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Autore: Quebec    12/06/2023    2 recensioni
Fin dove si può spingere l'ossessione per una vicina di casa?
Genere: Dark, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei arrivata. Accendi la luce e ti aggiri per l'appartamento. Dove sei stata?
Entri in bagno. Ti spogli. I capelli ricci ti cadono sulle spalle e sfiorano i due piccoli seni tondi a pera.
Merda, mi hai quasi visto. No, sei solo entrata in doccia. I nostri appartamenti sono di fronte, distanziati da cinque metri di cortile interno. Cinque metri che sembrano chilometri. Mi devo ancora abituare. Tu non puoi vedermi.
Esci dalla doccia.
Sei andata in palestra? O hai corso nel parco? Oggi ho lavorato e non ho potuto seguirti. Ma ti ho pensata per tutto il tempo. Ti asciughi i capelli con il phon, i seni che ballano a ogni movimento delle braccia, la forma delle costole sulla pelle. Sei un'opera d'arte! E come tutte le grandi opere, devi essere protetta.
Indossi solo una lunga maglietta bianca a maniche corte. Di chi è? Del tuo ex? Esci sul balcone e ti accendi una sigaretta. Sembri pensierosa, forse preoccupata. Cosa è successo? Qualcuno ti ha ferita? Sei triste? Malinconica? A chi devo spaccare la testa? Al tipo a cui hai fregato la maglietta?
Butti la cicca in un vaso vuoto e rientri in casa. Cos'è che ti turba? Ti siedi sul divano a guardare la TV. L'Isola dei Famosi? Sul serio? Ti piace quella roba? No, non ti giudico. I gusti sono gusti. Devo amarti per come sei. E tu mi amerai per come sono?
Spegni la TV e vai in camera da letto.
'Notte!

 

Ti ho seguita per tutto il giorno. Centro commerciale, estetista e parrucchiera. Niente di speciale. Una donna qualunque immersa in uno shopping teraupetico. Qualcosa ti turba.
Ora dove stai andando? In biblioteca? Non ti facevo tipa da libri. Cosa leggi? Mmmh... Carver? Hemingway? Ti piacciono le letture serie, eh?
Ehi! Ora perché ridi insieme al bibliotecario. Cosa c'è tra voi? Non mi piace. Quel tipo non mi piace. Vuole solo scoparti. Non ti ama. Solo io posso amarti, capito?
No, scusa. Non volevo. È la gelosia a parlare. Scusami. Non volevo, ok? Non volevo. Ti prometto che non sarò più geloso, che ti lascerò i tuoi spazi. Perdonami.
Saluti il bibliotecario con due baci sulla guancia. Sul serio!? Lo conosci così bene? Non mi piace. Lo so che sono geloso, ma non mi piace. Non mi piace il modo in cui ti guarda. Ti spoglia con gli occhi, ti fissa le tette quando sposti lo sguardo. E ora ti sta guardando il culo mentre ti allontani. Non mi piace affatto!
Sono incazzato! Non immagini quanto. Mi prudono le mani. Ho il sangue al cervello. Voglio ammazzarlo! Cavargli gli occhi, squartarlo, farlo a pezzi!
Cazzo, mi hai visto! Stai venendo verso di me.
— Smettila di spiarmi, capito?! Ti denuncio, se non la smetti!
Sei così bella da vicino! Quei tuoi occhi verde chiaro, le tue labbra carnose, quel nasino piccolo, la tua pelle candida e le guance arrossate. Mi hai rivolto la parola. Le tue prime parole e continui a parlare. La tua bocca si muove, ma non sento niente. Sono così felice. Non immagini quanto. — Io, non... non ti sto seguendo.
— Ti ho visto! Mi hai seguita tutto il giorno! E poi mi spii anche dalla finestra. E non è la prima volta che lo fai! Devi smetterla, capito?!
Se mi hai visto perché non hai chiuso le tende alle finestre? Perché non mi hai denunciato? Forse ti piace essere osservata? Forse ti piace che lo faccia io? — Non so di cosa parli. Forse mi hai confuso con qualcun altro.
Mi fissi con quegli occhi da lince. Sei arrabbiata, ma non schifata. Qualcosa mi dice che non sei infastidita dai miei sguardi. Ho l'impressione che tu voglia qualcosa. Cosa?
Mi lasci su due piedi e te ne vai. Non so se seguirti o meno. Ormai mi hai scoperto. Sai che hai uno stalker. Sai che sono io.
Il bibliotecario mi fissa storto da quando mi hai rivolto la parola. Che tu gli abbia detto qualcosa? No, non credo. Voi due avete riso. Non hai parlato di me.
Esco dalla biblioteca.

