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Autore: Signorina Granger    11/05/2023    3 recensioni
[Alphard Vostokoff x Anjali Kumar]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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THE WEDDING



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Alphard Vostokoff aveva capito che un giorno avrebbe sposato Anjali Kumar due mesi dopo averla conosciuta, quando una mattina al suo risveglio l’aveva scorta accanto a sé sul materasso del letto matrimoniale della sua Suite al Le Mirage. Poiché in estate Anjali prediligeva dormire senza tirare le tende la luce entrava morbida e avvolgente attraverso le ampie finestre che si affacciavano sulla città e sul Mediterraneo, accarezzando il viso e i lineamenti tra i più belli che Alphard avesse mai avuto modo di ammirare. Sollevate pigramente le palpebre per affacciarsi su una nuova giornata e scorta la strega accanto a sé l’estro artistico di Alphard gli aveva gridato di alzarsi, di correre a prendere carta e matita per ritrarre quella visione e poterla imprimere materialmente, nonché abbracciare con lo sguardo in eterno, ma l’uomo non aveva dato ascolto a quella voce ed era rimasto accanto a lei, lasciandosi avvolgere dal lenzuolo e da quel sentimento per lui nuovo, meraviglioso e un po’ spaventoso al tempo stesso. Mentre accarezzava le linee del naso, del mento, delle labbra e degli zigomi con lo sguardo, mentre osservava ammirato l’ombra delle ciglia di Anjali sulla sua guancia, Alphard si era convinto di come avrebbe potuto svegliarsi e scrutare quel volto per ogni mattino a venire senza mai stancarsi.
 
Un anno dopo, quando quella lunga vacanza nel Principato di Monaco, sede del loro incontro, era ormai diventata solo un dolce e lontano ricordo, Alphard si era recato a Londra per acquistare l’anello di fidanzamento con il prezioso ausilio della sua migliore amica, autoproclamatasi consigliatrice ufficiale per la preparazione delle nozze. Lui e Anjali vivevano insieme a Zurigo già da sei mesi, di gran lunga i migliori della sua vita, quando il mago l’aveva lasciata sola nel loro attico per il weekend per, ufficialmente, impegni di lavoro e, in realtà, comprarle l’anello senza che lei sospettasse nulla. Non potendo avere idea di quale fosse il vero motivo del suo breve viaggio all’estero Anjali aveva cercato più e più volte di persuaderlo a non partire per Londra, scontrarsi tuttavia con l’inconsueta irremovibilità del fidanzato:
“È ingiusto che io debba starmene tutta sola durante uno degli ultimi weekend dell’estate. Giuro che non ti disturberò se verrò con te, me ne starò buona buona a farmi gli affari miei per tutto il giorno, ceneremo insieme e basta.”
Stesa sul suo lato del letto matrimoniale, reso dalla strega il più confortevole possibile grazie ad un alto e costosissimo materasso, lenzuola sofficissime e miriade di cuscini, Anjali aveva sfoderato il suo adorabile broncio mentre seguiva i movimenti del fidanzato con i grandi occhi celesti, avvolta dal suo pigiama di raso color champagne bordato in pizzo. Di norma bastava quello sguardo per persuadere Alphard ad accontentarla, ma quel mattino l’uomo era più che mai determinato a non assecondare le richieste della sua adorata fidanzata: in piedi davanti al letto sfatto, Alphard aveva terminato di abbottonarsi la leggera camicia di lino scoccandole un pallido sorriso, timoroso di farle intuire qualcosa riguardo alle sue intenzioni: per sua grandissima sfortuna Anjali brillava in quanto a perspicacia, tanto che l’attesa prima di farle finalmente la proposta lo stava stremando. Non vedeva l’ora di inginocchiarsi e metterle l’anello al dito, così il perenne stato di ansia che lo stava consumando ormai da un paio di settimane gli avrebbe finalmente dato un po’ di tregua.
“E saperti sola e annoiata in una città che non conosci bene come mi farebbe sentire? È meglio se stai qui, fidati. Sono solo due giorni, no?”
Una volta ufficialmente fidanzato avrebbero dovuto conferirgli l’Oscar, si disse il mago mentre si sforzava di parlare usando un tono pacato e controllato, facendo ben attenzione a non tradire l’emozione che provava e ad usare le argomentazioni più convincenti e sensate.
“Potrei stare con Briar!”
“Lavora anche lei.”
Anjali arricciò il suo delizioso nasino, un po’ stizzita: possibile che in Gran Bretagna lavorassero tutti anche ad Agosto? Gli anglosassoni dovevano proprio essere un popolo di barbari. Per sua fortuna le bastarono un paio di istanti per realizzare di conoscere qualcuno che risiedeva a Londra e che di certo non brillava in quanto a stacanovismo:
“Beh, a Londra vivono anche i St John!”
“Mia madre mi ha detto, e lo ha saputo dalla madre di Silas, che sarebbe stato a Monte Carlo per il weekend.”
Quella era una bugia, così come gli impegni lavorativi di Briar, ma Alphard aveva orchestrato tutto per rendere il suo piano per comprare l’anello a prova della miglior fiutatrice di proposte nuziali al mondo, ovvero Anjali Kumar: l’uomo sfoderò il suo miglior sorriso di scuse mentre si chinava leggermente sul letto per accarezzare dolcemente l’abbronzata e sottile caviglia destra della fidanzata con il pollice, sfiorandole il piccolo e sottile tatuaggio che raffigurava il simbolo del suo segno zodiacale, Gemelli.
Non sapendo più a quale argomentazione fare ricorso per autoinvitarsi a Londra con lui alla bellissima donna non restò che abbracciare sconfortata uno dei suoi cuscini bianchi e a borbottare cupa un assenso, riuscendo persino a smuovere un accenno di senso di colpa nel fidanzato: promettendole mutamente, divertito, che presto avrebbe gioito del suo weekend londinese Alphard raggirò il letto per sedersi accanto a lei e concedere ad entrambi un ultimo saluto, prendendole gentilmente il bel viso tra le mani prima di depositare un bacio sulle sue labbra carnose. Si costrinse a smettere di baciarla troppo presto rispetto a quanto non avrebbe effettivamente voluto, conscio di come altrimenti avrebbe finito col rischiare di non andarsene affatto dalla loro camera, sorridendole mentre le accarezzava uno zigomo con il pollice:
“Solo due giorni. E mancherai anche a me, se ti consola.”
“Mh. Sai, passare il weekend fuori è uno dei segnali più evidenti della presenza di una qualche amante straniera più giovane.”
Di nuovo Anjali arricciò il naso, sforzandosi di voltare la testa per assumere un’aria sostenuta mentre la risata bassa di Alphard riempiva brevemente la stanza ampia e dalle pareti color sabbia e il mago si alzava dal bordo del materasso dopo averle assestato un leggero e delicato buffetto sul ginocchio lasciato scoperto dai pantaloncini del pigiama:
“Io che ti tradisco è la più grande stronzata dell’anno.”
Tres bien, ci sentiamo stasera. Vorrà dire che oggi pomeriggio andrò a fare shopping donando gioia a tutti i negozianti della Bahnhofstrasse, e poi me ne andrò a cena tutta sola con un bel vestito. Sabrina non può neanche mollare Joël, stanno finendo il trasloco e ovviamente non si fida di lui.”
Anjali non se la sentiva di avercela con l’amica per la sua volontà di non lasciare Joël insieme ad un appartamento vuoto – come compatirla –, ma si ritrovò comunque a riflettere su come gli uomini le stessero rovinando deliberatamente uno degli ultimi weekend dell’estate mentre si appoggiava alla testiera bianca del letto arricciandosi pigramente una ciocca di setosi capelli scuri attorno al viso. Alphard invece, pronto a lasciare Zurigo, strinse il manico del piccolo quanto costoso trolley nero firmato Ralph Lauren donandole un ultimo sorriso, sforzandosi di non fare troppo il geloso e di non chiederle quale vestito avrebbe indossato mentre lasciava definitivamente la loro camera da letto sentendosi pienamente soddisfatto: era riuscito a non farle sospettare nulla. Non vedeva l’ora di scorgere la sorpresa sul suo bel viso quando le avrebbe fatto la proposta.

 
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Quella sera stessa Alphard uscì a cena con Briar per festeggiare il recente acquisto, a voler ben vedere forse uno dei più importanti della sua vita, e per ringraziare l’amica per il suo aiuto.
“Anji mi sta deliberatamente punendo, è uscita indossando il mio vestito preferito senza di me.”
Briar, un calice di champagne in mano, sghignazzò mentre sedeva di fronte all’amico ad uno dei tavolini quadrati collocati in fila accanto alle finestre del The Ivy che si affacciavano sulla strada e sulla metropoli, un paio di sandali col tacco con intreccio alla caviglia ai piedi e un vestito di raso verde scuro addosso. Alphard invece aveva momentaneamente dimenticato il suo bicchiere, lo sguardo fisso sullo schermo del telefono e sulla foto che la fidanzata gli aveva inviato poco prima.
“Hai un vestito preferito tra quelli della tua fidanzata? Siete proprio fatti l’una per l’altro, nessuno ama i vestiti più di voi.”
“Ovviamente tutto ciò che possiede le sta divinamente, insomma, parliamo di una creatura scesa dal cielo per minare l’autostima del mondo intero. Ma questo… guarda tu stessa.”
Alphard non era sicuro di riuscire a descrivere a parole i suoi sentimenti riguardo a quel vestito quando era la sua fidanzata ad indossarlo, di sicuro non restando un gentiluomo, quindi finì col ruotare il telefono per mostrare la foto che Anjali si era premurata di mandargli prima di uscire dal loro attico. Briar, sinceramente incuriosita, gettò una rapida occhiata al vestito di raso rosso in questione prima di annuire, schioccando le labbra prima di prendere un altro sorso di champagne:
“I camerieri saranno felici.”
“Non mi ci far pensare, sto facendo training autogeno per non essere geloso e di non infastidirla. Fosse facile. Parliamo d’altro.”
“Brindiamo all’anello più bello che io abbia mai visto. A Henry Winston e al mio buon gusto.”
“E il mio?”
“Beh, anche il tuo, sì.”, Briar distese le labbra in un sorriso mentre allungava il calice verso quello dell’amico per farli tintinnare delicatamente, riprendendo la parola quando entrambi ebbero sorseggiato un po’ di Dom Perignon:
“Quando e come glielo chiederai? Voglio sapere tutto.”
Alphard sorrise, gli occhi scuri che quasi brillavano riflettendo la calda luce soffusa emessa dalle costosissime lampade che pendevano sui tavoli: sapeva perfettamente come e quando avrebbe chiesto ad Anjali di sposarlo, ed era incredibilmente orgoglioso del suo piano. Dopo averlo ascoltato Briar, superato lo sgomento iniziale, si vide costretta ad ammettere che di certo l’effetto sorpresa sarebbe stato più che garantito, e Alphard finì di cenare sentendosi più leggero e di buon’umore che mai. Mente aspettava di farsi portare il conto scrisse un messaggio alla sua fidanzata, chiedendole di farsi trovare con quello stesso vestito addosso per il suo ritorno a Zurigo.

 
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Due settimane dopo

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Esattamente due settimane dopo il suo weekend a Londra Alphard aveva proposto alla fidanzata qualcosa da fare insieme per approfittare di quel poco che restava della bella stagione, e una buona dose di sgomento mista ad orrore aveva fatto capolino sul bellissimo volto di Anjali quando la strega, scorta l’espressione compiaciuta del fidanzato, aveva inteso a che cosa Alphard si stesse riferendo.
Non c’era niente di meglio di una capatina in montagna per godersi il sole e l’aria fresca, era solito ripetere Alphard Vostokoff quando si preparava, pieno di allegria, per un’escursione. Anjali invece era più una fervida sostenitrice delle spa, dei massaggi, delle serie tv e dello shopping, ma l’amore l’aveva costretta ad adeguarsi alla malsana passione del fidanzato per le attività all’aria aperta e che, orrore, prevedevano spesso e volentieri di sudare e rovinarsi la piega e la manicure.
“Jane Austen non ce lo ha insegnato, che l’amore ti riduceva a fare le escursioni… Ahia!”
Troppo impegnata a maledire Jane Austen per averle fatto sognare Pemberley e i suoi bei saloni, non certo gli stambecchi che abitavano la sopracitata tenuta saltellando in tra i verdi prati, Anjali non si accorse di un grosso sasso che intralciava il suo cammino e finì col calciarlo, ritrovandosi con le dita dei piedi doloranti attraverso gli spessi scarponi che Alphard la costringeva soventemente ad indossare. La donna iniziò ad imprecare in francese con un filo di voce, cercando di esorcizzare il dolore mentre Alphard, che fino a quel momento l’aveva preceduta di un paio di metri, si affrettava a raggiungerla dopo essersi fermato:
“Amore, ti sei fatta male?”
Alphard prese le piccole e curatissime mani della strega tra le sue, guardandola con occhi pieni d’affetto che si tinsero di preoccupazione quando vide che gli occhi chiari della fidanzata si erano fatti lucidi. Anjali fortunatamente scosse la testa, ponendo fine ai timori di Alphard mormorando qualcosa con un filo di voce:
“No, sto pensando a quanto mi era costata la pedicure…”
 
