Il castello errante di Sahed
{ storia di come Julia s'innamorò di un Ah'kon }
Nel
regno di Kalgratt, dove la scienza veniva venerata come una religione
e la magia era ritenuta portatrice di caos, tutte le ragazze erano
obbligate a sposarsi al raggiungimento dei venti anni con pretendenti
scelti appositamente per loro.
Julia
ne aveva appena compiuti diciotto e già era desiderosa di
adempiere
al suo dovere di cittadina modello. Non le interessava davvero
trovare il vero amore, qualsiasi uomo che le avrebbero presentato
sarebbe stato perfetto, le importava sopratutto di rendere il suo
paese e suo padre fiero di lei. Anche i suoi genitori si erano
conosciuti in questo modo dopotutto, e seppur sua madre fosse morta
prematuramente quando lei era solo una bambina, avevano vissuto un
matrimonio felice. Julia era convinta che lo stesso sarebbe successo
anche a lei, indipendentemente da chi avesse al proprio fianco. Di
tutt'altro pensiero era la sua migliore amica Kamille. Lei era di un
anno più grande di Julia e per questo i suoi genitori
avevano già
iniziato a presentarle uomini di ogni tipo per far in modo che si
fidanzasse prima del suo prossimo compleanno. Kamille però
di
sposarsi non ne voleva sapere nulla, aveva perfino tentato di fuggire
di casa più volte rischiando di incappare in numerosi
pericoli, come
la famigerata Strega delle Terre Desolate di cui tanto si stava
parlando ultimamente o del temibile Ah'kon Sahed, che da qualche
tempo aveva iniziato a far vagabondare il suo inquietante castello
tra le colline che circondavano il paesino delle due ragazze. Per
questo la signora Bernaud aveva chiesto a Julia di far rientrare un
po' di sale in zucca a sua figlia e convincerla che accettare una
qualsiasi proposta di matrimonio era la cosa giusta da fare per il
bene di se stessa, della sua famiglia e della nazione.
Così,
in quel dì di Calendimaggio, lei aveva deciso di prendersi
la
mattinata libera dal suo lavoro di giocattolaia per andare a trovare
Kamille nella sartoria dove stava facendo apprendistato.
Stava
proprio per scendere le scale che collegavano il suo appartamento con
il negozio di giocattoli che aveva ereditato da sua madre, quando
notò che suo padre si stava abbottonando la divisa da
militare
davanti allo specchio del corridoio.
-Papà,
te ne vai di già? Sei tornato solo da una settimana- gli
chiese
guardandolo dispiaciuta. Julia era abituata a stare lontana dal padre
per lunghi periodi di tempo a causa del suo lavoro, e sapeva che se
avesse sentito troppa solitudine sarebbe potuta andare a casa della
famiglia Bernaud come aveva sempre fatto da quando era piccola,
questo però non significava che la sua improvvisa partenza
non
l'intristisse. Dopotutto avrebbe dovuto passare almeno altre due
settimane di congedo militare insieme a lei, e Julia si era
ripromessa di passare ogni singolo minuto libero al suo fianco. Non
pensava che il tempo insieme sarebbe finito così presto.
-Lo
so Julia, mi dispiace, ma a quanto pare il figlio del re di Betheid
è
scomparso dopo aver varcato i nostri confini e loro ci stanno
accusando di averlo rapito- le spiegò il padre voltandosi a
guardarla. I suoi occhi scuri si posarono in quelli azzurri della
figlia, ora intrisi di preoccupazione oltre che dispiacere,
così
addolcì il suo cipiglio serio e si sforzò di
sorriderle per
rassicurarla. -Non ti preoccupare, non credo che scoppierà
una
guerra per questo- mentì -in più il nostro paese
è piccolo e
lontano sia dalla capitale sia dai confini, stai tranquilla,
andrà
tutto per il meglio-. Le sue mani si posarono sulle spalle di Julia,
ma lei non si sentì affatto più serena. Non era
una stupida e
riusciva a vedere dietro le bugie mal celate del genitore.
-Sono
molto più preoccupata per te- gli rispose per poi abbassare
lo
sguardo. Suo padre era un sergente e seppur corresse molti meno
rischi rispetto ad un soldato semplice e non combattesse in prima
linea, una guerra avrebbe messo in pericolo la sua vita.
-Ah!
