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Autore: iaia_96    19/07/2023    0 recensioni
Fa parte della raccolta "Il bacio di Klimt"
Lettera di Sana ad Akito.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Sono scesa da quel treno con la mia valigia pieni di vestiti e sentimenti, gli stessi che avevo cercato di reprimere chiudendoli in qualche cassetto della memoria ma il tuo ricordo era più forte del mio orgoglio e di quell'addio che in realtà non ti ho mai detto. Ho percorso di nuovo quelle strade che eravamo soliti a fare assieme, il cuore tuonava nel petto come non faceva da tempo, tanto da chiedermi se fossi ancora viva o semplicemente la mia anima vagava ancora per completa quelle faccende in sospeso prima di andarmene definitivamente. Pensavo non avrei mai più rivisto Tokyo se non in una cartolina mandatemi da mamma dopo quel pomeriggio di un anno fa, perché tu non lo sai ma nella nostra amata città ero tornata, avevo attraversato il parco assaporando le mie lacrime amare nel sedermi di nuovo nel nostro gazebo e con le gambe tremanti mi ero diretta verso quello che una volta era il nostro appartamento, il nostro angolo felice, come la scritta che avevamo messo sul muro vicino all'entrata così da ricordarci che anche se là fuori il mondo crollava, quel posto non lo avrebbe fatto se fossimo stati assieme. Il tempo era bello, me lo ricordo fin troppo bene per pur essendo inverno in sole scaldava la mia schiena, poi è uscita lei tenendoti per mano e ho sentito una morsa stringermi la bocca dello stomaco facendomi mancare il respiro, lei così felice e così bella, bella come ogni donna innamorata riesce ad essere, i capelli corti e scuri che continuava a spostarsi dal viso a causa del vento mentre rideva. Tu impassibile non degnandola nemmeno di uno sguardo, non ho visto i tuoi occhi ma per certe cose non serve vedere, soprattutto tra me e te, per capire che ti avevo ucciso dentro nel peggior modo. Avrei dovuto urlare il tuo nome, uscire da quel nascondiglio dietro l'albero e saltarti addosso come le prime volte che uscivamo come coppia e passavi a prendermi con la tua macchina e come se non ci vedessimo da mesi, non riuscivamo a contenere il nostro possedersi. Lo so quanto tu mi abbia amato nel tuo silenzio, troppo chiuso per dirlo a voce alta, lo hai fatto quando scappavo da te accusandoti di aver rovinato la nostra amicizia e lo hai continuato a fare anche quando, ciò che meritavo, era uno schiaffo a mano aperta e sono consapevole che, a malincuore, quella che ha rovinato ogni nostro progetto scritto a matita su fogli bianchi sono stata io, sono stata la gomma che ha cancellato il nostro futuro ma non il nostro passato e nemmeno l'amore che provavo e provo ancora per te. Quella stessa sera Naozumi si era presentato a casa di mia madre, aveva fatto un lungo viaggio da solo in macchina da Osaka solo per chiedermi di sposarlo, non ti nascondo il fatto che ho visto te su quella soglia e senza darmi il tempo di pensarci gli ho detto un tremante sì. Lui lo sapeva, lo ha sempre saputo che ci saresti stato nella nostra quotidianità ed io non ho mai davvero lottato per dimostrare il contrario, gli ho voluto bene e tanto ma nel mio cuore c'era posto solo per una persona. Per quanto potesse trattarmi come una regina, ogni notte, ritirandomi ne letto, pensavo a quanto mi mancasse litigare con te e ho pensato di chiamarti più di una volta solo per poterlo fare, anche un'ultima volta. Ma ormai eri andato avanti. Ed anche io. Volevo la tua felicità, quella che hai sempre desiderato nella tua vita come mi avevi raccontato il giorno del tuo compleanno davanti alla foto di tua madre incisa nella pietra, eravamo adolescenti, te lo ricordi ancora? Quella felicità che io non avrei mai saputo darti senza prima farti del male per colpa del mio essere insicura e paranoica, ma forse a distanza di tempo è giusto dirti la verità: avevo