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Autore: Bali2607    23/07/2023    0 recensioni
Come se non fosse trascorso un solo giorno dal loro ultimo incontro, Elio scrutò in quegli occhi castani che (lo sapeva) assumevano sfumature verdi al primo accenno di sole, immaginò di passare una mano attraverso quei capelli arruffati che conservavano ancora qualcosa del biondo dei loro vent’anni, si soffermò sulle labbra leggermente screpolate che articolavano parole ma senza sentirle, limitandosi a osservare il loro cadenzato aprirsi e richiudersi su quella bocca che conosceva così bene. Non aveva bisogno di nessun’altra conferma, nemmeno il tempo avrebbe potuto scalfire tutta quella bellezza, niente avrebbe potuto mascherare il fatto che si trattasse proprio di lui
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Le ante cigolano appena mentre Elio richiude con cautela il vecchio armadio in rovere. Assurdo, l’odore è lo stesso di sempre: quell’aroma di naftalina misto al profumo che portava sempre la mamma quando era bambino. Vien da ridere a guardarsi intorno per la stanza, ora spoglia se non fosse per la moltitudine di buste di plastica accantonate qua e là e ricolme degli abiti da cerimonia, eppure quella è la stessa cameretta in cui da piccoli si perdevano in giochi che occupavano interi pomeriggi. Quand’è di preciso che lo scorrere del tempo ha iniziato ad apparire inesorabile? Quand’è che le pagine hanno iniziato a scivolare via veloci tra mani che ricercavano avide la fine di un capitolo? Elio se lo chiede spesso dal momento dell’incidente e ancora non è riuscito a darsi una risposta.
Indugia per un attimo, lascia che le dita scorrano lievi sul legno mentre mille ricordi lo attraversano, quand’ecco che una voce stridula proveniente dal piano di sotto lo riporta alla realtà. Ora sono proprio urla, chissà perché non è stupito. Marta è sempre stata la regina di casa dei melodrammi, c’era da immaginarsi che con l’incombere delle sue nozze non sarebbe stata da meno. Nozze, eh già. Sospira e lo sguardo gli cade sullo specchio nell’angolo, a lato della porta. L’immagine che questo gli restituisce è quella di un normale uomo di mezza età: i primi accenni di capelli grigi su una chioma un tempo folta e bruna e un sorriso stanco dipinto nelle iridi cerulee. 
Dopotutto, è felice di essere di nuovo a casa, anche se le circostanze che hanno accompagnato il suo ritorno non sono certo le più liete. Sì, nessun matrimonio può definirsi un evento funesto, ma questo in particolare, Elio ne è convinto, funge da pretesto. Il pretesto abilmente orchestrato da Marta per radunarli tutti sotto lo stesso tetto, ricondurre i figliol prodighi al nido e far fronte comune dopo la tragica morte di mamma. Come se servisse questo per far sì che si rivedessero. Come se fosse dovuta morire lei perché si potesse avere una parvenza di famiglia unita. 
Ma basta rimuginare. Elio esce dalla stanza a passi affrettati e, scendendo la vecchia scala, va quasi a sbattere contro Marta. Il volto della sorella è un misto di emozioni che si susseguono l’un l’altra, senza che nessuna voglia darla vinta alla precedente. “Sì ma guarda dove vai, che diamine” – sibila lei, la voce velata dall’irritazione.  
“Non mi aspettavo stessi salendo, non eri troppo impegnata a inveire contro gli addetti al catering che non sanno fare il loro lavoro?”