 

Le luci del tuo appartamento si accendono. Sei arrivata. Dove sei stata? Mi pento di non averti seguita fuori dalla biblioteca. Ma le tue minacce potrebbero essere vere. Non voglio rischiare. Non voglio farti del male. Non potrei mai.
Guardi fuori dalla finestra. Guardi proprio nella mia direzione, verso il mio appartamento. Ma non puoi vedermi. Sono nascosto nel buio. Ho imparato la lezione. Ho imparato a rendermi invisibile.
Chiudi le tende.
No, no, no, perché? Perché le hai chiuse? Perché? Non puoi farmi questo! Non puoi! Mi sono nascosto. Non puoi vedermi. Perché? Perché l'hai fatto?
Sono agitato, gli occhi che vagano nel soggiorno. Cammino avanti e indietro, avanti e indietro. Giro attorno al tavolo, al divano. Ritorno indietro e rifaccio il giro. Mi devo calmare. È solo una stupida tenda. E se tu aspettassi qualcuno? Se aspettassi il bibliotecario? No, no, no, devo smettere di pensare! Forse non vuoi che veda? Che ti veda fare l'amore?
Merda, sto impazzendo! Mi siedo, mi alzo, mi risiedo, mi rialzo. Non mi sopporto. Sono troppo agitato. Ho una fitta allo stomaco, il cuore che mi martella nel petto. Ho la testa che mi esplode. Basta! Basta!
Guardo fuori dalla finestra, i miei occhi puntati sull'entrata del tuo palazzo.
Stanotte non dormirò. Aspetterò il bibliotecario. Aspetterò che varchi il portone e poi... No, no, no, devo smettere di pensare. Basta! Mi schiaffeggio la testa. Smettila, cazzo! Smettila! Non voglio pensare! Non voglio! Perché penso che potrebbe venire da te? Perché? Potresti aver chiuso le tende per non essere spiata da me. Sarebbe logico.
È lui!
È proprio lui. Il bibliotecario! Ha citofonato e ora varca il portone. Sta salendo da te! Avevo ragione.
Perché... perché ora non sento niente. Sono lucido. Pensieri e malessere dissolti come cenere al vento. Ho paura. Non mi piace. Non mi piace sentire niente. C'è qualcosa che non va. Lo sento.
Mi siedo. Devo stare calmo. Calmo! Ho paura di me stesso. Ho paura che possa farti del... male. Io ti voglio. Ti voglio anche se ti scopi il bibliotecario. Ti voglio anche se...

 

Apro gli occhi. È mattina. No, no, no! Non ricordo niente di ieri notte. I vuoti di memoria non mi piacciono. Sono ancora seduto nel mio appartamento. Forse... forse mi sono solo addormentato. È successo qualcosa. Lo sento. Ho fatto qualcosa. Vado alla finestra. Le tue tende sono ancora chiuse. Guardo l'orologio al polso, le nove e sedici minuti.
Dovresti essere già sveglia. Tu sei mattiniera. Le tue finestre dovrebbe essere aperte, il sole invadere il tuo appartamento, i miei occhi scrutarci dentro.
Forse... forse ti ho fatto qualcosa.

 

