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Autore: Quebec    20/06/2023    0 recensioni
[WESTERN]
Un gruppo di fuorilegge rapina una banca di Durango. Un colpo facile, veloce, ma qualcosa va storto. E fuggono verso Deadwood, braccati dallo sceriffo e i suoi uomini.
Genere: Avventura, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Secessione americana
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Siamo in sei.
— Nessuno si muova!
Armati fino ai denti.
— Stai giù! Stai giù!
Un colpo facile, veloce.
— Ti ho detto di stare fermo!
Ma Jimmy Scala Reale manda tutto a puttane e spara in faccia al banchiere. Gli ostaggi urlano sdraiati sul pavimento di legno.
— Che cazzo hai fatto? — grida Nicky Red.
— Aveva un Winchester sotto il banco.
Nicky Red ci allunga uno sguardo. — Non c'è niente!
— L'ho visto? Era un Winchester.
Nicky Red gli molla un pugno in faccia e quello crolla a terra, mezzo stordito. — Fottuto stronzo! Ora sapranno che siamo qui!
— Ti giuro che...
— Stai zitto, o ti ficco una pallottola in testa!
Lancio un'occhiata fuori dalla finestra della banca di Durango. Una dozzina di persone guardano e indicano nella mia direzione. Mi volto verso Nicky Red e gli faccio un cenno con la testa.
Quello impreca tra i denti, fulmina con lo sguardo Jimmy Scala Reale e guarda Tom Braccio Corto. — Vieni con me. — Sfondano la porta di legno con un calcio ed entrano nell'ufficio del direttore della banca.
Resto di guardia assieme a Mitch Sangue Misto e Jordan Il Negro accanto alla porta. Jimmy si alza in piedi e punta il Winchester verso gli ostaggi. Sono sette donne e due bambini maschi che piangono abbracciati alla madre. Non è la prima volta che rapino una banca. Anzi, non è la prima volta che faccio una rapina. Ma è la prima volta che la situazione sembra mettersi male. Da quando Jimmy Scala Reale si è unito a noi mesi fa, non ha fatto altro che mandare tutto a puttane. L'oppio gli ha liquefatto il cervello.
— Che cazzo significa? — grida Nicky Red dall'ufficio del direttore. — Dove sono gli altri soldi?
— È tutto quello che c'è nella cassaforte — risponde quello con voce soffocata.
— Non ti credo.
— Te lo giuro sulla testa dei miei figli. No, ti prego. Non uccidermi. No, ti prego. No, no!
Uno sparo.
Gli ostaggi urlano e piangono, disperati. I due bambini si aggrappano alla madre come cuccioli di scimpanzé.
Nicky Red e Tom Braccio Corto escono dall'ufficio del direttore. Tom porta in spalla due sacchi gonfi di banconote.
— Ehi, voi! — urla un uomo fuori dalla banca. — Sono lo sceriffo Peter Carrington. Lo so che siete lì dentro e so cosa state facendo! Uscite con le mani in alto e non morirà nessuno!
Sbirciamo fuori dalla finestra. Tredici uomini armati di pistole Colt e fucili Remington sono alle spalle dello sceriffo. Ci sono solo loro. La gente di prima si è dileguata.
— Da dove cazzo escono fuori quelli là? — domanda Nicky Red.
— Dal culo di un bisonte — ghigna Mitch Sangue Misto.
Nessuno ride alla sua battuta. Nicky Red lo fulmina con lo sguardo e l'altro abbassa la testa.
— Mi avete sentito? — grida lo sceriffo. — Avete dieci minuti per uscire con le mani in alto, poi...
— Poi cosa, sceriffo? — urla Nicky Red con voce rauca e divertita. — Piomberai su di noi sparando all'impazzata? Oh, non credo proprio che lo farai. Abbiamo donne e bambini, qui. Se fai un solo passo, li sgozzo come maiali!
Lo sceriffo Carrington e i suoi uomini si scambiano degli sguardi. Tutta la loro sicurezza è sparita in un lampo. Tre dei suoi uomini cominciamo a discutere con lui. Non riesco a sentirli, ma credo siano i mariti di alcune delle donne prese in ostaggio.
Aspettiamo qualche minuto.
— Se entrano qui siamo fregati — dice Jimmy Scala Reale.
— Non entreranno — dice Nicky Red.
— Ma tu non lo sai.
Quello gli punta la pistola al ventre. — Parla ancora e ti metto una palla nello stomaco! Dovrei già ficcartela una su per il culo perché ogni cazzo di volta mandi tutto a puttane! Non tentarmi, Jim! Non tentarmi! — Poi si volta a guardare fuori dalla finestra. Lo faccio anche io.
Lo sceriffo discute ancora con i tre uomini e ogni tanto punta il dito verso di noi. Poi i tre uomini buttano a terra le armi e si allontanano un poco.
— Allora, sceriffo? — grida Nicky Red. — Cosa vuoi fare? Vuoi avere sulla coscienza le morti di otto rispettabili donne e di due lattanti?
Lo sceriffo Carrington si liscia i baffoni. È combattuto. Glielo leggo negli occhi. Se non fosse per gli ostaggi, sarebbe entrato con le armi spianate.
Nicky Red si avvicina a uno dei due bambini e cerca di strapparlo tra le braccia della madre.
— Lascialo andare! — grida la donna in lacrime. — No! No! Lascialo!
Si tirano il bambino come una bambola di pezza.
Poi Nicky Red le molla un calcio nello stomaco e quella si accascia sul pavimento con il fiato corto, le mani pressate sul ventre. L'altro bambino raggiunge la madre con il viso arrossato dal pianto e il muco che gli scola dal naso.
Nicky Red gira la maniglia della porta, il bambino che urla e si dimena. — Stai zitto, o ti spacco la faccia, marmocchio!
