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Autore: Flofly    11/07/2023    4 recensioni
"«Io sono Lily, piacere» disse semplicemente, continuando a fissarlo con i suoi grandi occhi verdi come le pietre di cui aveva solo letto nei libri… Lei gli sorrise e l’oscurità dentro di lui si dissipò.
In quel momento, a soli undici anni e a pochi mesi da quello che aveva desiderato di più in vita sua, Severus Piton capì che l’avrebbe amata per sempre, qualunque cosa volesse dire." Severus/Lily
Questa storia partecipa all’iniziativa “Do you want to know a secret?” indetta da JeremyMarsh sul Forum Ferisce la Penna.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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eterna estate

Questa storia "partecipa all'iniziativa Do you want to know a secret indetta da JeremyMarsh sul Forum Ferisce la Penna. 

A Nao,

Il Natale è uno stato d’animo.

Eterna Estate



Spinner’s End, Cokeworth, Midlands, Estate 1971

 

La prima volta che si erano incontrati era un caldo pomeriggio di luglio, le giornate che si allungavano mentre Spinner’s End si svuotava. Le case di mattoni tutti uguali sfilavano una dietro l’altra, provocando il suo disgusto. Odiava vivere in una cittadina Babbana, dove era costretto a nascondere la sua natura di mago, persino nella sua stessa casa, pur di sfuggire all’ira di suo padre. Camminava sino a quando quell’anonimo paesino non rimaneva alle spalle, fino a quando non sentiva l’odore familiare dell’erba e quello confortante del fiume che scivolava placido. A volte sognava di sdraiarsi nelle sue acque gelide e farsi trasportare via, lontano da quel posto che detestava.

L’erba era ancora bagnata dal temporale estivo di poche ore prima, ma a Severus non importava. Non gli era mai interessato molto di sporcarsi, sapeva benissimo che non avrebbe fatto molta differenza. L’unica cosa che aveva importanza era uscire dalla sua casa troppo scura e triste, lasciarsi scivolare dietro le urla e quel vuoto che ormai era diventato troppo ingombrante persino per lui che aveva imparato a corteggiare il silenzio.

Passava le giornate così, a vagare per i campi, classificando mentalmente i fiori che incontrava nei suoi vagabondaggi solitari. Aveva letto tutti i pochi libri che sua madre aveva conservato, più e più volte sino consumare le pagine sottili, fino a imprimersi nella mente ogni pianta, ogni incantesimo, ogni pozione.

Hogwarts… quanto l’aveva sognata? Era il nome che sussurrava nelle notti buie, cercando di far scomparire la rabbia che provava dentro. 

Fu proprio durante una di queste infinite passeggiate solitarie che la vide, seduta tra le canne appena smosse dal vento. Era una bambina, ne era sicuro, anche a quella distanza poteva vedere i lunghi capelli rossi, stretti in un due trecce spesse che le ricadevano sulla schiena, arruffate come se avesse passato la giornata a correre a perdifiato. Il suo primo istinto era stato quello di scappare, allontanarsi per cercare un nuovo posto dove nessuno potesse trovarlo. Il secondo, mentre sentiva una furia cieca salirgli gelida dalla bocca dello stomaco, di scacciare quell’intrusa, magari usando uno degli incantesimi che aveva imparato di nascosto.

Si avvicinò di soppiatto, cercando di ricordare ogni singola parola che avesse letto nel tempo, provando la pronuncia e l’intonazione corretta nella sua mente. Era a pochi passi da lei, pronto a colpire, quando vide qualcosa che lo sconvolse: la ragazzina, l’intrusa, muoveva nell’aria le sue mani piccole e delicate, facendo danzare davanti a lei dei soffioni color crema, ridendo felice ogni volta che obbedivano al suo tocco.

Magia.

Quella non era una semplice Babbana.

Lei era… come lui.

Per la sorpresa perse l’equilibrio, finendo per cadere rumorosamente in terra.

E fu in quel momento che lei si girò, affatto spaventata. Aveva una pelle coperta da lentiggini e l’aria sana di chi passa molto tempo all’aria aperta e fece una cosa che nessuno aveva fatto prima d’ora: gli sorrise.

«Io sono Lily, piacere» disse semplicemente, continuando a fissarlo con i suoi grandi occhi verdi come le pietre di cui aveva solo letto nei libri… Lei gli sorrise e l’oscurità dentro di lui si dissipò.