“Non è certo colpa mia se non sanno nemmeno da che parte girarsi.. sembra che non abbiano mai gestito un matrimonio in vita loro”
“Non ti pare di essere un po’ drastica? Poi così ignari come sostieni non possono essere, anzi ne sanno sicuramente più di me e Alma: almeno loro conoscono l'identità dello sposo”
“Ancora con questa storia? Te lo ripeto, voglio che sia una sorpresa. So che può sembrare anticonvenzionale, ma lo conoscerete direttamente all’altare. Dopotutto ciò che conta è che io lo ami e lui ami me, non ho bisogno della vostra preventiva approvazione”
“Non mi sognerei mai di avanzare giudizi sul tuo futuro marito, Marta, chiunque egli sia” – ribatte Elio leggermente divertito, “Dico solo che questa intera situazione ha dell’assurdo”, ma lanciandole una rapida occhiata capisce che la sorella è pronta a ribattere per le rime e si affretta ad aggiungere: “D'altro canto, se non tu chi altri avrebbe potuto farlo? È troppo nelle tue corde, le scelte azzardate ti sono sempre piaciute”. 
“Non è un azzardo, ne parli come se ci fossimo appena conosciuti. Se c’è una cosa che ho imparato in quest’ultimo anno è che lui mi rende felice come nessuno è mai stato in grado di fare. Non sono disposta a farne a meno e so per certo che questo non è qualcosa che il tempo cambierà, quindi perché indugiare?”
“Perdonami, non mi sono espresso bene. Se è questo che provi fai bene, a che pro aspettare se a volte la decisione giusta è quella di buttarsi?” – pronuncia questa ultima frase con un sorriso amaro dipinto sul volto, gli occhi velati per un attimo da un’ombra di nostalgia, forse più rammarico, non lo sa neanche lui. Comunque questione di pochi secondi e, com’era prevedibile, Marta nemmeno se ne accorge. 
“Vedi che qualche volta riusciamo a capirci persino io e te, fratellone?” lo abbraccia lei d’impulso, ora di colpo docile e mansueta. Elio la stringe tra le sue braccia e per un attimo è come se tornassero bambini, quando lei gli correva incontro piangendo perché si era sbucciata un ginocchio giocando. 
“Beh, allora rimaniamo in trepida attesa che l’identità del tuo misterioso maritino venga svelata” – soggiunge poi, decidendo di concludere su questa nota per non incorrere in ire più funeste. Marta è pur sempre Marta, e povero il malcapitato a cui toccherà sorbirsela “finché morte non li separi”. 
 
 

Il mattino seguente Elio si svegliò sorprendentemente di buon umore, il che non gli capitava spesso. Si vestì frettolosamente e scese fischiettando in cucina, stando attento ad evitare il via vai generale ma soprattutto Marta, che quel giorno rassomigliava in maniera fin troppo verosimile Medusa, con quel groviglio di capelli spettinati e le pupille dilatate a cogliere ogni minimo dettaglio pronte a redarguire il malcapitato di turno che non stava eseguendo il compito alla perfezione. 
Quello che gli ci voleva era proprio una passeggiata nel roseto, pensò. Una boccata d’aria fresca gli sarebbe servita per affrontare la giornata con il piede giusto. Uscì dalla porta sul retro e imboccò il viale che conduceva al giardino, per poi oltrepassare la siepe che delimitava questo dal roseto. Dalla piccola fontanella attorniata da due panchine in pietra sgorgava limpida l'acqua e di colpo Elio si ricordò di quando, da bambino, era solito giocare con i fratelli ad acchiappare con le mani i pesci rossi che vi sguazzavano dentro. Falliva ogni volta, ma ciò non gli impediva di riprovarci, ancora e ancora, fiducioso che prima o poi ce l'avrebbe fatta. Avrebbe voluto conservare per sempre un po' di quella sua fiducia infantile, assieme alla capacità che hanno i bambini di vedere il mondo a colori e non sempre in bianco e nero, ma entrambe sembravano essere sparite con il sopraggiungere dell'età adulta. 
