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Autore: BabaYagaIsBack    19/06/2023    0 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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XV (4)

Non aveva idea di cosa stesse succedendo, nella sua testa continuava a pulsare l'immagine di Sylvia di fronte a lei, gli occhi languidi e le labbra schiuse in attesa della sua bocca, di quel bacio che era sparito prima di nascere lasciandola in fibrillazione.
Katarina si rese conto d'avere fame. Una fame atavica di pelle, carne da stringere, calore da trasformare in sudore, saliva e... si morse la lingua. No, quei pensieri doveva allontanarli in fretta o avrebbero risvegliato in lei desideri che sapeva avrebbe faticato a mettere a tacere, soprattutto dopo tanta astinenza. Mentre a grandi falcate ripercorreva il corridoio tra il refettorio e la sua cella si rese conto di dover mettere quanta più strada possibile fra lei e la Madre Superiora, altrimenti... cosa? Avrebbe ceduto a istinti inopportuni. E dov'era il problema? Non aveva forse pomiciato con alcune delle domestiche del Vescovo Wassily negli anni? O con ragazze che a differenza sua non avevano la più pallida idea di cosa stessero facendo? Eppure con Sylvia, per quanto lo volesse, non riusciva ad andare oltre alle proprie fantasie. Lo avrebbe fatto se lei glielo avesse concesso, un po' come un mastino che aspetta l'ordine del proprio padrone per attaccare, eppure non era successo e, forse, mai sarebbe accaduto. Che fare, quindi?

Con un unico movimento abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, trattenendo un'imprecazione. Come si sarebbe tolta quel languore di dosso?
Guardò il proprio cappotto incerta sul da farsi, troppo confusa dalla sequenza di eventi e dall'intensità dello Spirito alla Salvia che aveva ingollato. Era da tanto che un liquore non le dava le vertigini, inibendola fino a quel punto - e dannazione se lo aveva apprezzato! Una fiaschetta di quello, ogni giorno, avrebbe risolto quasi tutti i suoi sbalzi d'umore, pensò.
Con i denti si morse il lato dell'indice, una delle poche dita lasciate libere dalla costrizione del guanto. Se solo fosse stata a Roma, tra le vie che era solita visitare... Un'illuminazione la colse all'improvviso, facendole spalancare gli occhi. Certo! Il modo migliore per sedare la fame di carne era con altra carne. E sangue, magari. Mettersi sulle tracce del nemico avrebbe aiutato, allontanando la mente da tutto ciò che erano Sylvia e le sue diaboliche labbra. Sarebbero bastati un inseguimento o l'estorsione di informazioni da qualche bestiaccia del Mundi per rendere quella serata meno lunga.
Svelta si mise il cappotto, piazzò la bombetta sul capo e nuovamente uscì dalla cella in fretta e furia. I suoi passi riecheggiarono per i corridoi con decisione, mossi da una foga e un desiderio sempre meno propensi a ubbidirle. Ignorando i saluti delle Sorelle in giro per l'Istituto, Miss Bahun avanzò imperterrita fino all'ingresso e lì, non trovando come al solito Niamh pronta ad aprirle, si mise a osservare gli ingranaggi e le serrature del portone. C'era un ordine preciso in cui far girare le chiavi e di certo lei non si era mai premurata di ascoltare attentamente la sequenza in cui scattavano i meccanismi - ma poteva capirlo, se si fosse concessa qualche minuto. Le serrature erano state lasciate a vista, così come i sistemi di blindatura. Chiunque avesse eseguito quel lavoro aveva deciso di renderlo un orpello aggiuntivo, di farlo diventare parte integrante della decorazione floreale dell'edificio e seguendo un ramo e poi un altro...
Si accovacciò.
Poggiando i gomiti sulle cosce e aguzzando la vista Katarina percorse con lo sguardo ogni singola linea metallica cercando di capire quale arrivasse dove, in modo da intuirne la sequenza. La serratura sopra arrivava al fondo, quella centrale andava verso l'alto, l'ultima si trovava a metà e poi quella appena più in alto andava dritta a combaciare con i chiavistelli che aveva di fronte.

