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Autore: _p_ttl_    17/07/2023    2 recensioni
[“Ma quindi stiamo insieme?”, le chiesi un giorno. “Certo, che domande!”, rispose lei. Mi sembrava di vivere un sogno.]
[Lei era la cosa più preziosa che avessi, la più bella che mi fosse mai capitata. Se anche ci fosse stato in me qualcosa di marcio, come poteva esserci in lei? Il fatto che lei mi amasse, che lei fosse come me, mi faceva capire che in me non c’era nulla di sbagliato perché nulla di sbagliato poteva esserci in lei.]
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Gwen, Morgana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Ciao a tutti! Che dire? Ho una minilong di cui ho pubblicato il primo capitolo quasi tre mesi fa e che ancora attende il capitolo finale e ho una long in corso. E che faccio? Scrivo una one shot ahahah Un po' di tempo fa sentii qusta canzone, Haunted di Madeline the person, in un video di stretching per gambe e glutei (lol), e mi piacque molto. Inoltre mi colpì molto il testo. Non sono una fan del FemSlash e nemmeno della coppia Gwen/Morgana, ma non potevo non scriverci nulla. Mi si è peraltro presentata l'occasione perfetta per cimentarmi in una songfic, cosa mai fatta prima. Per cui due esperimenti in uno! Speriamo bene ahahah
La descrizione caratteriale di Morgana fa fede alle prime stagioni, la paura del padre a quando capisce di avere poteri magici, ma ovviamente questa è una Modern!AU e non c'è assolutamente nessun accenno di magia. Buona lettura e spero possa essere di vostro gradimento.

 
Haunted
 
You were the first girl that I wanted
I was only girl you haunted
 
La prima volta che la vidi restai sconcertata dalla sua bellezza. Eravamo due ragazzine, avevamo quindici anni. Era il secondo anno delle scuole superiori ma non l’avevo mai vista in giro l’anno precedente. Ricordo ancora l’esatto momento in cui posai gli occhi su di lei. Ero con tutti i miei compagni di classe, tornavamo dalla palestra. Imboccammo il corridoio per tornare in aula e lei era lì, poggiata al muro di fronte all’entrata dei bagni delle ragazze. Era con una sua amica e chiacchieravano con tranquillità. Il pallore del suo viso efebico mi incantò, sembrava una creatura eterea, sovrannaturale, la pelle di un candore mai visto contrastava con il nero dei suoi capelli. Gli occhi grandi, chiari, si posarono su di me per un’istante e io smisi di respirare. Non avevo mai visto nulla di più bello al mondo. Non sapevo ancora che mi piacessero le ragazze. Certo, lo avevo sospettato, avevo iniziato a farmi qualche domanda vista l’assoluta assenza di interesse verso qualsiasi persona di sesso maschile e visto il mio soffermarmi a guardare le ragazze, a notare la loro bellezza, più di quanto facessero tutte le mie amiche. Però, prima di quella volta, mai avevo sentito dentro di me qualcosa di simile. Fu lei a farmi desiderare per la prima di stringere un corpo tra le braccia. Feci di tutto per conoscerla. Scoprii che si era trasferita nella nostra scuola quell’anno, che era nella classe accanto alla mia e che si chiamava Morgana Pendragon. Era la figlia di un noto imprenditore, molto ricco, aveva un fratellastro e nessuna madre, proprio come me. Un giorno con una scusa iniziai a parlarle. Era gentile, sorrideva affabilmente, ma aveva anche un’ironia pungente ed era spiccatamente sarcastica per la sua età. Di cuore era dolce e nobile, sempre dalla parte dei deboli, con un forte senso della giustizia. Ed era bella. Era la creatura più bella che avessi mai incontrato. Avevo capito dopo poco tempo di essere innamorata di lei, ma ero così spaventata all’idea di perderla. Diventai la sua migliore amica, la sua ombra, la sua confidente. Passavamo intere notti al telefono quando litigava con suo padre, e capitava spesso, considerando il suo carattere battagliero e forte. Dormivo da lei, lei scappava dalla finestra e veniva a stare da me quando era in punizione.
Passò un anno. Nessuna ragazza che conoscevo riusciva a distrarmi dal pensiero di lei. Lei, la prima che avevo voluto, l’unica che volevo. Ma lei era attenta e sapeva ascoltare, sapeva osservare. “Guarda che me ne sono accorta”, disse un giorno. Eravamo in camera sua, sedute sul suo letto. Lei mi guardava dritto negli occhi e il mio cuore batteva all’impazzata. “Ti conosco Gwen, lo so cosa senti”.
Ed io restai in silenzio, la guardavo, cosa potevo fare? Il terrore di perderla mi pervase completamente, come un’onda violenta. Ma nel suo sguardo non c’era traccia di abbandono, era fermo, mi scrutava, ma era anche così dolce. Pensai provasse pena per me. Ma poi mi accarezzò una guancia e posò le labbra sulle mie. Era il mio primo bacio.