Immerso com'era in queste sue riflessioni, nemmeno si accorse che nel roseto non era più solo. Qualcuno stava alle sue spalle, probabilmente già da un paio di minuti. Avrebbe potuto tranquillamente continuare a passare inosservato, ma la sua presenza fu tradita dal rumore di un rametto spezzato, calpestato accidentalmente. Elio si voltò e si trovò dinanzi un uomo pressappoco della sua età, avvolto in una tuta da ginnastica e con ai piedi delle comode sneaker. "Perdonami, non volevo darti l'impressione di spiarti. Ero di rientro dalla mia corsa mattutina e ho pensato che questo angolino fosse perfetto per fare un po' di stretching" - disse a mo' di scusa, lo sguardo ancora rivolto a terra. 
C’era qualcosa di familiare in quella voce, qualcosa di noto nel tono vellutato in cui le parole lo avevano raggiunto, ma fu solo quando questi alzò lo sguardo che Elio ne ebbe la conferma. E il riconoscimento fu reciproco perché, una volta che si ritrovarono occhi negli occhi, bastò il respiro di colpo affannato di entrambi a far cadere tutte le barriere, tutti i dubbi. Come se non fosse trascorso un solo giorno dal loro ultimo incontro, Elio scrutò in quegli occhi castani che (lo sapeva) assumevano sfumature verdi al primo accenno di sole, immaginò di passare una mano attraverso quei capelli arruffati che conservavano ancora qualcosa del biondo dei loro vent’anni, si soffermò sulle labbra leggermente screpolate che articolavano parole ma senza sentirle, limitandosi a osservare il loro cadenzato aprirsi e richiudersi su quella bocca che conosceva così bene. Non aveva bisogno di nessun’altra conferma, nemmeno il tempo avrebbe potuto scalfire tutta quella bellezza, niente avrebbe potuto mascherare il fatto che si trattasse proprio di lui. Che dopo tutti quegli anni Elio si trovasse di colpo faccia a faccia con Charles Evermill, suo grande amico e confidente, coinquilino e compagno di avventure in quel di Parigi, città in cui Elio aveva vissuto per una decina d’anni, estimatore delle arti, accanito lettore di gialli e nel tempo libero, per diletto, persino giocatore di poker. Charles Evermill era tutto questo e persino di più, se consideriamo anche il fatto che si trattava della sola persona al mondo che Elio avesse mai amato. 
 
Sulle prime la sorpresa fu tale da farlo restare lì in piedi svariati secondi come un ebete a fissarlo. Fu dunque Charles a farsi avanti, con un sorriso sincero dipinto in volto: “Elio, ma sei davvero tu?”. Le sue braccia possenti lo strinsero per qualche secondo e un brivido a fior di pelle lo attraversò tutto, senza che potesse evitarlo. “Perdonami, sono tutto sudato, non mi aspettavo certo di terminare così la mia corsa” 
Elio era sempre stato bravo a ostentare sicurezza, anche quando in fondo non ne aveva: l’unico problema? Charles era tra i pochi in grado di leggerlo come un libro aperto, capace di cogliere ogni esitazione, briciolo d’insicurezza, persino un insignificante tremolio della voce. Avrebbe fatto volentieri a meno di mostrargli qualsiasi di questi segnali, eppure dopo tanti anni dal loro ultimo incontro l’effetto che lui gli faceva era sempre lo stesso. 
“Ebbene sì Charles, in carne ed ossa, forse più carne che ossa dall’ultima volta che ci siamo visti” – la buttò sul ridere sperando l’ironia potesse trarlo in salvo.
“Mamma mia, quanti anni sono passati? Non è assurdo ritrovarsi così?” sorrise, come solo lui sapeva fare, spostandosi i capelli dalla fronte per sistemarseli un poco. Sembrava una mossa studiata, Elio sapeva benissimo che non lo era affatto. Tutto in lui era sempre stato così spontaneo.
“Quasi ventitré” le parole gli uscirono come smorzate, “Sono ventitré anni da Parigi”
“Eppure sembra ieri: due ragazzi leggermente brilli escono con fare scanzonato da un bar affacciato su Montmartre, bottiglia di birra alla mano: a detta loro, scolarsela lungo la Senna ha tutto un altro sapore. Ti dice niente?”
