Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: ElenoraBumBum    17/07/2023    0 recensioni
Completamente esasperato da tutto, sospiro: «Prima o poi me ne andrò da qui». Ne sono certo, mi lascerò questa vita assurda alle spalle e troverò qualcosa di meglio. Una casa migliore, un lavoro migliore, magari pure qualcuno con cui condividere la mia nuova vita. Qualcuno che scelga di stare con me, non che venga obbligato. Qualcuno che io possa veramente considerare famiglia.
«E perché?»
«Ma come perché? Dammi un solo buon motivo per restare». E ce l’avrei pure, ce l’ho davanti e occupa tutto il mio campo visivo visto che è gigante quanto il massiccio del Monte Bianco, ma ogni giorno che passa diventa sempre più difficile gestirlo e a volte la spina va staccata. Anche se non sembra, ce l’ho ancora un po’ di amor proprio.
Neanche mi avesse letto nel pensiero, sorride e sussurra: «Dalle altre parti non ci sono io».
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

17 – Tirare piste come strisce pedonali e mangiarsi le caccole

Mi siedo su questa panchina nel bel mezzo di un parco che dovrebbe chiamarsi “Volksgarten”. Teoricamente dovrebbe essere il punto di incontro con questi fantomatici Theo e Caroline. C’erano altri tre personaggi che Jaco voleva vedere, ma stasera erano tutti impegnati in qualcosa e hanno deciso di fare qualcosa domani. L’unico che si è riservato la serata –e tutta la settimana, in realtà– da quando Jaco ha prenotato il volo è stato Theo. Da quel che ho capito, il suo gruppetto era fatto di quattro persone, tutte insieme fin dall’asilo; poi, dopo che Jaco si era già trasferito in Italia, si è aggiunto un certo Lukas, compagno di scienze al liceo di Andrea –che ho scoperto troppo tardi essere una ragazza– e, anni dopo, Caroline, la ragazza di Theo dai tempi di quell’università da psicotici che hanno fatto. Jaco mi ha accennato qualcosa su tutti quanti, prima di passare mezz’ora a parlare solo di Theo e concludere con “per me lui è come il tuo Lorenzo, solo molto più tedesco”. Ho come l’impressione che stasera non vedrò un tipo super drammatico andare in escandescenza per un micro-graffio sulla moto e non sentirò centomila bestemmie e vilipendi contro la religione. Non so nemmeno se esistono le bestemmie in tedesco.
«Uff, la passeggiatina mi ha fatto proprio bene» borbotta Jaco. Ridacchio, lui mi si siede a fianco, ancora col sorriso stampato in faccia. È da quando siamo scesi dall’aereo che è al settimo cielo. Io ero ancora traumatizzato dalle turbolenze, ma lui mi ha preso per un braccio e in quattro e quattr’otto mi ha portato in hotel, fatto lasciare il bagaglio e trascinato in centro per pranzare. Poi, vabbè, abbiamo mangiato un paninetto del cazzo tipo di un minimarket, evidentemente qui si mangia pochissimo a pranzo e ci si sfonda a cena, però è stato contentissimo di anche solo mangiare quel tramezzino prosciutto, funghi e maionese dall’odore orrendo semplicemente perché l’etichetta era scritta in tedesco e l’indirizzo sullo scontrino recitava bello grande “Köln”, che ho scoperto essere Colonia nel tedesco ufficiale; “Kölle”, come la chiama lui, è in dialetto. Che si chiama Kölsch, come la birra. “L’unica lingua che si beve”, ha asserito orgoglioso, trangugiandosene una alle tre del pomeriggio. Sono arrivato stamattina e questo tipo di tedeschi già non lo sopporto più.
Dopo pranzo, mi ha portato in un bar e mi ha preso una fetta di torta al cioccolato e la cosa più lontana possibile da un caffè. Era una specie di… beverone caffellatte pieno di panna montata e sciroppo al cioccolato. Alla mia domanda “scusa, eh, non potevamo prendere un caffè e basta?”, mi ha guardato come se avessi appena bestemmiato, poi mi ha detto che questo è il suo posto del cuore, ma il caffè fa comunque cagare, quindi di prendere sempre qualcosa che esulasse il più possibile dall’italica idea dell’espresso. Mi ha fatto cagare pure il beverone, ma non ho avuto cuore di dirglielo, mi sono limitato a sviolinarmela sulla torta che effettivamente era molto buona. 