In quel momento, a soli undici anni e a pochi mesi da quello che aveva desiderato di più in vita sua, Severus Piton capì che l’avrebbe amata per sempre, qualunque cosa volesse dire.

 

 ***

Kings Cross Station, Londra,  1° settembre 1971

 

Petunia si era rifiutata di accompagnarla sulla banchina, chiudendosi in un cupo mutismo sin da quando aveva ricevuto la lettera di ammissione a Hogwarts. Aveva provato ad abbracciarla prima di scendere dalla macchina, ma lei si era irrigidita rifiutandosi persino di parlarle. Lilly aveva scosso le spalle, limitandosi a salutarla un’ultima volta agitando la mano prima di sparire dentro Kings Cross, ma in quel momento era troppo emozionata per poter pensare alle stranezze di sua sorella.

Severus l’aspettava di fronte al muro a mattoncini a vista, esattamente tra il binario nove e il dieci. Era solo, come sempre, ma non aveva avuto il coraggio di chiedergli se la madre fosse già andata via o non fosse proprio venuta. A Lilly sarebbe piaciuto conoscerla, poter scambiare due chiacchiere con una strega, farle mille domande, ma Severus si era sempre rifiutato anche solo di farla entrare in casa, nonostante i suoi tentativi.

La stazione era piena di quelli che ormai anche lei chiamava Babbani, scambiando con lui un’occhiata d’intesa quand’erano insieme, ma ora riusciva a distinguere gli altri, i gruppi di famiglie con grandi carrelli e grosse gabbie dorate dentro le quali civette e gufi sembravano riposare placidi. Si chiedeva quali fossero le loro storie, se sarebbero divenuti amici. 

Su Storia di Hogwarts aveva letto della Divisione in Case, e Severus le aveva ribadito quanto fossero importanti. 

Era fondamentale che stessero nella stessa casa, aveva ripetuto cocciuto.

Lilly però non ascoltava, persa tra le illustrazioni che si muovevano sotto i suoi occhi. In fondo a lei non importava in quale casa finire, ognuna sembrava interessante a modo suo. E, a dire la verità, trovava piuttosto stupida l’idea di non poter essere amico di qualcuno solo perché la sua cravatta aveva un colore diverso.

«E’ ora… se hai paura è meglio se prendi la ricorsa. Vuoi che vada io per primo?».

Severus era accanto a lei, abbastanza vicino da poter parlare nel suo solito basso in modo che altri non sentissero. 

Paura? Davvero lui credeva che lei avesse paura? Era emozionata, felice, incapace di stare ferma.Tutto, fuorché impaurita. Ma forse era lui ad aver paura, e, come al solito, era troppo orgoglioso per ammetterlo.

«Andiamo insieme, vuoi?» gli disse allora, tendendogli la mano e notando il lampo di sollievo subito nascosto nel solito sguardo nero che non mostrava emozioni. Senza dargli tempo di ribattere gliela strinse lei, intrecciando le dita alle sue. Poi, preso un respiro a fondo, iniziarono a correre verso il muro di mattoni.

Un attimo dopo erano su una nuova banchina, molto più spaziosa di quella che avevano lasciato.

E davanti a loro, immerso nel fumo bianco e coperti dal vociare di centinaia di studenti, uno splendido treno rosso e nero sul quale la scritta Hogwarts Express brillava come se fosse fatta di polvere d’oro.

Sentì Severus stringerle la mano più forte e, nascosto dietro i lunghi capelli neri e lo sguardo basso, lo vide.

Severus Piton stava sorridendo. E lei pensò che era davvero bello quando 

***

Sala Grande, Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Highlands, Più tardi quella stessa sera.

 

Hogwarts, quella casa che aveva sognato e agognato per anni era finalmente lì davanti a lui, maestosa alla luce tremolante delle fiaccole che tenevano la mano.

Sentiva il chiacchierare incessante di due ragazzini dietro di lui, a quanto pareva si erano conosciuti sul treno e già sembravano gemelli divisi alla nascita. Ed erano esasperanti. Per fortuna anche Lily sembrava pensarla così, visto che dopo la decima volta che quei due avevano cercato di inserirla nei loro vaneggiamenti, si era definitivamente girata a guardare il castello davanti a lei con la bocca aperta per lo stupore.

Cercò di concentrarsi sul suo respiro, immaginando di essere insieme a lei sdraiati accanto al fiume a sognare quel momento. Da quando l’aveva conosciuta non facevano altro che completare le frasi l’uno dell’altro, si capivano anche senza parlare, sentivano le paure uno dell’altro. Di certo sarebbero finiti nella stessa casa, forse Corvonero.