“Alquanto vaga, potrebbe essere la descrizione di qualsiasi ragazzo parigino” Elio decise di stare al gioco.
“Ed è qui che ti sbagli vecchio mio, un qualsiasi ragazzo parigino sarebbe uscito da quel bar con un calice di spumante, quantomeno di vino, e non di bassa qualità” ridacchiò Charles in risposta, “i soli due bifolchi a preferire la birra non potevamo che essere noi” – Elio intravide un accenno di nostalgia nei suoi occhi, la mente rivolta a quei giorni ormai lontani.
“Regola numero uno: mai rinnegare le proprie origini”, ricordò Elio, “non era questo il nostro motto?” 
“Proprio quello”.
Qualche attimo di silenzio, poi la fatidica domanda, quella che entrambi stavano aspettando ma nessuno ancora si era azzardato a porre. 
“Ma che ci fai qui Elio, non fraintendermi, sono estremamente felice di vederti ma proprio non me l’aspettavo, per caso sei invitato al matrimonio?” 
Elio, a cui veniva già da ridere per il semplice motivo che qualcuno gli chiedesse cosa ci facesse in casa sua, a prescindere dal fatto che questa persona fosse Charles, a quel punto cominciò a essere sospettoso. 
“Beh, hanno dovuto insistere un pochino per trascinarmi fino a qui ma in fondo non avrei potuto mancare, non capita tutti i giorni che tua sorella si sposi, no?” 
Charles cambiò di colpo espressione, il suo viso ancora accaldato per la corsa sbiancò di colpo, come avesse visto un fantasma.
“Marta è tua sorella, Elio?” chiese con voce roca, balbettando quasi le ultime sillabe.
“Sì, sorella minore. So di non avertene mai parlato più di tanto, ma sai come sono fatto quando si tratta della mia famiglia . Ma che ti prende, stai bene?” Elio cercò di mostrarsi sicuro mentre un dubbio atroce si faceva silenziosamente strada in lui, ma non volle ascoltarlo, non ancora almeno. Perché pensare al peggio?
“Elio… io non sono stato invitato al matrimonio” esalò a fatica, “perché è il mio matrimonio. Sono il promesso sposo di Marta”.
 
Lì per lì fu come se Elio non si fosse reso conto della grande rivelazione, come se non avesse realizzato che Charles fosse lì per sposare sua sorella. Era tutto troppo strano, una grande, buffissima coincidenza, tanto da parere uno scherzo di cattivo gusto.
Eppure chissà come riuscì a trovare le forze per rispondere senza mostrarsi troppo affranto, mentre la sensazione di peso sullo stomaco, in principio dovuta all’apparizione improvvisa di Charles e collegata in qualche maniera ad un’inattesa felicità, si faceva sempre più intensa.
“Ironico no? Ritrovarci così” proferì, sforzandosi di usare un tono il più distaccato possibile. 
“Elio, non ne avevo idea” – quantomeno, anche Charles non pareva al settimo cielo. Il suo volto non rassomigliava affatto quello di un uomo che è in procinto di raggiungere l’altare per passare il resto della sua vita con la donna che ama, eppure era lì che si sarebbe trovato l’indomani. All’altare, con Marta. 
“Perché, vuoi dirmi che se avessi saputo che la tua Marta fosse proprio mia sorella non le avresti chiesto di sposarti?”. Non appena pronunciata questa frase Elio si rese conto che era ormai troppo tardi per fingersi disinteressato, il suo tono lo aveva già tradito.
“Non le ho chiesto io di sposarmi, è stata lei a dichiararmisi” ribatté lui in tutta risposta, come se questo bastasse a sistemare le cose, come volesse lavarsi via un qualche senso di colpa. 
“Non mi hai risposto, Charles” disse puntando lo sguardo dritto nei suoi occhi. Oh, se solo anche lui avesse potuto leggergli dentro come una volta. 