Poi mi ha fatto fare un giro nel centro, mi ha portato su un ponte coi lucchetti degli innamorati e una bella vista su Colonia, se fossi stato in grado di far evolvere le cose con lui, quello sarebbe stato proprio il posto perfetto per un primo bacio. La mia coscienza a forma di Elisa arrabbiata ha provato a ridirmi per l’ennesima volta di mandargli un segnale qualunque per smuovere le acque, ma ci ho rinunciato in fretta. Dopo la serata tutta al femminile, ho provato seriamente per tipo due volte a fare quello che mi avevano detto di fare, ma il risultato è stato molto fallimentare: Jaco che mi guardava confuso, io che mi sentivo coglione. Ho capito che “io” e “provarci” non siamo fatti per stare nella stessa frase, non sono capace a flirtare, a fare le mosse, o qualsiasi altra danza di corteggiamento. Però ero contento lo stesso: eravamo lì noi due insieme, io lo osservavo, lui se ne stava appoggiato al parapetto con lo sguardo vacuo verso la città, non guardava un punto preciso, però aveva quel sorrisino pacifico che ci ha accompagnato tutto il giorno e gli occhi innamoratissimi. È stato, penso, il momento in cui l’ho visto più felice e sereno da quando ci conosciamo, gli ho pure fatto una foto da quanto era bello con quell’espressione e non gliel’ho fatta vedere finché non siamo scesi dal ponte, perché non volevo disturbarlo dal suo attimo di contemplazione. Siamo andati anche a vedere la chiesa in cui partecipava alla scuola domenicale da piccolo valdese e, per par condicio cattolica, il duomo, in cui mi ha fatto salire una quantità completamente errata di gradini per arrivare in cima a una delle torri. Per poi osare dirmi che in realtà la vista più bella ce l’ha un grattacielo con un ascensore. Il triangolo di Colonia. Poteva dirmelo prima di farmi fare centocinquanta metri verticali di scale. 
A cena ha mangiato l’equivalente di un bue intero, scandito da almeno venti birre, per poi allargare la cintura e slacciarsi un bottone dei jeans di nascosto sotto il tavolo. “Sto scoppiando, Gian, tra un po’ mi esplode lo stomaco”. Io ho preso le tre cose vegetariane che ho trovato sul menù, ovvero una porzione di patatine fritte, questo famoso Halve Hahn, che effettivamente altro non è che una pagnottina di segale imburrata con dentro del formaggio e dei sottaceti, e una specie di purè di patate con una salsa di mele dal nome impronunciabile. Non ero convinto per niente –frutta insieme al purè, roba che si potevano inventare solo i tedeschi…– e mi sono sentito essenzialmente obbligato da tutti i “guarda che è buono” di Jaco, per poi scoprire che sorprendentemente non era male, solo un po’ strano. Ovviamente nulla in confronto a una pizza, o a una pasta, però era tutto perlomeno commestibile.
«Quindi, sei sicuro che i tuoi amici parlino inglese?» chiedo, un goccio preoccupato.
«Gian, io giuro, non so più come dirtelo: , parlano inglese.» esala, esasperato.
«E Theo sa che sei gay? Non rischio di dire qualcosa di sbagliato?»
«Ma ti pare che non dica di essere gay al mio migliore amico che conosco letteralmente da una vita? Sa pure quanti capelli ho in testa.»
«Quanti ne hai?»
«Chiedilo a lui» risponde sarcastico. 
«Guarda, la cifra precisa io non la so, ma ne conto almeno tre…» lo provoco. «Eins, zwei, drei… hai visto? Ho imparato» gli dico, prendendogli tre capelli. 
Ride e ritrae la testa. «Veramente molto bravo. Però non staccarmeli, che già ne ho pochi…»
«Non sei nemmeno stempiato, non ti puoi lamentare. Sembrano pochi perché li tagli troppo corti» lo sgrido, passandogli una mano sulla nuca dove la sfumatura li fa diventare cortissimi.
«Tu come mi vedresti bene?»
«Non riesco a immaginarti in nessun altro modo… per me sei perfetto così»
«Ti piaccio anche con la mezza ciotola in testa?»
