapevolezza che quei pensieri fossero sbagliati per una discendente della famiglia reale Lunare, e allo stesso tempo non riusciva a sentirsi in colpa.
Prese coraggio, e si alzò per raggiungere la grande porta finestra che si affacciava su uno dei tanti dolci giardini del palazzo. Doveva essere notte fonda, eppure non era una reale notte. C’era sempre luce sulla Luna e tutto sembrava ovattato e avvolto da una patina di sogno.
Le mani si congiunsero in una preghiera muta, rivolta proprio a quella Terra.
L’indomani sarebbe stata una giornata importante, perché per la prima volta era stata invitata una delegazione terreste in una delicatissima missione diplomatica.
Il regno della Terra era sul piede di guerra contro La Luna. La Terra fa quello che semplicemente la Terra ha sempre fatto: stravolgere, e stravolgersi a sua volta.
Non c’era cambiamento senza sacrificio e la Luna non era mai stata abituata ad affrontare ostilità; e non erano pronti ad annullarsi per vincere una guerra.
Avrebbero potuto semplicemente cancellare tutto, con un semplice schiocco di dita e l’uso del cristallo d’argento, ma la Regina Selene, sua madre, non voleva sacrificare il suo regno, ed era pronta anche ad andare contro le regole per evitarne la fine; così approfittò dei conflitti nella politica terreste, facendo leva sulla loro curiosità per quel satellite fatato e splendente. Fortunatamente la famiglia reale terreste prediligeva la linea della pace, e allo stesso tempo voleva anche guadagnare da quella situazione; perché a nessun terrestre era mai stato permesso di mettere piede sulla Luna e ambivano a conoscere il segreto della longevità lunare.
Eppure segretamente era proprio Serenity che invidiava la terra.
Il suo cuore perse un battito, l’agitazione di un evento così raro l’avvolgeva come un manto strettissimo a strozzargli il fiato.
Finalmente i suoi pensieri non sarebbero stati così blasfemi.
Impuri.
Desiderare il cambiamento in quel regno da sogno era sempre stato proibito dalla legge degli Dei Antichi; ma lei voleva svegliarsi da quella fantasia statica che era la sua vita.
Lei voleva…
Knock, knock, knock.
Qualcuno stava bussando alla porta, eppure non distolse lo sguardo dalla Terra. Non voleva vedere nessuno, soprattutto quando era impossibile per lei nascondere l’inquietudine del suo animo. Era sempre stata una pessima bugiarda, completamente incapace di inscatolare i propri sentimenti alla vista degli altri.
Knock, knock, knock.
Insistevano, in un bussare deciso e misurato.
Serenity non rispose, chiudendo gli occhi come quando era bambina e voleva che i suoi incubi scomparissero magicamente. Se non poteva vedere, allora non poteva nemmeno soffrire.
La porta si schiuse, lentamente, e dei passi di tacco riecheggiarono sul marmo liscio, inondando la stanza come onde a raggiungerla fredde sulla pelle ormai d’oca.
Rabbrividì, anche se non faceva freddo.
I passi si fermarono, e quella presenza era a qualche metro da lei, in una rispettosa distanza.
La figura si inginocchiò, riverente, abbassando il capo.
- Principessa… - il sussurro si dissolse nell’aria, esitante.
Nessuna risposta, mentre le mani si strinsero più forti tra loro, in quella preghiera senza meta, senza una reale speranza.
Ti prego… vai via.
Via.
Via.
- Serenity. –
Le mani si sciolsero, ricadendo lungo la veste cristallina mentre spostò la sua attenzione sulle labbra che avevano pronunciato il suo nome, con fermezza.
I loro occhi azzurri si fusero insieme, nello stesso istante. La figura davanti a lei alzò lo sguardo, senza aspettare invito. - Venus, lo hai sempre saputo, vero? –
La guerriera si eresse lentamente, e Serenity posò lo sguardo imbarazzato sulla catenina arancione che ondeggiava fra le pieghe della gonna alla marinara.
Era nella indole di Sailor Venus sfondare ogni difesa, anche con una sola parola, un solo sguardo; e in quel momento era carico di rimpianto.
- È il mio dovere proteggerti. Il nostro dovere. – precisò.
No, non c’era solo lei ed era significativo sempre ricordarlo. Lei non era mai stata sola.
Lo hai già riferito alla Regina?- uscì esitante quella frase, cercando di non versare neanche una lacrima, e non sembrare patetica agli occhi della guerriera.
Quanto sembrava ridicola in quel momento?
-No. –
Granò gli occhi, portandosi le mani strette al cuore, come se quel “no” l’avesse folgorata e scossa in ogni parte del suo essere.
Venus non la fece rispondere, mentre si avvicinò a lei, lentamente.
- Vorrei solo che ti fidassi di noi, Principessa. –
Si sentì in colpa, perché Venus voleva solo il suo bene e lei aveva avuto paura di deludere le sue amiche. Le sue guerriere e protettici. Le sue uniche vere amiche.
Venus le sfiorò la pelle in una carezza, asciugando una piccola lacrima sfuggita.
- Ora riposati, non possiamo far vedere ai terrestri la nostra bellissima Principessa con gli occhi rossi e gonfi. – voleva essere una battuta, anche se era uscita in maniera un po’ patetica e Serenity cercò di sorrise, annuendo di rimando. - Bene. Buona notte Serenity. –
- Venus… - esitò, non sapendo bene cosa dire, balbettando un - … grazie. – senza riuscire ad aggiungere altro.
Venus si bloccò davanti alla porta, donando alla principessa un ultimo sguardo, e un sorriso sghembo di amore fraterno, per poi lasciare di nuovo il silenzio al suo posto.
Serenity si fece piccolissima, sentendosi sempre più stupida di avere mantenuto un segreto che forse tanto segreto non era; il fatto che si fosse presentata solo Venus, stava a significare che le sue amiche non sapevano come affrontare quella situazione e volevano mantenere tutto nascosto, ancora una volta per proteggerla.
Stupida. Stupida. Stupida.
Si spostò per la stanza, come un fantasma senza più energia, lentamente raggiungendo l’enorme letto a baldacchino. Sprofondò a peso morto tra le lenzuola pulite, nascondendo il volto nel cuscino. Lo strinse forte, galleggiando nel nulla.
Neanche Luna, la sua maestra, si era presentata quel giorno, e quindi poteva supporre solo che anche lei sapeva quanto Serenity aveva messo a rischio tutto.
Il regno, la luna, le loro esistenze… tutto.
Non era stata la Regina a infrangere le regole, o almeno non la prima.
  
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