“Quantomeno ci avrei riflettuto di più, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme” si degnò finalmente di rispondergli, ma fu come se pronunciare quelle parole ad alta voce gli costasse un’immensa fatica.
“Belle parole, anche se appunto solo di parole si tratta” la chiuse Elio, allontanandosi verso la casa e riservando a Charles, neanche troppo inavvertitamente, l’accenno di una spallata. 
Non si poteva certo dire che la giornata fosse iniziata bene, ma il peggio doveva ancora venire. Elio si domandò come avrebbe fatto a sopravvivere al giorno seguente, ma poi si ricordò che lui e Marta condividevano qualcosa, oltre all’interesse per gli stessi uomini, beninteso, e quello era il gusto per il buon vino. Quello sicuramente lo avrebbe aiutato a superare l’indomani, ma in fondo perché aspettare? Perché ritardare i festeggiamenti più del dovuto? 
 
 
 
La casa era silenziosa e immersa nella penombra delle prime ore della sera quando Charles uscì. La tensione quel giorno era stata palpabile, benché tutto fosse pronto e ogni dettaglio fosse stato rivisto fino alla nausea. Alcuni degli invitati erano già arrivati nel pomeriggio, prontamente alloggiati nelle camere degli ospiti, mentre gli altri sarebbero giunti la mattina seguente. In tutto quel trambusto Marta aveva finito col crollare per la stanchezza appena dopo cena, ma in fondo Charles ne era grato. L’ultima cosa di cui aveva voglia al momento era perdersi in chiacchiere, o per meglio dire paranoie, sulle cose che, a livello organizzativo, avrebbero potuto essere state fatte meglio o sarebbero potute andare storte l’indomani. 
Procedeva a rilento, depositando cauti passi felpati sull’erba fresca di potatura dell’immenso prato che circondava la villa, quando udì dei rumori provenire dal fienile. Non erano suoni molto distinti, ma man mano che si avvicinava capì che si trattava chiaramente di singulti, come di chi ride troppo e non riesce a fermarsi o di chi ha alzato un po’ troppo il braccino, per intenderci. 
La porta della stalla era leggermente socchiusa e spalancandola lo sguardo di Charles cadde  dapprima sui due cavalli, in piedi nei loro scomparti, che gli rivolsero un’occhiata curiosa pur continuando placidi a ruminare del fieno. Poi lo vide: addossato a una parete, seduto scomposto e con un sorrisetto dipinto in volto, stava Elio. Accanto a lui una bottiglia di vino ormai vuota, tra le mani una piena per metà. 
“Toh, guarda un po’ chi c’è. Unisciti a me, vecchio mio!”
“Elio, da quanto tempo sei qui?” – istintivamente Charles gli tolse la bottiglia dalle mani senza pensarci due volte.
“Eccolo, figurati se non doveva rovinarmi la festa”
Charles si rese conto che una ramanzina non avrebbe affatto funzionato, quindi, cambiando tattica, si sedette accanto a lui e si portò il vino alla bocca, trangugiandone una buona sorsata. “Un tempo non mi avresti mai accusato di rovinarti la festa, semmai mi avresti riportato tu sulla retta via” – gli rivolse un sorriso sghembo. 
“Che ne sai, magari ora ho smesso di fare la parte del responsabile, di essere tanto noioso”
“Non sei mai stato noioso, responsabile beh sì, dopotutto serviva che almeno uno dei due fosse più assennato, no?” 
“Mi pare di ricordare un paio di occasioni in cui senza di me avresti rischiato grosso…” 
E senza accorgersene Elio e Charles si ritrovarono catapultati sul treno dei ricordi, a parlare di tutte le esperienze che un tempo avevano condiviso, belle e brutte, come se non fosse trascorso un solo giorno da Parigi. Ma quell’idillio non poteva durare per sempre e bastò una semplice frase a riportare tensione nella conversazione. 