— Cosa fai? — dice Tom Braccio Corto. — Sei impazzito? Se esci, ti ammazzano.
— Non faranno proprio un cazzo con questo succhia latte in braccio. Forza, andiamo!
Lo seguiamo fuori dalla banca. Lo sceriffo e i suoi uomini ci fissano con le armi puntate. Noi facciamo lo stesso, il vento che soffia tutt'attorno sotto un sole torrido.
Restiamo a guardarci per un lungo momento, le dita di tutti che accarezzano il grilletto. Uno dei tre uomini che ha lasciato il fucile fissa il bambino con la faccia stravolta. Deve essere il padre.
Sposto lo sguardo da un viso all'altro. Alcuni di loro hanno paura. Lo avverto. Altri invece non vedono l'ora di farci crepare sotto i loro colpi. E poca importa se ammazzano anche il bambino.
— Ora prendiamo i cavalli e togliamo il disturbo — dice Nicky Red.
— Lascia andare il bambino — risponde lo sceriffo Carrington, deciso.
— Mi hai preso per un idiota, sceriffo? Quando ci saremo allontananti dalla città, lo lascerò andare.
— Ci sono gli indiani, là fuori. Non...
— Questo è un problema vostro. A me di questo lattante non mi frega un cazzo!
Il padre del bambino scatta in avanti e afferra il fucile.
Nicky Red gli pianta due pallottole in petto.
— Papà! — urla il figlio in lacrime.
— Stai fermo, o ammazzo anche te! — dice Nicky Red.
Lo sceriffo e i suoi uomini sono tesi. Anche noi lo siamo. Da un momento all'altro potrebbe scatenarsi l'inferno. E sono sorpreso che non sia ancora successo. Abbiamo ucciso un loro uomo, eppure sono stati così freddi da non premere il grilletto. Non sembra gente radunata a caso. Hanno già affrontato situazioni simili. Oppure sono troppo spaventati per reagire.
— Giusto per essere chiari, sceriffo — dice Nicky Red. — Se ci seguite, il bambino muore. E non con un colpo di testa. No, niente affatto. Prima lo torturerò e poi lo ucciderò. E mi divertirò pure! Questo è poco, ma sicuro.
L'altro non risponde.
Nicky Red lo fissa negli occhi con un sorriso sprezzante. — Bene. Montiamo sui cavalli e andiamo.
Obbediamo.
Jimmy Scala Reale e Mitch Sangue Misto cominciano a sparare in aria, a gridare, a imprecare. Lo sceriffo e i suoi uomini li guardano senza muovere un muscolo. Poi Jimmy Scala Reale spara per sbaglio a uno di loro e scoppia il pandemonio. Le pallottole volano da ambo le parti, senza colpire nessuno.
— Smettetela! — grida lo sceriffo. — C'è il figlio di Vera tra loro! Smettetela di sparare, o lo colpirete!
Nessuno gli dà retta.
Sproniamo i cavalli al galoppo e lasciamo la città diretti verso le montagne di San Juan, le pallottole che fischiano tutt'attorno, la polvere che si innalzava alle nostre spalle.



Un'ora dopo ci fermiamo ai piedi delle montagne di San Juan, in una radura di abeti e pini puntellata da massi rocciosi, conche, depressioni e scarpate. Mi tasto il corpo per essere sicuro di non essere stato colpito e tiro un sospiro di sollievo. Mi è andata bene. La radura non è il posto ideale per fermarsi, ma Nicky Red non sente ragioni. E non ci dice nemmeno il motivo della sosta. Forse vuole attirare qui lo sceriffo e suoi uomini per tendere loro un'imboscata, ma non è così furbo. Non lo è mai stato.
Poi getta il bambino a terra. Ecco il motivo.
— È morto! — dice Tom Braccio Corto, sconvolto.
— Non l'avevo notato — risponde Nicky Red, sarcastico.
— Ora ce la faranno pagare. Non molleranno finché non ci avranno uccisi tutti!
— Non cominciare a fare il paranoico — dice Mitch Sangue Misto. — L'hanno ammazzato loro. E la madre può sempre sputarne un altro fuori dalla figa!
— Quanto abbiamo rubato? — chiede Jordan Il Negro.
— Che ti frega? Tanto non sai manco contare — ghigna Jimmy Scala Reale.
— Lo fa Steve per me.
Jimmy Scala Reale mi lancia uno sguardo. — Steve il muto può sempre fregarti.
— Non lo farebbe mai — dice Jordan Il Negro.
Ed è vero. Jordan è il mio migliore amico. Non gli farei mai una cosa del genere. Siamo cresciuti insieme in una piantagione di cotone. Lui era uno schiavo, io il figlio bastardo muto di una puttana ingravidata dal proprietario terriero. Due scarti della società legati da una vita infame.
— Magari l'ha già fatto altre volte e tu non lo sai — ride Jimmy Scala Reale, sprezzante. — E poi tu sei un negro, ricordartelo. Devi stare al tuo posto! E devi baciare il culo peloso di Nicky per le briciole che ti lascia!
Jordan lo spintona e Jimmy gli molla un pugno. Quello lo devia e gli sferra un pugno in faccia che lo manda a tappeto accanto al corpo inerme del bambino.
Questione chiusa.
Non è la prima volta che si azzuffano. Io e gli altri non ci facciamo più caso. E fortuna vuole che non siano troppo razzisti, che Jimmy sta sul cazzo a tutti e che Jordan sia il migliore tiratore tra noi, o penzolerebbe da un albero già da un bel pezzo.
Tom Braccio Corto posa i due sacchi gonfi di contanti su una roccia e ci guarda dentro. — Questa volta è andata male.
— Che vuoi dire? — chiede Jimmy Scala Reale sdraiato a terra.
— Che la cassaforte non era piena.
— Ma era piena fino a due giorni fa. Com'è possibile?