Anjali non era stata creata per passare la vita in mezzo alla natura, di questo era fermamente convinta dalla tenera età di sei anni, quando sua madre aveva ignorato la sua volontà costringendola a fare sport. Il massimo che poteva concedersi erano delle gite al lago, o al mare, o dei bei picnic romantici, ma nulla di più: fino ad un anno prima avrebbe riso immaginando se stessa vestita in quel modo percorrendo ripide salite sassose o inoltrandosi nei boschi, ma poi aveva conosciuto Alphard, che amava lo stile di vita agiato e pieno di lussi che li accumunava tanto quanto concedersi delle piccole “avventure”. L’amore le aveva fatto male, si disse con fermezza Anjali mentre arrivava finalmente in cima all’ultima salita, riprendendo fiato invece di godersi il panorama: il sole stava tramontando e le Alpi Svizzere si snodavano davanti ai suoi occhi avvolte da una calda luce dorata, ma la strega era troppo impegnata a bramare un bagno caldo e un cambio d’abito per prestarvi caso.
“Lo sai che ti amo Alphy, ma forse avrei preferito se avessi avuto la passione per i viaggi in Polinesia, più che per le escursioni in montagna…”
Anjali deglutì mentre, raddrizzata la schiena, si passava stancamente una mano sulla testa partendo dall’attaccatura dei capelli fino all’inizio della coda di cavallo in cui li aveva legati, cercando di appiattirli senza nemmeno provare ad immaginare quanto tremendo fosse il suo attuale aspetto, ma considerando l’assenza di tentativi di fuga da parte di Alphard come una magra consolazione.
Sorpresa nel non udire risposta – di norma quello era il momento in cui Alphard, felice e soddisfatto perché arrivati a destinazione, la invitava a godersi il panorama prendendola per mano e iniziando a snocciolare informazioni sul posto in cui si trovavano – la strega si voltò ruotando su se stessa facendo per pronunciare il nome del fidanzato, ma la voce le morì bruscamente in gola quando scorse Alphard davanti a lei, sì, ma inginocchiato sul terriccio e con una scatolina nera coperta di velluto in mano.
Anjali non credeva che avrebbe mai sperimentato una sensazione simile: il suo cervello parve improvvisamente spegnersi e busto e arti bloccarsi, i pensieri totalmente azzerati. Tutto ciò su cui riuscì a focalizzarsi fu l’immagine di Alphard, che le sorrideva, leggermente spettinato e con una scatolina nera in mano, aperta per mostrarle uno degli anelli più belli che avesse mai visto in vita sua.  
Le labbra carnose di Anjali di dischiusero, ma anche se la strega avrebbe voluto urlare le sue corde vocali non produssero un solo suono, lasciandola a fissare attonita e in silenzio Alphard e l’anello che le brillava davanti agli occhi.
“Anjali…”
Visto che la fidanzata sembrava troppo sconvolta per parlare Alphard decise di iniziare, ma prima che potesse dire altro la strega sembrò riscuotersi un poco e agitò la testa, incredula, euforica e un tantino amareggiata al tempo stesso mentre si copriva le labbra dischiuse con le mani:
“Oh mio Dio! Oh mio Dio! Non ci credo… Io… Io sono un cesso! Dovrei essere bellissima e incantevole, non piena di polvere!”
Anjali era disperata, tanto che avrebbe quasi potuto mettersi a piangere: aveva tanto sognato quel momento, fin da quando era piccola, e si era sempre immaginata con la piega perfetta e un bel vestito addosso. Quello che stava vivendo era uno scenario diametralmente opposto rispetto a quello che si era figurata per tutta la sua vita, ma Alphard annuì e la guardò sorridendole dolcemente, come se lo sapesse:
“Volevo che fosse una sorpresa, qualcosa che ricorderai. E comunque sei sempre bellissima. Naturalmente non è solo per questo che ti amo, ti amo perché sei la creatura più dolce, gentile e premurosa che abbia mai conosciuto. Sei incantevole e delicata e non mi stanco mai né di guardarti né di ascoltarti. E ti amo perché anche se le odi continui ad accompagnarmi nelle mie gite in mezzo alla natura. Non pensavo che mi sarei mai sentito così, e voglio che continui per sempre.”
Ora Anjali stava piangendo per davvero, ma Alphard sperò che non fosse una reazione dettata dallo sconforto di doverlo deludere e rifilargli un due di picche. Stava per porgerle la fatidica domanda con voce tremante dall’emozione quando la strega di nuovo lo precedette, chinandosi verso di lui per allacciargli le braccia al collo e baciarlo rischiando di far perdere l’equilibrio ad entrambi. Fortunatamente Alphard riuscì a stringerla con il braccio libero e a non cadere, abbozzando un sorriso quando le loro labbra si staccarono:
“È un sì?”
Anjali annuì, gli occhi lucidi e momentaneamente incapace di parlare, e quasi tremando guardò Alphard sfilare l’anello dalla custodia per metterglielo al dito. La strega sorrise, ancora incredula, mentre guardava l’anello brillare più che mai sotto la luce del tramonto, ritrovando un filo di voce mentre Alphard riusciva finalmente a stringerla con entrambe le braccia e a scoccarle un’infinità di baci sulla guancia sinistra:
“È bellissimo.”
“Lo so. L’ho preso a Londra. Confesso che non c’era nessun impegno lavorativo.”
“Ti perdono per la bugia solo visto l’esito che ha avuto.”


Per qualche minuto restarono lì, in silenzio e seduti uno accanto all’altra mentre gli occhi di Anjali non riuscivano a staccarsi dall’anello e dai suoi diamanti e Alphard l’abbracciava tenendo la testa premuta contro la sua, godendosi il momento e cercando di imprimerlo il più possibile nella memoria. Fu lei, alla fine, a spezzare il silenzio quasi surreale che li aveva avvolti, chiedendo speranzosa al fidanzato se per fare ritorno alla baita dove alloggiavano avrebbero potuto Smaterializzarsi invece di camminare.
Alphard scoppiò a ridere, ma ovviamente l’accontentò.
 

 
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Tre giorni dopo

 
Sabrina sapeva della proposta da tempo, ma quando apparve nell’enorme caminetto di marmo del soggiorno dell’attico ne uscì quasi di corsa e senza neanche essersi assicurata di non avere della cenere tra i capelli o sulle spalle fasciate dalle maniche a conchiglia del fluttuante vestito rosso mattone che indossava.
“Anji!”
Mentre la gonna a tulipano le svolazzava in mezzo alle gambe lunghe ed abbronzate Sabrina si guardò attorno alla ricerca dell’amica, sorridendo quando la vide fare capolino sulla soglia della larga apertura che collegava il soggiorno con la sala da pranzo:
“Sabs!”
“Fammelo vedere, fammelo vedere!”
In men che non si dica Sabrina e Anjali erano una di fronte all’altra, ma entrambe mandarono all’aria i saluti di rito, troppo occupate a pensare all’anello: la svizzera sollevò la mano sinistra per mostrarla all’amica con gli occhi luccicanti quasi quanto i diamanti che portava al dito, finendo con l’allargare il proprio sorriso quando scorse sgomento e ammirazione farsi strada sul bel viso dell’amica.
“Porco Flamel, è bellissimo. Non penso di aver mai visto un anello così bello. Ti sposi!”
“Mi sposo!”
Le due si presero per mano e quasi iniziarono a saltellare eccitate sul posto strillando indistintamente, finchè Anjali non ricordò di avere qualcosa di molto importante da consegnarle e si costrinse a ridarsi un tono:
“Per te, amica mia.”
Quando la svizzera le porse un’elegante busta bianca di carta pergamena con fiori dipinti a mano Sabrina la prese aggrottando le sopracciglia, chiedendosi perché Anjali le stesse consegnando della posta. La risposta le giunse poco dopo, quando ne tirò fuori un foglio piegato in due parti dal quale, una volta aperto, si librarono in aria delle lettere che andarono a comporre una domanda, chiedendole di essere la sua damigella d’onore. Un gridolino si librò dalle labbra della francese, che annuì prima di tornare a stringere, emozionata, le mani dell’amica:
“Certo! Dobbiamo organizzare un sacco di cose, sarà bellissimo!”
“Non vedo l’ora! Ci sposiamo a giugno perché so di volermi sposare a giugno da quando ho tre anni, tieniti libera. E al tuo fidanzato dì che voglio che suoni, quindi che si tenga libero anche lui.”
“Gli comprerò un vestito a forza, non temere. Ti sposi, Anji!”
“Mi sposo!”
Di nuovo le due presero a strillare e a saltellare emozionate mentre Joël, a molti chilometri di distanza e impegnato a cercare di capire dove ritagliarsi uno spazio per i propri abiti nella nuova cabina armadio di Sabrina già strapiena, si chiedeva accigliato perché all’improvviso gli stessero fischiando le orecchie. I suoi dubbi però ebbero vita breve, e ben presto smise di pensarci dandosi dello sciocco: di sicuro Anjali stava ordinando alla sua fidanzata di comprargli un abito per le nozze più eleganti dell’anno.

 
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Joshua Wellick era reduce da un’intensa giornata di lavoro trascorsa facendo avanti e indietro da ogni angolo di Londra per incontrare un cliente dietro l’altro: tornato finalmente a casa si era lasciato stancamente scivolare sulla poltrona rossa senza braccioli che aveva infilato in un angolo della sua camera da letto, lieto che quella giornata fosse pressochè giunta al termine. Fortunatamente l’indomani si sarebbe potuto rinchiudere in laboratorio per lavorare sulle bacchette, privandosi di ogni contatto umano, e la prospettiva restituì un accenno di sorriso sulle labbra sottili del mago mentre Meadow, dal piano di sotto, gridava per informarlo dell’arrivo imminente della loro cena. Capitava spesso che durante la settimana nessuno dei due avesse voglia di cucinare, o che il frigo si rivelasse una desolazione, tanto che ormai i Wellick chiamavano per nome quasi tutti i fattorini di cibo da asporto dei dintorni.
Joshua stava giusto cercando di trovare la voglia per alzarsi e trascinarsi fuori dalla stanza, verso le scale, quando un rumore familiare attirò la sua attenzione su una delle due finestre della camera: l’uomo ruotò la testa oltre il letto matrimoniale lasciato sfatto fin da quel mattino e i comodini stracolmi di cianfrusaglie di varia natura, finendo col posare lo sguardo sul vetro e sulla sagoma di un rapace appollaiato fuori dalla finestra, in placida attesa e con i grandi occhi gialli fissi su di lui. L’animale aveva un che di familiare e subito Joshua si alzò dalla poltrona per raggiungere la finestra, aprendola mentre con un leggero stridio Tyson, il suo gufo, accoglieva il loro visitatore inaspettato.
Il gufo grigio portava con sé una lettera che non tardò a porgere a Joshua allungando un artiglio verso di lui, consentendogli di slacciarla prima di dargli le spalle e decollare dal davanzale della finestra, sparendo una volta che l’oscurità della sera ebbe inghiottito la sua sagoma alata. Prima di concentrarsi sulla posta Joshua si premurò di chiudere la finestra, impedendo al freddo di appropriarsi della sua camera, mentre Tyson lo studiava annoiato dal suo trespolo, indeciso se chiedere o meno al padrone di poter fare un giretto a sua volta. Joshua diede le spalle alla finestra rigirandosi la sottile busta tra le dita, ritrovandosi a sorridere quando capì di che cosa si trattasse: quella che aveva appena ricevuto non era una lettera normale, e gli bastò sfiorare la carta pergamena color champagne con le dita per rendersene conto. Un sottilissimo nastro bianco di raso era stato fatto girare più volte attorno alla busta per tenere fissato un piccolo mazzolino di fiori bianchi ormai secchi, il tutto sigillato con un cerchio di ceralacca color oro con impresse due A.
Il suo senso estetico faceva schifo, un fatto noto a chiunque lo conoscesse, e le cose belle non erano mai state di suo particolare interesse, ma a Joshua bastò una rapida occhiata per appurare di avere di fronte il più bel invito su cui avesse mai avuto modo di posare lo sguardo.
“Meadow, ci hanno invitato ad un certo matrimonio. Ti va di farmi da più uno?”
Malgrado la stanchezza accumulata nel corso della giornata Joshua aprì la porta della sua camera con un tiepido sorriso, affacciandosi dal ballatoio delle scale e dalla ringhiera di legno che Meadow stessa si era intestardita per dipingere di bianco due anni prima. Non riuscì a scorgere la nipote, che come previsto si era appollaiata davanti ad una finestra per intercettare l’arrivo del loro fattorino di fiducia, ma il gridolino di gioia che udì di rimando confermò a Joshua che Meadow avesse sentito comunque le sue parole.
Joshua non aveva mai accolto con tanta gioia un invito nuziale in vita sua, e scese le scale con un sorriso ad allargargli le labbra mentre Meadow, improvvisamente dimentica della cena, gli correva incontro saltellando sul parquet con i calzini coperti da note musicali e blaterano eccitata a proposito di quanto bello sarebbe stato, di quanto avrebbero mangiato, di quanto Anjali sarebbe stata favolosa e di quanto non vedesse l’ora di andare. Fu solo quando la giovane strega citò l’unico aspetto che avrebbe potuto indurre Joshua a declinare l’invito che il bel volto del mago si incupì: dovevano comprarsi dei vestiti nuovi. Più o meno il suo peggior incubo.
 

 
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Joël Moyal non si era mai sentito tanto defraudato in vita sua come quel sabato pomeriggio: pesanti nubi grige che minacciavano di inondare la Costa Azzurra si erano impossessate di Marsiglia, dove ormai da qualche mese viveva con Sabrina, da un paio di giorni. L’autunno stava iniziando a tramutarsi in inverno e il caldo estivo rappresentava solo un lontanissimo ricordo, una giornata che Joël avrebbe trascorso più che volentieri senza mettere il naso fuori di casa. Il loro attico era così bello e confortevole, perché non trascorrere la giornata sul divano a leggere o a guardare la tv, o a suonare, o a scrivere? Si era persino offerto di preparare un bagno caldo profumato a Sabrina pur di persuadere la fidanzata a restare a casa, ma la strega non aveva voluto sentir ragioni, decretando di dover fare urgentemente shopping.
Per Joël vestirsi e trascinarsi fuori di casa con quel tempaccio era stato un supplizio, e aveva scoccato occhiate malinconie e piene d’invidia a Salem e a Pascal quando ai due era stato concesso di restare a poltrire nelle rispettive cucce. Di norma non era un grande fan dello shopping e lasciava che la fidanzata ci pensasse da sola, o che ad accompagnarla fossero individui ben più competenti di lui: adorava i bei vestiti di Sabrina, ma preferiva limitarsi ad ammirarglieli addosso una volta comprati rispetto a vederli appesi a grucce o manichini. Sabrina che di bei vestiti era piena zeppa, e la “loro” – per così dire – cabina armadio nuova di zecca lo dimostrava, tanto che Joël le aveva chiesto, armandosi di pazienza, che cosa mai potesse servirle di tanto urgente. Lei lo aveva guardato impassibile stando in piedi davanti al divano dove lui si era steso con un libro in mano, le braccia sottili fasciate da un maglione di cashmere grigio chiaro, e quando aveva risposto di aver bisogno di lingerie nuova Joël aveva improvvisamente ritrovato la voglia di uscire di casa e di infilarsi scarpe e giacca. Tutto sommato assisterla nello shopping non sarebbe stato poi così male, si era detto il musicista con ritrovata energia, ma aveva iniziato ad intuire che ci fosse una fregatura dietro l’angolo quando la fidanzata lo aveva casualmente portato davanti alla vetrina di un negozio che confezionava costosissimi abiti da cerimonia maschili.
“Sabrina, te l’ho detto, di pensare al vestito non ho ancora nessuna voglia! Mancano mesi!”
“Anji vuole approvare il tuo outfit e insiste che tu non ti prenda all’ultimo! Ti conosce troppo bene.”
“E tu mentile!”
“Non posso, sai che fiuta le bugie legate alla moda da chilometri! Provati quello.”
Sbuffando infastidito Joël si era ritrovato a provare una giacca dietro l’altro – per lui tutte uguali – sotto lo sguardo critico di Sabrina, che per di più non sembrava affatto pentita di aver fatto ricorso all’inganno per trascinarlo fuori di casa.
“Beh, sappi che mi merito un completino nuovo.”
“Smettila di lagnarti, l’ho già comprato. Dovresti vestire di blu, sta bene con i tuoi occhi. Camicia bianca, scarpe color cuoio con cintura abbinata.”
Comprare una cintura nuova solo per abbinarla alle scarpe? Joël quasi rise di fronte ad un’idea tanto insensata, ma bastò un’occhiata severa da parte di Sabrina per ricordargli di essere invitato al matrimonio di Anjali Kumar, notoriamente dotata di raggi X in grado di captare la minima traccia di accessori non coordinati.
“Vada per la cintura.”