“Ho saputo di tua madre” – Charles gli sfiorò un braccio in segno di conforto, “non deve essere stato facile”
“Marta ti ha raccontato tutto, immagino”, rispose Elio, di colpo lucido.
“La conosci meglio di me, non ha fatto altro che parlarne per il mese successivo all’incidente”
“È stato davvero un fulmine a ciel sereno.. non mi aspettavo di dover fare a meno di lei così, da un giorno all’altro.” Lo scrutò, ma Charles lo stava ascoltando con attenzione e sapeva avrebbe continuato a farlo, si capiva chiaramente che era lì perché lo voleva, era lì per lui. Ed Elio non si fermò: “Anche ora, essere qui senza di lei non è la stessa cosa. Io, Marta e Alma non abbiamo mai avuto un bel rapporto, non c’è mai stato nulla al di fuori della parentela a legarci l’uno all’altro, e ora questo fingere di essere fratelli amorevoli, di essere presenti nel giorno speciale l’uno dell’altro, ha un che di fasullo che non riesco a spiegare a parole. So che mamma avrebbe voluto che ci fossi, e in buona misura se sono qui è per lei.” 
Non si era reso conto di essersi tenuto tutto dentro così a lungo finché qualche lacrima non iniziò a rigargli le guance. Poco dopo stava piangendo come un bambino tra le sue braccia che lo cullavano dolcemente. Alzò lo sguardo e constatò che i loro volti erano vicini, pericolosamente vicini. Si ripeté mentalmente di trattenersi, di non sfidare la sorte, che dopotutto si trattava sempre del promesso sposo di Marta, ma quando le dita di Charles presero ad asciugargli le lacrime dalle guance bastò quel tocco leggero sulla sua pelle a fargli perdere qualsiasi barlume di razionalità gli fosse rimasto e, senza più alcuna esitazione, lo baciò. 
E Charles, Charles ricambiò. Un bacio affamato, di labbra irruente che riprendevano a conoscersi dopo tanti anni lontane. Ma anche un bacio breve, perché quasi subito Charles si scostò bruscamente, si alzò in piedi e corse fuori dalla stalla, lasciando Elio così come lo aveva trovato: con la sola compagnia del vino. Persino i cavalli ora si erano appisolati ed Elio, eccitato ma anche avvolto da un’ombra di senso di colpa, seguì il loro esempio e socchiuse gli occhi, sperando di trovare un po’ di sollievo nel torpore indotto dall’alcol. 
 
 
 
Il “gran” giorno era finalmente arrivato. Chissà come Elio si era trascinato fuori dal letto, aveva indossato lo smoking preparato per l’occasione e si era diretto nel giardino, addobbato per la cerimonia. Oltre le file delle sedie degli invitati, in una semplicità abilmente studiata e non casuale, era stato collocato un palchetto rialzato dove gli sposi si sarebbero scambiati i voti. Volendo tener fede alla sua folle idea fino in fondo, Marta aveva fatto sistemare una tenda che celasse lo sposo agli occhi di tutti, per svelare lei stessa la sua identità una volta raggiunto il palco. 
Quando cominciò la marcia nuziale Elio si voltò, come tutti i presenti, per ammirare la sorella: dovette riconoscere che Marta era davvero bella, raggiante nel suo abito bianco come non l’aveva mai vista. Aveva chiesto ad Alma di accompagnarla all’altare e ora come ora lui non poteva che esserne felice: poteva solo immaginare come avrebbe reagito scoprendo in presa diretta che dietro la tenda si celava Charles. Ancora qualche ora, continuava a ripetersi, e sarai lontano da qui, non sarai costretto a vedere quanto sono felici insieme. 
Ecco, la marcia era terminata, Marta aveva salito i gradini e con mani tremanti aveva scostato la tenda. Si può dire a ragione che l’effetto scenografico programmato andò ben oltre le aspettative, suscitando un sussulto di massa nel pubblico, perché oltre quel sottile lembo di tessuto non c’era altro che una sedia vuota, senza traccia alcuna dello sposo, senza traccia di Charles. 