Si tirò in piedi, un sorrisino appena accennato in viso. Quanto amava la sensazione del successo! Così senza più esitare prese a ruotare le chiavi, una dopo l'altra secondo l'ordine appena appreso, e dopo ogni "click" un senso di soddisfazione le tese sempre più le labbra fino a formare un vero e proprio sorriso. Abbassò la maniglia e il portone si aprì con il consueto cigolio di benvenuto. L'aria umida le sferzò il viso, ad ogni passo con più spietatezza. Il tonfo alle sue spalle arrivò leggero, tanto che quando se ne accorse, nello sbattere le ciglia, si rese conto essere già arrivata alla fine del selciato. Le gocce di pioggia a tamburellarle sulla tesa del cappello e sulle spalle avvolte nel cappotto verde. Si inumidì le labbra. Era fuori ed era sola, due cose che fino a qualche giorno prima le erano parse impossibili. Katarina tornò a guardare davanti a sé.
Le strade erano semivuote e guardando in cima ai palazzi, cercando la striscia colorata che Julius le aveva mostrato alla loro prima ronda, si rese conto di non saper decifrare quella sorta di mappa. Sì, il collega le aveva spiegato che più si avvicinava al centro di Londinium più la colorazione assumeva tonalità fredde, azzurrate, mentre se desiderava uscirne doveva puntare verso il giallo e l'ocra, ma questo non era poi di grande aiuto. Se avesse voluto visitare la casa di Melody, dove il suo corpo era stato rinvenuto, ad esempio, che colore avrebbe dovuto cercare? E se avesse voluto raggiungere la casa di Mister Gregory? Imprecò, cercando di fare mente locale. Cosa aveva notato il giorno della visita a quel dannato succhia sangue? Si morse il labbro. Era una zona tutto sommato raffinata, il sole non aveva edifici troppo imponenti a coprire la sua traiettoria e poi... certo! Il Tamigi. Aveva notato i sommozzatori intenti a recuperare qualcosa dalle sue acque e, pensandoci bene, da quel che sapeva il fiume divideva a metà la città, passandoci quasi nell'esatto centro. Se fosse quantomeno arrivata lì avrebbe potuto fare qualche passo avanti e magari nelle sere successive raggiungere i luoghi di suo interesse; il tutto senza dover coinvolgere quei due smidollati di Lord Terry e Mister Whiteman.
Bastò quello a convincerla.
Miss Bahun si mise in marcia come se stesse per andare al fronte - e in tutta onestà, viste le sensazioni ancora così vivide in lei, stava davvero affrontando una guerra con se stessa.
Senza mai guardarsi indietro, ma tenendo il naso all'insù nonostante la pioggia, i suoi passi la spinsero lontana: dapprima in quartieri che ricordava appena, che sapeva aver visto scorrere oltre le finestrelle delle diligenze prese in quei giorni, poi in zone che non avrebbe saputo identificare. Non si accorse dello scorrere del tempo, smaniosa di trovare qualcosa. Un pub dall'aspetto fatiscente, un membro del Mundi o... si interruppe. I piedi le dolevano un poco. Era abituata alle lunghe camminate; spesso nelle missioni era stata costretta a spostarsi a piedi chiedendo ospitalità in villaggi in cui, se avessero saputo della sua identità, probabilmente l'avrebbero cacciata coi forconi - perché i vânător erano apprezzati solo all'occorrenza e per periodi brevi, come i temporali. Portavano sollievo nelle terre che visitavano quando ve n'era bisogno, ma la loro permanenza era presagio di sventura, di cattivo raccolto. Eppure, dopo quasi un mese dalla sua ultima disavventura con un Maligno, gli stivaletti che indossava non parevano più così comodi.
Sospirò portandosi le mani sui fianchi. Dannazione, pensò socchiudendo gli occhi, nemmeno il tempo che aveva trascorso a vagare per Londinium aveva alleviato i suoi desideri. Le dita involontariamente premevano con violenza sulla stoffa, stringevano alla ricerca di un corpo che non era il suo. I denti morsero il labbro inferiore, lo tirarono appena. Perché non vi era alcun sapore sopra? E perché lo voleva tanto sentire? L'immagine di Sylvia la colse alla sprovvista e fu costretta a scuotere la testa per allontanarla dai suoi pensieri.
Non doveva essere lì. O quantomeno non doveva essere solo lì, si disse, peccato che non ci fosse alcuna possibilità che ciò accadesse. Madre Goldchild era tanto bella quanto pura e, nonostante la cosa solleticasse l'interno coscia e il basso ventre di Miss Bahun, sapeva che mai avrebbe ceduto a una come lei. In primo luogo perché era una cacciatrice, in secondo proprio perché era una cacciatrice e in ultimo, o quasi, perché per diventare una Sorella Velata Sylvia doveva aver fatto solenne voto di castità - e Katarina non era certo così avvenente da far dubitare donne del suo calibro. Con fastidio riprese a camminare. Le sue falcate si fecero ampie e i pensieri radi. Tenne l'attenzione fissa sulla mappa dipinta sopra i cornicioni più alti e, quando i formicolii del suo corpo provavano a tradirla, si mordeva forte la lingua e pigiava le unghie nella pelle del guanto sperando di trovare la propria carne.
Miss Bahun non si fermò fino al cartello di Hungeford Bridge, lo stesso ponte che aveva attraversato con quei due stolti di Julius e Suzu e che l'aveva accolta una volta scesa dalla diligenza. Nella luce fioca del tardo pomeriggio si accorse di dettagli che quella volta le erano sfuggiti, forse anche a causa della foga. La monorotaia a vapore passava nell'esatto centro della strada, un solco simile a un taglio di metallo che si rifletteva nel cielo sotto forma di cavo. Lo vide oscillare minaccioso nel vento e, nel seguirne la direzione, iniziò ad attraversare il ponte. Intorno a lei più persone di quante si sarebbe aspettata di trovare in un giorno tanto uggioso camminavano svelte verso chissà quali destinazioni. I loro passi si mischiavano a chiacchiere e imprecazioni, al tamburellare delle gocce sopra il suo cappello e allo scroscio dell'acqua sotto di lei. Si sporse appena verso destra, lasciando cadere il proprio sguardo a terra, se così si poteva dire. Le acque scure del Tamigi scorrevano imperiose attorno a lei, lambendo le pile di mattoni grigi che si innalzavano dal letto del fiume fino a fondersi con il parapetto bianco a cui si era accostata. Non aveva smesso di procedere, ma sicuramente aveva rallentato per cogliere ogni dettaglio e, di tanto in tanto lungo quel percorso, la vânător notò una peculiarità che le tese le labbra in un sorriso forzato. Placche di ferro con sopra la raffigurazione del Dio di Luce si stagliavano in mezzo alla pietra, esattamente come facevano sugli edifici di Roma e di tanti altri paesini d'Europa. Avrebbe voluto sfiorarle per sentirle calde sotto i polpastrelli, ma un senso di nausea la frenò. Non aveva mai riservato alcuna fede in quella fantasia, il Dio per lei non aveva valore. Lo guardò con disgusto. Era raffigurato nello stesso modo di sempre, con il volto quasi completamente coperto da lunghi capelli che lasciavano visibile un solo occhio, per ricordare a tutti che Lui avrebbe sempre vegliato sulle anime dei suoi fedeli. Soffocò una risata. Dopo i pensieri che aveva avuto su Madre Goldchild e che ancora la minacciavano, probabilmente toccare quei santini le avrebbe bruciato i polpastrelli, un po' come succedeva ai Maligni.