— Forse hanno spostati i soldi da qualche altra parte — aggiunge Mitch Sangue Misto. — Quei banchieri bastardi ne sanno una più del diavolo. Mio cugino è un banchiere. Ed è il più gran figlio di puttana della Florida! Una vera carogna!
Jimmy Scala Reale scuote la testa. — Non è partita nessuna diligenza dalla città.
— Ti sbagli — risponde Jordan Il Negro. — Una è partita, ma senza scorta armata. Forse il resto dei soldi era propria là.
— Ci hanno fregato sotto il naso! — disse Nicky Red con la faccia arrossata dalla rabbia come il colore dei suoi capelli. — Dobbiamo trovare quel serpente di confederato e ficcargli una pallottola nelle palle!
— Non possiamo tornare in città — dice Mitch Sangue Misto.
— Già — risponde Tom Braccio Corto. — Abbiamo rapinato banche da qui a Fort Smith. E abbiamo alle costole anche i cacciatori di taglie. E ora pure gli uomini dello sceriffo Carrington. Spostiamoci in Montana. Anche lì ci sono delle banche. Magari con molto più quattrini.
Nick Red si posiziona a un palmo dalla sua faccia e lo guarda dritto negli occhi. — Da quando sei tu a decidere cosa fare?
L'altro abbassa lo sguardo. — Io, non... Io... È solo un suggerimento.
— Ah, sì?
— Sì.
Nicky Red gli tira una testata e quello crolla sui due sacchi pieni di soldi, che si sparpagliano attorno a lui. — Nessuno ti ha chiesto niente. Giusto, ragazzi?
Annuiamo, intimoriti.
— Quindi se te ne esci con altri suggerimenti, ti spacco quella cazzo di testa! Ci siamo capiti? Sono io che decido cosa fare! Non tu! — Gli molla un calcio nella schiena. — Io! E solo io! Capito?!
Tom Braccio Corto annuisce con il labbro spaccato e sporco di sangue. Qualche minuto dopo conta i soldi del bottino e ci consegna la nostra parte.
Jordan Il Negro mi si avvicina. — Sono giusti?
Li conto e annuisco. Dieci dollari per lui, centocinquanta dollari per me. Tutto perché ha la pelle come l'ebano.



Restiamo nella radura un paio d'ore. Nicky Red crede che lo sceriffo Carrington e i suoi uomini siano nei paraggi. Anzi, ha la sensazione che ci abbiano già circondato in quanto conoscono il territorio molto meglio di noi. E non fa che ripeterlo da un'ora come una cantilena.
— Mitch, sei di guardia questa notte — dice Nicky Red.
— Solo io?
— Vuoi anche una puttana e un po' di whisky, per caso? — risponde l'altro, irritato.
Mitch Sangue Misto prende il fucile Winchester, scende la depressione con un borbottìo impercettibile e sparisce dietro una roccia.
Jordan Il Negro mi allunga un pezzo di pagnotta. — Vuoi?
Lo afferro e ci stacco un morso. È durissimo. Non so come abbia fatto a strapparlo con le mani. Bevo una sorsata d'acqua dalla borraccia di pelle e ne verso un po' sul pane per ammorbidirlo.
— Prima o poi me ne andrò — dice Jordan Il Negro, pensieroso. — Non so quando, ma lo farò. Non sono impazzito, tranquillo. E solo che non mi piace rapinare banche e diligenze, lo sai. Voglio comprare una ranch. Mucche, cavalli, capre, come la fattoria del signor Williams, ricordi? Magari con molti acri per coltivare la terra. Se mettiamo i soldi da parte, possiamo farcela. Diventeremo soci. Magari andiamo a nord. Lì la gente è un po' più tollerante con quelli come me.
— Di che cazzo stai parlando? — chiede Tom Braccio Corto alle nostre spalle.
— Non sono affari tuoi — risponde Jordan Il Negro, irritato.
— Sì che lo sono. — Si siede affianco a me. — Cosa sta dicendo, quel negro?
Lo guardo.
— È muto! — dice Jordan Il Negro con gli occhi infiammati dalla rabbia. — Non può parlare. E lo sai.
— Ah, già, è vero. Però può sempre fare quei versi strani. Uh uuuh uh uuuh! — Scoppia a ridere per un momento e ritorna serio. — Quindi che cazzo stavi dicendo?
— Perché non vai a farti inculare da un orso?!
— Attento a come parli, negro!
I due si spintonano.
— Fatti avanti, negro! — ghigna Tom Braccio Corto. — Ti rompo il culo! Avanti! Fatti sotto brutta carogna!
Uno sparo.
Schizzo in piedi e gli uccelli strillano e si disperdono in volo.
Mitch Sangue Misto si precipita verso di noi come una donnola. — Sono qui! Sono qui!
— Chi? Dove? — grida Nicky Red.
L'altro si piega in avanti per riprende fiato, le mani sulle ginocchia. — Non lo so, ma sono qui. Ci hanno circondato. Mi hanno quasi beccato. Ho sentito la pallottola sfiorarmi il viso.
— Dovevamo fuggire! — dice Tom Braccio Corto. — Ora ci ammazzeranno tutti! Siamo fottuti! Quei serpenti arriveranno qui e...
Nicky Red gli spara in faccia. Il corpo rotola giù lungo la depressione e si schianta contro un masso roccioso.
Sono scioccato. Lo siamo tutti.
Da laggiù giunge un vociare concitato. Gli uomini dello sceriffo sono vicini.
— Glielo avevo detto di rompermi i coglioni — dice Nicky Red, serio. Poi si volta verso di me. — Occupati dei cavalli. Tienili sellati e pronti alla fuga. Voi altri sparpagliatevi e tenete basse quelle teste di cazzo.