Sua madre spingeva per Serpeverde e, a dire la verità lui era sempre stato affascinato dalla figura di Salazar più di quella di tutti gli altri Fondatori. Gli piaceva il fatto che non si fosse piegato per nessuno. Senza contare tutti gli studi che aveva fatto sugli incantesimi… aveva letto anche di una Camera dei Segreti… cosa avrebbe dato per poterla trovare, era certo che un mago geniale come era stato lui avesse nascosto lì tutti i suoi studi segreti.

L’importante, però, era stare con Lily… pur di stare con lei si sarebbe fatto andare bene qualsiasi Casa, persino Tassorosso. Tutto pur di stare con lei… e lontano da quei due idioti che continuavano a sbracciarsi rischiando di finire nelle acque ghiacciate del Lago.

Mentre immaginava la piovra che li afferrava e liberava per sempre il mondo magico da quelle piaghe, sentì le dita sottili di Lily stringersi attorno al suo polso.

«Siamo arrivati» gli bisbigliò. 

«Stessa Casa, ricordatelo» rispose lui a mezza voce, senza riuscire a guardarla. In fondo lei sarebbe andata per prima… poi tutto sarebbe stato nelle sue mani.

Rimase accanto a lei per tutto il tempo, le toghe nere che si sfioravano appena, mentre i loro compagni sfilavano uno dopo l’altro nella Sala Grande.

Uno dei primi fu uno dei due ragazzini che aveva sperato finissero a fare da spuntino alla piovra. Severus lo conosceva da poche ore e già lo odiava con tutto il suo cuore… conosceva quelli come lui, convinti che tutto il mondo girasse attorno a loro. Camminava sprezzante, lanciando sorrisetti di superiorità in giro.

Quando sentì annunciare il suo nome capì il perché.

Sirius Black. Di quei Black, a quanto pareva, visto che l’intera Scuola si era fermata trattenendo il fiato. Stava per commentare con Lilly che sarebbe finito a Serpeverde, quando il Cappello Parlante se ne uscì con uno stentoreo Grifondoro e l’intera Sala esplose.

«Sembrano tutti impazziti» gli sussurrò Lilly, roteando gli occhi, annoiata come lui dalle urla che provenivano dai due lati opposti dalla sala. 

Severus annuì, sollevato per lo meno che non lo avrebbe avuto tra i piedi. E aveva visto le occhiate che lui e il suo amico avevano lanciato a Lily, alla sua Lily.

Ci volle fin troppo per riportare gli studenti alla calma, ma finalmente arrivò anche il suo turno. Prima di incamminarsi lei si girò a sorridergli.

«Ti aspetto dall’altra parte. Non preoccuparti» rise facendogli l’occhiolino, prima di scivolare con quel suo passo leggero ma sicuro sino allo sgabello.

Appena lei chiuse gli occhi, lui trattenne il respiro, mentre il mondo attorno a lui sfumava in un chiacchiericcio indistinto. E poi ci fu un ruggito che sovrastò tutto il resto.

 

Grifondoro

 

Vide Lily sorridergli incoraggiante, mentre si accomodava al tavolo rosso e ora, a suo agio come sempre. Lui deglutì a vuoto… Grifondoro? C’era qualche possibilità per lui?

Il resto della Cerimonia di Smistamento venne avvolta da una nebbia. Tutto divenne sfocato, persino quando fu il suo turno di sedersi di fronte a tutta la Sala, l’unica cosa che riusciva a distinguere era il volto di Lily sorridente ed incoraggiante, che lo fissava.

Ce la puoi fare, gli disse muovendo le labbra e mostrandogli le dita incrociate.

 

Eppure lui lo sapeva bene, che non sarebbe mai successo. 

 

Serpeverde

 

Deglutì a vuoto. Certo, era quello che aveva sempre immaginato, ma… perché per Merlino lei era finita a Grifondoro? 

Si rifiutò di guardarla, mentre a testa basta cercava di guadagnare più velocemente il possibile il suo posto, accolto da grida di gioia. Era confuso: davvero quelle persone stavo gioendo per lui? Per quale motivo? Lui non era niente per loro e loro non era niente per lui.

Non come lei. Non come Lily.

Eppure, una piccola parte, una minuscola proprio in fondo allo stomaco, si sentiva a casa.

 

Dopo la cena, mentre erano in fila per rientrare nei loro dormitori, accadde una cosa che non era mai successo prima, almeno vista la reazione del resto degli studenti. 