Si umettò il labbro alzando lo sguardo e d'improvviso la sua marcia tornò a essere decisa. Più si avvicinava al centro del ponte, lungo diversi metri, più la brezza autunnale si faceva tagliente. La sera si stava avvicinando, così come la sperata sazietà - perché proprio non riusciva a togliersi dalla mente quella bocca carnosa, quelle labbra che sarebbe stato così delizioso mordere. Velocizzò il passo. Arrivò dall'altro capo dell'Hungeford Bridge con il battito accelerato e la schiena accaldata, i guanti fastidiosi sulla pelle quasi al pari del cappotto sul corpo. Si guardò attorno. Sui cornicioni quel colore simile alle acque del Tamigi, forse un po' più azzurrato che d'improvviso non aveva più alcuna utilità. Dove andare, quindi?
I suoi occhi balzarono da un angolo all'altro della zona nella speranza di trovare indicazioni utili, peccato che ve ne fossero davvero poche. L'unica informazione di qualche rilevanza gliel'aveva data Suzu il giorno prima parlando di Piccadilly Circus, ma dove era ubicata la casa di quel dannato matusalemme di Mister Gregory rispetto a quel luogo? E l'altro Exilati?  Sicuramente non molto lontano da lì. Ricordava alcuni degli edifici di fronte a lei, ma non era certa di potersi orientare bene come avrebbe sperato. Sospirò, provando a far mente locale.
La diligenza chiamata da Lord Terry li aveva lasciati non molto lontani dal ponte, sulla sinistra, e da quello che si erano detti all'obitorio era a diversi quartieri dalla casa di Melody, al contrario di quella della vampira a cui i suoi colleghi avevano fatto visita subito dopo, quindi... imboccò la prima traversa sulla destra ignorando qualsiasi altra possibilità. Avanzò incurante di tutto per un po', scrutando ogni strada che si apriva in mezzo alla città. Le sarebbe bastato ricordare un solo dettaglio per trovare almeno quel punto di riferimento, poi, una volta lì, avrebbe chiesto a qualche passante la via più breve per la sua destinazione - e l'inizio delle sue indagini avrebbe fatto un piccolo passo avanti.