Per chi mi hai preso? Ci sarà un motivo se sono arrivato
dove sono,
no? Abbi più fiducia nel tuo vecchio!- Disse gonfiando il
petto,
poi, dando una veloce arruffata ai capelli di Julia, la
salutò,
attraversò la sala da pranzo ed uscì dal portone
principale
lasciandola sola. Tipico di suo padre andarsene prima che la
conversazione si fosse fatta più emotiva.
Con
uno sbuffo, questa volta fu lei a mettersi davanti allo specchio per
risistemarsi la frangetta castana poi, finalmente, scese le scale.
Il
suo negozio di giocattoli era piccolo e accogliente. Davanti
all'entrata delle scale, situata parallelamente all'ingresso del
negozio, si trovavano il bancone con la cassa ed uno sgabello su cui
sedersi, mentre le pareti ai lati erano coperte di grossi scaffali
pieni delle sue creazioni in legno. Trenini, casette, animali,
marionette... Julia aveva intagliato e dipinto tutte loro con le sue
stesse mani ed era estremamente fiera di ognuna di esse, ma doveva
ammettere di essere particolarmente affezionata sopratutto alle
ultime citate. Esse erano state la prima cosa che sua madre le aveva
insegnato a costruire e Julia ancora si ricordava la maestria con cui
lei tagliava ed incideva il legno dandogli nuova vita e
trasformandolo in qualsiasi personaggio lei volesse, per poi passare
i momenti in cui il negozio era vuoto a giocare con lei mettendo
sù
piccoli spettacoli teatrali. Era un ricordo che si sarebbe sempre
portata nel cuore e che le aveva fatto realizzare la sua passione nel
modellare il legno. Sperava di essere diventata brava tanto quanto
lei e che le cose che costruiva fossero in grado di dare gioia ai
bambini a cui venivano regalate esattamente come quei giocattoli che
sua madre le donava avevano dato a lei.
Scacciando
via quell'attimo di nostaligia, Julia si voltò alla sua
destra ed
entrò all'interno di un'altra stanza: il suo studio
personale.
Questo era molto meno ordinato e molto meno luminoso rispetto al
negozio in sé, ma era sicuramente la sua stanza preferita,
perché
era lì che poteva dare sfogo al suo estro creativo. Facendo
attenzione a non inciampare nei vari pezzi di legno e giocattoli
incompleti sparpagliati sul pavimento, Julia si avvicinò al
suo
tavolo da lavoro e da sopra di esso prese il regalo che aveva
realizzato per Kamille. Si trattava di una pupazzo senza fili grande
quanto il busto di Julia e, a parte il grosso cappello rosso a forma
di fungo incollato alla testa, era completamente svestito
così che
Kamille potesse cucire per lui tutti gli indumenti che desiderava.
Sperando di fare cosa gradita – e sopratutto di darle una
consolazione prima di iniziare a rimproverarla per il suo
comportamento da ragazzina immatura che non voleva compiere il suo
dovere – Julia aveva costruito quel pupazzo prendendo come
inspirazione Mr. Bolingus, l'amico immaginario che avevano creato
insieme quando alle elementari avevano trovato un'amanita
muscaria
nel bosco vicino alla loro scuola, il quale aveva poi accompagnato le
loro mille avventure per tutta la loro infanzia. Mettendolo con cura
nella nella borsa di tela che aveva in spalla, Julia si
avviò
all'uscita lasciando il cartello con la parola "chiuso"
rivolto verso l'esterno dell'edificio e facendo attenzione a chiudere
la porta a chiave.
Le
strade quel giorno erano più affollate del solito e
nell'aria si
sentiva l'odore di festa. Nella via principale si stava svolgendo la
solita parata del giorno di Calendimaggio e le persone, accalcate le
une contro le altre, lanciavano grida di gioia tra una bevuta e
l'altra mentre carri pieni di fiori e soggetti vestiti in costume
passavano attraverso la folla lanciando coriandoli. Julia tutto
questo trambusto non lo sopportava proprio.
-È
solo una scusa per non lavorare e per battere la fiacca- disse tra
sé
mentre cercava di farsi più piccola, schivando ogni
individuo che le
si parava davanti. Non era mai stata un'amante delle grandi folle,
né
dei festeggiamenti sconsiderati, per questo non appena poté
si
infilò in una viuzza secondaria e più sileziosa.
