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Autore: Fiore di Giada    16/07/2023    1 recensioni
[Partecipante all'"Angst Time" col prompt "Incidente stradale".]
Con un gesto nervoso, allontanò le lacrime. No, non aveva senso una simile disperazione.
Adrian lo aveva sostenuto nel suo percorso.
Ed era il suo turno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La Cadillac blu si fermò nel parcheggio dell’ospedale Alexander Bell.
Alvaro, per alcuni istanti, rimase immobile, lo sguardo fisso in un punto indefinito. In quella struttura immensa, Adrian era stato ricoverato, a seguito di un terribile incidente stradale.
D’istinto, strinse le mani sul volante, mentre le lacrime scendevano sulle sue guance. Un idiota, probabilmente ubriaco, aveva investito il suo amato.
─ Non è giusto… Non è giusto… ─ si disse. Diversi mesi prima, nella sua scuola, aveva dovuto assistere ad una terribile strage.
Il ricordo di quel sangue aveva contaminato la sua anima e lo aveva costretto ad un arduo percorso di cure.
Adrian, pur non mancando di curare sé stesso, non gli aveva mai fatto mancare il suo appoggio.
─ Anche tu… Anche tu… ─ singhiozzò. Nella strage, aveva perduto alcuni suoi colleghi  e diversi suoi alunni.
La sorte aveva deciso di colpirlo e di strappargli il suo innamorato.
Con un gesto nervoso, allontanò le lacrime. No, non aveva senso una simile disperazione.
Adrian lo aveva sostenuto nel suo percorso.
Ed era il suo turno.
Aprì la portiera dell’auto e, a passo rapido, quasi di carica, si avviò verso l’ospedale.
 
L’ascensore, con uno scatto, si chiuse dietro il giovane.
Alvaro si appoggiò alla parete di destra e, con un sospiro, si lasciò cadere seduto. In quel momento, gli sembrava di essere in un lento montacarichi.
E questa lentezza aggravava la sua frustrazione.
Lo sapeva, il suo posto era accanto ad Adrian.
 
Diverso tempo dopo, le porte dell’ascensore, con uno scatto, si aprirono.
Alvaro, di scatto, si alzò e si precipitò fuori dall’ascensore. Finalmente, era giunto al piano giusto.
Ma, in quel momento, gli sembrava di essere in una giungla.
Si fermò e, per alcuni istanti, rimase immobile. No, non aveva senso la sua ansia.
Adrian, in quel momento, era inerme e lui doveva mantenersi saldo.
Mi hai salvato la vita con la tua serenità… Ora, è il momento di ricambiare., si disse. Per fortuna, il suo percorso terapeutico gli aveva permesso di acquisire una nuova consapevolezza.
Era giunto il momento di agire.
 
 
 
Il giovane, per alcuni istanti, fissò l’ingresso della terapia intensiva, poi premette il pulsante del citofono.
Poco dopo, la porta si aprì e apparve un’infermiera bruna.
− Entrate. – gli disse.
Con un cenno del capo, Adrian annuì, si alzò ed entrò nella zona filtro.
− Siete venuto qui per un paziente? – domandò.
Alvaro sospirò, irritato. Perché gli facevano domande tanto scontate?
− Sì. Il mio compagno Adrian Russo è rimasto vittima di un incidente stradale. – spiegò.
Con un cenno del capo, la donna annuì.
− Capisco. Indossa i dispositivi di protezione e disinfettati le mani. Aumenterai le sue possibilità di sopravvivenza. – spiegò.
Qualsiasi cosa per lui., pensò il messicano. A quelle parole, l’irritazione si era dissolta.
Era per lui prioritaria la salvezza di Adrian.
Si coprì il volto con una mascherina, poi raccolse i capelli in una cuffia.
Indossò il camice e le sovrascarpe, poi si disinfettò le mani con una generosa dose di gel alcolico.
Un breve fremito di dolore attraversò il suo viso, come una scossa elettrica. Comprendeva l’utilità di quel procedimento, ma bruciava sulle cicatrici ancora fresche delle sue mani.
Poi, indossò i guanti e fissò l’infermiera.
− Va bene così? – chiese.
− Sì. – rispose.
Poi uscì e lei lo seguì.
 