Già, questo era il piano. Peccato che senza rendersene conto, il suo istinto le fece seguire i dettagli sbagliati, portandola fuori strada. Katarina non seppe dirsi come fece a ignorare la casa dell'Exilati, oltrepassandola e avanzando tra le vie di Londinium come se il suo obiettivo fosse un altro. Forse era stato il fatto che assomigliasse a tante altre, forse lo Spirito alla Salvia che ancora aveva nello stomaco aveva davvero fatto un ottimo lavoro anestetizzando il suo raziocinio, forse... si portò una mano alla fronte, scuotendo il capo.
Di certo, tra tutti i posti, non avrebbe optato per quello viste le sue precarie condizioni. Aveva scelto di distrarsi dalle sue voglie con un po' di sano lavoro, della violenza gratuita nei confronti di qualche povero Maligno di passaggio, provando a non cedere ai suoi soliti vizi, quelli che l'avevano sempre resa una vânător riprovevole, eppure eccola lì. Ancora.
Sarebbe bastato davvero poco per farla tornare sulla retta via, come ad esempio distogliere lo sguardo, frenare la mano che si stringeva intorno alla maniglia, non muovere alcun passo all'interno del locale.

Non fece nulla di tutto ciò e quando le labbra le si tesero e dalla gola le uscì un saluto deciso, in parte soddisfatto, si rese conto di essere una perfetta idiota.
Qualcuno l'accolse, ma lei non gli prestò attenzione. Tutto ciò che riuscì a distinguere della persona che le si fece incontro furono il sesso e la chioma cinerea: «Buonasera, cara, posso esservi utile? Credo che voi abbiate sba-» Prima che potesse finire, Katarina l'interruppe compiendo semplicemente un gesto. L'unghia del suo indice picchiò un paio di volte sull'argento della Vrei che aveva appuntato al cappotto, poi fece calare lo sguardo sulla donna che aveva davanti, allargando il sorriso.
«Oh! Io... mi scuso, non volevo. C-come posso...» Doveva essere relativamente su di età nonostante la sua bellezza naturale e quel colore di capelli, ma Miss Bahun tornò a guardare oltre le sue spalle, ignorandola.
«Non badate a me, Madame. So già dove devo andare.»
Quella non aggiunse nulla, si spostò dalla traiettoria della vânător timorosa di poter compiere un passo falso. Dalla mano che si portò al petto, però, fu chiaro che stesse temendo il motivo della sua presenza lì. Perché mai un emissario della Chiesa, un cacciatore, si doveva trovare nella sua attività commerciale? Beh, la risposta l'avrebbe avuta più tardi.

A Katarina bastò sparire oltre la rampa di scale, lontano dagli occhi indagatori della donna, per dimenticarsi di lei e, quando fu di fronte alla porta di suo interesse, pronta ad entrare, nemmeno si ricordava di aver incrociato qualcuno.
Senza annunciarsi entrò.

La stanza era vuota.

Oh.



   
 
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