Raggiungo i cavalli e mi chino dietro il mio. Gli altri si mettono pancia a terra nell'erba secca e dietro abeti, pini e rocce. La situazione si mette davvero male. Forse creperò tra qualche minuto. Forse me lo merito. Ho rapinato così tante banche, ucciso così tanti cacciatori di taglie e qualche sceriffo che forse è la punizione che mi merito. E non contiamo la gente uccisa per sbaglio. Merito una morte cruenta e poi giù dritto all'inferno.
I cavalli sbuffano e nitriscono. Qualcuno si avvicina di soppiatto. Punto la revolver verso la direzione del suono e aspetto, il cuore che mi martella nel petto. Non mi abituerò mai alla sensazione di essere braccato. Mi eccita e mi spaventa allo stesso tempo. Se devo morire, che sia indolore. Un colpo in testa e fine dei giochi. Ma forse chiedo troppo.
Una sagoma sbuca da dietro un pino e premo il grilletto. L'uomo crolla tra l'erba secca con un grido atroce.
Tutti cominciano a sparare. La danza del fuoco è iniziata. Inizia sempre.
Resto immobile dietro il mio cavallo. Non so se qualcuno mi abbia visto sparare, ma devo restare qui. Sono l'unico capace di badare ai cavalli.
Il tizio a cui ho sparato continua a lamentarsi dal dolore. È insopportabile. In altre occasioni lo avrei finito con un colpo in testa, ma non posso espormi. Finirei impallinato in un attimo. Devo stare immobile, tenere d'occhio i cavalli e ammazzare chi si avvicina.
Gli spari iniziano a scemare. Non so come interpretarlo. Forse Nicky Red e gli altri sono in vantaggio, oppure sono morti. Dalla mia posizione non posso scorgerli tra l'erba secca. E non vorrei ritrovarmi accerchiato dagli uomini dello sceriffo.
Il tizio continua a gemere dal dolore. Non vuole proprio crepare!
Alzo un poco la testa verso la sua direzione. È steso su un fianco con una mano pressata sulla scapola sinistra. L'ho beccato a un braccio, credo. Forse non è mai stato colpito prima d'ora, o avrebbe cercato di ignorare la ferita e di ricambiare il favore. Oppure è una ferita più grave di quanto pensi.
I lamenti continuano e gli spari cessano.
Qualcuno striscia verso di me. Arriva dalla stessa direzione in cui si trovano i miei compagni. Che siano loro? Oppure sono gli uomini dello sceriffo?
Punto la revolver e attendo.
— Sono io! Non sparare — sussurra Jordan Il Negro.
Tiro un sospiro di sollievo.
Mi raggiunge. — Credo che gli altri siano morti. Non ne sono sicuro, ma non li sento più. Ho provato a chiamarli, ma niente. — Si guarda attorno. — Dobbiamo svignarcela, o ammazzeranno anche noi.
Il tizio ferito smette di lamentarsi. Forse è morto dissanguato, oppure è svenuto. Almeno non lo devo più sentire.
Uno sparo.
Qualcuno grida oltre l'uomo a cui ho sparato.
— Hanno colpito lo sceriffo! — urla una voce.
— Avevo conservato questa pallottola proprio per te, sceriffo! — grida Nicky Red con una risata.
Quindi è vivo. Forse lo sono anche gli altri.
Ricominciano gli spari. Una pallottola si pianta contro la corteccia di un pino alla mia destra. I cavalli sbuffano, agitati. Per fortuna sono protetti da una formazione rocciosa che si apre sulla sinistra e scende giù verso il fiume.
Io e Jordan restiamo accanto ai cavalli. Gli spari si fanno più vicini. Gli uomini dello sceriffo stanno avanzando.
Oltre il tizio a cui ho sparato giungono delle voci concitate.
Jordan Il Negro alza la testa per sbirciare e l'abbassa subito dopo. — Ne ho visti quattro. Appena abbiamo un tiro pulito, facciamo fuoco, d'accordo? Non sprechiamo colpi.
Annuisco. Ma quelli non si avvicinano. Prendono l'uomo a cui ho sparato e lo trascinano via tra le pallottole che fischiano tutt'attorno. Fanno la stessa cosa con lo sceriffo.
Gli spari cessano.
Qualcuno striscia nell'erba secca verso la nostra direzione. Altri seguono alle spalle.
Nicky Red si alza in piedi e si toglie la polvere di dosso. — In sella!
Montiamo sui cavalli in tutta fretta e scendiamo a galoppo verso il fiume dalle acque piatte e cristalline.
— Gli uomini dello sceriffo ci verranno dietro — dice Jimmy Scala Reale. — Dovevamo finirli. Abbiamo centrato lo sceriffo e un paio dei suoi. Gli altri erano allo sbando. Potevamo farcela.
— Sbando? — risponde Nicky Red. — Che cazzo dici? Almeno hai visto quanti erano?
L'altro scuote la testa.
— Appunto. Non sai manco quanti cazzo erano.
— Quanti erano?
— Una ventina. Forse di più.
Jimmy Scala Reale sgrana gli occhi, sorpreso. Lo siamo tutti.
— Io ne ho visti dieci — dice Mitch Sangue Misto.
— I tuoi occhi sono guasti — risponde Nicky Red. — Non vedresti il culo grasso di tua madre incestuosa nemmeno se to lo sbattesse in faccia! E poi ci vedo meglio di tutti voi messi insieme. Erano più di venti e ci stavano accerchiando!
Mitch Sangue Misto si acciglia, risentito. Non tanto per l'insulto, ma perché non ha mai conosciuto la sua vera madre. È stato abbandonato da neonato davanti a una chiesa metodista. E ha sempre sospettato che i suoi veri genitori fossero il pastore e sua figlia per le voci che giravano a Tucson. Al solo pensiero mi viene il voltastomaco.
Arriviamo al fiume e continuiamo a muoverci lungo le sponde. Poi il corso d'acqua si restringe e conduciamo i cavalli nelle acque poco profonde per far perdere le nostre tracce.