 
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Il soggiorno dell’attico zurighese era in pieno subbuglio: eleganti moodboard in toni neutri coperte da immagini che raffiguravano bouquet, torte nuziali e composizioni floreali erano state disseminate ovunque sul parquet a spina di pesce, e la superficie dell’elegante tavolino da caffè di marmo non era più visibile ormai da quasi un’ora, totalmente ricoperta da riviste e foto stampate di ogni dimensione.
La futura sposa, incapace di stare ferma, stava percorrendo l’ampio salone a grandi passi sfogliando inquieta la sezione di una rivista nuziale dedicata alle fedi, ancora fortemente indecisa sul modello da scegliere insieme ad Alphard, mentre sua madre, Aadhya, sedeva con innata grazia e compostezza sull’enorme divano color crema confrontando dei bouquet, tutti rigorosamente realizzati con delle peonie rosa. Mentre sua cugina Denali stava china sul tabellone che illustrava i tavoli del ricevimento per riuscire ad incastrare ogni ospite nel miglior modo possibile e Greta, la wedding planner assunta e profumatamente pagata da Aadhya, litigava al telefono con un qualche fornitore parlando in tedesco in un angolo della stanza Anjali smise improvvisamente di camminare, gemendo mentre si accasciava accanto alla madre gettandosi la rivista aperta contro il petto, lo sguardo smarrito:
“Ammu, non riusciremo mai ad organizzare tutto in tempo! io ci rinuncio.”
“Che assurdità vai dicendo? Sarà tutto perfetto, invece, non spaventarti. E poi mia figlia non si arrende mai. Denali, a che punto siamo con gli ospiti?”
Decisa a non lasciar precipitare l’umore generale la donna raddrizzò la schiena puntando risoluta i grandi ed espressivi occhi scuri sulla nuca della nipote, inginocchiata davanti a loro su un cuscino davanti al tavolo da caffè. Denali volse lo sguardo su zia e cugina cercando di non apparire troppo disperata, anzi si sforzò persino di accennare un sorriso con gli angoli delle labbra per quantomeno tentare di rassicurare Anjali:
“C’è la possibilità di far sedere qualcuno al bar, zia?”
“No di certo.”
“Allora sono in alto mare.”
Un gemito ancor più sentito si librò dalle labbra carnose di Anjali, che decise di nascondere il viso contro la spalla della madre trovando rifugio nel delicato profumo di camelie di Aadhya e nel suo rassicurante abbraccio, lasciando che la madre le accarezzasse dolcemente i capelli mormorando in hindi per assicurarle che tutto sarebbe andato per il meglio. Anjali Kumar era stata cresciuta con due convinzioni: quella di poter raggiungere qualsiasi obbiettivo qualora vi ci avesse riposto il dovuto impegno, e che sua madre era sempre e comunque nel giusto. Decise dunque di dare ascolto alle rassicuranti parole di Aadhaya, lasciandosi coccolare dalla voce vellutata della madre quanto una carezza sulla guancia, e quando la madre le sollevò delicatamente la rivista dal petto per aprirla e guardare le fedi insieme si sentì un po’ più rincuorata.
Le dita color caffellatte e piene di sottili anelli d’oro di Aadhya, a parere di Anjali la donna più bella ed elegante che fosse mai esistita, avevano appena iniziato a sfiorare le pagine patinate della rivista quando l’eco di un tintinnio di chiavi fuori dalla porta d’ingresso dell’attico fece sussultare tutte le presenti, inducendo Anjali a sgranare gli occhi blu inorridita e a mettersi a sedere di scatto sul divano:
“Alphard non doveva tornare prima di due ore!”
“Nascondi gli abiti, nascondi gli abiti!”
Denali scattò in piedi dimenticando i posti a sedere del ricevimento, correndo verso le bacheche su cui erano state infisse le foto riguardanti gli abiti: Anjali aveva già scelto il primo, quello della cerimonia, ma sugli altri due era ancora fortemente indecisa e in ogni caso quella era la parte delle nozze che di certo il futuro sposo non avrebbe dovuto scorgere nemmeno da lontano fino al giorno designato. Le parole di Denali riempirono d’orrore Anjali, che resasi conto di aver lasciato le foto dei possibili abiti in bella vista imitò la cugina alzandosi in piedi, seguendola per nascondere le foto – le moodboard vennero malamente gettate dalle due cugine nell’armadio a muro più vicino – mentre Aadhya chiudeva tutte le riviste a tema abiti nuziali, tutte ricoperte di post-it di vari colori che erano stati catalogati nel raccoglitore “Vestiti”, alla velocità della luce.
Le tre ripresero finalmente a respirare quando una manciata di secondi dopo dal soggiorno era stata fatta sparire ogni minima traccia di abiti nuziali, ma ogni sforzò finì col rivelarsi vano quando la porta si aprì e si richiuse, ma un suono di tacchi a spillo anticipò l’apparizione di Sabrina anziché quella di Alphard.
“Sabs?! Santa Chanel, ho perso dieci anni di vita!”
Di nuovo Anjali si accasciò sul divano, esausta da quella giornata che di finire proprio non ne voleva sapere, e Denali si affrettò ad aprire l’armadio per ritirare fuori l’armamentario mentre Sabrina, in piedi davanti alla porta a doppia anta aperta, le guardava accigliata e brandendo un cartone pieno di bicchieri di caffè:
“Perché? Scusate il ritardo, ho portato i caffè.”
“Sabrina, cara, pensavamo fossi Alphard e abbiamo nascosto tutte le foto degli abiti!”
Anche Aadhya sospirò mentre si faceva aria con un elegante ventaglio che raffigurava ciliegi in fiore per riprendersi dallo shock, allungando la mano decorata con l’hennè verso Sabrina per lasciarsi porgere il suo caffellatte di soia. Certo per lei organizzare le nozze della sua unica figlia costituiva una gioia immensa, specie considerando che lo sposo le era sempre andato più che a genio fin dal loro primissimo incontro, più di un anno prima. Quando Alphard si era presentato da lei e suo marito per chiedere la loro benedizione Aadhya aveva quasi mandato all’aria tavolo, caffè, dolcetti ed etichetta travolgendolo in un abbraccio per dargli il benvenuto in famiglia, ma ora che giugno si faceva sempre più vicino si rendeva conto di come avesse sottovalutato lo stress che l’organizzazione avrebbe provocato a lei e a tutte le donne della famiglia. Gli uomini, come al solito quando si parlava di nozze, poltrivano e davano pareri non richiesti che mai nessuno avrebbe ascoltato.
“Chiedo scusa, ma ora sono qui e pronta a vedere i tessuti dei tovaglioli.”
Mentre distribuiva i caffè caldi Sabrina sfoderò un largo sorriso, l’unica a conservare entusiasmo e buon umore nella stanza, e Anjali reagì annuendo seria, come se stessero organizzando una missione militare, prima di rivolgere un cenno perentorio alla cugina:
“Bene, perché la scelta è ampia. Denali, terzo settore, pagina 38.”
“Arrivo!”
Sabrina inarcò un sopracciglio quando scorse la cugina della sposa brandire un enorme raccoglitore color panna con la scritta “Decorazioni per i tavoli” dalla pila alta e pericolosamente traballante che era stata formata accanto al tavolo da caffè, poggiandolo sul vetro producendo un tonfo sordo che fece tremare le pareti per andare alla pagina giusta e mostrare alla Damigella d’onore tutti i campioni di tessuti che la sposa aveva adocchiato.
“Ma quanti sono?!”
“36, li ho contati io stessa.”
 

 
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Sabrina St John aveva deciso di porre fine ad una stancante giornata, epilogo di una settimana che era stata stressante fin dall’istante in cui aveva avuto inizio, concedendosi un lungo bagno caldo, un vizio a cui cedeva solo di tanto in tanto. Il bagno direttamente collegato alla sua camera da letto era avvolto dall’aroma floreale dei sali profumati miscelato alle candele alla rosa che Sabrina aveva acceso, e la strega teneva gli occhi chiusi, il capo reclinato appoggiato ad un asciugamano sul bordo della vasca, lasciandosi piacevolmente cullare dall’acqua calda, dagli aromi profumati e dalla musica soffusa che aveva acceso per cercare di far scivolare lo stress lontano dal suo corpo.
Fu solo quando udì un lieve bussare allo stipite dell’ingresso che Sabrina aprì gli occhi, appurando che Joël aveva aperto la porta che lei aveva lasciato socchiusa senza che se ne accorgesse. Il mago, reduce da un concerto, sorrise alla fidanzata mentre varcava la soglia del bagno socchiudendosi la porta alle spalle, avvicinandosi alla vasca per sedersi sul bordo e scrutare il suo viso più da vicino:
“Ciao.”
“Ciao. Com’è andata?”
“Bene. Come stai?”
Joël allungò la propria mano per cercare quella di Sabrina, che fece affiorare la propria dall’acqua e dalla soffice e profumata coltre di bolle con cui la vasca si era riempita per stringere quella del fidanzato mentre tornava ad appoggiare la nuca contro l’asciugamano, rispondendo con una vaga stretta di spalle e un mite sospiro:
“Stanca. Quando non lavoro organizzo un matrimonio, che ho scoperto essere una sorta di lavoro a sua volta.”
“Lo immagino. Cerca solo di non stressarti troppo… Anjali capirebbe, se ogni tanto avessi bisogno di una pausa. Devi solo dirglielo.”
Sabrina distolse lo sguardo, concentrandosi sulle bolle che la ricoprivano e spostandone pigramente un po’ con la mano mentre esalava un lieve sbuffo. Non le andava affatto che l’attenzione venisse spostata su di lei e sulla sua malattia, non quando si parlava del matrimonio della sua migliore amica: Anjali meritava ogni barlume della sua attenzione e delle sue energie, ed era ciò che intendeva fare per lei e per il giorno più importante della sua vita.
“È il suo matrimonio. E deve essere grandioso. Sarà grandioso.”
“Lo sarà senza dubbio, parliamo di Anjali e Alphard. Ma tu non ti stressare più del dovuto.”
Sabrina roteò gli occhi scuri in un poco convinto tentativo di apparire seccata dalle parole del fidanzato e dalla velata condiscendenza che esse trasudavano, ma il sorriso di Joël non vacillò e anzi il musicista chinò la testa per baciarla dolcemente sulle labbra, cancellando ogni traccia di fastidio dal bel viso della strega. I visi ancora a soli pochi centimetri di distanza, quando le loro labbra si furono staccate Joël studiò brevemente il viso di Sabrina prima di sorridere, gli occhi blu animati da un luccichio divertito:
“Me lo concederai un ballo, o sarai troppo impegnata a farti ammirare da tutti?”
“Vedrò, la mia agenda è molto fitta per quel giorno, sai com’è.”

 
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Ricevere l’invito per le nozze di Anjali e Alphard non aveva certo rappresentato una sorpresa per Silas St John, che aveva saputo delle nozze prima della sposa stessa: un paio di settimane prima della proposta Alphard gli aveva mandato una lettera per informarlo della sua intenzione di recarsi a Londra per comprare l’anello di fidanzamento ad Anjali e di coprirlo, avendole assicurato che in quei giorni il più giovane dei St John si sarebbe trovato nel Principato di Monaco, qualora la fidanzata avesse dovuto contattarlo. Silas aveva accolto la notizia con sincera gioia, elettrizzato all’idea di partecipare al matrimonio, e subito lui e suo padre avevano convenuto a proposito della necessità di comprarsi un vestito nuovo ciascuno.
Gli inviti erano già stati spediti ed arrivati ai rispettivi ospiti quando una sera Silas aveva cenato al Le Mirage in compagnia di suo padre, di Sabrina e di Joël, l’unico a non accogliere con entusiasmo l’idea di dover fare dello shopping.
“L’altro ieri sono andato dal mio sarto, e penso che opterò per un vestito a tre pezzi blu con quadri bianchi vuoti, solo con i bordi in vista.”
Gideon infilzò una foglia d’insalata – si stava impegnando per dimagrire un po’ in vista delle nozze, anche se la figlia continuava a ripetergli che di certo tutti sarebbero stati ad ammirare la sposa, non lui e la sua linea – brandendo un sorriso allegro che il figlio minore ricambiò, seduto alla sua destra. Sabrina sbocconcellava un pezzo di pane e Joël giocherellava con il cibo, affatto entusiasta:
“Io penso me ne farò fare uno con colori caldi, sono quelli che mi stanno meglio… magari color cammello con la camicia bianca.”
A me piacerebbe andare in tuta.”, mormorò Joël senza alzare lo sguardo, ma nessuno gli diede particolare retta. Sabrina si limitò a scoccargli una tiepida occhiata eloquente, pregandolo di avere pazienza, mentre Gideon si rivolgeva allegro al figlio minore:
“Il tuo amico riesce a venire, alla fine?”
“Sì, è tutto confermato. Come più uno porterò Asher, così io, lui e Meadow avremo la scusa per stare un po’ tutti e tre insieme. Geniale!” Silas spostò i grandi occhi ambrati dal padre per farli indugiare sul bel viso della sorella, spiegandole l’idea geniale che aveva avuto un paio di settimane prima, quando un gufo gli aveva recapitato l’invito a Londra. Meadow sarebbe andata al matrimonio con suo zio, e l’idea di portare Asher con sé gli era subito balenata in mente.
“Sarete sicuramente la coppia più carina delle nozze. Dopo gli sposi, certo.”
Sabrina indirizzò un sorrisino al fratello minore, che invece di indispettirsi annuì e stette al gioco, assicurandole che sarebbe andata proprio in quel modo. L’unica cosa di cui doveva preoccuparsi erano gli outfit dei suoi amici, ma per quello c’era un rimedio molto semplice: di lì ad una settimana avrebbe visto Meadow per trascinarla in giro per negozi dopo averle fatto giurare di non comprare nessun abito senza la sua autorizzazione.
Mentre Joël si domandava silenziosamente quanto alta fosse la possibilità che qualcuno notasse un suo eventuale cambio d’abito durante i festeggiamenti – gli altri invitati se ne sarebbero accorti se uno dei musicisti avesse improvvisamente sfoggiato una t-shirt a metà serata? – Gideon rivolse la sua attenzione alla figlia, sorridendo dolcemente a Sabrina mentre la strega guardava storto il suo tristissimo filetto di pesce azzurro:
“Il tuo vestito com’è, tesoro?”
“Rosa. E non sono autorizzata a dire altro, Anji vuole che tutto resti una sorpresa. Ci sarà molto rosa, è l’unica cosa che posso dire.”
“Sarai bellissima in ogni caso, sicuramente la più bella dopo la sposa.”
“Attento papà, Silas si offende.”
 
