Era successo tutto così in fretta…Troppo in fretta per accorgermi della
gravità dell’accaduto. In poco più di alcuni giorni mi sono sentita come un
animale in gabbia, come un ragno incastrato sotto un bicchiere. Non ero
ancora pronta perché succedesse. Non adesso. Ti prego non portarmelo via,
non ne ha ragione… Tu piuttosto, lurido e viscido verme, perché gli hai
fatto questo? In fondo non l’ ha neanche fatto apposta tempo fa a ferirti…E
ora sta soffrendo tantissimo in quel letto d’ospedale, per colpa tua.
Guarda, sembra che dorma tranquillo e invece sta lottando fra la vita e la
morte. Non avevi modo di ridurlo così…. Soprattutto ora, che avevo capito
che per me era tutto, la mattina mi svegliavo e già pensavo a lui, come se
la notte che ci ha separato fosse stata eterna, anche se sapevo che a minuti
l’avrei visto, sorridente come sempre e quando mi vedeva mi faceva
l’occhiolino e mi diceva
“Ciao Herm! Dormito bene?”
E io gli rispondevo con un semplice
“Bene, te invece Harry?”
E sempre la solita risposta che non era mai quella reale:
“Anche io benissimo…”
Sapevo che la notte, se dormiva, faceva tantissimi incubi, che gli
ricordavano i genitori, Sirius e Voldemort. Nell’ultimo periodo, mi aveva
detto Ron, che la notte lo sentiva ansimare e a volte gridare cose come
“Lasciateli in pace!” e anche “Lurido bastardo smettila!” Come osi ora, dopo
essere tornato dopo 18 anni, pretendere di ucciderlo? Ti prego, non
portarmelo via. Ricordo anche quando, una mattina, mi svegliai e, una volta
scesa in sala Grifondoro, lui mi chiese
“Ehi Herm, mi accompagneresti di sotto? Ron oggi sta male e non verrà a
lezione”
“Ah sta male eh? Gli hanno fatto male tutti quei dolci di ieri?”
“Infatti ha la nausea e un mal di pancia che non immagini…”
Quella mattina avevamo due ore di Pozioni con Serpeverde, che da 7 anni ci
accompagnavano in quel putrido sotterraneo che sapeva di umido e lercio,
proprio come il Mangiamorte che insegnava quella materia: Severus Piton. E’
anche per colpa sua che ora Harry rischia al San Mungo. E’ stata una
giornata davvero memorabile, perché sono successe tante di quelle cose…Nella
sera, Harry era rimasto seduto davanti al fuoco a finire i compiti di
Trasfigurazione e io avevo deciso di aiutarlo.
“Ehi non è che mi aiuteresti con questa roba? Che vuol dire Trasfigurazione
Maximale?” mi aveva chiesto Harry.
Avevo già capito che lo faceva per attaccar bottone, perché aveva la pagina
aperta proprio nel punto nel quale parlava casualmente della Trasfigurazione
Maximale, ma stetti al gioco.
“E’ un tipo di trasfigurazione che permette di trasfigurarsi in un oggetto e
in un animale. Per esempio, se dici la formula giusta, potresti trasfigurare
il tuo corpo in un sasso con le ali.”
“Ma che storia è mai questa? Guarda, vieni qui, il libro dice un’altra
cosa!”
Io, esterrefatta dal fatto di aver sbagliato, abboccai alla sua trappola e,
dopo aver girato il tavolo e averlo raggiunto appoggiai una mano sul libro e
lessi la pagina.
“Ehi Harry, ma che cavolo dici, qui è lo stessa cosa che ti ho detto io…”
dissi rivolgendomi verso di lui.
Harry però, aveva afferrato la mia mano e si era tirato in piedi. Eravamo
vicinissimi, io ero senza fiato e mi ero persa dietro quelle lenti di
occhiali, dove risiedevano i suoi occhi smeraldini, che mi esprimevano
tenerezza e dolcezza. Lui aveva ancora una mano che afferrava la mia, che
poi intrecciò. Fece così anche con l’altra, in modo di portarmi più vicino a
lui. Il cuore mi batteva tantissimo, non ci voleva molto che uscisse dal
petto e si andasse a riparare, perché Harry parlò e mi disse le cose più
belle che avessi mai sentito uscire dalle sue labbra.
“Herm, io… Ti devo dire una cosa…”
“Sì Harry dimmi”
“Ecco... Vedi... Io... Cioè, tu… Io… Hermione.” Disse poi deciso.
Sul mio viso si era stampato un sorriso nel notare che il ragazzo davanti a
me non riusciva a esprimersi.