Sono davanti alla tua porta. Una vecchietta mi ha fatto entrare nel condominio. L'ho aiutata a portare le buste della spesa al terzo piano. Le ho detto che sono un tuo amico. È proprio una vecchietta gentile. Mi ha offerto una tazza di caffè per averla aiutata con la spesa. Ho rifiutato.
La tua porta è chiusa. Ma non è un problema. Da piccolo il mio patrigno mi chiudeva nello sgabuzzino per giorni. Ho imparato a scassinare la serratura. Come credi che paghi il mio appartamento nel cuore di Roma?
Non ho avuto la tua stessa fortuna. Non sono nato in una famiglia di giudici, ma di tossici. I miei amavano farsi di eroina davanti a me e poi darlse di santa ragione quando erano in astinenza. Ma io non sono loro. Ho dovuto combattere. Ho dovuto lottare, sanguinare, uccidere una parte di me.
Ecco fatto. La porta è aperta.
Il tuo appartamento è davvero bello. Molto femminile e dominato da un rosso molto chiaro. Cuscini, tende, tappeti, divani, tovaglie. Tutto ha la stessa tonalità. Ti piace molto questo colore. Ora piace anche a me.
Il tuo appartamento non è vuoto come il mio. Non ha solo un materasso sul pavimento e file di cartoni lungo le pareti con la mia roba d'infanzia dentro. Non hai quaderni in cui disegnavi omini morti squartati. Non disegnavi fumetti cruenti, non scrivevi storie violente da bambina.
Non eri come me.
No, tu sei una donna diversa. Basta guardarmi intorno. Hai viaggiato molto. New York, Shangai, Tokyo, Londra, Parigi, Madrid, Berlino, Sidney e altri posti che non riconosco nelle tue foto incorniciate e appese alle parerti del soggiorno. Non hai molti amici. Anzi, in foto ci sono sempre e solo due donne con te. Una ti assomiglia moltissimo. Forse è tua sorella. È molto bella, ma non quanto te. La tua bellezza non ha rivali. Invece
 sui social hai pochi mi piace, pochi commenti. Pochi morti di figa. Sei una donna seria. Una di quelle speciali. Posti solo foto di animali, di spiagge bianche e incontaminate e di piatti esotici che ti sono piaciuti.
Ecco i tuoi libri. Hai uno scaffale enorme in un angolo. Dalla mia finestra è impossibile scorgerlo. Le tue letture sono un po' cupe, ma anche molto varie. C'è un libro aperto sul tavolino, La ragazza della porta accanto. Davvero lo stai leggendo? Davvero ti piacciono libri così cruenti? Lo sai che parla di una storia vera? Certo che lo sai. Sei troppo intelligente.
Sai, il tuo appartamento odora di lavanda. Lo sento ancora più forte mentre mi avvicino alla porta chiusa della tua camera da letto. Ho paura. Ho paura di averti fatto del male. Ma niente mi fa pensare che io sia stato qui prima d'ora. Tutto sembra in ordine.
Giro la maniglia.
Il letto è sfatto, ma vuoto. Tiro un sospiro di sollievo. Non ti ho fatto del male, ma... No, non voglio pensarci. Non voglio credere che potrei aver ripulito e risistemato tutto. Sai, sono bravo. Davvero bravo. Ma non posso averlo fatto con te. Non posso. Io mi ci guadagno da vivere con i miei molteplici talenti. Non li ho mai usati per motivi personali. Non potrei mai. Ho i miei principi. Non sono un mostro. Faccio il necessario per sopravvivere.
Come tutti.
Ora frugo nei tuoi cassetti. Voglio conoscerti meglio. Hai molti vestiti firmati. Prevedibile. Molti reggiseni e mutandine di Victoria Secret. Li annuso e li rimetto a loro posto. Non sono un pervertito. Non rubo la tua biancheria come una sorta di trofeo macabro.
Ci sono diversi profumi e deodoranti sul comò. Li annuso. Che fragranza! Mi ricorda te. La scia di profumo che ti sei lasciata alle spalle in biblioteca. Il nostro primo incontro. Ne spruzzo un po' sul polso e lo sniffo come un tossico fa con la cocaina. Fantastico! Crea dipendenza. Spruzzo ancora e ancora. Non posso farne a meno.
Crollo sul pavimento.
Ho un mal di testa infernale. Cosa diavolo è successo? Perché sento dolore dietro la testa?
— Sapevo che eri uno psicopatico del cazzo!
Mi arrivano calci ovunque. Le costole si rompono, sputo sangue e due denti. Che cazzo succede?
Altri calci. La testa mi gira, le ossa mi dolgono.
— Basta, Robè! Così lo uccidi!
— È quello che si merita 'sto stronzo!
È lei. Il mio amore. Riconosco la sua bellissima voce un poco graffiata. Sei viva! Non ti ho fatto del male.
Sei davanti a me. Tu e il bibliotecario. Mi fissate con odio, ma è lui quello con gli occhi da pazzo. Mi vuole ammazzare. Glielo leggo nello sguardo, nel suo tono di voce eccitato.
Mi tira un calcio in faccia.
Le orecchie ronzano, la stanza vortica. Non riesco a tenere gli occhi aperti.
— Smettila di fissarla come un maniaco, stronzo! Non la devi guardare!
Un calcio alla schiena. Gemo.
— Fermo, Robè! Fermo! Lo stai uccidendo!
Mi stai proteggendo? Sei così dolce. Non vuoi che mi uccida. In fondo anche tu mi vuoi, giusto?
— È entrato in casa tua, Valè! Poteva ucciderti, o chissà cosa. Te l'ho detto che questo stronzo è un maniaco. L'ho inquadrato bene!
— Chiamo un'ambulanza.
— No, niente ambulanza.
— Ma morirà!
— Se lo merita!
— Non puoi dire sul serio.
— 'Sta gente è fuori di testa, Valè! Torna sempre! Meglio morto che vivo.
Non preoccuparti. Io non morirò. Non posso morire. Non posso lasciarti sola. Tu sei mia e io sono tuo. Ci apparteniamo.
Ma ora non riesco a tenere gli occhi aperti. Non sento più le gambe, né le braccia. Ho sonno. Tanto sonno. Ma non voglio distogliere lo sguardo dal tuo bel viso. Sei così bella.
Credimi, mi sto sforzando di tenere le palpebre aperte, ma è difficile. Non mi sono mai sentito così stanco in vita mia. Continuo a fissarti, a sputare sangue. Il dolore sta scomparendo. Non sento più niente. Ma non riesco più a controllare le palpebre, si stanno chiudendo.
Ma tu continui a guardarmi. Ed è quello che conta.

   
 
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