«Sì. Così mi piaci, ti stanno proprio bene. Poi se un giorno te li fai crescere va bene lo stesso, eh.»
«Non posso tenere sia i capelli che la barba lunghi, una delle due cose deve rimanere corta»
«E hai scelto i capelli» osservo, ironico.
«Sbarbato sembrerei solo un quattordicenne» commenta, avvicinandosi e circondandomi le spalle con un braccio, il suo ginocchio contro il mio. «Poi, ho il mento a culo, davvero orrendo, la barba lo copre»
«Saresti bello lo stesso» confesso, spostando la mano sulla sua spalla, il pollice a sfiorargli il collo appena vicino al bordo della sua maglietta, la destra fa lo stesso risalendo dal braccio. 
«Nah…» sussurra e abbassa appena lo sguardo, l’altra sua mano si va ad appoggiare sul mio fianco. «…Tu lo sei molto di più». Lui mi stringe di più e si avvicina ancora, poi inclina leggermente la testa e struscia il naso contro il mio, per poi incastrarli tra loro. Sento la schiena irrigidirsi, il cuore che mi sale in gola. Ok, adesso mi bacia. Sicuro mi bacia.
«Jaco!» sento esclamare. Sobbalzo terrorizzato e non do a Jaco neanche il tempo di reagire che mi catapulto dall’altra parte della panchina, gli occhi sbarrati come manco un cervo puntato dai fari di un camion. Verso di noi si stanno avvicinando due figuri, quello alto tiene due cassette da sei di birra, che molla immediatamente in mano alla tipa appena Jaco si alza in piedi. Fa una mini-corsetta, appena si ritrova davanti a Jaco fa una risata contenta e lo abbraccia, venendo subito ricambiato. Cazzo, questo tizio è un fottuto vatusso, è ancora più alto di Jacopo, non credevo fosse possibile. Jaco è più massiccio e questo è più longilineo e la cosa lo fa sembrare ancora più alto. E giuro, se dovessi immaginare un uomo tedesco, immaginerei proprio lui. Capelli biondissimi sotto un berretto con la visiera a becco, occhi grigi dietro a un paio di occhiali di quelli un po’ tondi, con la montatura sottilissima, una maglietta nera di un gruppo che non conosco infilata in un paio di bermuda color sabbia. Mancano solo i sandali coi calzini di spugna. Ah, no, i calzini di spugna ce li ha, i sandali fortunatamente sono stati sostituiti da un paio di scarpe da ginnastica. 
Anche quella che presumo essere Caroline ci raggiunge, appoggia le birre sulla panchina e si gira verso di me, con un sorriso di cortesia. Ok, lei è meno stereotipo tedesco, jeans e una maglietta con il ponte di Brooklyn stampato sopra. Gli occhi verdi e un caschetto castano la fanno sembrare una persona non uscita da una pubblicità razzista anni Ottanta. Fondamentale, la cosa più importante di tutte proprio, ha una statura umana, posso guardarla in faccia senza slogarmi il collo.
«Buonasera. Piacere di conoscerti. Io sono Caroline» asserisce, cordiale, tendendomi la mano. Io mi alzo in piedi e gliela stringo titubante.
«Gianluca…» mi limito a mugolare, ancora in questo stato di shock e imbarazzo mischiati insieme.
«Bel nome. Abbiamo interrotto qualcosa?» chiede curiosa, io scuoto la testa come mai ho fatto prima, pronto a morire seduta stante. «È la prima volta che vieni qui a Colonia
«Sì…»
«Spero ti piaccia, molto diversa dall’Italia, no?» continua, incredibilmente gentile.
«Sì, sì, ma… per ora mi piace…» mormoro. Sorride, fa per dire qualcos’altro, ma un lamento strozzato ci distrae ed entrambi ci voltiamo verso gli altri. Stanno facendo… una specie di lotta? Non ne ho idea, l’unica cosa che vedo è Theo che stringe un braccio attorno al collo di Jaco, rimasto tutto piegato in avanti, un suo gomito puntato tra le costole del più alto. Si stanno dicendo roba a me incomprensibile, ridono come dei matti e girano in tondo per provare a liberarsi uno dall’altro. 
