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Autore: giulianasuefp    10/07/2023    1 recensioni
Ho cercato senso, identità, amore e oggi scrivo per fare il punto della situazione interrogandomi su cosa ho trovato.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Photoshop


Sono le 3 di notte, è aprile 2018 e a Napoli fa caldo. Mi esaurisco cercando video tutorial su YouTube per installare l’ultima versione di Photoshop craccato sul computer. Con quel poco che riesco a racimolare lavorando sporadicamente come fotografa di certo non posso permettermi di pagare un regolare abbonamento Adobe. Fra una serata in discoteca retribuita in drink che neanche bevo e un book fotografico alla vrenzola di turno che brama di vedersi anche solo in una manciata di scatti raffigurata in pose da pseudo fotomodella “mood copertina Vogue” retribuito in visibilità, in realtà non posso neanche pensare di aprire una vera e propria partita iva. È già tanto avere una macchina fotografica decente, figuriamoci pagare l’abbonamento Adobe… o mantenere una partita iva, in Italia poi. Questi soliti pensieri mi frustrano, mi fanno sentire una povera ventiduenne illusa con del talento artistico, dell’estro creativo, tanta intraprendenza e voglia di fare, si, ma con opportunità lavorative mediocri che non portano ad alcuna concreta possibilità di autorealizzazione e indipendenza economica. Così, quando clicco sull’ennesimo link di download per scaricare il crack che mi da “Error 404” mi innervosisco, sbuffo e ci rinuncio.

Provo a distrarmi facendo un giretto su Facebook. Ormai non lo uso più quanto prima ma è ancora una sorta di abitudine interiorizzata scorrere la bacheca per vedere un po’ che si dice senza neanche prestare troppa attenzione a tutti quegli stati con sfoghi o citazioni improbabili e album di foto variomistiche di gente che in realtà non vedo da una vita e di cui nei fatti non mi importa nulla. Odio Facebook. Ultimamente Instagram è decisamente più diffuso, ma il punto è che odio i Social in generale, riesco a percepire tutta la loro tossicità, le implicazioni deleterie, le conseguenze negative, anche se mi rendo conto che svolgono una serie di funzioni interessanti e sempre più succulente, sempre più indispensabili. Ad esempio, non si può ignorare che sono un ottima vetrina disintermediata per l’autopromozione del proprio personaggio o del proprio lavoro e comunque a prescindere dalla mia opinione su pro e contro, non posso fare a meno di utilizzarli per nutrirmi almeno dell’illusione di avere un contatto con l’esterno e con tutta quella gente o la mia maledettissima F.O.M.O. mi mangerebbe viva.

In effetti, penso d’un tratto, forse proprio Facebook potrebbe fornire la soluzione al mio problema “Photoshop craccato”, mai dire mai. Clicco sulla mia foto profilo dove anch’io sembro una super top model col rossetto rosso, l’eyeliner nero perfetto, i capelli al vento, le mani vicino al viso e lo sguardo dolce ma ammiccante, un immagine online che a momenti alterni odi et amo perché non rappresenta affatto il mio effettivo stato attuale offline di disagiata cronica in cerca di software craccati nel cuore della notte. Approdo sulla mia bacheca perennemente vuota dove di tanto in tanto pubblico in massa decine e decine di fotografie alla volta per poi eliminarle un’ora dopo consapevolissima di utilizzare i Social nel peggiore dei modi possibili. Scrollo sotto la sezione Informazioni dove ho inserito semplicemente che vivo a Napoli e lavoro come fotografa freelance, in pratica “presso me stessa” e inizio a digitare al posto di “Cosa stai pensando…”: Cercasi Photoshop GRATIS (perché forse craccato è meglio non scriverlo esplicitamente), inviami un messaggio se sai come aiutarmi, a buon rendere e grazie in anticipo!