paura di perderti, paura che qualche altra donna potesse portarti via da me, non godendo di ciò che avevo tra le mani in quel momento e non perché non mi fidassi di te ma se il karma avesse voluto farmela pagare per il tempo perso ti avrebbe sicuramente messo in mezzo e un pò così è stato perché non ha esitato di mostrarmi quanto avevo perso e che il mio essere perenne in ritardo aveva dato i suoi frutti. Ma forse il destino è più forte. Quel giorno mentre camminavo su quel marciapiede composto dagli stessi palazzi di sempre e forse abitati dalle stesse persone, io con indosso una giacca di pelle nera una camicetta bianca, un paio do jeans, degli anfibi, un cappello per tenere fermi i capelli ed il mio trolley che trascinavo con pesantezza, al lato opposto notai quell'uomo vestito con un abito blu scuro elegante fissarmi come fossi una visione data dalla stanchezza del troppo lavoro, quegli occhi scuri ed il viso scavato da qualche ruga in più ma che dopotutto mi ricorda ancora te una versione tua invecchiata che, chissà, forse non potrò mai avere accanto a me. Entrambi fermi ma come se avessi urlato qualcosa di importante annuì semplicemente col capo, sapeva sarei venuta da te, sapeva che nonostante tutto io e te lontani non saremmo mai potuti restare e come se mi avesse dato il suo permesso ho continuato sui miei passi, forse un pò meno insicura. E come in un film, entrambi fuori da quel portone verde da poco riverniciato, uno di fronte all'altro, i miei occhi pieni di lacrime e nei tuoi di nuovo quella luce che lentamente si stava riaccendendo, il tuo viso adulto ed il tuo solito ciuffo biondo che mai taglierei, forse perché sai quanto mi piaccia spostartelo bagnato dopo la doccia ed io con la mia solita frangetta perché so quanto ti faccia impazzire quando ti guardo sottecchi dietro a quei ciuffi poco prima di baciarti. L'unico uomo che con una tuta di ginnastica riesce ad essere tremendamente bello ed elegante. Mi ritrovai avvinghiata con le mani che stringevano in un pugno la tua felpa e le tue braccia strette al mio corpo così piccolo accanto al tuo ormai tonico e scolpito, l'odore addosso l'uno dell'altra, i cuori che ci battevano come dopo la maratona di New York e quella nostra storia che lentamente stava avendo il coraggio di tornare in piedi. Nessuno dei due ha parlato, forse per goderci quell'istante che avrei messo in pausa così da riviverlo ancora ed ancora. In quel momento ho scoperto che la normalità non esisteva più, il mondo non girava più, al contrario eravamo noi a girare attorno a lui, di nuovo padroni di noi stessi e di quel sentimento che avrebbe potuto bruciarci e dalle ceneri rinascere perché questo è l'amore, saper rinascere ogni giorno, assieme. Sono passati due giorni da allora, tu non mi hai cercata e per la prima volta non mi sono arrabbiata capendo che lo stavi facendo per me ed anche per te, hai visto almeno un pò sono maturata ma non mento nel confessarti che accanto a te un pò quella ragazzina delle medie torna. Ed io non ti ho cercato perché volevo trovare le parole giuste per spiegarti tutto senza commettere errori e spero le leggerai tra queste righe. Akito. Non sai, o forse sì, la sensazione che si prova, che io provo nel ripetere il tuo nome liberamente ad alta voce senza il timore che qualcuno possa sentirti. E tu? Tu, il mio nome, hai ancora il coraggio di pronunciarlo? Sono andata da Tsuyoshi, mi ha insultato per tutte le volte che avrebbe voluto farlo in questi tre anni ma lontana per sentirlo e come ha detto lui a telefono non avrebbe avuto lo stesso effetto. Ho pianto tanto sentendo finalmente il peso che le mie spalle portavano con se e non pensavo fossero così forti, ha fatto scivolare via il timore che premeva nel petto, con un bacio sulla fronte e le mani a reggermi la testa ad un tratto divenuta pesante. Tramite le sue urla ho sentito il dolore, troppo dolore. Quello tuo che se ti