«Oh, ma la volete piantare!? Ma quanti anni avete!? Theo, mollalo!» esclama Caroline, autoritaria, le mani sui fianchi.
«Eddai, Jaco è tornato dopo secoli, lasciamelo salutare bene!» ribatte Theo, prendendo la testa di Jaco tra le mani e strofinandogli una guancia con la propria. Jaco gli dice qualcosa in tedesco, battendogli una mano sul petto e facendo un sorriso gigante, poi Theo gli appoggia i palmi sulle guance e gli scuote un po’ la testa. «Tra l’altro, finalmente ti sei lasciato con quell’altra merda che non ne potevo più di dover seguire le vostre cazzate! Ci siamo lasciati, siamo tornati insieme, giuro, che palle!» gli dice, credo riferendosi a Martino, poi lo abbraccia di nuovo.
«Preparati, saranno tutto il tempo così…» mi brontola Caroline. «È difficile stare così tanto tempo lontano dal proprio fidanzato!» continua, ad alta voce, in modo che sentano anche Jaco e Theo, ancora appiccicati.
Jaco ridacchia e gli dà un bacio sulla guancia, Theo fa una faccia sorniona, poi i nostri sguardi si incrociano e in letteralmente due passi me lo ritrovo davanti, la luce del lampione oscurata. «Ciao! Gianluca, giusto? Jaco ci ha parlato tanto di te! Io sono Theo!» esclama, afferrandomi la mano e scuotendomi il braccio come a volermelo staccare. «Oh, cazzo, non è che abbiamo mica interrotto qualcosa?» chiede, guardando prima me e, poi, Jaco. Di nuovo, scuoto la testa senza riuscire a dire una sola parola. Potevano arrivare un momento prima o uno dopo, hanno scelto quello più sbagliato di tutti. 
«Lascialo in pace, poverino, che lo metti a disagio!» lo sgrida Jaco, io porto lo sguardo su di lui, che mi accenna un sorriso disponibile. Di fianco a lui, Caroline annuisce con le braccia al petto, come se non mi avesse fatto la stessa identica domanda anche lei.
«Oh, ma che disagio! Sei a disagio?» mi chiede, io faccio un minuscolo cenno di diniego. Siamo ben oltre la fase del disagio. «Ecco, vedi? Questo è uno a posto, mica come quegli altri disadattati che ci hai sempre fatto conoscere!»
«Sono sempre stato sfortunato in amore» asserisce Jaco.
«Bah, più che sfortunato, solo molto poco intelligente…» commenta Caroline. Theo scuote la testa e mi lancia un’occhiatina rassegnata, poi, per grazia di Dio, perde interesse nella mia persona e va a prendersi una delle dodici birre che hanno portato. «Quindi, un brindisi non lo facciamo?» propone lei.
«A che vuoi brindare?» chiede Jaco, poi si gira verso di me, che sono rimasto leggermente in disparte, ancora piuttosto imbarazzato da prima. «Beh, che fai lì? Dai, Gian, vieni qua…» mi dice, prendendomi per un polso e tirandomi delicato verso di loro. «Brindiamo a quello a cui vuole brindare Caroline»
«Non darmi tutte le responsabilità, scusa»
«Tu hai proposto, tu brindi, avanti» la liquida, passandomi una bottiglia. 
«Oh, vabbè, senti… allora… bentornato a Jaco e benvenuto a Gianluca!» dichiara, alzando la bottiglia, poi esclamano tutti e tre una parola che immagino essere un “cin-cin”. 
«No, no, ciccio, devi brindare pure tu…» mi avverte Theo. «Si dice “prost”, avanti, così ti facciamo vedere come si vive qui»
«Impossibile, nella patria della puntualità Gian che è sempre in ritardo durerebbe ben poco…» osserva Jaco, ridacchiando.
«Questa è una grave falsità diffamatoria!» sbotto, oltraggiato. Lui scoppia a ridere e prova a bere, ma Theo gli tira subito giù il braccio.
«E aspetta un attimo, brutto alcolista!»
«Poi, comunque, sempre un signore tu, eh! Ce l’hai appena presentato adesso e subito gli dici qualcosa di cattivo!» esclama Caroline, mentre Theo si gira verso di me. 