Poco speranzosa per una risposta vado in cucina. Ormai si sono fatte le 4 del mattino, la casa è tutta buia, ma ci vivo dal giorno in cui sono nata quindi conosco a memoria ogni singolo centimetro, potrei muovermici ad occhi chiusi. La luce del frigo mi investe appena apro l’anta cigolante insieme al piacevole frescolino che viene da dentro. Lancio un occhiata agli scaffali, in realtà non so di cosa ho voglia, la mia è solo una sorta di fame per noia, una fame nervosa, notturna, una fame finta, ma incontrastabile. Afferro un Kinder Pinguì, un Ferrero must have che ha fatto la storia a casa mia, i Kinder Pinguì non mancano mai e quando mancano è crisi. La cosa che a casa ci ha fatti andare tutti in fissa coi Kinder Pinguì è la linguetta rossa da tirare per poterne aprire uno. Una volta finito di mangiare utilizziamo quella linguetta per farci piccoli dispetti a vicenda, ad esempio posizionandola in bella vista nel frigo, così mamma finge di arrabbiarsi quando se la ritrova attaccata alle pareti, oppure andando a nasconderla nell’armadio di papà, così che finga di indispettirsi quando se la ritrova fra i vestiti per poi escogitare a sua volta qualche nuovo nascondiglio improbabile fra le nostre cose, aspettando pazientemente che io o mia sorella la ritroviamo per sghignazzare sornione la sua rivincita geniale.

Torno in soggiorno e mi lascio sprofondare sulla sedia nera con le rotelle comprata da poco all’Ikea per la scrivania del PC e nel riflesso di un vetro vedo uno spicchio del mio volto bianco che emerge nel buio, scavato dalle occhiaie ancora più violacee sotto la fredda luce del desktop. Mi rannicchio sulla sedia, non ho ancora finito di godermi il Kinder Pinguì a minuscoli morsetti quando spunta sullo schermo il pallino rosso di una notifica. È un messaggio in chat, ma chi cazzo é tanto disagiato quanto me da scrivermi a quest’ora? Un nome che faccio fatica a riconoscere, Damiano qualcosa. Mi spremo le meningi per cercare di ricordare chi è e che ci fa tra i miei Amici su Facebook. Per quanto mi sforzi non riesco a dare un volto a quel nome, allora vado a sbirciare qualche foto sul profilo, anche se forse non l’ho neanche mai visto di persona. La sua bacheca è un megamix di roba strana, foto buie e sgranate con gente sballatissima nei locali, pezzi di street art, articoli di giornale sovversivi, simboli dell’anarchia e scritte A.C.A.B. ovunque, ritratti fotografici decisamente brutti che sembra aver scattato in una sala pose improvvisata a ragazze imbarazzatissime, dipinti di Gesù Cristo e della Madonna. Veramente non capisco.

Sono sul punto di bloccare il contatto senza neanche visualizzare il messaggio quando mi imbatto in una sua foto insieme a quel facciadiculodiValent, il fidanzatopezzodimmerda di mia sorella Ludovica. Ecco cosa ci fa tra i miei Amici, fa parte della combriccola di quella gente strana che non mi piace affatto. Ogni volta che Ludovica o Alessandra mi raccontano qualcosa di quella comitiva sono storie assurde che per una persona normale suonerebbero fuori dal mondo e non intendo affatto in accezione positiva. Apro la chat e il suo messaggio dice “Heyla’, ho letto che stai cercando Photoshop craccato, io posso aiutarti”. Ah, ottimo penso, dai, alla fine vuole aiutarmi, vediamo un po’ cosa propone. Gli spiego il mio problema e poi gli chiedo se è abbastanza nerd da riuscire a darmi una soluzione concreta e veloce. Lui mi risponde “Sono il signor Wolf, risolvo problemi”. Rido e invio qualche “xD” ingurgitando l’ultimo boccone di Kinder Pinguì mentre mi domando che razza di sfigato possa mai essere per rispondermi con una citazione di Winston Wolf da Pulp Fiction.

Dopo pochi minuti gira un link, mi dice di cliccarci sopra e seguire uno alla volta i passaggi che mi guiderà a fare. Con mia grande sorpresa dopo meno di 5 minuti Photoshop era bello installato sul mio computer, addirittura nella sua ultima versione. Era stato facilissimo, quanto sangue avevo buttato inutilmente! Dalle emoji con gli occhiali da sole che mi invia intuisco che si ritiene molto soddisfatto di essere riuscito ad aiutarmi e glielo devo proprio riconoscere. Mi scrive “Qualche volta vediamoci, ci beviamo una cosa al centro storico”. “Sé sé, contaci”, penso beffarda. Lo ringrazio tanto e gli dico che mi sarei sdebitata in qualche modo prima o poi anche se in realtà si tratta di un semplice convenevole, non ho la minima intenzione di sentirmi in debito con quel tipo. La conversazione finalmente si esaurisce, ci diamo la buonanotte, spengo il computer. Sono le 5 del mattino ed è decisamente arrivato il momento di andare a dormire, nel tentativo di chiudere gli occhi prima che il cielo schiarisca con l’alba.
   
 
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