Non appena fu sola
tirò un sospiro di sollievo. Forse ci avrebbe messo
più tempo del
previsto ad arrivare da Kamille, ma per lo meno non avrebbe fatto
incontri indesiderati. Non fece in tempo a pensare questo,
però, che
un uomo più grande di lei e con due enormi baffi sotto il
naso uscì
da uno dei vicoli che si trovavano al suo fianco, sbarrandole la
strada all'improvviso.
-Ciao
piccolina, dove vai tutta sola con questa fretta? Sei già
maggiorenne, vero? Perché non mi fai un po' di compagnia? Ti
va di
bere qualcosa?- cominciò a chiederle facendole una domanda
dopo
l'altra, abbassandosi un poco per arrivare alla sua altezza e
guardarla meglio in viso. Julia arrossì e strinse le labbra
dal
fastidio, fissando l'uomo dritto negli occhi. Quel tizio emanava un
fortissimo odore di vino e seppur non sembrasse troppo pericoloso,
solo estremamente ubriaco, un principio di paura mischiato a rabbia
le iniziò a salire dalla bocca dello stomaco. Non era
abituata a
ricevere questo tipo di attenzioni, lei. Era sempre stata considerata
piuttosto banale dai suoi coetanei ed il suo modo scialbo di vestire
unito al suo carattere schivo e scorbutico non l'avevano aiutata di
certo a far breccia nei cuori di chi le stava intorno. Non si era mai
data pena per questo, però, dopotutto questo tipo di cose
non erano
di alcun interesse per lei, e vedendo il modo in cui l'uomo che aveva
davanti stava cercando non solo di fare conversazione con lei, ma
anche di toccarla e portarla da qualche altra parte,
ringraziò anzi
il fatto di non essere attraente e di non ricevere questo tipo di
attenzioni più spesso.
Stava
proprio per inveirgli contro di andarsene e di lasciarla in pace,
quando un braccio le avvolse le spalle ed un profumo dolce e delicato
le entrò nelle narici.
-Eccoti
tesoro, scusa il ritardo, ti ho cercata dappertutto- disse il nuovo
arrivato mentre la stringeva protettivamente a sé. Julia non
riuscì
a voltarsi, troppo sbalordita dall'avvenimento, ma riuscì a
capire
che chiunque fosse arrivato in suo soccorso – non che ne
avesse
avuto bisogno – fosse un giovane uomo dalle movenze
sofisticate e
dalla voce gentile.
-Eh?
E tu chi saresti?- domandò il tipo che la stava molestando,
iniziando ad irritarsi.
Lo
sconosciuto al suo fianco non accettò di buon grado il tono
con cui
egli si era rivolto a lui così, dopo aver emesso un suono
stizzito
con la lingua, gli rispose -non sono affari tuoi. Ora perché
non vai
a farti un giro?- e dicendo questo alzò il braccio e con un
gesto
veloce buttò in faccia all'uomo una polverina viola. Egli,
come
incantato, si raddrizzò in tutta la sua altezza e rigido
come un
pezzo di marmo iniziò a camminare nella direzione opposta
alla loro
con passi svelti. Julia, capendo all'istante in cosa si era andata a
cacciare, sgranò gli occhi. -Cos-- Ma questa è
magia! Hai usato una
magia! Lasciami andare!- esclamò cercando di divincolarsi
dalla
presa del giovane.
-Non
così in fretta- la bloccò lui, iniziando a
camminare insieme a lei.
Il tono con cui le parlò era basso e non aveva
più nessuna traccia
di nervosismo, ma Julia continuò ad esserne spaventata.
Chiunque
utilizzasse la magia era un essere pericoloso e da tenere alla larga.
-Mi
stanno seguendo e ora sei coinvolta anche tu. Reggimi il gioco-
aggiunse seriamente sussurrandole all'orecchio. Julia
rabbrividì.
-Seguendo?
Coinvolta? Coinvolta in cosa? Lasciami subito andare!- provò
di
nuovo a protestare, senza risultati. Ora stava iniziando seriamente
ad arrabbiarsi.
-Calmati!
Non appena li avremmo seminati sarai libera di andare dove vuoi-. Con
la coda dell'occhio Julia riuscì a vedere in lontananza
degli
ammassi gelatinosi senza volto e completamente neri venire nella loro
direzione, i quali sparirono dalla sua vista non appena il presunto
mago la fece svoltare a sinistra. Furono però costretti ad
arrestare
la loro fuga perché si trovarono davanti ad un alto muro.
-Vicolo
cieco. Tieniti forte-.