 
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Quando Anjali gli aveva dato appuntamento in quello che aveva tutta l’aria di essere l’Hotel più caro di tutta la città Joël non aveva provato il benchè minimo stupore, limitandosi a varcare l’austera soglia dell’imponente edificio che si affacciava direttamente sul Lago di Zurigo ignorando lo sguardo pregno di non tanto velata disapprovazione del rigido portiere in divisa a causa del suo abbigliamento poco consono e guardandosi attorno con un sopracciglio inarcato, visibilmente scettico. No, il lusso sfrenato non sarebbe mai stata cosa per lui, ma conoscendo la sua amica non aveva immaginato niente di meno quando Anjali gli aveva fatto recapitare un biglietto con indirizzo pochi giorni prima mediante il suo gufo reale. Un biglietto che profumava di fiori, come aveva avuto modo di appurare con sgomento Joël quando si era ritrovato l’elegante carta da lettere tra le mani, chiedendosi come riuscisse la sua amica a lasciare tracce di perfezione su qualsiasi oggetto sfiorasse.
Dopo essersi recato al bar dell’Hotel seguendo le istruzioni di Anjali Joël era stato scortato da un cameriere fino all’ampia terrazza del pian terreno, che correva lungo tutta la facciata dell’edificio, e aveva preso posto su un divanetto color sabbia dall’aria molto costosa attendendo l’arrivo dell’amica inforcando gli occhiali da sole e facendo vagare lo sguardo sull’acqua del lago, che brillava sotto la luce del sole primaverile come se la sua superficie fosse stata cosparsa da pietre preziose.
Anjali lo raggiunse con il suo consueto ed elegante ritardo, più o meno di cinque minuti, e varcò una delle portefinestre a vetri che dalla sala interna conduceva alla terrazza ringraziando con un sorriso cortese il cameriere che l’aveva accompagnata, i capelli lucenti tirati indietro da un cerchietto di tweed color panna abbinato al vestito e gli occhi chiari protetti dalle lenti scure degli occhiali da sole. Quando il cameriere le indicò Joël, già accomodato davanti al tavolo che lei stessa aveva prenotato, Anjali lo ringraziò e subito si diresse verso l’amico muovendosi leggiadra in mezzo a tavoli e sedie con un paio di decolleté nude dalla suola rossa ai piedi e una Lady Dior rosa cipria in mano, donandogli un candido sorriso distendendo le labbra carnose quando lo vide alzarsi in piedi per accoglierla:
“Mon ami! È bello vederti, mi sembra passato un secolo… l’organizzazione del matrimonio è più stressante di quello che immaginavo.”
Anjali si fermò dinanzi all’amico affinché si scambiassero il tipico doppio bacio di saluto sulle guance, sospirando con aria terribilmente affaticata mentre faceva cenno a Joël di tornare a sedersi sul divano: l’amico obbedì brandendo uno dei suoi più celebri sorrisi simili ad un sogghigno, guardandola sedersi sulla sedia di metallo coperta da cuscini color sabbia sistemata accanto all’estremità del divanetto vicina a lui accavallando con grazia le gambe lasciate nude dal vestito lungo fino al ginocchio.
“Non avete assunto la wedding planner più famosa di tutta la Svizzera?”
“Oui, ma è faticoso comunque! Tutti vogliono la mia opinione su tutto, ovviamente.”
A Zurigo la primavera sembrava essere stata già stroncata dal caldo estivo da qualche giorno a quella parte, tanto che Anjali non tardò a sfilare dalla costosissima borsetta un ventaglio coperto da fiori dipinti a meno per farsi aria con grazia, attendendo che un cameriere venisse a prendere la loro ordinazione mentre si godeva la vista del Lago di Zurigo. Joël si sforzò con tutto se stesso di non fare commenti sarcastici a riguardo per non rischiare di essere gettato giù dal terrazzo atterrando sopra ad una delle lussuose vetture degli ospiti dell’Hotel, limitandosi ad annuire come se il problema dell’amica fosse della massima serietà:
“Lo immagino. Del resto il tuo è un gusto impeccabile.”
Joël era esperto di musica quanto del tutto digiuno di beni di lusso, ma persino lui notò con una certa dose di sgomento come il tessuto del cerchietto di Anjali sembrasse esattamente il medesimo, nonché dello stesso colore, del vestito con maniche a tre quarti e doppia abbottonatura dorata indossato dall’amica. Anjali Kumar era forse l’unica persona di sua conoscenza in grado di abbinare a tal punto abiti e accessori.
“Spero vivamente che tu non sia sarcastico, perché è proprio così. In più, sono determinata a sposarmi una volta sola, dunque deve essere tutto perfetto. Che ne pensi di questo posto, comunque? La Réserve Eden au Lac Zurich è il mio Hotel preferito, in città. E il ristorante è ottimo, segnatelo per portarci Sabs.”
“Chissà perché lo avevo immaginato. Ma perché vederci qui e non a casa tua?”
“Figurati, è tutta in disordine, piena di moodboard sulle nozze fino a scoppiare! E non si accolgono mai ospiti se la casa non è in ordine.”
Anjali scosse la testa facendosi aria col ventaglio con una punta di stizza, come se la sola idea la facesse rabbrividire. Joël si astenne dal farle notare come per lui qualche lavagna, o peggio, persino un soprammobile spostato non avrebbero certo costituito un problema, limitandosi ad ordinare un caffè quando un cameriere incapace di distogliere lo sguardo dalla sua splendida amica li raggiunse per ordinare.
Pochi minuti dopo Anjali assaporò un primo sorso di tè alla rosa, il suo preferito, servito in una tazza dipinta a mano che Joël avrebbe auto timore di maneggiare tanto sembrava cara, annuendo soddisfatta prima di riporre la tazza sul piattino coordinato e allungarsi verso il basso tavolino di vetro con finiture in metallo posto in mezzo a loro per prendere una tartelletta alla frutta dall’alzata per dolci e, finalmente, arrivare al motivo del loro incontro:
“Dunque. Parliamo di musica.”
“Ah sì? Pensavo mi avessi convocato per un consiglio di moda, pensa te.”
Questa volta il sarcasmo si impossessò del suo corpo prima che Joël potesse cacciarlo, ma subito il sorriso di scherno svanì dal bel viso del musicista quando colse l’occhiata severa che Anjali gli scoccò da dietro le lenti degli occhiali da sole:
“Meno sarcasmo e più attenzione, prego, la sposa sta per parlare. Ovviamente non intendo monopolizzarti per tutta la sera, sei prima di tutto un invitato e per di più l’accompagnatore della Damigella d’onore e voglio che tu ti diverta, ma mi piacerebbe se suonassi qualcosa per me, quel giorno.”
“Con piacere. Consideralo parte del mio regalo. A che cosa pensavi?”
Lieto di essere entrato in un argomento a lui familiare, nonché di poter contribuire a rendere felice una dei suoi amici più cari nel suo giorno speciale, Joël mise da parte ogni ironia facendo apparire un blocco per appunti a spirale e una penna, sollevando verticalmente la copertina rigida di cartoncino per trascrivere le indicazioni di Anjali. La strega, metà tartelletta ancora intatta, finì di masticare il suo boccone coprendosi con grazia le labbra con la mano sinistra facendo scintillare il vistoso anello di fidanzamento sotto la calda luce del sole pomeridiano, aspettando educatamente di deglutire prima di rispondergli facendo dondolare distrattamente il piede sinistro:
“Dunque, ovviamente vorrei che suonassi il violino mentre mi dirigo verso il meraviglioso gazebo coperto di fiori dove io e Alphy pronunceremo i voti… E pensavo di affidarti l’accompagnamento musicale del primo ballo.”
“Canzone?”
Strangers in the Night.”
Joël conosceva molto bene la canzone in questione, non a caso viveva con una fan di Sinatra in piena regola, e sorrise mentre scarabocchiava rapido il titolo sul sottile foglio di carta, conscio di quanto sarebbe stata perfetta per un matrimonio elegante come quello dell’amica.
“Allora porterò anche il sassofono. Posso suonare anche altro, se vuoi, tu dimmi solo le canzoni a cui pensavi.”
“Vorrei che venisse suonata Everlasting Love, è la mia canzone preferita. E Isn’t it romantic di Ella Fitzgerald, a me e ad Alphy piace molto. Però mi dispiacerebbe fartela suonare e privare Sabrina di ballarla con te, anche a lei piace molto… beh, di sicuro non faticherebbe a trovarsi un altro cavaliere, è ovvio.”
“Molto gentile da parte tua essere così premurosa.”
Anjali sbuffò di fronte al tono eloquentemente piatto dell’amico, agitando con noncuranza la tartelletta alla crema verso di lui come a dirgli di non preoccuparsi:
“Rilassati, sto scherzando, non le presenterò certo uno dei ricchi amici di Alphy! Anzi, dovrò spargere la voce in fretta sul fatto che è fidanzata, o le ronzeranno tutti attorno...”
Non ho nulla da obbiettare.”
Anjali annuì, appuntandosi mentalmente di farlo al più presto – aveva proprio troppe cose da fare in vista del matrimonio, pensare che la settimana precedente aveva persino scordato l’appuntamento per la manicure per la prima volta in tutta la sua vita – prima di addentare quel che restava del suo dolcetto alla frutta. Il dolce retrogusto delle fragole ancora le avvolgeva la bocca quando le venne in mente qualcosa, inducendola a sorridere allegra all’amico mentre gli occhi azzurri le brillavano entusiasti:
“Ovviamente ci sarà anche tutta la discografia degli Abba, ma quella non sarà un tuo problema. Non vedo l’ora!”
“Chissà Alphard che contento sarà…”
Anjali liquidò il discorso e il sorrisino dell’amico con un pigro gesto della mano, riprendendo la tazza di tè assicurandogli che Alphard non avrebbe di certo avuto da ridire sulla playlist della serata: di certo sarebbe stato troppo occupato a contemplare la propria incommensurabile felicità per prestare particolare attenzione alla musica da lei scelta a sua insaputa.

 
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Una sera di fine aprile Joshua seppe che la sua ora era ormai giunta: tornò a casa e vide un’ampia busta di carta sottile e patinata appoggiata sul divano del soggiorno. Una busta che di certo conteneva un costoso capo di abbigliamento, e le sue deduzioni trovarono una conferma quando Meadow fece irruzione nella stanza, avendolo sentito rientrare, brandendo un ampio sorriso soddisfatto:
“Zio, ho trovato il vestito! È semplice, lungo e rosso con lo spacco, bellissimo! Silas dice che dovrei tenere i capelli sciolti pettinati un po’ all’indietro e mettere solo degli orecchini pendenti.”
“Sono molto felice per te.”
Joshua cercò di schivare la nipote e di fuggire verso le scale, ma i suoi riflessi non si rivelarono sufficientemente scattanti: Meadow lo placcò piantandoglisi davanti a braccia incrociate, gli occhi a mandorla puntati minacciosi sul suo viso pallido e un’espressione pericolosamente risoluta in volto.
“Fermo, fermo, fermo. Ricordati che devi prendere un vestito nuovo anche tu. Alphard se la prenderebbe se andassi alle sue nozze vestito male, penserebbe che non ti importa!”
Joshua trovava ridicolo spendere un patrimonio in un vestito nuovo per un matrimonio che non era il suo, ma sapeva anche che Meadow aveva ragione. Mancavano due mesi al matrimonio delle due persone più eleganti e raffinate che conoscesse, e non aveva la più pallida idea di come conciarsi, ma allo stesso tempo il suo odio verso i negozi, specie quelli di lusso, perseverava nel tenerlo il più lontano possibile dalle vetrine. Il mago deglutì a fatica, annuendo mentre cercava di svicolare e di raggirare la nipote per superarla e fuggire da quella conversazione:
“Certo che mi importa, siamo anche andati in quel dannato negozio spocchioso per prendergli il regalo seguendo la lista chilometrica di Anjali! A che cosa gli serviranno, poi, quei vasi di cristallo che abbiamo preso…”
“Anjali ama i fiori freschi, svegliati! Devi andare a fare shopping anche tu. Posso portare Silas, se serve un consulto e Alphard è troppo impegnato per starti dietro. Silas è un cretino, ma ha obbiettivamente molto buongusto.”
“Ok, va bene, ora fammi andare di sopra.”
Joshua, desideroso di levarsi dai piedi, acconsentì prima di rendersene conto. Se ne sarebbe amaramente pentito due settimane dopo, quando fu costretto ad un intero pomeriggio in compagnia di sua nipote e di uno dei suoi migliori amici: quei due chiacchieravano così tanto che trascorse la sera immediatamente successiva sul divano, gli occhi chiusi e afflitto da un lancinante mal di testa, ma almeno ne valse la pena dato che una busta simile a quella sfoggiata da Meadow due settimane prima faceva ora capolino sul pavimento, accanto al camino.
E lì sarebbe rimasta per all’incirca una settimana, dato che Joshua avrebbe finito col scordarsi della sua esistenza.
 