Ventinove giorni dopo arriviamo a Deadwood, il rifugio perfetto di ogni fuorilegge e scarto della società. Gli edifici sono sparpagliati un po' a caso. Alcuni invadono persino Main Street. E nuove costruzioni si addossano sempre più sulla strada o ne ostruiscono il passaggio. Sono tutte malandate e tenute malissimo e rispecchiano perfettamente la decadenza dei suoi cittadini. E nessuno dice niente. Nessuno se ne lamenta. Perché dovrebbero? A nessuno frega niente. Sono qui per scopare, ubriacarsi e farsi spennare a carte. E altri per massacrarsi di botte e poi dopo scolarsi una birra insieme come niente fosse.
Deadwood è affascinante e inquietante al contempo stesso. E non esiste altra città come lei. Ci sono venuto già diverse volte da solo, ma è sempre come la prima volta. Non sai mai cosa ti aspetta. Una pallottola in corpo, o le cosce calde di una puttana al saloon? Non lo sai. Non puoi mai saperlo.
C'è poca gente in giro. E la maggior parte di loro non ci rivolge uno sguardo. Sono sbandati come me. La stessa città è solo un avamposto in mezzo al nulla in cui vige la legge del più forte. Per fortuna l'onore tiene a freno la violenza. Non funziona sempre, ma è meglio di niente.
Un gruppetto di cinesi entra nel saloon di Al Swearengen. Noi siamo diretti lì. Smontiamo dai cavalli e li leghiamo a un palo. Ci penserà lo stalliere a foraggiarli. Entriamo nel saloon e lasciamo le nostre armi a un tizio nerboruto, che lega attorno al calcio delle armi un numeretto di riconoscimento. Ci avviamo verso il bancone. Ormai è diventata una regola lasciare le armi. Whisky e pistole non vanno d'accordo. E i morti danno fastidio. Troppo fastidio.
C'è molta confusione ai tavoli. Molti giocano a carte e altri sono talmente ubriachi che ci dormono sopra. Schiamazzi, grida e insulti regnano incontrastati. Un uomo suona il pianoforte in un angolo. Diverse prostitute danzano sulle gambe degli uomini o in mezzo ai tavoli. Il tanfo di sudore misto alcool mi storce lo stomaco.
Ci fermiamo al bancone e ordiamo un giro di whisky. Poi Nicky Red afferra brutalmente una ballerina per un braccio e se la porta in una delle camere di sopra.
— Dite al vostro amico di andarci piano con Flora — dice Al Swearengen, serio. — L'ultima volta l'ha quasi picchiata a morte. Le ragazze mi servono intatte. E ho le palle piene del suo modo di fare!
Lo guardo. Non so da dove sia sbucato, ma è tipico di Al. È come un indiano che ti spunta davanti quando meno te lo aspetti per farti lo scalpo. E poi perché si lamenta con me? Perché non glielo va a dire di persona?
Jimmy Scala Reale e Mitch Sangue Misto spariscono tra i tavoli. Il primo si mette a giocare a carte per farsi spennare come sempre, il secondo sparisce del tutto.
Rimango con Jordan Il Negro, che manda giù bicchieri di whisky e di rum come fossero acqua.
Al Swearengen poggia i gomiti sul bancone e si piega verso di me. — Tu sei il muto, giusto?
Annuisco.
— Ho un lavoretto per te. Niente di complicato. Devi solo recuperare una cosa per me. Ci stai?
Lo fisso negli occhi. Qualcosa mi dice che non è un semplice recupero.
Jordan Il Negro si volta verso di lui e biascica alcune parole.
Al Swearengen aggrotta la fronte, confuso. Non capisce. Nemmeno io sto capendo.
Jordan punta un dito verso di me. — Lo devi lasciare stare.
Al Swearengen abbozza un ghigno. — Gli ho offerto solo un lavoretto facile facile.
— Non lavoriamo per te.
— Lavoriamo?
— Noi due lavoriamo insieme.
— E da quando?
— Da ora.
Al Swearengen ci guarda con un sorriso strano, gli occhi due strette fessure vuote. Poi se ne va.
— Stai lontano da quella carogna — biascica Jordan Il Negro. — Chi gli ronza attorno prima o poi sparisce. Li vedi quei musi gialli seduti vicino alle scale? Hanno dei maiali. E indovina dove finiscono i suoi amici? Quindi, qualunque cosa ti offra, qualunque sia la cifra, tu digli sempre di no. Ti venderà o ti sparerà alla prima occasione, quella serpe! Stagli lontano!
Conosco già questa storia. Ma Jordan non lo sa, come non sa che sono venuto molte volte a Deadwood. Ho lavorato con tutti. Dai fuorilegge, ai rispettabili gentiluomini. E ho capito che sono entrambi figli della stessa madre. I primi ti sparano in faccia, i secondi alle spalle. Se vogliono fregarti, ti fregano lo stesso. È semplice da capire.
Cane mangia cane.
— Mi hai sentito? — chiede Jordan Il Negro.
Annuisco.
Si fa riempire il bicchiere di whisky, lo alza verso di me e lo manda giù tutto d'un sorso. Otto bicchieri dopo è privo di sensi sul bancone.
Esco dal saloon per prendere una boccata d'aria fresca. Tanfo di merda e piscio. La strada è praticamente una fogna a cielo aperto. E i topi sono grandi quanto un terranova e zampettano ovunque. Tra poco impareranno da noi come giocare a poker e spararsi a vicenda.
