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Autore: Isa_b    27/06/2023    0 recensioni
“Lui poteva vedere tutto e tutti, aveva viaggiato ovunque e visto creature di ogni genere e razza. Lui vedeva tutti, sì, ma nessuno aveva mai visto Lui. La sua era un’esistenza solitaria, lo era sempre stata. Viveva nell’ombra, agiva nell’anonimato. Col tempo aveva imparato a trovare conforto nella sua tenebra e nel suo silenzio.“
Il compito di Morte è semplice: togliere la vita alle Creature, umani, piante o animali che siano.
Morte si differenzia da tutte le altre Creature perchè Lui, effettivamente, non è una creatura. Lui è, e basta.
Morte non ha nome, non ha sesso, non ha età.
Esiste da prima del tempo.
La sua esistenza è sconosciuta al resto del mondo.
Anzi, non esattamente.
Esiste Un’Altra creatura come Lui, nell’universo. Una soltanto. Vita.
Vita è tutto ciò che Morte non è: il suo compito è di crearle, le Creature.
In pratica Morte deve distruggere il lavoro di vita.
Questa è la storia di Morte (o meglio una parte della sua storia. Essendo egli immortale, sarebbe un po’difficile raccontarla per intero), creatura schiva e solitaria. Qui racchiuse ci sono le sue riflessioni, i suoi viaggi. Il suo Io.
Eccoci alla fine, buona lettura e recensite :)
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Tap. Goccia.

Tap. Goccia.
 
Tap. Goccia.



Morte sedeva e aspettava, lo sgocciare del lavandino unico suono nella casa deserta.
Non che a Morte dispiacesse, la solitudine. Lui poteva vedere tutto e tutti, aveva viaggiato ovunque e visto creature di ogni genere e razza. Lui vedeva tutti, sì, ma nessuno aveva mai visto Lui. La sua era un'esistenza solitaria, lo era sempre stata. Viveva nell' ombra, agiva nell'anonimato. Col tempo aveva imparato a trovare conforto nella sua tenebra e nel silenzio.

Morte fu riportato al presente, o meglio realtà, da un rumore di porta che si apriva. Per Lui non esisteva un "presente". Per Lui ogni dimensione stava sullo stesso piano: passato, presente e futuro uniti come uno.

In ogni caso, ora la casa non era più deserta: nella stanza con Lui c'era una donna. Era vecchia: capelli grigi, postura ingobbita, sguardo vago e perso. Quasi troppo vecchia per essere ancora in vita, pensava Morte fra sè e sè.
Ma era quella la parola chiave: quasi.
Morte non era lì per lei, non quel giorno.

Tra le gambe delle donna fece capolino la testa di un gatto: eccola lì, la sua vittima designata.
Anche lui non era giovane, o almeno per gli standard felini: pelo canuto, occhi opachi, qualche dente mancante. Doveva avere almeno 12-13 anni buoni.

Morte li osservava, seduto sulla poltrona della signora. Il trapasso di una creatura poteva essere un processo tanto lento e graduale quanto repentino e improvviso, e in entrambi i casi Morte non poteva fare altro che giacere e aspettare il proprio momento di entrare in scena.

La prima cosa che fece la signora, ancora prima di girarsi a chiudere la porta, fu andare ad aprire una scatoletta di cibo per gatti. Doveva tenerci proprio tanto, si disse Morte.

Matisse , - così si chiamava il gatto -, evidentemente non la pensava allo stesso modo. Si voltò di scatto, approfittando della distrazione della padrona, e sfrecciò fuori dall porta, giù per i corridoi del condominio, dritto verso il mondo esterno.

"Posto periocoloso per un gatto", disse Morte tra sè e sè, "Meglio seguirlo. Se gli sto dietro, forse riuscirò a procurargli una morte rapida e indolore".
 E con questo macabro ma se non altro gentile (?) pensiero, Morte si alzò.

Lo seguiva aleggiando piano. I movimenti del gatto erano rapidi ed eleganti, ma per quanto esso potesse essere agile e veloce, non sarebbe mai sfuggito a Morte. Nessuno poteva.

Una strada trafficata. Matisse zompettava leggiadro sul sudicio marciapiede, superbo come un leone nella savana.
I passanti lo scrutavano nel suo cammino, alcuni adoranti, altri ritraendosi timorosi o disgustati. Matisse sembrava compiaciersi a prescindere dalle loro reazioni, gonfiando il petto a dimostrare la propria fierezza.

Giunsero a un semaforo. Forse, se Dio avesse dotato i gatti di un po' più di intelletto, allora Matisse sarebbe potuto sopravvivere. Ma purtroppo non era destinata ad andare così, e Morte sentiva che il momento si faceva sempre più vicino. Glielo diceva il suo Istinto Primordiale. Lo stesso istinto che conduceva le Creature a cercare i propri simili, spingeva Lui a cercare la morte. A causarla.
Non è che fosse maligno, semplicemente era la sua natura.

Il gatto attraversò la strada, senza pensarci due volte.
Anche la macchina che gli veniva incontro sembrò non pensarci due volte. L'autista non provò neanche a frenare, la colpa già dipinta sul volto. Ormai era troppo tardi.

A quel punto anche Morte attravresò la strada, indifferente alle autovetture che lo trapassavano, immune a tutto il caos circostante.
Si chinò su Matisse, piano, pianissimo.
Lo guardò, e vide la fierezza sparire nei suoi occhi, il petto prima gonfio di pelo dorato ora appesantito da sangue scuro e fresco.

Allungò una mano sulla creatura, mettendola a dormire un'ultima volta.

E in un attimo, tutto fu finito.



Lui è Morte.
Non ha un nome, non ha sesso, non ha età.
Esiste da sempre, da prima dell'avvento della prima cellula, da prima del Big Bang, da prima del tempo stesso.

E questa è la sua storia.








 
   
 
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