«Prost. È una parola latina, vuol dire tipo “che giovi”, ma viene usato come “alla salute”. Questo zotico non ti ha insegnato proprio niente, vero?» mi spiega. Mi scappa un sorrisetto e scuoto la testa per negare, Caroline sospira, poi rifacciamo il brindisi, finalmente riuscendo a portarlo a termine. 
Lei si siede sulla panchina, subito seguita dal suo ragazzo, Jaco prende ancora un sorso di birra prima di lasciarsi cadere di fianco a Theo che lo guarda storto e gli tira una botta sulla spalla. 
«Miseria, Jaco, tu e sti modi da pachiderma!»
«Ti ero mancato tanto, vero?» lo provoca, ricevendo come risposta una risata di scherno e un bacetto volante. Io resto in piedi, non c’è più posto, ma Jaco prende le casse e le poggia a terra, alzando lo sguardo verso di me. «Dai, mettiti qui che ci stiamo, intanto mo’ Theo si leva dal cazzo che occupa metà panca…» mi dice, spostandosi sul bordo e facendomi cenno di venire. 
«Che clown che sei, guardati te, il più ciccione di tutti…» ribatte l’altro, mentre io mi metto in mezzo a loro, Jaco mi prende per i fianchi e mi tira giù, lasciando la mano sinistra appoggiata sulla mia vita. «Sì, non fate i piccioncini tutta la sera, però…». Mi attacco alla bottiglia, le guance con la stessa temperatura del Sole. Aiuto, che vergogna.
«Dai, non essere geloso, lo sai che Jaco ama solo te…» lo provoca Caroline, ricevendo un pizzicotto sul braccio.
«Vedi comunque che metti a disagio la gente? Se tratti così tutti quelli che porto, certo che sembrano disadattati» osserva Jaco, scocciato.
«Oh, stai zitto, Jaco, i tuoi ex sono tutti psicopatici, tu proprio hai un sesto senso per i coglioni» commenta Caroline. «L’eterno indeciso lo conosci già, ma ti ha raccontato del tossico?» mi chiede.
«Come hai fatto a star dietro a quel tarato di Martino per due anni, Jaco, davvero, non lo capirò mai» commenta Theo, scuotendo la testa.
«E osi pure dire che non sono disadattati, cioè…»
«Sì, tra l’altro per riuscire a essere geloso di me devi essere particolarmente disadattato…» brontola Theo. 
«Ma davvero?» mi sorprendo a chiedere. Jaco annuisce, mentre Caroline fa un’espressione scocciata.
«L’anno scorso, in ferie in Austria, in una bucolica baita, io e lui ce ne stavamo a coccolarci sul divano, mentre Jaco si stava facendo la doccia.» inizia a raccontare lei. «Martino passeggia per la casa, a una certa viene da noi e dice a lui “so che vi conoscete da tanto, però ora Jaco sta con me, non è che ti fai da parte?”. Cioè, ma puoi? Io ero di fianco a lui, ripeto, ci stavamo coccolando. Noi stiamo insieme da quasi otto anni. Queste due bestie hanno praticamente succhiato la stessa tetta. Mai una sola volta avrei pensato di andare da Jaco a dirgli “tu, uomo gay, non parlare col mio fidanzato etero che conosci da quando sei nato perché non mi piace”…». Ah, ecco la gelosia ingiustificata di Martino nei confronti del “mio migliore amico, etero per giunta”.
«E menomale, se no saresti volata via in trenta secondi come Sonja. Ha avuto giusto il tempo di dire “ma tu con Jacopo…” e via, libera come un’aquila.» commenta Theo. 
«E che hai fatto con Martino?» gli domando.
«Oh, l’ho ignorato e sono direttamente andato da lui.» asserisce, atono, facendo un cenno verso Jaco.
«A gridarmi contro.» aggiunge Jaco.
«Tieni buoni i tuoi partner sessuali e vedi che non ti grido contro.» gli dice Theo, scuotendo la testa.
«Comunque ottima idea andare a parlargli mentre è nudo quando quello pensava che scopaste.» lo sgrida Caroline, dandogli una pacca sulla coscia.
«Lasciami in pace, ero incazzato. Puoi pensare che sia gay, bi, quello che ti pare, non mi urta. Ma mettiamo bene in chiaro l’ordine delle cose» osserva, facendo spallucce.