Una carrozza si ferma all'hotel dirimpetto al saloon. Saltano giù tre uomini vestiti di tutto punto. Uno di loro aiuta una giovane donna a scendere e si dirigono all'interno dell'edificio. Puzza di città, di ricchezza. Facile bersaglio per quelli come me, se non fosse protetta da quelle tre guardie del corpo. Sembrano pistoleri e non gente presa a casaccio per fare scena o numero. Ormai certe cose le capisco al volo. Mi basta notare come si muovono, dove tengono le mani e cosa guardano. E sono sicuro che quella donna ne ha assoldati degli altri. Magari sono proprio nei dintorni. I ricchi non arrivano mai a Deadwood senza un piccolo esercito alle calcagna. Vengono qui per comprare terreni, miniere e attività che affidano a qualcuno. Poi ripartono verso pascoli più verdi, più profumati. E si lasciano alle spalle una scia di merda che poi tocca a noi raccogliere come fosse una vena d'oro.
— Ehi, Steve! — grida una voce alle mie spalle.
Sobbalzo e mi volto. È Jimmy Scala Reale.
— Senti, non è che puoi prestarmi tre dollari? — biascica con gli occhi arrossati dall'oppio. — Ho solo bisogno di... E che mi hanno ripulito, va bene? Ho perso tutto. Avevo quattro assi! Poker! Capito? Poker! Ero sicuro di vincere. Così ho puntato tutto, ma quello stronzo aveva scala reale. Mi ha incornato alla grande. Capito? Sono stato sfortunato! Quella fottuta scala reale mi perseguita ovunque! Allora? Mi li presti? Se vinco, te ne do una parte.
Mi giro e rientro nel saloon.
— Ehi, brutto figlio di puttana muto!? Dove vai?! Sei un fottuto stronzo egoista!



L'indomani ci sediamo tutti attorno a un tavolo nel saloon di Al Swearengen. C'è poco gente. Jordan Il Negro è già ubriaco e non è nemmeno mezzogiorno. Jimmy Scala Reale, invece, si è fatto prestare cinque dollari da un tizio e li ha persi a carte ieri notte. Deve soldi a molta gente. E se non gli hanno ancora piantato una pallottola in fronte è perché hanno paura di Nicky Red. Lui lo vendicherebbe. Non tanto perché è suo amico, ma per il gusto di ammazzare qualcuno per un motivo.
— Ieri ho parlato con questo tizio qua — dice Nicky Red con una sigaretta tra i denti marci e neri. — Parlava di una diligenza in arrivo da, da... Come cazzo si chiama quel posto in Montana...? Mmh...
— Memphis? — risponde Mitch Sangue Misto.
— Memphis è in Texas, idiota!
L'altro abbassa gli occhi, risentito.
Veramente si trova in Tennessee, ma non posso parlare. E se avessi potuto, non lo avrei fatto. A Nicky Red non piace essere contraddetto. Figuriamoci chi lo fa passare per ignorante. Lo ammazza direttamente.
— Lasciamo perdere da dove cazzo arriva la diligenza — dice lui. — La cosa importante sono i settemila dollari che trasporta. Ci sono solo due pistoleri sottopagati e un cocchiere che si cagherà nelle brache quando ci vedrà.
— Sembra un bel colpo! — risponde Jimmy Scala Reale con un sorriso da idiota. Sta già pregustando di giocarseli tutti a carte. Lo capisco dallo sguardo.
Nicky Red lo ignora e butta il fumo fuori dalla bocca. Poi fa un tiro e parla mentre il fiume gli esce dalle narici. Ripete tutto da capo, come se fosse la prima volta. A volte dimentica quello che dice un minuto prima, ma è solo una mia impressione. Gli altri non sembrano farci caso. Magari sta solo impazzendo.
— Quei due sono svelti con le pistole? — chiede Mitch Sangue Misto.
— E io come cazzo faccio a saperlo? — risponde Nicky Red, irritato. — Ti sembro un cazzo di mago?
— Come ci organizziamo? — domanda Jordan Il Negro.
— Andiamo lì, facciamo fuori quei tre e ci impossessiamo della diligenza.
— L'ultima volta abbiamo perso John in quel modo — risponde Mitch Sangue Misto.
Nicky Red sbatte un pugno sul tavolo. — Oggi vuoi proprio rompermi i coglioni, eh?! — Gli avvicina il pugno alla faccia grosso quanto un macigno. — Fallo ancora e ti faccio saltare quei pochi denti marci che ti sono rimasti!



Un'ora dopo galoppiamo verso nord-est. Nicky Red non sa da quale direzione dovrebbe arrivare la diligenza e io comincio a credere che il tizio lo abbia preso per il culo. Non è la prima volta che seguiamo piste false o andiamo letteralmente alla cieca come adesso. Ma Nicky Red e gli altri sembrano crederci. Ci credono sempre. Se qualcuno dicesse loro che c'è una vena d'oro sul fondo di un pozzo prosciugato, quelli ci si butterebbero a capofitto senza pensarci due volte.
Ci inoltriamo tra le tortuose colline per un miglio e ci fermiamo all'ombra di un promontorio. Il sole ha superato lo zenit da un po' e fa un caldo infernale.
Aspettiamo per un'ora in un silenzio di tomba. Nessuna traccia della diligenza. Forse arriverà da un'altra parte, oppure non è mai esistita.
Nicky Red ha il volto imperlato di sudore e gli occhi iniettati di sangue. Se ne sta in silenzio a fissare le colline brulle che si protraggono verso le Black Hills. E sono sicuro che sta già progettando di ammazzare il tizio che gli ha fornito la pista falsa.
— Cosa facciamo? — chiede Jimmy Scala Reale, sudato. — Siamo qui da quanto? Una? Due ore? Persino all'ombra si crepa per il caldo.
Nessuno risponde. Siamo tutti troppo provati per il caldo.
— Torniamo in città — dice Nicky Red con voce piatta.