-Tenermi
forte a cosaaaah!- Senza capire né come né
perché Julia si trovò
in aria, al di sopra dei tetti del suo villaggio, con entrambe le
mani strette in quelle dello sconosciuto che continuava a restarle
alle spalle. In altre circostanze forse sarebbe rimasta estasiata dal
panorama che si poteva osservare da lassù, ma in quel
preciso
istante riuscì solo a pensare di essere appena stata rapita.
-Distendi
le gambe e continua a camminare come se fossi sulla terra ferma-
bloccò i suoi pensieri lo sconosciuto avvicinando la bocca
al suo
orecchio. Julia provò a guardarlo in viso, ma
riuscì solo a vedere
un ghigno divertito dipinto sopra pelle abbronzata.
-Ma
tu sei completamente fuori di testa! Questo si chiama sequestro di
persona ed è un reato! Tu stai usando la magia e anche
questo è
reato! Mio padre è un militare, ti farò arrestare
subito!- sbraitò
Julia in preda all'ira. Intanto però aveva iniziato a
muovere le
gambe come se stesse camminando, esattamente come lui le aveva detto.
Quella situazione non le piaceva per niente, lui
non le
piaceva per niente, ma non voleva di certo cadere da quell'altezza.
-Ma
vuoi darti una calmata?! Sto solo cercando di toglierci da una
situazione scomoda!- le rispose a tono. Ma guarda che sfacciato,
aveva perfino il coraggio di rimproverarla! -Nessuno te l'ha chiesto
e poi chi diavolo saresti tu?- Mentre gli faceva questa domanda Julia
notò che stavano perdendo quota dirigendosi nel terrazzo di
un
qualche negozio. Non appena ebbe messo i piedi per terra subito si
girò per vederlo in viso, pronta ad inveire nuovamente
contro di
lui. Gli insulti le morirono in gola non appena capì chi era
stato a
rapirla (salvarla?). Pelle abbronzata, capelli scuri, ricci, con due
ciocche bionde ad incorniciargli il viso, occhi – tre occhi!
–
dello stesso colore pallido del cielo durante l'alba. Quello non era
un mago, quello era un Ah'kon. Quello era -S-Sahed...-
-La
mia fama mi precede a quanto pare- le rispose sorridendole alzando
solo un lato della bocca. Julia continuò a fissarlo negli
occhi,
anzi, continuò a fissargli il terzo occhio che aveva in
mezzo alla
fronte senza riuscire ad emettere nessun altro suono. Sahed era
sempre stato descritto come una persona pericolosa, specialmente per
le giovani donne come lei, perché non solo se ne andava in
giro
facendo i comodi suoi, aveva anche il vizio di rubare i cuori a
chiunque gli rivolgesse la parola. Julia non faceva fatica a capire
come: era l'uomo più affascinante che avesse mai incontrato.
-Ecco,
rimani qui per qualche minuto, dovresti essere al sicuro- disse prima
di guardarsi intorno. Nessuno li aveva visti scendere lì e
sopratutto i mostri che li stavano inseguendo non erano più
nei
paraggi. Si voltò nuovamente verso Julia, osservandola per
un ultima
volta da capo a piedi, poi, sorridendole più dolcemente,
saltò giù
dalla ringhiera del balcone senza distogliere gli occhi dai suoi.
-Arrivederci,
bella signorina- le disse prima di svanire.
Angolo Autrice
Ciao a tutti! Prima di tutto voglio ringraziare chiunque abbia letto le mie altre fanfiction, chi mi ha lasciato una recensione e chi ha aggiunto la storia alle ricordate. Vi adoro, mi avete resa molto felice. Seconda cosa devo avvertirvi che sono estremamente lenta ad aggiornare fic lunghe e in passato sono state molte le storie che ho abbandonato, quindi abbiate pazienza e non fatevi troppe aspettative per questa storia. Ma vi prometto che farò del mio meglio per aggiornare, specialmente se vedrò che questo primo capitolo verrà apprezzato. Ho letto e riletto il capitolo mille volte, ma non sono sicura di come mi sia uscito. Spero non ci siano errori e che il testo sia scorrevole! Ringrazio sopratutto coloro che su Instagram e Twitter mi hanno supportata mentre cercavo di scriverlo, amo tutti voi. Per chi volesse seguirmi su Instagram sono @engeldreamer e su Twitter sono @eengeldreamerr!
A presto,
EngelDreamer