 
And everyday felt like a movie
Like one that's sweet and slightly gloomy
 
“Ma quindi stiamo insieme?”, le chiesi un giorno. “Certo, che domande!”, rispose lei. Mi sembrava di vivere un sogno. Anzi, mi sembrava di essere in un film. Uno di quei film dove si trova l’anima gemella e non la si lascia più andare. Mi sembrava di vivere il più grande amore possibile e che nessun altro amore fosse forte e vero come il nostro. Le mie amiche mi dicevano di essere innamorate, ma io sapevo che nessuna era innamorata quanto lo ero io. Mi raccontavano delle storie coi loro ragazzi, ma mi suonava tutto vuoto, finto, debole. Niente a che fare con la forza prorompente e primordiale del nostro amore. “A te non piace nessuno?”, mi chiedevano. Rispondevo di no. La amavo, ma mi sentivo sbagliata, sporca. Non lo avevo detto a nessuno e neanche lei lo aveva fatto. Era il nostro grande segreto, che rendeva la nostra storia ancora più importante. Mi sentivo in un film, a vivere il mio grande amore, ma tutto era anche un po’ triste e cupo. C’era forse qualcosa di immorale, di perverso, di malato? Ma come può un amore così forte essere sbagliato?
 
I couldn't hold your hand in public
I guess that's how I got so lovesick
You'd say "just meet me in the locker room"
I'd think about you 'til the bell rang noon
 
Ci ho messo mesi per accettare quello che sentivo, quello che ero. Ma alla fine l’ho fatto. Grazie a lei l’ho fatto. Lei era la cosa più preziosa che avessi, la più bella che mi fosse mai capitata. Se anche ci fosse stato in me qualcosa di marcio, come poteva esserci in lei? Il fatto che lei mi amasse, che lei fosse come me, mi faceva capire che in me non c’era nulla di sbagliato perché nulla di sbagliato poteva esserci in lei. E glielo dissi. Le dissi che volevo amarla alla luce del sole, tenerla per mano per la strada, stringerla a me tra la gente. Ma lei si spaventò. “Non possiamo”, ripeteva, “noi non siamo come gli altri”. Ma io non volevo essere come gli altri, io volevo solo essere felice. Quando eravamo con gli amici evitava di starmi troppo vicino, evitava di toccarmi troppo o di dirmi frasi troppo dolci. E io mi sentivo messa in disparte, mi sentivo non degna del suo amore, non meritevole del suo affetto. Non ero abbastanza, non da spingerla a sfidare il mondo esterno. “Mio padre lo verrebbe a sapere, lui non deve saperlo”, mi ripeteva. Era terrorizzata da suo padre, diceva che l’avrebbe cacciata di casa, che non avrebbe mai capito. E quando ero troppo arrabbiata e non volevo parlarle lei, all’entrata della scuola, mi sussurrava all’orecchio di raggiungerla nello spogliatoio della palestra ed io non riuscivo a pensare ad altro che a lei. Fino al suono della campanella ero incapace di concentrarmi sulle parole dei professori e appena sentivo quel trillo correvo in quello spogliatoio e lei era lì ad aspettarmi.
 