Arrivati a Deadwood, ognuno si disperde senza troppe parole. Lascio il cavallo nella stalla e mi incammino verso il saloon. C'è poca gente in giro. È strano. Il pomeriggio e la sera sono le ore più movimentate. Dove sono finiti i minatori? I mandriani? I taglialegna? Persino cavalli e muli sono scomparsi dal nulla. Sembra quasi che ci sia stata una sparatoria. Entro nel saloon di Al Swearengen, che mi guarda di sottecchi con un sorrisetto compiaciuto mentre pulisce un bicchiere di vetro, e vado di sopra a sdraiarmi sul mio letto. Il caldo mi ha steso.
Mi sveglio nel tardo pomeriggio e scendo di sotto a mangiare due uova nel saloon. Sembra tutto troppo calmo. C'è poca gente e là fuori sembra più deserto del deserto del Colorado.
Al Swearengen se ne sta fermo in fondo al bancone e mi fissa. Lo fa da quando sono arrivato a Deadwood. Che mi abbia preso di mira?
Uno sparo mi fa andare di traverso il boccone, sputo la poltiglia di uova nel piatto e corro all'esterno assieme a una manciata di persone. Altri spari. E quelle rientrano rapidamente dentro.
Jimmy Scala Reale siede a terra di schiena contro la ruota di un carro, una mano sul ventre lordo di sangue, gli occhi fissi al cielo. Jordan Il Negro è riverso in una pozza di sangue con il cranio mezzo spappolato da un colpo di fucile.
Sgrano gli occhi, stordito. Le mie gambe cedono e mi sostengo con una mano sulla balaustra del portico. Jordan è morto! Il mio migliore amico è morto! Che cazzo succede?
Qualcosa si appoggia contro la mia schiena.
— Non muoverti, o ti ficco una pallottola in corpo — dice una voce alle mie spalle.
Alzo le mani in alto, spaesato.
— Tommy! Tommy! L'ho preso! — grida il tizio alle mie spalle.
— Chi hai preso? — risponde un'altra voce dietro l'angolo dell'hotel di fronte.
— Il muto! L'ho preso vivo!
L'altro sbuca in strada. — La fortuna del principiante! Ti devo dieci bigliettoni!
Sono gli uomini dello sceriffo Carrington?
Gli spari cessano.
Una dozzina di uomini armati si riversa in strada. Uno di loro trascina per le gambe il cadavere di Mitch Sangue Misto verso il carro.
Sono così stordito che mi sembra un incubo. È successo tutto così velocemente che non può essere vero. Non può. Mi viene da vomitare. Come hanno fatto a trovarci? Chi sono? Cacciatori di taglie? Gli uomini dello sceriffo Carrington?
— Avanti, cammina! — dice l'uomo alle mie spalle.
Gli uomini armati mi fissano con odio mentre mi muovo. Alcuni di loro vorrebbero impallinarmi per bene. Non ho più dubbi. Sono gli uomini dello sceriffo.
Scorgo lo sceriffo Carrington dietro il carro. È in perfetta forma.
— Hai visto Nicky Red? — domanda all'uomo alle mie spalle.
— No, sceriffo.
L'altro si guarda intorno. — Mettilo sul carro.
L'uomo mi conduce dietro la stalla, mi fa salire su un carro chiuso da sbarre arrugginite e lo chiude a chiave. Si siede su un barile e mi fissa con un sorriso, trionfante. Mi accorgo solo adesso è che un ragazzino. Non ha più di diciotto anni. Mi sono fatto acciuffare da un ragazzino ancora attaccato alle mammelle della madre.
Io mi siedo sul carro e poggio la schiena contro le sbarre. Non ho mai conosciuto uomini così ostinati da inseguire una banda di rapinatori da Durango fino a Deadwood. Sono più di seicento miglia. Qui non c'è uno sceriffo e non so come abbiano fatto a rintracciarci. Forse qualcuno ha mandato loro un telegramma per avvertirli, oppure hanno un segugio tra le loro fila in grado di fiutare anche le piste più ardue.
Al Swearengen passa accanto al carro e mi guarda con un mezzo sorriso. Si ferma davanti allo sceriffo, si scambiano una stretta di mano e cominciano a parlare. Ogni tanto guardano nella mia direzione.
Quella carogna ci ha venduti tutti.



Trentuno giorni dopo giungo a Durango, malconcio per le botte ricevute dai miei carcerieri e per la fama. È stato un lunghissimo viaggio. Un inferno. La gente si affolla attorno al carro per insultarmi e lanciarmi pietre. Il cocchiere se la ride e prosegue piano per assicurarsi che la folla mi linci per bene prima di andare sulla forca. Non si sono dimenticati di me. Hanno solo covato odio per tutto questo tempo e ora sono felici di farlo esplodere in tutta la sua violenza.
Due uomini dello sceriffo mi fanno scendere, mi scortano tra la folla che mi tempesta di schiaffi, pugni, sputi e calci e mi gettono in una piccola cella. L'altra è occupata da un tizio tozzo con un occhio bieco.
I due uomini escono dall'ufficio dello sceriffo e il tizio tozzo mi scruta da capo a piede. — Sei il bastardo che ha ucciso il figlio di Vera?
Scuoto la testa.
Lui si alza, raggiunge le sbarre che separano le due celle e mi sputa. La saliva cade ai miei piedi, seppur diretta alla mia faccia. Poi comincia a smuovere violentemente le sbarre.
— Eric! — grida lo sceriffo seduto dietro la scrivania. — Allontanati dalle sbarre!
Quello continua.
L'altro si alza e afferra il Winchester dal tavolo. — Allontanati, ti ho detto!
Eric si allontana, gli occhi da pazzo piantati su di me.
Mi sdraio sulla brandina e guardo il soffitto di pietra crepato. Fuori la gente continua a insultarmi, a gridare che l'inferno mi prenda e tante altre cose. Ma sono stati loro a uccidere il bambino. E se anche potessi parlare, non farebbe alcuna differenza. Direbbero che sono un bugiardo, un figlio di puttana, un vigliacco. Loro vogliono un colpevole da impiccare. E poca importa se non l'ho ucciso io. Per loro sono colpevole per la rapina, per l'assassino degli uomini dello sceriffo e per un mucchio di altre cose.