 
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14 giugno
Giorno delle nozze
 
 
Joël Moyal aveva lasciato la strada principale per inoltrarsi verso l’aperta campagna da ormai una ventina di minuti, solo al volante dell’Alfa Romeo d’epoca di Sabrina in compagnia dei suoi strumenti musicali, riposti con cura sui sedili posteriori, e di una canzone jazz mentre sfrecciava canticchiando a mezza voce in mezzo ad ampie distese di campi e prati incolti, i capelli castani leggermente mossi dalla brezza attorno alla testa. Il cielo sopra di lui era azzurro e terso e l’auto bianca brillava più che mai sotto ai caldi raggi del Sole mentre si muoveva rapida lungo la strada coperta di ghiaia che, stando alle parole di Anjali, avrebbe direttamente condotto a destinazione il musicista.
Joël aveva sete e moriva dalla voglia di scendere dall’auto per sgranchirsi le gambe, tanto che fu con sollievo che scorse, in lontananza, le alte e sottili quanto inconfondibili sagome di due lunghe file di cipressi, segno del suo essere ormai in dirittura d’arrivo per l’umilissima location che Anjali e Alphard avevano scelto per celebrare la loro unione. Appurato di essere in perfetto orario – ovvero in anticipo rispetto ai normali ospiti, come aveva ordinato la sposa – Joël abbozzò un sorriso e rilassò le spalle, godendosi gli ultimi istanti di quiete e solitudine che avrebbero preceduto una giornata a dir poco frenetica mentre si guardava attorno, facendo scivolare lo sguardo sugli alti alberi che lo circondavano. Perché nel sud dell’Europa le residenze di lusso di campagna fossero sempre precedute da file e file di cipressi, alberi che per quel che ne sapeva si trovavano anche nei cimiteri, Joël non era del tutto sicuro di averlo ancora compreso, ma i suoi pensieri vennero rapidamente distolti dalla flora circostante quando, giunto a metà del viale, riuscì a scorgere la facciata dell’edificio che figurava al termine di esso.
Alto, pallido, elegante e simmetrico, quello che aveva davanti era uno Château in piena regola, qualcosa che forse di distoglieva non di poco dal suo gusto personale ma che, dovette ammetterlo brandendo un sorrisino divertito, rispecchiava in pieno la sua cara amica Anjali. Di certo lei e Alphard non avrebbero potuto scegliere un luogo più adatto a loro e al loro gusto, appurò il musicista mentre rallentava l’andamento delle vettura in prossimità dell’ampio piazzale di ghiaia che precedeva l’ingresso dell’immensa villa. C’erano già alcune auto posteggiate ai lati del piazzale – più o meno tutte molto costose, ma la cosa non lo sorprese granché –, e Joël non tardò ad affiancare una lucente berlina nera prima di spegnere il motore, recuperare le custodie di violino e sassofono e la borsa da viaggio che aveva portato con sé e aprire la portiera bianca per mettere finalmente piede fuori dall’auto.
Fu una gioia toccare finalmente terra, ma la pace e il sollievo durarono poco: Joël aveva appena varcato la soglia dello Château aprendosi da sé la porta principale con la massima nonchalance e si stava guardando attorno per contemplare l’ampio ed elegante salone d’ingresso pieno di luce quando un suono di passi rapidi e visibilmente affrettati anticipò la comparsa di una delle donne che il musicista, negli ultimi mesi, aveva imparato a meno gradire in assoluto: Greta, la wedding planner di Anjali ed Alphard, apparve alla base della rampa di destra che, congiungendosi con quella opposta in un pianerottolo di marmo, dava origine alla scalinata d’ingresso. La donna, che stava discutendo con discreto fervore parlando in tedesco al telefono, si allontanò brevemente il dispositivo dall’orecchio per gettargli un’occhiata torva e abbaiargli di seguirla in un francese reso più spigoloso dall’accento, tornando subito dopo a concentrarsi sul suo sventurato interlocutore – le sue nozioni di tedesco gli permisero facilmente di capire che doveva esserci un qualche tipo di inconveniente riguardo alle peonie – risalendo la rampa di scale senza preoccuparsi di controllare che Joël stesse obbedendo agli ordini o meno.
Era bastato poco per appurare di non starle affatto simpatico, ma la cosa era fortemente reciproca, tanto che durante tutta l’organizzazione delle nozze Joël, parlando con Sabrina, si era rivolto alla donna con l’appellativo di “Crudelia” o “Rottermeier”, tanto per omaggiarne l’accento. A nulla erano serviti i tentativi di Sabrina di ricordargli come il personaggio in questione fosse tedesco e non svizzero, ormai Joël aveva deciso che il nome le calzava a pennello.
Per un istante, mentre si affrettava a salire in gradini per evitare di perdersi e scatenare l’ira funesta di Anjali arrancando insieme ai suoi strumenti, Joël si domandò preoccupato se Crudelia non lo stesse conducendo di proposito in un angolo remoto del castello per toglierlo di mezzo. La donna, smesso finalmente di discutere al telefono, si voltò per gettargli un’occhiata pregna di disapprovazione senza però accennare a voler rallentare il passo, procedendo con lunghe falcate lungo un corridoio dall’immacolato pavimento di marmo e silenzioso in modo quasi surreale:
“In quest’ala alloggiano gli ospiti della sposa, nell’ala est quelli dello sposo. Devo accompagnarla da lei, che si sta preparando, mi auguro che niente finisca con l’infastidirla.”
Crudelia sembrava convinta che il suo arrivo anticipato fosse motivo di disturbo e del tutto immotivato, come se non si trattasse di uno dei migliori amici della sposa, nonché fidanzato della Damigella d’onore, nonché ufficiale intrattenitore musicale delle nozze, ma Joël si limitò a sfoderare uno sfavillante sorriso e a sbattere le lunghe ciglia, ringraziandola di cuore per la sua gentilezza con tono amabile. Crudelia, per tutta risposta, gli mostrò una smorfia prima di girarsi.
Fu una gioia per Joël scorgere Sabrina in fondo ad un altro corridoio – si pentì presto di non aver srotolato un filo per rammentare la strada tanto il luogo sembrava labirintico –, in piedi ad aspettare il suo arrivo già truccata e con una sottile vestaglia di raso nero allacciata in vita.
“Eccoti finalmente! Grazie Greta.”
Sabrina donò un sorriso alla donna, che ricambiò smentendo le teorie di Joël in merito alla sua congenita incapacità di muovere i muscoli facciali prima di varcare la soglia della porta a doppia anta bianca accanto a loro, forse per andare a conferire con la sposa. Per i pochi istanti in cui la porta rimase aperta Joël ebbe l’impressione di sentire qualche lamentela da parte di Anjali in merito al suo brutto naso, ai suoi brutti capelli e al suo essere un disastro, ma invece di prestare caso alle follie dell’amica Joeel indicò, indignato, la porta chiusa:
“Perché tu le stai simpatica e io no?!”
“Perché io sono favolosa, piaccio a tutti. È bello vederti.”
Dopo una lieve scrollata di spalle Sabrina accennò un sorriso, strinse il viso del fidanzato tra indice e pollice e gli scoccò un lieve bacio a stampo sulle labbra, concedendogli qualche istante per ammirarla e sfoderare uno dei suoi classici sorrisi sornioni:
“Sei bellissima.”
“Sono in vestaglia e sottoveste.”
“Appunto.”
Posati a terra borsone e custodia del sassofono Joël si sfilò gli occhiali da sole per infilarseli tra i capelli, sorridendo ammiccante alla fidanzata mentre Sabrina, sbuffando, lo colpiva piano sul braccio lasciato nudo dalla sua maglietta:
“Piantala. Allora, questa è la chiave della nostra stanza, vai a vestirti e poi torna qui, Anjali vuole assicurarsi che sia tutto a posto… e anche dare la sua approvazione al tuo vestito.”
“Devo andare da solo?! Sei pazza? E se la Rottermeier mi ha teso una trappola?!”
Joël strabuzzò gli occhi, improvvisamente preoccupato, ma Sabrina si strinse nelle spalle, serena e rilassata:
“In tal caso sono sicura che qualcun altro potrà suonare al posto tuo. Forza, muovi, è di là, terza porta a sinistra… è una delle stanze più belle, pare, quindi ti conviene suonare bene.”
Dopo aver ricevuto una pacca incoraggiante sulla spalla e la chiave della stanza a Joël non rimase che allontanarsi esibendosi in un cupo borbottio, sentendosi la vittima sacrificale della situazione mentre Sabrina lo guardava allontanarsi salutandolo con la mano. Disgraziatamente non aveva tempo per impedire a Joël di perdersi, aveva una sposa e amica in piena crisi a cui far fronte, e non tardò a rientrare nell’immensa suite dove Anjali e le damigelle si stavano preparando in compagnia della madre della sposa, che sedeva sull’ottomana addossata ai piedi del letto a baldacchino facendosi aria con un ventaglio, armata di grazia e disinvoltura.
“Anji, eccomi, sono qui.”
Dopo essersi chiusa la porta alle spalle Sabrina si affrettò a raggiungere la toeletta davanti alla quale Anjali aveva appena finito di essere truccata e pettinata, guardandola controllarsi le unghie fresche di manicure con espressione ansiosa prima di guardarla con sguardo spaurito, gli occhi blu a cercarla come se da lei fosse dipesa tutta la sua vita:
Dove caspita eri finita?! Sei stata via un’eternità!”
“Scusa tesoro, ho dato istruzioni a Joël. tra poco sarà qui.”
Sabrina sorrise dolcemente all’amica mentre stringeva la mano che Anjali aveva allungato verso di lei, accarezzandole dolcemente la pelle decorata con l’hennè mentre Denali, in piedi alle spalle della cugina, cercava di allacciarle al collo le collane d’oro di Aadhya destreggiandosi tra i movimenti nervosi della sposa.
“Bene, ok. Almeno è arrivato. Ammu, sei sicura che i tuoi gioielli mi stiano bene?!”
Aadhya, chiedendosi perché avesse atteso quel giorno con tanto fervore fin dalla nascita della figlia – a sapere che le sarebbe venuta un’ulcera avrebbe atteso un po’ meno – roteò vistosamente gli occhi scuri, al sicuro dallo sguardo ansioso di Anjali, prima di annuire con un sospiro:
“Sì tesoro, sei bellissima, rilassati! E ti prego, niente vaneggiamenti su fughe varie in stile Julia Roberts!”
Anjali piagnucolò perché Julia Roberts, ora che ci pensava, in quel film era stata molto più bella di lei, ma fortunatamente la nuova ondata di disperazione venne interrotta dall’incursione nella stanza da parte di Briar, che spalancò la porta indossando già il suo lungo abito rosa cipria dopo essere stata mandata in missione nell’altra ala del castello, a controllare la suite dove si stava preparando lo sposo:
“Sono andata a ficcanasare da Alphard, è quasi pronto.”
“Ed è agitato?”
Dimenticatasi Julia Roberts Anjali si mosse ruotando il busto sulla sedia, costringendo Denali a trattenere un’imprecazione tra i denti mentre reggeva una pesante collana mentre Briar, chiusasi la porta alle spalle, scuoteva la testa:
“Tranquillissimo.”
La risposta, al contrario delle aspettative di Briar, non arrecò alcuna gioia alla sposa: Anjali sbuffò e scosse la testa con disapprovazione mentre tornava a sedere rivolgendosi allo specchio, facendo cenno a Denali di allacciarle la collana senza rovinare l’acconciatura che i parrucchieri da poco congedati avevano appena finito di realizzare.
“Li odio gli uomini! A loro basta farsi la doccia e la barba e sono pronti, io mi sono alzata all’alba e non ho chiuso occhio!”

 
“Sei bellissimo tesoro!”
Alphard smise di contemplare il proprio riflesso nello specchio a figura intera che aveva davanti, pronto per la cerimonia – una parte di lui ancora stentava a realizzare di essere seriamente sul punto di sposarsi – senza neanche un capello fuori posto, lavato e profumato e con il suo costosissimo abito a tre pezzi nero addosso. Sua sorella gli aveva appena appuntato un minuscolo bocciolo di peonia sul vestito quando sua madre, in piedi alle sue spalle, riprese a singhiozzare copiosamente, trattenendosi appena in tempo dal soffiarsi d’istinto il naso con la stola di seta che si era adagiata sulle spalle:
“Mamma, non piangere, basta… Qualcuno ha un fazzoletto per la mamma?!”
Alphard si esibì in un rumoroso sospiro prima di dare le spalle allo specchio per far rimbalzare lo sguardo sugli altri presenti, da suo padre fino ai suoi testimoni, tutti presi alla sprovvista e impegnati a tastarsi le tasche prive di fazzoletti. Fortunatamente ci pensò sua sorella a tirare provvidenzialmente fuori l’ennesimo fazzolettino dalla sua borsetta, consegnandolo alla madre tra uno sbuffo e l’altro:
“Li avevo portati per me, mamma, ti avevo detto di preparare la scorta! Alphard non è ancora di sotto e stai già piangendo come una fontana.”
Hydra accusò piagnucolando la figlia di essere crudele e insensibile nei confronti dei suoi sentimenti e della sua felicità, perché ormai aveva perso ogni speranza di vedere il suo unico e amato figlio maschio sposato, interrompendosi solo per soffiarsi il naso e concedendo così ai due figli la possibilità di scambiarsi un’occhiata in tralice.
Preoccupato che la madre potesse allagare lo Château dove avrebbero dovuto alloggiare fino al giorno seguente Alphard si affrettò a proporre di scendere e di recarsi finalmente al gazebo, ignorando il più possibile il lieve tremolio alle gambe che aveva iniziato a colpirlo mentre usciva dalla Suite tenendo un braccio allacciato a quello della madre e uno a quello della sorella, che gli donò un sorriso e una rassicurante pacca sulla spalla che contribuirono a tranquillizzarlo solo in parte: fino a poco prima rilassatissimo, all’improvviso Alphard sperò con tutto se stesso di non scordarsi di punto in bianco le promesse a causa dell’emozione una volta vista Anjali.
 