«Ovvero prima tu e Jaco, poi tutti gli altri» aggiunge lei.
«Esatto.». Jaco sghignazza contro la bottiglia, poi allunga una mano per toccargli il cavallo dei pantaloni, Theo con la velocità di un fulmine gli gira il polso e gli ringhia: «Giuro che te la taglio, sta mano del cazzo». Sì, Theo è decisamente il suo Lorenzo molto più tedesco. 
«Vediamo il lato positivo, ci siamo liberati anche di quest’altro problematico» sibila Caroline, guardandoli male entrambi.
«Sì, basta, con lui è chiusa» afferma secco Jaco, scuotendo la testa. 
«E invece il tossico?» domando, ormai sono curioso.
«Ah, giusto!» esclama Theo, quasi strozzandosi con la birra.
«È imbarazzante» mi avverte Jaco. Come se la storia su Martino non lo fosse.
«Tu zitto. Un po’ di contesto: avevamo tipo ventitré anni, c’era in ballo un’altra vacanza, io e lei saremmo andati sulla riviera ligure, così la portavo per la prima volta in Italia e ci accollavamo pure sto relitto, no?» inizia lui, facendo un cenno con la testa verso Jaco. «Arriviamo, tutto bello, tutti contenti, questo fa “no, beh, magari una notte rimane pure il mio nuovo tipo”…»
«E fin qui tutto ok, penseresti» lo interrompe Caroline, Jaco già che ridacchia.
«Eh, esatto. Due giorni dopo, si presenta sto tizio con un felpone nero ad agosto, noi ci stavamo sciogliendo su quella spiaggia, ma vabbè, dai, è solo particolare. La sera, noi due vogliamo uscire, loro ci tirano pacco e tu pensi “boh, ci sta, vogliono scopare senza di noi tra i piedi”. Tutto fantastico. Torniamo a casa alle tre del mattino, Jaco dorme beato in mutande sul divano, seduto al tavolo della cucina c’è questo… matto, completamente nudo davanti a una raglia di cocaina che sembrava… non lo so, una striscia pedonale. Ci saluta contento, si tira sta pista in una sola botta, si alza, sveglia Jaco e lo trascina in camera. E di sicuro non hai mai sentito uno urlare così forte mentre faceva sesso nella tua vita. Manco nei porno quelli hardcore. Io ho pensato che quello non fosse un rapporto sessuale, che fosse un omicidio cruento.» racconta, con gli occhi sbarrati, Jaco piegato in due dalle risate, io lo guardo a metà tra il divertito e il giudicante.
«Ti facevi di coca?» gli chiedo.
«No, no! Giuro, mai fatto di niente! Era lui l’unico cocainomane della coppia…!» risponde, con la mano sul cuore. «E comunque faceva quei versi solo quando pippava, diventava un animale, mi cavalcava così forte quasi da staccarmelo.»
«Ecco, non importa di quale periodo della sua vita gli chiedi, relazione lunga o corta, seria o occasionale, non è rilevante, Jacopo ti racconterà sempre di un personaggio matto da legare che fa cose che sembrano quasi inventate… e se uno non lo conoscesse, penserebbe che sono davvero inventate, ma è solo Jaco che li attira tutti così» brontola Caroline.
«Non mi annoio mai» commenta il diretto interessato.
«Eh, porco cazzo, inizia a farlo, magari»
«No, sì, mi sono rotto di stare sempre a tribolare, adesso ne sto cercando uno serio e normale, da starci insieme da tranquillo». Distolgo lo sguardo e deglutisco. Che situazione. Non ho manco capito se si riferisca specificatamente a me, a qualcun altro in particolare, o lo stia dicendo in generale. Vabbè, in realtà non capisco mai un cazzo di niente in questa vita.
«Ti è andata pure di culo che l’hai trovato, Gian –ti posso chiamare Gian, no?­­– sembra sveglio. Vedi di non rovinare tutto, Jaco» gli dice Theo. «E tu abbi un po’ di pazienza con lui, è bravo, solo un po’ stupido» suggerisce a me. Annuisco, seriamente sull’orlo di un collasso. Io non ce la posso fare.
«Cioè, fammi capire, ma ce la fai a farti i cazzi tuoi per dieci minuti!?» sibila Jaco, a denti stretti.