Ed è vero. Tutto vero.
Non nego di aver condotto una vita miserabile, ma la vita è come un bisonte impazzito. Prima o poi ti incorna. E poi spalare merda di vacca per pochi dollari alla settimana e pulire le latrine intasate di merda nei saloon non è mai stato il mio forte. Aspiravo a una vita migliore. Una vita spensierata e agiata. E con le rapine potevo arrivarci, o almeno avvicinarmi.
Un uomo entra nell'ufficio. — Hanno trovato Nicky Red.
— Dove? — chiede lo sceriffo.
— Al confine con la riserva indiana di Southern Ute. Sono stati gli indiani, credo. L'hanno spellato vivo. E gli avvoltoi lo hanno ridotto a brandelli. L'ho lasciato là.
Lo sceriffo mi lancia uno sguardo. — Quindi è rimasto solo lui.
— E Tom Braccio Corto.
— Tom è morto.
— Sì?
— Diverse settimane fa, ai piedi di San Juan. Non ricordi? L'hanno ucciso loro. Forse è stato proprio lui.
L'ha ucciso Nicky Red, non io.
Verso sera lo sceriffo fa uscire Eric dalla cella e lo accompagna alla porta. — La prossima volta che ti ubriachi e dai i numeri, ti faccio passare una settimana qui dentro e non sarà piacevole!
L'altro china la testa, mi lancia un'occhiataccia e se ne va.



Il giorno dopo mi sveglio con una forte nausea. Passo tutta la mattina a vomitare bile dentro un secchio. Lo sceriffo mi porta un coppa di fagioli e una bicchiere d'acqua, ma non li tocco. Non ho fame, né sete. Non voglio cagarmi addosso quando la corda mi spezzerà il collo, sempre se sarò fortunato. Voglio crepare subito, senza soffocare e scalciare. Ho già visto uomini morire impiccati e non è un bello spettacolo.
Per niente.
Le ore passano velocemente e crollo in una crisi di pianto. Lo sceriffo mi lancia diversi sguardi, ma non dice una parola. Forse ha visto questa scena un sacco di volte e ormai non gli fa né caldo né freddo. Oppure sotto sotto gli fa piacere la mia disperazione, ma non mi sembra il tipo. È troppo rigido e ligio al proprio dovere. Il classico sceriffo di frontiera.
Fuori le voci della folla inneggiano la mia morte e peggiorano il mio stato mentale. Mi sembra di impazzire, di sentire le viscere contorcersi. Mi piscio nei pantaloni e nemmeno me ne accorgo. Mi siedo, mi rialzo, mi siedo e mi rialzo. Faccio avanti e indietro, avanti e indietro. Mi fermo, mi schiaffeggio, piango. Ricomincio a camminare in tondo. Mi sembra che il mondo mi stia crollando addosso, mi stia schiacciando.
Lo sceriffo mi ignora. Mi fa sentire invisibile. Forse sono invisibile. Mi guardo le mani, speranzoso. Le vedo, le tocco. Magari solo io posso vedermi. Fisso le sbarre e ci corro incontro, ci picchio la testa e cado a terra. Mi rialzo, confuso. Sto dando di matto.
Lo sceriffo mi lancia uno sguardo, poi si alza e scruta fuori da dietro le veneziane appese alla finestra. Ritorna alla scrivania, afferra il suo Winchester e apre la porta della mia cella. — Andiamo.
Le gambe cedono e mi ritrovo a terra, tremante. Mi dispero, piango come un bambino. — Non voglio morire. Non voglio — urlo. Ma quello che mi esce dalla bocca sono solo versi strani, gutturali, quasi comici, e strapperebbero una risata alla folla che non vede l'ora di vedermi penzolare e scalciare dalla forca.
Lo sceriffo mi punta il fucile. — Alzati!
Mi rannicchio in un angolo a singhiozzare, a gridare versi strani che nessuno capisce tranne me. Non voglio morire. Non voglio.
Lo sceriffo mi colpisce a un fianco con il calcio del fucile. — Comportati da uomo!
Mi rannicchio ancora di più. Mi faccio piccolo piccolo come se questo potesse rendermi invisibile.
Lo sceriffo mi colpisce in testa con il calcio del fucile e perdo i sensi.
Mi sveglio con la vista sgranata e sdoppiata. Due uomini mi trascinano di peso fuori dall'ufficio dello sceriffo.
La folla esplode con grida e insulti. Mi arrivano addosso calci, schiaffi, sputi, piccole pietre, merda di cavallo e topi morti.
— Figlio di puttana!
— Bastardo!
— Stronzo!
— Assassino di bambini!
— Brucia all'inferno!
La folla mi si chiude intorno e gli uomini dello sceriffo faticano a contenerli. Qualcosa mi colpisce dietro la testa. Poi gli uomini dello sceriffo vengono sopraffatti e crollo a terra. La folla si accanisce su di me. Calci, sputi, bastonate. Sono così tanti che la luce del sole mi appare a tratti. Su ogni faccia è dipinto un sorriso malefico, i loro occhi due profondi pozzi avvelenati. Qualcuno mi spezza i piedi con qualcosa di pesante e lancio un urlo che viene smorzato dalle grida eccitate della folla. Una giovane donna mi tira i capelli così forte che me li strappa e cadde a terra con gli occhi spiritati. Poi ne acciuffa altri e comincia a tirare con forza. Un altro mi mozza un orecchio con un grosso coltello e un altro mi spalma la faccia di merda e ride. Ridono tutti. Le loro risate sono peggio di quello che mi stanno facendo.
Poi qualcosa mi colpisce dietro alla testa e...
   
 
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