conosco ancora bene, hai nascosto dietro a quel muro fatto di indifferenza ed il suo per non poterti aiutare perché l'unica cura sarei stata io, ancora. So che appena rincaserai ti cadrà ciò che avevi in mano, forse per la lettera che troverai sul tavolino davanti al divano oppure per l'odore mio che era svanito col tempo che ora si sta rimpossessando di questa casa. Mi era mancata, tantissimo. Nel momento in cui ho messo un piede fuori dal portone di questo palazzo quella sera, intenta sulle azioni giuste da fare, ho seguito quell'istinto dettatato dalla rabbia che mi hai sempre detto di non ascoltare facendo tacere il cuore che si aggrappava disperatamente al tuo, entrambi sanguinanti. Solo ora che mi aggiro per le stanze come una ladra mi rendo conto quante volte l'ho sognata e quante volte ho sognato te pronto ad accogliermi non solo tra le braccia ma nella tua vita, lì tutto tornava al proprio posto, quelle pareti crepate, i vasi dei fuori rotti ed quel colore grigio che aveva brutalmente catturato, come per magia, veniva ricostruito portando una nuova luce. Forse è stato questo a farmi andare avanti negli ultimi anni, mi svegliavo col sorriso che mi dava forza per continuare quella farsa guardando l'uomo che mi stava accanto, che di te non aveva assolutamente niente, costringendomi ad amarlo. Non ti avrei più potuto avere nella mia vita ma nei miei sogni più intimi avresti vissuto per sempre. Pensavo sarebbe bastato ma i sensi di colpa rapivano ogni mia espressione sul mio viso, stanco di recitare, e così, cedevo sotto a quegli occhi azzurro cielo tanto innamorati quanto pieni di sofferenza, io ancora troppo vigliacca per ammettere a lui e a me stessa di amarti ancora e che lo avrei fatto per l'eternità. Ho apprezzato il suo coraggio nel lasciarmi andare, di farmi tornare sui miei passi e grazie a lui ho ritrovato la strada di casa, mi ha accompagnata per mano davanti all'inizio di quello strano percorso come un papà fa con la sua bambina il primo giorno di asilo, invitandola ad attraversare quella porta senza voltarsi indietro così da non vedere che nessuno, alle sue spalle, c'era ad aspettarla. Pensavo che ogni passo che facevo con Naozumi potesse essere la via per una nuova vita, un altro sinonimo di felicità ed invece era solo un modo silenzioso per tornare da te. So perfettamente chi è cosa ho lasciato ma so ancora meglio cosa e chi c'è oltre a quella porta, quell'amore raro e mai finito fatto a persona. Tu sei quella persona. Questo è ciò che voglio e che ho sempre voluto. Ho sempre voluto te e credimi ho sempre scelto te, Akito. Da quel primo giorno di scuola media, quando ancora sopra di te, stesi su quel pavimento freddo e decisamente sporco di tutte quelle scarpe che ci passavano accanto, come un trailer di pochi secondi, avevo visto la mia vita assieme a te. Dio se ti amo. Ma al contrario di te io non sono brava coi gesti e so he le parole molte volte non bastano. E per quanta voglia ho di urlarti a pieni polmoni tutto il mio amore quando entrerai da quella porta so che sarebbe da egoisti e non voglio più esserci, non lo meriti e anche se magari c'è ne vorrà di tempo per rimettere le cose a posto e ricominciare da dove avevamo interrotto ritirando quel piede in tempo e forse nemmeno quello basterà, ti prometto che passerò la vita e tutte le altre a dimostrarti che senza di te non esiste Sana. Allora con tutta la forza che ho in corpo richiudo questa porta con la speranza nel cuore e finalmente quel sorriso vero stampato sulle labbra, riportando la chiave delle emergenze al proprietario che me le ha concesse solo ad una condizione. Puoi immaginare anche tu quale sia. Non ti dirò dove sono ma è lì che ti aspetterò, dove tutto è iniziato. Ti aspetterò anche se dovessi metterci altre cento vite. Ne vali la pena, sempre. Tua prima, adesso e per sempre, Sana.
   
 
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