Lily, che un momento prima era nella fila dei Grifondoro, quello dopo era corsa verso di lui, strattonandolo per la toga.

«Ci vediamo domani!» gli disse veloce dandogli un bacio sulla guancia, provocando una serie di coloriti commenti affatto gradevoli da parte tanto di una che dell’altra parte.

«A quanto pare, non tutti i Serpeverde e i Grifondoro sono pronti a scannarsi. Interessante..» sentì celiare un ragazzo con lo stemma da Prefetto.

«Chiudi il becco Tonks! Prewett, cerca di guardare i tuoi, non posso fare da balia anche a loro!» ringhiò di rimando il suo di Prefetto, lanciando un’occhiata malevola al ragazzo dai capelli rossi che lo guardava sbigottito.

«Come se tu facessi davvero qualcosa, Malfoy» rispose quello a tono altrettanto alterato. Poi si girò verso Lily:«Evans, muoviti, noi andiamo da tutt’altra parte!».

 

Severus si costrinse a ingoiare un sorriso. No, lei non sarebbe andata da un’altra parte. Non realmente, perlomeno.

***

Corridoio della Torre Ovest, Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Highlands,Natale 1975

 

Le lezioni erano diventate il loro modo di stare insieme, l’equivalente dei lunghi pomeriggi passati sdraiati ad ascoltare il ritmo placido del fiume.  

La loro lezione preferita era quella di Pozioni, dove avrebbero potuto passare ore a sminuzzare radici, pestare bacche e guardare il liquido all’interno del calderone cambiare colore, sobbollire, schizzare, inebriandoli di odori imprevedibili.  E in quell’attesa a volte eterna, quando i loro occhi dovevano essere fissi a notare ogni minima variazione della pozione, era lì che potevano lasciare che le loro mani si cercassero sotto i grandi tavoli di legno.

Nelle altre, invece, si completavano perfettamente.

A Erbologia, se Severus era in grado di nominare ogni singola pianta o fiore che venisse in mente alla loro Professoressa, lei era il braccio operativo, in grado di calmare Mandragole e urlanti e rabbonire Cavoli Carnivori Cinesi.

A Cura delle Creature, era sempre lei ad avvicinarsi a Ippogrifi e Fiammagranchi, mentre lui si limitava a borbottarle nell’orecchio tutto quello che aveva letto. 

A Difesa Contro le Arti Oscure, però, era lei chi si incantava a guardarlo prendere appunti su appunti, anche ben oltre quelli della Lezione. Era quello che amava di Severus, il suo essere costantemente assetato di conoscenza, il voler sapere sempre di più, riuscire a fare incantesimi sempre più complessi, anche quelli che sarebbero risultati difficili anche ai loro professori.

Anche se c’era qualcosa che iniziava a preoccuparla: avevano sempre passato insieme interi pomeriggi in Biblioteca, o sdraiati sotto uno dei grandi alberi del cortile, scambiandosi commenti e leggendo ad alta voce i passi più interessanti. Ora, invece, più di una volta l’aveva scoperto a trasfigurare la copertina di un libro, o mentire su cosa stesse leggendo.

Era da qualche mese che il lato oscuro che era sempre riuscita a tenere a bada sembrava prendere il sopravvento giorno dopo giorno. Incapace di soddisfare la sua curiosità con gli incantesimi comuni, era sempre più attratto dalla Magia Oscura e dalle sue infinite, e terrificanti, potenzialità. Quando le aveva detto che Lumacorno aveva firmato il permesso per il reparto Proibito, Lily aveva sentito che c’era qualcosa di profondamente sbagliato, ma lui non aveva voluto sentire ragione, chiudendosi in quel suo ostinato mutismo che a volte la mandava ai matti.

Convincerlo a partecipare all’evento di Natale era stato difficile e ci era riuscita solo dopo una serie infinita prima di moine e poi di minacce di non rivolgergli mai più la parola. Si era morsa la lingua dall’aggiungere che, visto le sue nuove frequentazioni, probabilmente non gli sarebbe mancata più di tanto, ma all’ultimo aveva deciso di tacere, ingoiando quella spiacevole sensazione che provava ogni volta che lo vedeva parlare con Mulciber e Avery.

C’era poi stata un’altra promessa che lui era riuscito a strapparle: niente balli. Per nessun motivo.