«Hai perso i diritti sui cazzi tuoi da quando ho visto mezzo metro di bamba sul tavolo della casa vacanza prenotata a mio nome!» sbraita l’altro. Jaco gli ringhia qualcosa in tedesco, lui controbatte con un’aria scocciata.
«Basta, vado a pisciare!» esclama Jaco, si alza, tracanna quel che rimane della birra e si avvia verso un punto non definito. Theo rimane a guardare in sua direzione fino a che è abbastanza lontano, quindi si gira verso di me con uno sguardo serio. 
«Voi due non state ancora insieme» asserisce. Io rimango di stucco, spero di non fare un’espressione esageratamente spaventata, ma non credo di avere troppo controllo sulle mie emozioni ora come ora.
«Theo, sii gentile…» gli dice Caroline. «Su questo ha ragione Jaco, sei minaccioso»
«Jaco non ha mai ragione su niente.» ribatte. «Senti» continua, di nuovo rivolto a me. «L’ho visto mangiarsi le caccole all’asilo, alle elementari mi rubava sempre i miei biscotti preferiti, al Gymnasium mi nascondeva in continuazione le mutande pulite nello spogliatoio della palestra. Fidati di me, può essere pieno di difetti e avere tanti comportamenti insopportabili, ma quando l’ho visto andarsene via mi sono sentito come se avessi appena perso mio fratello, perché si era sempre comportato come tale. È davvero una brava persona che farebbe qualsiasi cosa per i suoi cari, i suoi genitori, i suoi amici, i suoi… millemila fidanzati problematici. 
Non ti conosco, ma perlomeno mi stai facendo una buona impressione, già cosa miracolosa visti i precedenti personaggi, ormai credo che tu ti sia accorto che generalmente Jaco ha davvero un pessimo gusto in fattore uomini, non se ne sa trovare mezzo buono. Forse ha finalmente capito che ha molto più senso almeno cercare uno calmo piuttosto che un pazzo scatenato. Tra le mille cose che gli sono capitate nella vita, ha sofferto come un cane per troppo tempo. Adesso si merita soltanto qualcuno che lo ami, merita di sentirsi amato una volta tanto, merita perlomeno di sapere che c’è speranza anche per lui. Non so cosa provi per lui, ma se vuoi solo una mezza scopata, che ne so io, lascialo perdere, lasciagli la soddisfazione di trovarsi qualcuno di serio.» mi spiega, guardandomi dritto negli occhi. Annuisco, spiazzato, di fianco a lui mi sento minuscolo e so che non ci può fare niente, ma sembra ancora più minaccioso. Che poi non la voglio nemmeno una mezza scopata, ma miseria, che paura.
«Theo, ma che cavolo, ti avevo detto di essere gentile…» uggiola Caroline.
«No, no, non c’è problema» le mormoro. «Io…» inizio, poi, provando a rispondere a Theo. Ho tipo mezzo secondo per inventarmi qualcosa.
«Non preoccuparti, a me non devi dire niente, non voglio sapere i fatti tuoi, veditela tu con quell’altro…» mi interrompe lui. «Non voglio spaventarti, ma non posso nemmeno seguire quello strampalato e tutta la gente a cui va dietro. Te lo dico ora, così lo sai e non devo poi incazzarmi.». Sospiro e abbasso lo sguardo. Ma cazzo, sono pure volato via quando mi stava per baciare, chissà adesso che pensa. E questo mio imbarazzo finora non ha di certo aiutato. Ci sta provando da un sacco, non ho fatto niente per fargli capire che ci sto, prova a baciarmi, io scappo e mi comporto strano per tutta la sera. 
Poco dopo, Jaco fa ritorno con una sigaretta in bocca e, credo, la vescica vuota, si rimette sulla panchina e, grande classico, porta il braccio attorno alle mie spalle. Faccio un’espressione terrorizzata e quasi mi lancio in braccio a Theo. Adesso ho bisogno un secondo per elaborare senza avere il fiato di Jaco sul collo. Lui mi lancia un’occhiatina confusa e, allo stesso tempo, un po’ delusa, prima di tornare a parlare con gli altri, io abbasso lo sguardo verso la bottiglia e sento una morsa nel petto. Fantastico, ho rovinato tutto. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: ElenoraBumBum