 
Poco meno di mezz’ora dopo essersi congedato da Sabrina, quando gli ospiti avevano già iniziato ad arrivare alle porte dello Château per raggiungere la sede dalla cerimonia avvolti da abiti colorati e con flûte pieni di mimosa in mano, Joël bussò e aprì di nuovo la porta della suite di Anjali vestito di tutto punto e armato di spartiti, un sorriso sulle labbra:
“Ho fatto la doccia e la barba, sono pronto per te Anji cara. Ah, c’è anche lei.”
Appurata la presenza di Crudelia Joël smise bruscamente di sorridere, chiudendosi la porta bianca alle spalle scoccando un’occhiata che tradiva una malcelata antipatia in direzione della donna, che non tardò a ricambiare dopo averlo brevemente squadrato dalla testa ai piedi:
“Io organizzo le nozze. Lei cosa fa qui?”
“Io ci suono, alle nozze.”
“Fatela finita immediatamente, non ho tempo per starvi dietro. Joël, caro, vieni qui e dimmi che sei pronto.”
Anjali, finalmente vestita e pronta per la cerimonia indossando un abito bianco tradizionalmente indiano, con tanto di velo lungo fino alle caviglie e una gonna a vita alta decorata da perle e ricami abbinata al corpetto, gettò un’occhiata ansiosa all’amico prima di fargli cenno di avvicinarsi allungando una mano verso di lui, facendo tintinnare i numerosissimi bracciali che le decoravano entrambi i polsi mentre Joël, accantonando il suo astio personale, volgeva lo sguardo sull’amica allargando le labbra in un sorriso:
“Prontissimo. Tu sei pronta?”
“Credo di sì. Come sto? Ho bisogno della tua brutale sincerità.”
Anjali annuì con lieve nervosismo mentre si tormentava l’orlo del velo con le dita abbellite da hennè e anelli, le unghie dipinte di bianco, lasciando che Joël le stringesse la mano destra nella propria prima di sorriderle, più sincero che mai:
“Bellissima, troppo per essere descritta.”
“Spero che lo pensi anche Alphy.”
Anjali, più insicura di quanto non lo fosse mai stata in tutta la sua vita, sospirò mestamente mentre Denali, pronta con il suo abito rosa da damigella e il bouquet della cugina in mano, alzava esasperata gli occhi al cielo e Sabrina, in piedi alle spalle della sposa davanti alla finestra, gettava un’ultima occhiata all’angolo del parco dove si sarebbe svolta la cerimonia prima di rivolgersi all’amica con un frettoloso gesto della mano:
“Lo penserebbe chiunque. Forza, a breve è ora di andare, tuo padre è fuori che aspetta.”
“Santa Grace Kelly, spero di non cadere davanti a tutti… Dite a mio padre di tenermi stretta!”
Mentre Anjali si esibiva nei suoi ultimi piagnistei da panico pre-matrimoniale e Aadhya cercava di tranquillizzarla rassettandole abito e velo Sabrina raggirò l’amica a prese delicatamente Joël per il gomito, spingendolo da parte per dirgli qualcosa a bassa voce:
“Vai di sotto con il violino, ci vediamo dopo. Sei bellissimo, comunque.”
Malgrado la tensione crescente accumulata a partire dai giorni precedenti – quel matrimonio le avrebbe fatto venire i capelli bianchi prima del tempo se non fosse stato celebrato in fretta – Sabrina lo guardò donandogli un sorriso e accarezzandogli dolcemente il bavero del blazer blu, gli occhi scuri finemente truccati e i capelli che le ricadevano lucenti e vaporosi attorno al viso abbronzato, incorniciandoglielo.
“Grazie. Anche tu.”
Sabrina aveva uno strato di rossetto costosissimo sulle labbra e pertanto non lo baciò, limitandosi a donargli un ultimo sorriso prima che Joël, intuito di doversi sbrigare – senza contare il rischio di perdersi e di non giungere mai a destinazione – le strizzasse l’occhio per poi girare sui tacchi e dirigersi verso la porta. L’ultima cosa che udì, prima di chiudersi l’anta alle spalle ritrovandosi ad un ansiosissimo padre della sposa, fu la voce di Sabrina rivolgersi perentoria alla loro migliore amica:
“Anji, andiamo a farti sposare.”
Joël doveva andare a recuperare il suo violino e poi prodigarsi per trovare il luogo della cerimonia, pertanto dopo essersi raddrizzato il gilet del vestito si limitò a sorridere al padre di Anjali e a depositargli un’incoraggiante pacca sulla spalla prima di allontanarsi lungo il corridoio:
“Signor Kumar, buona fortuna.”
Qualcosa gli diceva che il padre della sposa ne avrebbe avuto un gran bisogno.


 
divisore

gazebo


Faceva troppo caldo per indossare giacca e camicia, almeno per i suoi gusti, ma Meadow gli aveva severamente ordinato di non azzardarsi a togliersi il blazer prima della fine della cerimonia più e più volte da che avevano aperto occhio quella mattina, e Joshua non aveva alcuna intenzione di arrecare fastidio a lei o alla sposa: il suo piano consisteva nell’arrivare sul luogo, prendere posto e assistere in silenzio e senza dare nell’occhio, missione che fallì miseramente nel momento in cui, scorti Silas ed Asher, Meadow cacciò un gridolino acuto e gli ficcò il suo mimosa tra le mani prima di correre verso i due amici calpestando il tappeto bianco che era stato srotolato in mezzo alle due colonne di sedie in tinta e ad infinite ed eleganti composizioni floreali. Ritrovatosi solo nel bel mezzo delle sedie, con due bicchieri in mano e non sapendo bene dove sedersi – se non di dover occupare un posto nella colonna degli ospiti dello sposo – Joshua esitò, a disagio, prima di occupare la prima sedia che gli capitò a tiro, pregando che nessuno decidesse di avvicinarglisi per fare conversazione mentre uno dei numerosissimi inservienti delle nozze si affrettava a lisciare, sbuffando, le pieghe che Meadow aveva creato nel tappeto con la sua breve corsetta sui sandali col tacco basso che portava ai piedi.
Era un sollievo che quel giorno fosse arrivato, si disse il fabbricante di bacchette mentre Joël Moyal, armato di violino, lo superava camminando con falcate lunghe e decise sul tappeto bianco, procurando un inizio di esaurimento nervoso in chi aveva allestito la location. Raggiunta la base del gazebo bianco dove Alphard e Anjali sarebbero stati diventati marito e moglie Joël si fermò davanti ai tre gradini, gettando una rapida occhiata e un cenno di saluto in direzione dello sposo, già in piedi al suo posto e impegnato a farsi meticolosamente sistemare il fiore all’occhiello, la cravatta nera e i polsini della giacca ornati da gemelli d’oro da sua madre. Joël, impegnato ad ammirare la bellezza generale che aveva pervaso ogni singolo ambito dell’ambiente circostante, dal gazebo coperto di fiori fino alle sedie e alle composizioni di peonie e rose che dovevano essere costate un occhio della testa ciascuna, si picchiettò l’archetto del violino che un tempo era appartenuto a suo nonno con una piccola dose di ansia da palcoscenico che di norma non gli apparteneva prima di un’esibizione. Probabilmente, si ritrovò a considerare con un sorriso, era dovuto al fatto che mai e poi mai si sarebbe sognato di ritrovarsi a suonare ad un matrimonio. Tantomeno quello della persona più esigente e pignola che avesse mai avuto il piacere di conoscere.
Silas ed Asher erano arrivati insieme allo Château a bordo della Porsche nera decappottabile di Silas, che aveva guidato con scarsa prudenza sfrecciando tra le strade del Sud della Francia con la musica al massimo e cantando a squarciagola, del tutto incurante di essere stonatissimo. Per Asher, che il giorno prima era stato recuperato dall’amico a Nizza dopo essere sceso dall’aereo e che aveva trascorso la notte precedente in una stanza del Le Mirage, giungere a destinazione tutto intero era stato un vero sollievo, ma aveva finito col diventare di un’intensa tonalità di porpora quando, andati a reclamare la chiave della propria stanza per cambiarsi per la cerimonia, a lui e all’amico ne era stata consegnata una sola.
“Credo che abbiano dato per scontato che siamo una coppia.”
Silas, che aveva deciso di portarlo come suo accompagnatore senza pensarci troppo, aveva ignorato l’imbarazzo dell’amico liquidando il discorso con un pigro gesto della mano, salendo le scale davanti a lui con gli occhiali da sole ancora calati sugli occhi e le maniche della camicia di lino attorcigliate sopra ai gomiti mentre andavano in perlustrazione dell’edificio per trovare la loro camera:
“Poco male, basterà smentire una volta approdati al ricevimento, ai matrimoni si rimorchia sempre.”
“Basta che non mi mandi a dormire in una stalla.”
“Rilassati, non lo farei mai! Alla peggio andrò io a dormire altrove.”
Più tardi Asher e Meadow si sarebbero lanciati in una battuto su come la situazione somigliasse a quella di Chandler e Joey al matrimonio di Ross, ma Silas aveva deluso le loro aspettative tacendo, perplesso. Come sempre Meadow aveva tenuto a fargli sapere quanto vergognosa fosse la sua ignoranza.
Una volta cambiati e pronti Asher e Silas si erano recati sul retro dell’edificio, nell’angolo di giardino dove si sarebbe svolta la cerimonia, e avevano appena fatto in tempo a guardarsi attorno alla ricerca dell’amica, Asher vestito di blu e Silas lisciandosi l’abito color cammello con cravatta color sabbia prima che Meadow, individuati rapidamente, li raggiungesse di corsa per stritolare Asher in un abbraccio.
Avvolta dal suo abito rosso nuovo di zecca e mai indossato prima di quel giorno Meadow era letteralmente saltata al collo dell’amico rischiando di farlo finire lungo disteso sul tappeto bianco, strillando felice quanto le fosse mancato mentre Silas la guardava torvo, le mani in tasca e un tantino offeso:
“Io chi sono, il vicino della porta accanto che nessuno conosce?”
“Taci tu, ti vedo anche troppo spesso per i miei gusti. Asher, stai benissimo! E sei anche un po’ meno pallidino dell’ultima volta in cui ci siamo visti, sono molto fiera di te!”
Una volta decisasi a lasciar andare l’amico Meadow si prese qualche istante per contemplarne l’aspetto stringendogli entrambe le mani nelle proprie, un largo sorriso ad illuminarle il volto e gli orecchini pendenti d’oro che si muovevano sinuosi ad ogni movimento della sua testa:
“Veramente l’abito l’ha scelto lui… Ma grazie, anche tu sei bellissima.”
Ripresosi dal soffocante abbraccio di Meadow Asher ricambiò il sorriso mentre osservava ammirato il suo vestito rosso, accarezzandole i dorsi delle mani con i pollici mentre Silas, accanto a loro, sbuffava e volgeva lo sguardo altrove indignato: mai nessuno che riconoscesse i suoi meriti.
“Ha scelto anche il mio. Soldi, contatti, sorella strafiga e buon gusto sono la sua unica utilità.
“Vaffanculo, Meadow. Vieni Asher, andiamo via, sono già stanco di vedere questa megera ben vestita.”
Silas prese l’amico sottobraccio e lo condusse stizzito verso la colonna di sedie volte ad ospitare gli invitati della sposa, grato ad Anjali di aver invitato un gran numero di cugine e amiche molto attraenti mentre Asher, impossibilitato ad opporre resistenza, rivolgeva un sorriso di scuse in direzione dell’amica. Non fosse stato che si trovavano ad un matrimonio, per di più molto elegante, Meadow avrebbe risposto a Silas per le rime, ma decise di rimandare ad un momento successivo alla cerimonia e finì col tornare da suo zio, sedendo nella sedia rimasta vuota accanto a Joshua.
“Eccomi qui, ho salutato Asher e quell’altro. Alphard sta proprio bene, vero?”
“Beh, non avevamo dubbi.”
Joshua tracannò il restante Mimosa presente nel suo flûte prima di vuotare anche quello che la nipote gli aveva lasciato poco prima, conscio di aver bisogno di un po’ di alcol per poter affrontare adeguatamente la giornata mentre Meadow si guardava attorno ammirata:
“Non vedo l’ora di vedere Anjali, sarà una visione. Ohh, ma c’è Joël Moyal, com’è bello!”
Già commossa all’idea di sentirlo suonare il violino in diretta Meadow si affrettò ad aprire la borsetta color sabbia con cui aveva accompagnato il suo abito e che aveva riempito esclusivamente di fazzolettini profumati, controllando di averne a sufficienza per sopravvivere fino al ricevimento. Fortuna che aveva messo il mascara waterproof! Suo zio l’aveva presa in giro, asserendo di averne portati un po’ troppi, del resto a lui di sicuro non sarebbero mai serviti, ma Meadow aveva replicato con una pigra stretta di spalle, pronta a passargliene uno e ad immortalare i suoi occhi lucidi per poter tramandare l’immagine ai posteri.
 
Joël non aveva mai provato particolare entusiasmo nel scorgere l’alta e sottile sagoma di Crudelia, ma quando tutti gli ospiti ebbero preso posto e tutte le sedie furono occupate e scorse la donna posizionarsi in fondo alla colonna di sinistra per poi puntare lo sguardo dritto su di lui e rivolgergli un cenno del capo il musicista seppe di dover iniziare a suonare: sistematosi correttamente il violino sulla spalla Joël trasse un ultimo, profondo respiro prima di muovere l’archetto sulle corde intonando l’inizio della consueta marcia nuziale, gettando un velo assoluto silenzio negli ospiti davanti a lui.
Ora che finalmente era lì, in piedi davanti a tutti, Alphard sentì l’ansia scivolargli via dal corpo in un battito di ciglia: le mani intrecciate compostamente davanti al corpo all’uomo non restò che rilassare le spalle ed inspirare mentre attendeva l’arrivo di Anjali guardando l’esile figura di Sabrina, avvolta da un vestito rosa e con un bouquet di peonie in mano, camminare sul tappeto bianco diretta verso il gazebo.
Una parte di Joël, al contrario, aveva cercato di imporsi di non focalizzarsi eccessivamente sulla sua fidanzata mentre gli si avvicinava camminando sul tappeto bianco, temendo che potesse distrarsi più del dovuto e deconcentrarsi, ma quando la scorse apparire in fondo alle file di sedie non poté far altro che far scivolare il proprio sguardo su di lei, guardandola avvicinarsi continuando a suonare quasi meccanicamente note che conosceva a memoria mentre uno strano sfarfallio gli si agitava nello stomaco. Qualche settimana prima, dopo l’ennesima prova degli abiti, l’aveva sentita borbottare qualcosa a proposito di come il rosa scelto da Anjali non le donasse per nulla, e anche se già sul momento Joël aveva riso, restio a crederle, guardandola camminare con il tulle della gonna svolazzarle sinuoso attorno alle gambe si appuntò mentalmente di smentirla, più tardi. Per quanto lo riguardava, pur essendo fortemente di parte, Sabrina era bellissima.
Ci fu un breve istante in cui i loro sguardi si incrociarono, istante durante il quale Sabrina gli sorrise e mimò un “Ti amo” con le labbra facendogli contorcere le viscere e sorridere di rimando, quasi smettendo di udire la musica a cui lui stesso stava dando vita. Era una fortuna che Sabrina non gli si parasse davanti ad ogni sua esibizione, si ritrovò a considerare Joël mentre la strega, sollevatasi la gonna, saliva con grazia i tre gradini che conducevano al gazebo, sistemandosi in attesa sul primo dopo essersi sistemata la gonna e aver rivolto un sorriso ad Alphard.
 Anjali, parecchi metri più indietro, guardò Denali seguire la sua migliore amica senza riuscire a smettere di tormentare la mano di suo padre, che le stringeva affettuosamente il braccio. La strega a stento udì le parole di conforto che le vennero indirizzate, troppo concentrata sui palpitii che le stavano scuotendo il petto a causa dell’emozione. Si pentì di non aver chiesto una decima volta a Sabrina se avesse portato dei fazzolettini con sé, certa che le sarebbero serviti prima della fine della cerimonia.
“Sei bellissima tesoro. Andrà tutto bene, vedrai.”
Amar rivolse un sorriso tenero alla figlia mentre le accarezzava dolcemente la mano, depositandole un bacio sulla fronte mentre Anjali, poco convinta, annuiva facendo tintinnare tutti i gioielli tipici della tradizione indiana che indossava, dai vistosi orecchini pendenti appartenuti a sua madre fino all’anello d’oro che portava sulla narice sinistra. Mentre anche Briar si dirigeva verso il gazebo, un enorme sorriso sulle labbra e pronta a rivolgere una strizzata d’occhio ad Alphard, Anjali puntò i grandi occhi chiari verso il padre, da lui direttamente ereditati, per rivolgergli un’ultima richiesta:
“Papà, se cado tu fingi un malore, così guarderanno te.”
Amar rise piano, e Anjali inizialmente si chiese accigliata perché: la sua era una richiesta del tutto seria e sensata, ma non ebbe molto tempo per pensarci perché, prima che potesse rendersene conto, era giunto il suo turno di attraversare il tappeto bianco coperto di petali e tutti gli ospiti si stavano alzando in piedi.
 