But why'd you go back in the closet?
You said you loved me and you meant it
The way you kissed me said "I need you"
But maybe that's just what they all do
 
Non ce la facevo più. Dopo un anno assieme non ce la facevo più a nascondermi, a vergognarmi come una ladra. Non facevamo nulla di male, semplicemente eravamo innamorate. Quando glielo dissi, con le lacrime agli occhi, lei mi strinse forte. Disse che per me l’avrebbe fatto, che avrebbe affrontato suo padre e il mondo intero. Ma il momento non arrivava mai. Dopo un po’ tornò a dirmi che aveva paura, che non poteva farlo, ma che mi amava e che l’importante era stare assieme. Pensavo non fosse abbastanza ma quando mi diceva quei ti amo sussurrati, come una litania tra le lacrime, non potevo non crederle. Mi ripeteva di amarmi come se da quelle parole ne andasse della sua vita. La guardavo e sapevo che era sincera. Mi baciava come per prendere aria, come se le mie labbra fossero la fonte della vita stessa. Lei aveva bisogno di me e io di lei, più di ogni altra cosa. E intanto continuavamo a nasconderci, a rubarci baci quando nessuno guardava, a sorridere vaghe quando ci chiedevano del fidanzato, a desiderare di camminare fianco a fianco alla luce del sole. Ma c’era suo padre che non avrebbe capito. Tante volte mi sono chiesta se fosse solo estremamente brava a mentire.
 
You didn't have to go back in the closet
Your mom's uptight, but she'll accept it
And you can't play the perfect dream girl
If you're living in a split world
 
“Non dovevi tirarti indietro!”, le urlavo contro. Era una delle nostre litigate peggiori. Ero furiosa, entrambe piangevamo. Avevamo quasi finito le superiori e non avevo mai potuto stringerle la mano nei corridoi. “Non puoi continuare a farmi questo”, le ripetevo sbattendo cose a caso in giro per la mia stanza. Ricordo il suo viso in lacrime come fosse ieri. “Mio padre, mio padre”, continuava a sussurrare come senza forze e io le dicevo che alla fine avrebbe capito. Magari avrebbero litigato, non le avrebbe parlato per un po’, ma alla fine avrebbe capito, l’avrebbe accettata, l’avrebbe voluta vedere felice. “Tu non lo conosci”, ed era vero. L’avevo incontrato, per lui ero la migliore amica di sua figlia, come lei lo era per mio padre. Ma non potevo dire di conoscerlo. Eppure mi sembrava che amasse sua figlia così profondamente, che vedesse coi suoi occhi, che avrebbe fatto di tutto per lei. “Non puoi fingere di essere quello che non sei, Morgana. Stai vivendo a metà, fai del male a me e soprattutto a te stessa!”
“Tu non lo conosci.”

 
You left me candy in my locker
Cryptic notes, but a quiet talker
You sent gifts and I wrote love songs
We got older, it didn't take long
 
La prima volta che ebbe paura di perdermi davvero mi riempì l’armadietto di caramelle e biglietti con frasi d’amore. Come potevo dubitare dei suoi sentimenti? Eppure stavo male, stavo così male. Il senso di colpa mi divorava dall’interno. Lei vedeva i miei occhi spenti. Il mio amore per lei non ha mai vacillato, ma quella non era vita. Non potevo condividere nulla con lei che non fosse di nascosto. Aveva paura di perdermi e mi mandava regali. Mazzi di fiori che non sapevo come giustificare, non potevo dire che erano da parte sua. E ogni volta che inventavo una scusa il mio cuore ferito si allontanava un po’ di più. Ma io l’amavo e di notte scrivevo tutto il mio amore su pagine che la mattina strappavo e buttavo.
Le scuole superiori finirono in fretta, lei studiava all’università, io iniziai a lavorare. In men che non si dica diventammo adulte e la vita scorreva senza mai poterla davvero condividere. Non potevo vivere così per sempre.