Lily aveva accettato, esasperata. E, da brava Grifondoro, aveva mantenuto la promessa. Avevano mangiato, bevuto, chiacchierato (beh, lei aveva chiacchierato, lui aveva passato il tempo a parlare di pozioni di cui probabilmente solo lui e Lumacorno avevano mai sentito parlare). Aveva ballato con gli altri, senza mai chiedergli di raggiungerla, neanche una volta. 

Ma ora che era tutto finito era giusto ritenere concluso il suo impegno. Erano andati via prima degli altri, ben sapendo che due ore erano un’ora e cinquanta minuti in più del limite massimo di socializzazione di Severus Piton.

Stavano camminando lungo il corridoio verso la Torre di Grifondoro, quando lei si fermò e, approfittando del suo sbigottimento e del suo non proprio eccellente equilibrio, lo strattonò spingendolo verso una delle Aule studio vuote.

Senza lasciargli il tempo di parlare gli mise le braccia attorno al collo.

«Mi devi un ballo».

«Abbiamo detto niente balli, mi sembra.» aveva risposto lui tagliente, evitando di guardarla ma restando immobile.

«Abbiamo detto niente balli alla festa …»

«Beh, di solito non ballo nei corridoi, Evans. Non pensavo che ci fosse bisogno di specificarlo».

Lei scosse le spalle con indifferenza: «Ormai è fatta, concorderai con me che non l’hai specificato, quindi non vale. Consideralo il mio regalo di Natale.»

«Ti ho già comprato il regalo» rispose lui con una smorfia, tirando fuori dall’interno della giacca un pacchetto sottile, delle dimensioni più o meno della mano.

Lily lo prese, soppesandolo.

«E’ un calderone?»

«Hai già un calderone».

«Una scopa?»

«Perché dovrei regalarti una Scopa? È’ un passatempo da idioti».

«Dodici usi del sangue di Drago, edizione Deluxe?»

«Io ne conosco almeno altri tre, se proprio vuoi saperlo».

«E’ per la tua modestia che mi piaci, Sev. O forse per la tua affabilità? Di certo vorrei farlo perché mi hai fatto ballare sotto al vischio, ma tu non collabori mai!»

Severus sbuffò esasperato, mentre lei rideva per averlo fatto finalmente sorridere.

Ruppe delicatamente la carta, godendosi la sua vittoria. Dentro c’era un quadernino, spesso meno di mezzo centimetro, con una copertina di velluto di un caldo beige dorato. Lo stesso del vestito che portava quella sera. Sopra erano incise all’interno di un cerchio di edera stilizzata, le sue iniziali.

«So che tornerai a casa per le vacanze… così potrai scrivermi. Io ne ho uno uguale nel mio dormitorio. E’ più veloce dei gufi…» borbottò da sotto la lunga cortina dei capelli nerissimi.

Sentì l’impulso di scostargliene una ciocca, lasciando poi che la mano gli sfiorasse il collo, prima di riposare sulla sua spalla.

Lo sentì irrigidirsi, ma non si ritrasse al suo tocco, non questa volta.

«Lily» disse solo.

«Lily» ripeté, guardandosi attorno a disagio. Poi, finalmente, si decise a guardarla.

Quanto tempo era passato? Un respiro, due? Lui sembrava non aver mai battuto le ciglia, incapace persino di prendere fiato.

«Vuoi sapere qual è il mio regalo per te?» chiese, infine fissandolo. Lui annuì appena, mentre lei si alzava sulla punta dei piedi, chiudendo quella poca distanza che li aveva separati in quel momento. Gli sfiorò le labbra, trovandole sorprendentemente morbide. Poi lo baciò con decisione, mentre la sua lingua si faceva strada tra le sue labbra. Poteva sentire il sapore del punch di natale che aveva bevuto, caldo e speziato, così inusuale rispetto all’algido Severus Piton che tutti conoscevano.  Le sue mani, fino a quel momento rigide lungo il suo corpo, sembrarono finalmente trovare la loro strada verso la sua vita, stringendola attraverso il corpetto di broccato ricamato con motivi di viti e tralci.

Quando si staccarono per riprendere fiato, finalmente gli sembrò che tutte le ombre nel suo sguardo fossero sparite, ogni eco di tormento svanito.

«E ora mi devi davvero quel ballo» si limitò a commentare ridendo, mentre l’aria si riempiva delle note di una ballata babbana che di solito lei adorava e lui odiava. 

«Lily…» iniziò lui, continuando a tenerla stretta.

«Si, Severus?»