Silas tirò rumorosamente su col naso, sussurrando di essere orribilmente allergico al polline mentre si asciugava gli occhi sotto lo sguardo perplesso di Asher, che non rammentava alcuna allergia riconducibile all’amico. A molte sedie di distanza Meadow si soffiò il naso con tutta la discrezione di cui era intrinsecamente capace – ovvero molto poca –, mormorando che di quel passo non sarebbe arrivata alla fine della cerimonia mentre Alphard, in piedi sotto al gazebo con lo sguardo, come tutti, puntato su Anjali, sorrideva sbattendo ripetutamente le ciglia per ricacciare le lacrime indietro: aveva giurato di non piangere fino alla fine. La stessa Anjali sembrò accorgersene perché gli rivolse un gran sorriso, tenero e felice al tempo stesso, mentre lei e Amar si fermavano ai piedi dei gradini, consentendo ad Alphard di scenderli per aiutarla a salire. Una volta trovatasi di fronte al fidanzato Anjali si voltò verso Sabrina per consegnarle il suo bouquet, indirizzando un ultimo sorriso all’amica prima di tornare a rivolgersi ad Alphard e intrecciare le proprie mani con le sue. L’ultima cosa che gli fisse, mentre gli ospiti tornavano a sedersi e Joël smetteva di suonare, fu un sussurro che solo Alphard riuscì ad udire:
“Non piangere o piango anche io.”
“Ci provo. Sei bellissima.”
Anjali sorrise, gli occhi vicini al velarsi di lacrime, e Alphard ricambiò certo che alla fine della giornata si sarebbe ritrovato con i muscoli facciali terribilmente indolenziti tanto avrebbe sorriso.
 
Una decina di minuti dopo, mentre applaudiva stando in piedi davanti alla sua sedia e cercando al contempo di tendere il collo per vedere Alphard e Anjali scendere insieme i gradini del gazebo, sorridenti e felici con le fedi d’oro che scintillavano orgogliose sulle loro dita, Meadow volse brevemente lo sguardo sullo zio e scorse un fiume di lacrime rigargli le guance pallide, portandola a guardarlo ammutolita e a smettere bruscamente di unirsi allo scroscio di applausi e fischi che li circondavano:
“Zio, stai piangendo?!”
“Dammi un fazzoletto invece di fare domande cretine, certo che piango!”
 

 
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location



Qualche ora dopo gli aperitivi prima e la cena poi erano stati serviti, l’immensa torta a quattro piani farcita con lamponi e cioccolato bianco tagliata e una miriade di foto scattate. Il sole era tramontato sulla Provenza e i lunghi fili di luci appesi attorno al padiglione che ospitava la pista da ballo esterna accesi, così come le candele dei centrotavola e le lanterne che erano state disseminate in lunghe scie in mezzo ai prati, o incantate per librarsi a mezz’aria sopra le teste degli ospiti e degli sposi.
Alphard sedeva al suo posto, accanto ad Anjali al tavolo degli sposi, godendosi il meritato relax dopo i lunghi – per non dire infiniti – giri di saluti e di ringraziamenti dovuti ai suoi ospiti. Il mago stava sorseggiando un po’ di Dom Perignon, lo Champagne prediletto di sua moglie, quando Anjali smise di chiacchierare con Sabrina, che le sedeva accanto, per rivolgersi a lui e scoccargli un sonoro bacio sulla guancia:
“Marito, io vado a cambiarmi. Ragazze, con me.”
Anjali si alzò in piedi con una grazia e una disinvoltura che in poche avrebbero sfoggiato visto l’abito non proprio comodo che la strega indossava, lisciandosi le pieghe della lunga gonna bianca piena di ricami floreali. Fu con una certa dose di stupore che Alphard apprese la notizia mentre si allontanava il calice dalle labbra per gettarle un’occhiata perplessa, conscio di come Anjali si fosse già cambiata d’abito subito dopo la cerimonia e della prima sessione di fotografie, quando i loro ospiti erano stati lasciati liberi di passeggiare per il parco godendosi gli aperitivi e la postazione per le foto che avevano allestito, ovvero una parete ricoperta interamente di rose bianche con le loro iniziali intrecciate in rilievo sul davanti.
Anjali, affatto scompostasi di fronte alla sua reazione, annuì accennando un sorriso con le labbra mentre si sistemava le maniche a sbuffo semi-trasparenti del suo abito, che contribuivano, insieme ai fiori che le erano stati intrecciati nella lunghissima ed elaboratissima treccia, a farla sembrare più che mai la principessa di un regno fatato.
“Di nuovo?! Quanti vestiti hai in repertorio per noi?”
“Tre, questo sarà l’ultimo. Quattro, se aggiungi la mise per la prima notte.”
“Quella non vedo l’ora di vederla.”
Anjali rise di fronte al sorriso di Alphard, ma Sabrina, che si era già alzata in piedi per accompagnarla a cambiarsi insieme a Briar e a Denali, non si unì a lei e anzi roteò gli occhi:
“Io faccio finta di non sentire. Su, andiamo ragazze.”
La francese prese la sposa a braccetto promettendo allo sposo di riportargliela presto e insieme si allontanarono in un fruscio di bianco e rosa, chiacchierando vivacemente insieme a Denali e a Briar mentre Alphard le guardava allontanarsi con un sopracciglio inarcato, chiedendosi quale altro abito stupendo Anjali avrebbe sfoderato di lì a breve, per la festa. Joël, rimasto seduto al suo posto, imitò la fidanzata alzandosi in piedi decretando di dover andare a recuperare il suo sassofono per suonare, conscio di come la sposa lo avrebbe tagliuzzato e servito come dessert se avesse sforato di anche solo qualche minuti con le tempistiche.
In attesa di dover rivedere la sposa apparire con un altro abito affinché i festeggiamenti veri e propri potessero avere inizio – del resto la vera star della giornata era lei, e non c’era il minimo dubbio a riguardo – Alphard prese a tamburellare le dita sulla tovaglia bianca mentre faceva correre lo sguardo sui tavoli circolari che circondavano il suo, tutti sparsi sul giardino sul retro dello Château e avvolti dal chiacchiericcio generale, dalle risate e dalla musica soffusa prodotta dagli strumenti che erano stati incantati per esibirsi da sé in una angolo del giardino, davanti ad un paio di enormi cespugli di rose rosse.
Scorto un viso familiare e una sagoma seduta solitaria ad un tavolo come la sua Alphard decise di alzarsi, portando con sé il suo bicchiere e il suo sorriso mentre si muoveva tra i tavoli dopo essersi sfilato la giacca e averla abbandonata sullo schienale della sua sedia, le braccia coperte solo dalle maniche della camicia bianca che fuoriuscivano dal gilet nero.
Joshua sedeva solo al suo tavolo, ma la cosa non gli dispiaceva affatto: si stava finalmente godendo un po’ di quiete e relax, mentre Meadow si era allontanata con i suoi amici per scattare qualche – o un milione – di foto davanti a quella parete coperta di rose dall’aria assurdamente costosa o per saccheggiare l’intero tavolo che gli sposi avevano deciso di dedicare ai dessert, sfoggiando l’arsenale di pasticcini, praline e mini porzioni di torte più fornito che Joshua avesse mai visto in vita sua. Stava sorseggiando un po’ di champagne, seduto con la giacca ripiegata sullo schienale della sedia e le lunghe gambe accavallate, quando Alphard apparve davanti a lui con un sorriso sulle labbra e un calice stretto in mano a sua volta:
“Ciao. Ti ho visto qui tutto solo e ho pensato di venire a tenerti compagnia.”
“Ehy. Dov’è finita la sposa?”
Joshua sorrise all’amico mentre Alphard occupava la sedia che Meadow aveva lasciato libera, il volto sereno illuminato dalla calde luce dell’enorme candela alla rosa canina infilata come centrotavola in una teca di vetro in mezzo ai fiori. Lo sposo sorrise e scosse la testa, come divertito, prima di accennare in direzione dello Château con un lieve movimento del capo:
“A cambiarsi. Di nuovo. Sì, non me lo chiedere, pare ci siano molti cambi d’abito in programma oggi.”
“Da lei non mi sarei aspettato nulla di meno. Come questo matrimonio che, per inciso, è straordinario.”
Joshua di lusso proprio non se ne intendeva, era qualcosa che mai gli era interessato, ma persino lui, circondato da tanta bellezza, non poteva fare a meno di restarne colpito almeno in minuscola parte. Alphard per tutta risposta annuì, vuotando il suo calice prima di appoggiarlo sul tavolo e prendere a giocherellare distrattamente con lo stelo sottile:
“Sì, sono contento. Beh, lei è felicissima di come lo ha organizzato, e conta solo quello. Sono davvero felice che tu sia venuto, era da un po’ che non ci vedevamo.”
Lo sposo sorrise mentre si sporgeva leggermente verso l’amico per assestargli una lieve pacca sulla gamba, destando un sorriso sincero di rimando anche sulle labbra sottili di Joshua: non era mai stato un grande fan dei matrimoni, ma a quello in particolare era molto felice di avervi partecipato, anche se decise di non far riferimento alle lacrime che aveva versato durante la cerimonia. Quello era un dettaglio di cui Alphard avrebbe potuto rimanere all’oscuro.
“Anche io. Pronto per la luna di miele?”
Alphard allungò il calice verso la bottiglia di vino più vicina, inclinandolo leggermente affinché potesse riempirlo da sé dopo essersi librata a mezz’aria come per merito di un ordine silenzioso, e sospirò annuendo come con sollievo: gli ultimi tempi erano stati a tratti talmente folli da fagli desiderare di prendere e partire per la Polinesia ancor prima di convolare a nozze.
“Oh, sì. Non vedo l’ora.”

 
Anjali aveva fatto la sua gloriosa entrata in scena – più o meno la terza da che il sole era sorto quella mattina – brandendo un lungo ed aderentissimo abito bianco traslucido a maniche lunghe tempestato di brillanti e parecchio trasparente, gli stessi orecchini pendenti di diamanti che aveva indossato per la cerimonia e i lucenti capelli scuri annodati in una rigidissima coda bassa alla base del collo. Sorridente e più felice che mai Anjali era tornata al ricevimento brillando letteralmente più di tutte le luci e delle candele presenti, destando uno scroscio di applausi di approvazione e un lungo bacio da parte di Alphard per comunicarle, pur senza parlare, quanto il suo terzo vestito gli fosse piaciuto.
Joël, pronto a suonare, attese munito di sax restando in piedi accanto al bordo dell’enorme pista da ballo specchiata che gli sposi avevano fatto allestire per l’occasione nel bel mezzo del giardino, con tanto di tendaggi bianchi intrecciati sopra di essa insieme a lunghi fili di luci. Il musicista guardò con sincero affetto l’amica sorridere ad Alphard mentre lui le sollevava la mano destra per depositarvi un bacio sul dorso, chiedendole di ballare mentre gli strumenti che fino a quel momento avevano intrattenuto gli ospiti, ora silenziosi, si muovevano scivolando a qualche centimetro da terra per raggiungere Joël vicino alla pista
“Mi concede l’onore?”
“Beh, già che ci siamo…”
Dopo essersi esibita in una vaga stretta di spalle Anjali strinse la mano del marito e si diresse sorridendo insieme a lui verso la pista, gli ospiti al seguito. Sabrina fu l’unica tra tutti a prendersela comoda camminando in tutta calma sull’erba tenendo le Louboutin rosa cipria in mano, rinfrescandosi piacevolmente i piedi passeggiando in mezzo al prato mentre attendeva di udire la musica: quella sera avrebbe dovuto fare parzialmente a meno del suo fidanzato e le sue intenzioni di ballare erano notevolmente ridotte. Le sarebbe bastato sedersi e farsi cullare dalla musica di Joël, forse una delle cose che più aveva iniziato ad amare in assoluto da quasi due anni a quella parte.
Joël che, improvvisamente circondato da strumenti musicali dotati di vita propria, sbattè perplesso le palpebre stringendo il sassofono e gettando occhiate perplesse a ciascuno di loro:
“Emh… voi mi accompagnate?”
Naturalmente gli strumenti non gli risposero, ma Joël prese il loro silenzio come un sì. Il musicista avrebbe voluto attardarsi a chiacchierare con loro e chiedergli che cosa avessero preparato, ma Alphard e Anjali si trovavano ormai in mezzo alla pista e Joël aveva troppa paura della versione “sposina” dell’amica per azzardarsi a farla aspettare, pertanto si limitò a rivolgere un cenno alla sua orchestra improvvisata e ad iniziare, avvolgendo rapidamente tutto il giardino con le dolci note di Strangers in the Night.