 
But why'd you go back in the closet?
All the heavy things live in it
That's the closet where we whispered
Into a cracked phone, our hearts flickered
 
Non ho mai smesso di amarla. Forse ancora oggi la amo con tutta me stessa. Ma alla fine ho dovuto scegliere, e ho scelto me. Mi stavo ammalando. Perché non ha mai voluto affrontare il mondo? Me lo chiedo ancora oggi, dopo anni. Non l’ho mai dimenticata, il mio primo e unico amore. Ma forse io non ero abbastanza. Ma non potevo tenerla nascosta come fosse uno scheletro nell’armadio, e io non potevo essere il suo. L’amore che provavo era puro, luminoso, immenso, nulla di più bello avevo mai provato in vita mia. E non potevo tenerlo nascosto. Non era giusto. Mi stavo logorando, avevo smesso di essere felice. Ho chiuso l’armadio con il suo scheletro nascosto. Ho abbandonato i sussurri, i baci rubati, i silenzi. Glielo dissi al telefono. Non sarei mai riuscita a lasciarla, altrimenti. La sua voce rotta dal pianto l’ho sognata per mesi e di notte piangevo col suo ricordo. Il mio cuore era distrutto ma non mi sono mai permessa di rivederla, nemmeno una volta. Non potevo sopportarlo.
 
In that closet, my mom told me
That my best friend could never hold me
Ever again and that's the last time
That something hidden could also be mine
 
Mio padre mi vedeva distrutta, sempre con gli occhi gonfi e rossi, la voce rotta dal pianto, la testa sempre altrove. Un giorno si sedette accanto a me e mi disse che non si sarebbe alzato se non gli avessi detto cosa stava succedendo. Gli raccontai tutto. “Sono questa io, e non voglio mai più nascondermi. Non accetterò mai più nulla di segreto”, gli dissi. Lui mi abbracciò forte. “Sei perfetta così, lei non ti stringerà mai più, ma tu hai protetto la persona meravigliosa che sei”. Mi sembrò che almeno qualcosa fosse tornato al suo posto.

***

Quando lei se ne andò passai mesi a piangere chiusa in camera. La colpa era solo mia, avevo fatto una scelta e non avevo scelto lei. Ero stata una codarda e l’avevo persa e non c’era modo di tornare indietro. Una parte di me morì in quell’istante. Non ho mai smesso di amarla e quello che feci l’ho fatto anche per lei.
“Ma la tua amica non viene più? Non era la tua migliore amica? Avete litigato?”, mi chiese un giorno mio padre. Eravamo a tavola. Avevo rinnegato me stessa per così tanto tempo, ma non potevo rinnegare lei. Lo dovevo a tutto il male che le avevo fatto e all’amore immenso che sentivo. Non so dove trovai la forza di farlo.
“Non era la mia migliore amica. Era la mia ragazza. Stavamo insieme, papà.”
Lui mi guardò senza dire nulla. Dopo un po’ si alzò. Gli dissi di sedersi, che sarei andata via io se non sopportava di sedere al mio stesso tavolo. Ma prima di andarmene gli dissi dell’altro.
“Mi dispiace papà, ma io sono questa. Lei mi amava per ciò che sono e l’ho persa perché avevo paura che qualcun altro non mi avrebbe amato. Per paura di perdere chi non accetta ciò che sono davvero ho perso chi mi ha amato più di ogni altra cosa. Io la amo, papà. Ho perso lei, non posso perdere anche me stessa. Non voglio nascondermi mai più e non voglio mai più nascondere qualcosa di mio.”
Inutile dire quanto sia stato tremendo ciò che è seguito. Ma almeno non ho più paura. Ti amo, Gwen. Mi hai reso libera. Grazie.

 
  
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