Attraversarono l’ampia sala rianimazione, illuminata dalla luce gialla delle lampade a neon.
Alle pareti, erano appoggiati i letti e, accanto ad essi, erano presenti diverse macchine, dalle quali si spandeva un debole ronzio.
Diversi letti erano occupati da pazienti di ogni età, etnia e genere e, a poca distanza da loro, v’erano medici e parenti.
No… Povero Adrian…, si disse, turbato. Aveva riconosciuto la sua chioma castana, dai riflessi mogano, e il suo corpo imponente.
E quel biancore, così spettrale, non apparteneva alla sua pelle dorata.
L’infermiera, accortasi di questo, gli appoggiò una mano sul braccio.
− Ne è sicuro? – domandò.
Alvaro si scosse dai suoi pensieri e fissò un punto indefinito davanti a sé.
− Sì. –
 
 
Qualche minuto dopo, si fermò davanti al letto di Adrian.
− Vado a chiamare la dottoressa Sullivan. Lei ha soccorso il tuo compagno. – spiegò.
− Va bene. Grazie di tutto. – affermò Alvaro, pacato.
La donna girò i tacchi e si allontanò.
 
Chi… Chi ti ha fatto questo?, si chiese l’insegnante messicano, gli occhi lucidi di lacrime. Solo il ronzio dell’elettrocardiografo indicava la vita nel suo corpo.
E alle sue orecchie suonava lugubre.
Si scosse e strinse le labbra. No, non poteva lasciarsi andare al pessimismo.
Adrian combatteva la sua battaglia e lui doveva essergli accanto.
 
Poco dopo, l’infermiera tornò, accompagnata da una dottoressa di media statura, dai corti capelli rossi e dagli occhi castani.
− Dottoressa Sullivan, è il compagno del signor Russo. – spiegò l’infermiera.
L’interpellata accennò ad un sorriso.
− Molto bene. Grazie, Ana. Controlla i parametri del paziente. Io parlerò col suo compagno. – affermò.
Ana annuì e cominciò il suo lavoro.
 
La dottoressa porse la mano ad Alvaro, che la strinse.
− Come le ha spiegato la mia amica Ana, sono la dottoressa Heather Sullivan. Ero qui, quando il suo compagno è stato portato in ospedale. – cominciò.
− Cosa è successo? – chiese Alvaro.
La donna sospirò.
− Un ubriaco lo ha investito. Per fortuna, alcuni testimoni hanno preso il suo numero di targa ed è stato arrestato. – spiegò.
Che peccato…, pensò il messicano, ironico. Avrebbe voluto lui distruggere quell’infame senza coscienza.
Strinse le labbra e i pugni. Non poteva abbandonarsi a simili fantasie.
Adrian, in quel momento, aveva bisogno di lui.
 
− Potrà riprendersi? – domandò.
Heather, per alcuni istanti, fissò il corpo di Adrian.
− Non possiamo saperlo. Ha ricevuto un forte trauma cranico e ha riportato diverse fratture, tra cui una alle costole, che gli ha perforato un polmone. Per fortuna, siamo riusciti a contenere i danni, ma abbiamo dovuto sedarlo. – spiegò lei.
Un brivido attraversò la schiena di Alvaro e, d’istinto, strinse i pugni. Con quei danni, come era riuscito a sopravvivere?
E c’era davvero una speranza?
− Noi faremo di tutto per salvarlo, ma lei non deve arrendersi. Questo ragazzo è uno scrittore, sbaglio? – domandò Heather.
Alvaro, perplesso, aggrottò le sopracciglia.
− Sì, ma che c’entra? – la interrogò, stupito.
La donna sollevò le labbra in un sorriso.
− Gli parli. E gli legga il suo libro preferito. L’amore non può sostituire le cure mediche, ma può trasformarsi in un supporto formidabile.  Ma non dimentichi di curare se stesso. – spiegò lei.
La situazione si ripete…, si disse. Anche Adrian aveva ricevuto lo stesso consiglio e lo aveva applicato.
Ed era stata una scelta lungimirante.
Era riuscito a stargli accanto senza lasciarsi travolgere dalla frustrazione.
Mutavano le condizioni, ma tali indicazioni non perdevano la loro validità.
Sospirò. Era arduo, ma l’equilibrio raggiunto gli avrebbe permesso di restare lucido.
E lui doveva offrire al suo compagno un punto di riferimento.
La sua mano, leggera, si posò su quella di Adrian in una tenue carezza.
− Sì. Farò quello che è necessario. −

 
   
 
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