 
I festeggiamenti avevano visto un lungo susseguirsi di canzoni lente e romantiche che avevano indotto Asher, Silas e Meadow a restarsene in disparte in un angolo della pista, o almeno finchè, quando Joël aveva intonato Everlasting Love, Meadow aveva preso per mano Asher e trascinato in pista a ballare con lei. dopo aver ridacchiato di fronte all’espressione preoccupata con cui Asher era stato fagocitato dall’entusiasmo di Meadow Silas si era guardato attorno, forse alla ricerca di qualcuno con cui ballare, e aveva finito col far indugiare il proprio sguardo sulla silhouette di sua sorella, che stava in piedi in disparte, proprio come lui, appoggiata ad uno dei quattro sostegni dell’enorme pergolato in ferro battuto che sovrastava la pista con i suoi tendaggi bianchi e le sue luci. Sabrina anziché gli sposi sembrava guardare Joël, le dita impegnate a giocherellare con la catenina della sua collana e uno sguardo che Silas era piuttosto sicuro di non aver mai avuto in tutta la sua vita, e per un breve istante quasi la invidiò, lei e i sentimenti che provava. Dopo una breve esitazione il ragazzo si diresse verso la sorella, fermandosi accanto a lei prima di schiarirsi la voce e stupendola con un lievemente imbarazzato invito a ballare. Sabrina esitò, guardandolo perplessa per un istante, ma finì col sorridere e annuire, asserendo con una stretta di spalle che un giro in pista di certo non le avrebbe fatto male mentre prendeva la mano che il fratello le aveva porto, seguendolo verso la coltre di invitati che stava ballando:
“Fortuna che sono venuta con Joël, o chissà la gente cosa potrebbe pensare…”
“Non dirlo neanche per scherzo. Comunque sei… carina.”
“Grazie. Anche tu.”


Dopo Isn’t It Romantic Joël decise di aver suonato abbastanza, almeno per il momento: la canzone successiva intendeva ballarla con Sabrina, tanto che non tardò ad aggirarsi attorno alla pista per cercare traccia della fidanzata mentre Anjali, ridendo felice, volteggiava sulla pista e tra le braccia di Alphard dopo essersi sfilata i tacchi. Quando scorse la fidanzata impegnata a ballare con Silas Joël si chiese se per caso Sabrina non avesse bevuto un bicchiere o due di troppo, ma si affrettò comunque a raggiungere i St John sulla pista e ad interromperli con un sorriso:
“Eccoti finalmente. Posso rubartela?”
Joël si rivolse a Silas, che annuì e ricambiò il sorriso dopo aver lasciato la presa sulla sorella, consegnandogli la mano di Sabrina con fare teatrale prima di allontanarsi:
“Tutta tua, cognatino.”
Tutto quello che Silas doveva fare era trovare qualcuno con cui ballare. O qualcos’altro da mangiare. Ma soprattutto evitare suo padre, che qualche giorno prima aveva accennato di voler ballare con lui senza permettergli di capire se stesse scherzando o meno. Fu un sollievo per l’ex Grifondoro scorgere Gideon impegnato a ballare con la madre di Anjali, dandogli così l’occasione perfetta per sgattaiolare verso il tavolo dei dessert e servirsi con ciò che era rimasto.
 

Rimasti soli Joël fece scivolare una mano sulla schiena di Sabrina e con la sinistra strinse quella della fidanzata, stringendola leggermente a sé prima di sorriderle, felice di avere qualche attimo da passare insieme, solo con lei, mentre con lo sguardo catturava ogni dettaglio del suo bel viso:
“Finalmente un po’ tutta per me.”
“Dovrei dirlo io, sono stata qui ad ascoltare la star della serata fino ad ora.”
“La prossima non dovrai ascoltarla e basta.”
Joël sorrise mentre accennava in direzione degli strumenti che, dopo una breve pausa a seguito della canzone precedente, avevano appena iniziato a suonare autonomamente quella successiva prevista dalla meticolosissima scaletta preparata da Anjali insieme a lui qualche settimana prima. Per Sabrina occorse qualche istante di leggera confusione per riconoscere la canzone, finendo col distendere le labbra in un sorriso e spalancare al contempo i grandi occhi scuri pieni di meraviglia mentre Joël, visibilmente compiaciuto, iniziava a far muovere entrambi sulla pista. Nella lunga lista delle sue conquiste i nomi di persone con cui aveva condiviso dei balli erano molto esigui: essendo strettamente collegato alla musica, ciò che di più sacro per lui esisteva al mondo, Joël aveva sempre contemplato l’atto di ballare con qualcuno come qualcosa di profondamente intimo e che doveva presupporre una sorta di legame con l’altra persona. Non c’era da stupirsi che avesse ballato con ben poche persone nel corso della sua vita, qualcosa che da poco meno di due anni a quella parte era felice di condividere solo ed esclusivamente con lei.
“Adoro The Way You Look Tonight!”
“Lo so. Perché credi che sia qui?”
Il sorriso sulle labbra di Joël si fece più compiaciuto che mai, gli occhi blu luccicanti, e lo sguardo si Sabrina si fece momentaneamente sgomento prima di ridere e scuotere la testa, allibita e lusingata al tempo stesso:
“Non so se sei un inguaribile ruffiano o se sei adorabile, Joël Moyal.”
Mentre Sabrina appoggiava la testa sulla sua spalla Joël sorrise conscio di essere, probabilmente, un po’ tutte e due le cose, ma lui e Sabrina si godettero la canzone restando in silenzio, gli occhi chiusi e le teste vicine. A qualche metro di distanza Anjali e Alphard fecero altrettanto, almeno finchè la canzone non terminò lasciando il posto ad una melodia molto più ritmata e di gran lunga meno romantica, ma altrettanto – se non di più – nota ed apprezzata dalla sposa, che dopo essersi riscossa e averla rapidamente riconosciuta quasi prese a saltellare euforica sul posto prima di strillare di dover subito andare a cercare Sabrina: non poteva certo ballare Dancing Queen senza di lei!
Alphard non ebbe il tempo di dire o fare nulla, rimase solo e allibito prima di rendersi conto di quello che era successo. Ascoltò la canzone appena iniziata aggrottando le sopracciglia, chiedendosi se e quando avesse dato il suo benestare per quella playlist – probabilmente non era mai successo – mentre Joël, a qualche metro d distanza, smetteva bruscamente di ballare con Sabrina gemendo sommessamente:
“Oddio… Sono partiti gli Abba…”
E questo, Joël lo sapeva bene, poteva voler dire solo una cosa: un attimo dopo un gridolino acuto squarciò la melodia della celeberrima canzone, e Anjali si fece rapidamente largo tra gli ospiti per raggiungere i due amici ed ordinare perentoria a Joël di farsi da parte:
“SABS! SABS! È LA NOSTRA CANZONE! Andiamo! Joël, levati!”
Temendo che in caso contrario la svizzera avrebbe finito con lo sfidarlo a duello al sorgere del sole seguente Joël non tardò a farsi da parte, consentendo all’amica di prendere per mano la fidanzata e a trascinarla con sé cantando insieme a lei il testo della canzone a squarciagola, presto imitata da buona parte degli altri invitati.
In un battito di ciglia Joël si ritrovò in piedi accanto ad Alphard e circondato da persone urlanti, entrambi piuttosto accigliati, impalati e indecisi sul comportamento da attuare, finchè lo sposo non gli si rivolse:
“Beviamo?”
“Io non bevo, ma ti seguo.”


Meadow aveva trovato Silas e lo aveva rapidamente trascinato sulla pista per ballare e cantare Dancing Queen insieme a lui e ad Asher – a detta della ragazza rappresentavano egregiamente l’iconico trio del film – ma proprio mentre stava cantando abbracciando i suoi amici lo sguardo della strega indugiò sul padre di Silas, che aveva tutta l’aria di divertirsi parecchio mentre cantava insieme al padre di Anjali, entrambi con un bicchiere in mano. Guardando Gideon Meadow venne colpita da un’improvvisa consapevolezza che la portò a spalancare sgomenta i grandi occhi a mandorla, fissando l’uomo chiedendosi come avesse potuto non accorgersene fino a quel momento:
“Silas! Ma tuo padre è identico a quello del film!”
“Lo so. Pensa che c’è gente che in giro lo scambia per 007…”
 
 
divisore

 
Bora Bora polinesia
 
 
Alphard emerse dall’acqua cristallina, talmente trasparente da poterci scorgere attraverso senza alcuna difficoltà, issandosi con entrambe le braccia alla scaletta a pioli che dall’Oceano conduceva direttamente alla piattaforma di legno che ospitava uno dei bungalow del lussuosissimo resort, salendo rapido i gradini facendo attenzione a non scivolare prima di ritrovarsi a calpestare le spesse e robuste assi di legno levigato della palafitta che valeva più o meno l’esiguo costo di 2000 sterline a notte.
Il cielo sopra la sua testa era azzurro e terso tanto quanto l’acqua dell’Oceano, la vista più bella che Alphard avesse mai avuto modo di ammirare in tutta la sua vita. Quel posto, con il silenzio e la pace quasi irreale che lo avvolgevano, sembrava ciò che di più simile al Paradiso si potesse trovare, e Alphard si ritrovò a sorridere mentre saliva i tre gradini che lo avrebbero condotto al livello superiore della palafitta, dove si trovavano una jacuzzi quadrata e due sdraio bianche. Da quella specie di terrazzino si accedeva direttamente all’interno del bungalow attraverso un’enorme porta a vetri scorrevole bianca preceduta da un divanetto di bambù coperto da sofficissimi cuscini bianchi e da un tavolino circondati da lanterne, perfetti per sedersi sotto al portico e ammirare lo splendido panorama di sera, alla luce delle candele, lontanissimi dalla frenesia e dall’inquinamento della civiltà.
Alphard tuttavia non entrò nel bungalow, fermandosi invece davanti ai due lettini a sdraio bianchi: uno era stato occupato da sua moglie e sul secondo era stato depositato un soffice asciugamano bianco che il mago non tardò a prendere per tamponarsi leggermente il viso, sedendosi sul bordo dopo essersi tirato indietro i capelli bagnati sulla testa.
“Ciao tesoro. Pensavo a dove potremmo andare domani, visto che oggi ci siamo dedicati al relax domani potremmo fare qualche gitarella spericolata come piacciono a te.”
Anjali, il viso abbronzato semi coperto da degli occhiali vintage di Chanel ereditati da sua madre, strizzò leggermente gli occhi mentre sfogliava una delle innumerevoli guide che aveva comprato prima di partire, decisa ad organizzare il loro viaggio da sogno nei minimi particolari: un mese prima Alphard aveva persino trovato un raccoglitore bianco pieno di divisori ed etichette colorate dal titolo “Luna di miele” in camera loro. Il sorriso sul volto di Alphard si allargò mentre il mago si metteva a sedere sul lettino distendendo le gambe davanti a sé, lasciando che la calda luce del sole gli asciugasse la pelle mentre i suoi occhi continuavano ad accarezzare il viso di Anjali con lo sguardo:
“Adoro la tua efficienza. Per cena che cosa vuoi mangiare?”
Alphard allungò la mano per prendere quella della moglie – ritrovarsi a definirla così anche solo pensandolo gli faceva sfarfallare lo stomaco – e Anjali si strinse nelle spalle, aggiustandosi il suo cappello a tesa larga bianco con fiocco nero sopra la testa mentre incrociava le caviglie abbronzate, le gambe lasciate nude dal costume intero bianco profondamente scollato sulla schiena che indossava:
“Pesce innaffiato da moltissimi drink, direi.”
“Approvo.”
Per qualche minuto nessuno dei due parlò, le teste rivolte verso il cielo terso e gli occhi chiusi, avvolti dalla pace, dal silenzio e dalla consapevolezza di star vivendo forse uno dei momenti migliori delle loro vite. Eppure Alphard, così smanioso di far sì che tutto fosse perfetto per la donna più perfetta che avesse mai conosciuto, finì col voltarsi di nuovo verso di lei appoggiando la guancia sul soffice cuscino bianco, accarezzando adorante la sua figura con lo sguardo:
“Anji?”
“Mh?”
“Sei felice?”
Anjali non rispose, ma dopo una breve esitazione distese le labbra in un sorriso, scivolò sul lettino mettendosi a sedere rivolgendo le ginocchia verso di lui e si sfilò gli occhiali per poterlo finalmente guardare senza alcuna barriera, accarezzandogli il viso e il leggerissimo strato di barba con l’indice mentre li appoggiava sul cuscino bianco. Invece di parlare la strega si sfilò il cappello e lo appoggiò sulla testa del marito, lasciandosi scivolare un soffio di risa dalle labbra carnose prima di zittire l’inizio di lamentele di Alphard con un bacio.
Sorvolando sulla consapevolezza di indossare un cappello che di certo lo faceva sembrare ridicolo Alphard ricambiò il bacio con grande entusiasmo, ma proprio quando stava per abbassarle una delle spalline del costume Anjali si alzò e ridacchiando gli diede le spalle per scendere rapida i gradini della palafitta, tuffandosi nell’Oceano prima di dargli il tempo di aprire bocca.
Dopo un breve attimo di smarrimento ad Alphard non restò che sbuffare e alzarsi in piedi, mollando il cappello di Anjali sul lettino senza tante cerimonie per seguirla e tuffarsi a sua volta, deciso a recuperarla per trascinarla in camera da letto mentre la strega galleggiava in mezzo alle acque cristalline emergendo fino alle spalle, ridendo mentre la sua pelle abbronzata e i capelli scuri appiatti sulla testa brillavano sotto la luce del sole.
“Cosa mi tocca fare…”
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buonasera buonasera!
Ci ho messo un po’ troppo tempo per i miei gusti, ma finalmente eccomi giungere con il focus sul matrimonio di Anjali ed Alphard, ovvero il matrimonio. Ringrazio Bea e Sesy per essersi improvvisate wedding planner insieme a me per organizzarla e farle prendere vita🤍 Il futuro di questa coppia è lungo e questa ne rappresenta solo una piccola parte, ragion per cui arriverà anche un seguito insieme a qualcosa dedicato a Sabrina e a Joël, per ora spero che abbiate gradito questo focus sul loro matrimonio.
Vi lascio una carrellata di foto, dagli abiti di Alphard, Sabrina e Anjali fino alla torta.
A presto,
Signorina Granger


vestito-alphard Alphard 

vestito-sabrina Sabrina 


vestito-anjali-1 vestito-anjali-2 vestito-anjali-3 Anjali 


torta
   
 
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