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Autore: IlPensieroDiEve    19/06/2023    1 recensioni
Quel Jenoma narcisista che nessuno voleva che salvassi, non nascose la sua sorpresa nel sapermi rimasto. Proprio come gli altri, i miei amici che tenevano a me, anche lui mi chiese più volte di non raggiungerlo, di lasciarlo dov'era e di mettere in salvo la mia vita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Adalberto Steiner, Beatrix, Garnet Til Alexandros XVII, Gidan Tribal, Kuja
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Credevo di essere riuscito a capire cosa fossero i sentimenti: ignoravo totalmente il fatto che potessero facilmente spostarsi da un estremo all'altro.
 
Solo quando mi resi conto di essere in pena per lui, dopo aver persino desiderato la sua morte, capì che anche il più forgiato dei sentimenti poteva essere capovolto.
 
Mi sorpresi anch'io, ma sapevo già che il viaggio che avevo intrapreso con i miei amici mi aveva cambiato da com'ero un tempo. Certo, avevo i miei amici dei Tantarus, e a loro tenevo, ma non era lo stesso intenso rapporto che avevo imparato a conoscere con Daga, Vivi e gli altri.
 
Era stato un vero e proprio percorso di crescita, che mi aveva portato ad apprezzare di più quello che avevo, che potevo costruire e a cui tenevo.
 
Quel Jenoma narcisista che nessuno voleva che salvassi, non nascose la sua sorpresa nel sapermi rimasto. Proprio come gli altri, i miei amici che tenevano a me, anche lui mi chiese più volte di non raggiungerlo, di lasciarlo dov'era e di mettere in salvo la mia vita.
 
Avrei potuto seguire i loro consigli, assicurarmi di continuare a vivere, ma come avrei potuto convivere eternamente con quel sentimento che attanaglia l'anima e si rifiuta di lasciarla andare? Il senso di colpa sarebbe stato un male troppo grande da sopportare, incapace di domarlo, sarei finito con l'autodistruggermi.
 
E fu proprio quando lo vidi inerme e in pericolo che l'istinto di protezione prevalse, portandomi a diventare il suo scudo.
 
Nonostante la pericolosa situazione, riuscì a rimanere calmo e a portarlo lontano dall'albero di Iifa, ormai fuori controllo.
 
Per quanto potesse sembrare assurdo, in quella situazione sembrava rilassato, forse perché addormentato. Il suo viso aveva trasmesso anche a me la sua stessa calma. 
 
Per le successive ore era rimasto con Morfeo, solo il suo flebile respiro sul mio braccio mi confermava che non era ancora morto. 
 
Ci accampammo nell'arido deserto. Lui era ancora incosciente. Avevo acceso un fuoco per fare luce e racimolato qualcosa da mangiare. Avevo bisogno che Kuja fosse in forze per arrivare più agilmente a Conde Petit.
 
Ricordo ancora la sua espressione quando si svegliò e mi trovò accanto a lui, che soffiavo sulla sua zuppa per farla raffreddare. Non riusciva a muoversi, così dovetti aiutarlo a mangiare, imboccandolo con un cucchiaio di legno.
 
Siccome l'avevo preparata io, la zuppa faceva schifo. Lui non commentò l'orrido gusto del piatto e non mostrò disprezzo per il trattamento. Era tranquillo, anche se stranamente silenzioso. Semplicemente, mi guardava ad ogni boccone che gli davo, per il resto voltava lo sguardo.
 
Cercavo di scherzare, per rompere il ghiaccio, ma non riuscì a strappargli l'ombra di un sorriso. Quando finalmente si decise a parlare, non fece altro che dire che non meritava tanta attenzione e gentilezza, soprattutto da parte mia. 
 
Non passò poco prima di riuscire a togliergli quell'idea dalla testa e fargli capire che tutti meritano una seconda possibilità, che il diritto di essere amati può essere guadagnato.
 
Kuja conservò quella mentalità autopunitiva fino al momento in cui ci stabilimmo al Villaggio dei Maghi Neri, dopo aver abbandonato il nostro soggiorno temporaneo a Conde Petit.
 
Iniziavo a sentire che ci stavamo avvicinando, che le mura protettive che aveva innalzato stavano crollando. Stava iniziando ad aprirsi con me, cominciava a esprimere i suoi sentimenti e, soprattutto, cercava di spiegarli anche agli altri Jenoma.
 