“Riformula la frase, dai, non ci vuole molto…”
“Ok. Allora… Devi sapere che da un po’ di tempo tu… Ecco vedi, sei diventata
per me molto più che una amica… E’ una cosa che va al di sopra della normale
attrazione e del piacere… In poche parole, io Hermione… Ti amo”
Rimasi immobile nel mio posto, senza battere ciglio e mantenendo sul viso
un’espressione da pesce lesso incredibilmente imbarazzante. Mi ero persa di
nuovo nei suoi occhi e oltretutto non provavo la sensazione del tatto,
ovvero le carezze di lui sulle mie dita. Poi presi coraggio e, con una
grande forza fisica della quale mi sento fiera, chiusi gli occhi e appoggiai
le mie labbra alle sue, per scambiarci un tenerissimo bacio, che fu
interrotto da un forte stridio e poi un boato. Io per lo spavento saltai e
Harry mi riparò con le sue forti braccia. Poi un altro boato, più vicino a
noi, e una luce rossa, che mi colpì in pieno. E poi nulla. E ora sono qua,
seduta davanti alla porta numero 625 ad aspettare notizie di Harry da
Ron,che in quel momento era accanto a Harry. Lui mi aveva raccontato che i
Mangiamorte avevano attaccato Hogwarts, capeggiati ovviamente da Voldemort,
che Harry ha affrontato e ucciso, ma subendo un sacco di Maledizioni
Cruciatus e… l’Avada Kedavra. Non l’aveva ucciso, però, perché ancora una
volta la Maledizione senza perdono si rivoltò contro di lui e uccise colui
che la mandò. A parte Harry, non c’erano stati altri feriti, perché i
Mangiamorte erano stati fermati da Neville e gli altri. Ma… Perché…
Perché, Voldemort, hai rovinato quella magica sera? Perché hai attaccato la
scuola?
Perché esisti schifo di uomo? Perché sei esistito? Non potevi non nascere?
Non potevi andare a berti un caffè invece di venire ad attaccare Hogwarts in
una notte così speciale? Sei un insensibile. Un danno per la comunità. Ma in
fondo ti sta bene. Harry ti ha ammazzato e ora non ci darai più fastidio,
perché il mio Harry si sveglierà e torneremo a scuola contenti, seguiremo di
nuovo le lezione stupide di Hagrid, mangeremo ancora insieme nel tavolo
Grifondoro e faremo ancora i compiti tutti e tre insieme, sì, perché noi
siamo il trio indivisibile, siamo il trio perfetto, il modello da seguire
per la scuola, e tu non puoi più rovinarlo con il tuo stupido egoismo e con
la tua stupida fissazione per Harry Potter…
“Hermione…” disse la voce di Ron uscendo dalla stanza e richiudendo la porta
alle spalle. Io balzai in piedi e corsi da lui e gli chiesi disperatamente
“Come sta Harry? Si riprenderà non è vero? Non è grave… Vero?”
Lui stette zitto, e si limitò a guardare il pavimento.
“Non vuoi dirmi che… No… Non può essere… Non adesso… Ti prego non dirmi che
lui è…” cominciai singhiozzando io e con gli occhi gonfi. Ron mi guardò
direttamente negli occhi e disse
“E’ meglio che vai tu sola dentro”
Io, col viso fra le lacrime, entrai in quella stanzetta. Non ci ero mai
entrata, e il luogo sapeva di chiuso e… di morte. Harry aveva la maschera
ossigena, ma respirava ancora, ma perché lo tenevano in vita le macchine.
Era ridotto davvero male, era bianco in faccia, e non aveva gli occhiali,
perché probabilmente il dottore glieli aveva tolti e messi sul comodino. Mi
sedetti affianco a lui e gli presi la mano, proprio come fece lui la sera
scorsa a me.
“Harry… Ti prego non lasciarmi adesso… Adesso che ho capito come stanno le
cose… Cosa c’è fra noi… Cos’è successo… Ieri sera… Scusa devo dirtelo, so
che non ti piacerà parlarne, con tutte le cose che ti sono successe non
sarebbe giusto nei tuoi confronti… Ecco, però devi sapere che…”
Scoppiai in un pianto liberatorio e appoggiai la testa sulla mano che teneva
la sua, per poi versare altre lacrime sul lenzuolo bianco che assieme alla
coperta lo scaldava.
Alzai lo sguardo, ancora lacrimante e dissi lacrimando
“Harry, svegliati devo dirti una cosa…”
Ancora silenzio. Un silenzio che era interrotto solo dai respiri affannosi
di Harry, che sembrava avesse perso i sensi.
“Harry… Io ti amo…” dissi piangendo ancora e appoggiando la testa al suo
petto.
Ci fu per l’ennesima volta silenzio e poi la magia. Sentì la mia mano
stringersi debolmente. Di scatto mi voltai verso il suo viso, che aveva
riaperto gli occhi, ma che erano leggermente socchiusi per la fatica.
Respirava ancora affannosamente.
“Harry…”
Lui non disse una parola per il momento ma si limitò a stringermi la mano. -
Fa che mi ha sentito, fa che mi ha sentito… Fa che si riprenda, fa che si
riprenda…- Questi erano i miei pensieri in quell’istante lunghissimo. Poi mi
parlò. Due parole che la fecero rincuorare e chiamare gli altri.
“Sto bene…”
Ma poi continuò, sforzandosi
“… Quando ci sei te, sto sempre bene… Non lasciarmi mai…”
Io sorrisi e, una volta preso il pomello, lo stavo per girare quando pensai,
rivolta al soffitto
- Non portarmelo via di nuovo -