«Ti amo» buttò fuori, mentre sgranava gli occhi al suono della sua stessa voce. « Ti amerò per sempre».

Per sempre… quanto era per sempre? Lily non lo sapeva, non se l’era mai chiesto. Lei contava le ore, i giorni, al massimo i mesi. Erano troppo giovani per pensare al per sempre.

In quel momento, tutto ciò che contava era in quella stanza, con le ghirlande di vischio alle pareti e l’odore dolce dei biscotti alla cannella che magicamente riempiva l’intera scuola.

Per il resto c’era tempo. Tutto il tempo del mondo.

***

Stamberga Strillante, Hogsmeade, Highlands, 2 maggio 1998

 

Aveva fallito. Non era riuscito a proteggere il figlio di Lily, anche se ci aveva provato, con tutto sé stesso. Da quando lei non c’era più, la sua vita aveva smesso di avere senso. Nessun cibo aveva più sapore, i vapori dello studio di Pozioni erano l’unica cosa che gli permettesse di sentirla di nuovo vicina, nell’illusione che dietro l’ennesimo calderone fumante ci fossero i suoi occhi verdi.

Con le ultime forze si porto la mano nella tasca interna della giacca. Era lì che conservava l’ultimo ricordo che aveva di lei.  Lily era morta e il suo cuore era andato in mille pezzi, mentre il mondo attorno a lui diventava un buco nero che assorbiva ogni cosa. Aveva tirato fuori il quaderno, le pagine che scorrevano sotto le sue dite tremanti, sino a quel giorno in cui le loro strade si erano divise per sempre, quando lei aveva messo di rispondere ai suoi patetici messaggi di scuse.

Trovò l’ultima pagina vuota, poi nel silenzio di quella stanza che ormai gli sembrava una prigione, scrisse con la sua grafia chiara e ordinata che lei apprezzava così tanto:

 

Ti amerò per Sempre.

 

Poi aveva strappato il foglio, lasciando che il resto del quaderno e tutti i suoi sbagli potessero bruciare nell’illusione del passato.

Chiuse gli occhi, esausto, sperando di poter finalmente godere di quell’oblio che aveva tanto agognato. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando aveva sentito il suo cuore smettere di battere, questa volta in un modo in cui tutti lo avrebbero saputo. Aveva sempre pensato che non ci sarebbe stato per lui nessun sollievo, l’unica cosa cui sperare un annientamento del dolore che provava nel sapersi vivo ogni giorno mentre lei era morta. 

Ma quello… quello era il suo peggiore incubo. Conosceva l’odore dell’erba bagnata, sporcato da quello vivo e sporco del fiume che sentiva scorrere in lontananza, così come il grande albero sotto il quale si era risvegliato.  Era un ricordo che teneva rinchiuso in una bottiglia smerigliata verde, dello stesso colore dei suoi occhi, nell’angolo più buio del grande scaffale di ebano nero nel quale aveva rinchiuso tutti i suoi ricordi.

«Severus».

Severus serrò gli occhi, cercando vanamente di scacciare quella voce nella sua mente venuta solo a tormentarlo. Non aveva forse fatto abbastanza? Non era stato punito abbastanza in tutti quegli anni?

«Severus» ripeté la voce dolcemente, una risata cristallina nel vento caldo dell’estate mite che lo circondava. 

Che fosse una prova? Eppure sapeva bene che, nonostante sapesse ne fosse indegno, anche solo la possibilità di vederla nella sua mente un’ultima volta era una tentazione troppo grande.

E lui era troppo stanco per continuare a lottare.

Si sentì sfiorare la mano, la sua stessa pelle che conservava la memoria del suo tocco come se fosse sempre stato parte di lui, che fremeva sotto le sue dita. 

La sua mano era calda, viva.

Si convinse finalmente ad aprire gli occhi. Lei era lì, i capelli rossi scarmigliati dal vento e gli occhi verdi che lo fissavano brillanti.

«Te l’ho detto che ti avrei aspettato dall’altra parte» sorrise asciugandogli una lacrima che gli era scivolata solitaria sul viso, sfuggendo al suo controllo. «Mi ami ancora?»

Lui le prese la mano e se la portò alle labbra, baciandole il palmo e inebriandosi del suo profumo, del calore del polso dove scorreva di nuovo il sangue, seguendo la costellazione di lentiggini che adornavano il braccio nudo come le pietre più splendide.

 

Nell’eterna estate di un amore perso ma mai dimenticato, per sempre perdonati dei propri peccati. 

***

 


   
 
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