Una notte, attraverso un lungo pianto, aveva tirato fuori tutto il suo pentimento per la crudeltà delle azioni che aveva commesso. Gli avevo detto che lo perdonavo, ed ero stato sincero. 
 
I Maghi Neri erano stati ospitali nella stessa maniera dell'ultima volta. Nelle prime settimane, erano stati un po' diffidenti nei confronti di Kuja, tuttavia, lui chiese perdono a tutti loro, sorprendendo tanto me quanto i Maghi Neri. 
 
Loro accettarono le sue scuse, giudicandole come sincere. Anche Vivi, che era lì da ben prima di noi, aveva capito che Kuja stava affrontando un percorso riabilitativo e che era sincero in ogni sua affermazione.
 
Kuja fece le sue scuse anche ai Jenoma, che sebbene non avessero ancora ben chiare parecchie cose, molte delle quali riguardanti la sfera emotiva, affermarono di non avere rancore nei suoi confronti.
 
Una sera, eravamo soli io e Kuja, e ci capitò di parlare dei miei vecchi amici.
 
«Freija? Tu credi davvero che anche lei possa perdonarmi? Ti prego, Gidan, non sono mica diventato stupido»
 
«Beh, ammetto che hai ragione. Non potrà lasciarsi tutto alle spalle e dimenticare. Non la biasimo, ma sono certo che non appena noterà il tuo cambiamento ti darà una possibilità»
 
«Che mi dici di Garnet?»
 
«Daga?»
 
«Ti manca?»
 
«Certo che sì»
 
«Era molto bella, la principessa Garnet. Immagino che sarà diventata meravigliosa, una volta regina»
 
In quel momento, non sapevo se ingelosirmi o meno. Non che non la pensassi anch'io come lui ma, per qualche motivo, mi dava fastidio sentirglielo dire.
 
«Non mi dirai che anche a te piace Daga!»
 
«È una bella ragazza, a chi non piacerebbe»
 
«...»
 
«Gidan, non solo il genere femminile ha diritto di essere affascinante, sai?»
 
Non avevo capito cosa intendesse dire, cercavo di elaborare le sue parole quando le sue labbra presero le mie, lasciandomi sorpreso.
 
Non lo spinsi via, non rifiutai quel contatto, come avrei potuto facilmente immaginare. Ricordo chiaramente di aver pensato che le sue labbra avessero la stessa morbidezza di quelle di una ragazza, ma un sapore più speziato.
 
Se avessi avuto l'opportunità di parlare con il Gidan di qualche anno addietro, e di confessargli che anche il bacio dato da un'altro ragazzo può farti emozionare e gioire, probabilmente non mi avrebbe creduto.
 
Dopo quella notte, Kuja non nascose più la sua coda, anzi, la mostrava con orgoglio, quasi come se fosse il simbolo dei Jenoma, della nostra razza, rendendo orgoglioso anche me.
 
Quando Vivi purtroppo smise di muoversi, non molto tempo dopo, era stato proprio Kuja a convincermi di tornare ad Alexandria, per l'anniversario dell'incoronazione di Daga. Mi chiese di non dire a nessuno che era vivo, che sarebbe stato meglio se la voce non si fosse sparsa, che poteva avere molti nemici per via delle sue azioni passate e che non aveva più intenzione di combattere, tantomeno per difendersi dalla gente a cui aveva fatto del male.
 
Acconsentì alla sua richiesta, incapace di negargli il mio appoggio, ma allo stesso tempo amareggiato per non poter raccontare ai miei vecchi amici che si erano sbagliati su di lui e che, donandogliene l'opportunità, mi aveva mostrato il bello che aveva.
 
Mi misi in contatto con i Tantarus e partecipai alle prove per la nuova messa in scena dello spettacolo teatrale "Sarò il tuo passerotto". 
 
Non avevo intenzione di ritornare così: all'acqua di rose. Dovevo fare un ingresso trionfale, che potesse sorprendere tutti. Nello stesso momento in cui avevo formulato il pensiero, qualcosa mi disse che tutto quel tempo con Kuja mi aveva un po' condizionato.
 
Avrei rivisto Daga e gli altri, senza avere idea di quello che avrei detto loro. Ma c'era davvero bisogno di dire qualcosa? Non bastava forse guardarci negli occhi e gioire della rimpatriata? Mi risposi abbastanza velocemente, concludendone che non c'era davvero bisogno di parlarsi, bastava starsi vicino.

 
   
 
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