Marta dapprima rimase bloccata, incapace totalmente di muoversi o proferire parola, ma qualche minuto dopo, una volta che si ritrovò attorniata da Alma, zii e parenti di ogni genere, crollò, scoppiando in un pianto nervoso che la portò a strapparsi il velo e a correre via. 
Elio, suo malgrado, non provò nemmeno a seguirla per consolarla. Pur soffrendo per lei, non poteva evitare di essere felice che Charles non si fosse presentato. Il sollievo sul suo viso sarebbe stato così evidente da suscitare dubbi in chiunque, quindi a che pro fingere dispiacere. Ma perché Charles non era venuto? C’entrava in qualche modo il loro bacio della sera prima? C’entrava forse lui? Al tempo stesso non voleva indugiare troppo su quelle domande per non crogiolarsi in quello che era solo un sospetto. 
Evitando le frotte di parenti e curiosi che tentavano di trattenerlo, con qualche scusa riuscì a raggiungere la sua camera. Era quasi sul punto di lasciarsi cadere sul letto quando la vide. Una lettera, un semplice foglio di carta senza busta e pure un po’ spiegazzato. Ma la scritta “Elio” in un elegante corsivo che lui conosceva molto bene non lasciava adito a dubbi, era proprio per lui. Quindi la afferrò e si apprestò alla lettura:
 
 
“Non ce l’ho fatta. Non ce l’ho fatta, Elio. Immaginarmi all’altare ad aspettare Marta per scegliere di trascorrere il resto della mia vita con lei non mi sembrava giusto. Non dopo averti rincontrato, proprio qui e ora. A chiunque farebbe ridere questa assurda, colossale coincidenza, io da ridere non ci trovo proprio nulla. Sai bene quanto io creda nel destino: sono convinto che nulla accada per caso, che ci sia sempre un qualche disegno, un piano, un filo da seguire per non smarrirsi in questo intricato labirinto che chiamano vita, anche lì dove la matassa appare più ingarbugliata e difficile da districare. Quindi non posso fare a meno di pensare che, se il destino ha fatto sì che incontrassi Marta, forse era perché in fondo dovevo ritrovare te. Andare avanti con la propria vita è una cosa, dimenticare qualcuno è ben diverso, e io non ti ho mai dimenticato Elio.” 
 
Elio dovette interrompere un attimo la lettura e prendere fiato. Non aveva voluto azzardarsi a sperare che in fondo Charles provasse ancora lo stesso, ma ora leggere quelle parole impresse sulla carta era come tornare a respirare dopo una lunga apnea. 
La lettera proseguiva: 
 
“C’è un motel appena fuori questa cittadina abbandonata da Dio, ho preso una camera lì. Non mi tratterrò a lungo, giusto il tempo necessario ad aspettarti, qualora tu voglia raggiungermi. Non ho molto in più da offrirti di quanto non avessi ventitré anni fa, non ho piani né programmi fissati, non più ormai. Dopo quello che ho fatto a tua sorella probabilmente ti sembrerò la persona meno adatta ad avanzare una simile proposta, ma per quanto sia dannatamente, eternamente indeciso non ho dubbi nel chiederti di seguirmi. Qualunque sia la tua decisione la comprenderò, l’ultima cosa che voglio fare è metterti contro la tua famiglia. 
Non posso prometterti l’amore che dura una vita, non so nemmeno se sono in grado di provarlo un amore del genere. Quello che so però è che, ora che ti ho rincontrato, senza di te il mondo non riesco più a vederlo a colori ma solo in bianco e nero. Voglio stare con te Elio, ho bisogno di stare con te. E se anche tu lo vuoi, se anche a te non spaventa troppo questa perenne sensazione di stare in bilico o il fatto di avere una data di scadenza, io sono tuo, qui e ora. Con amore, Charles.”
 
Con la lettera ancora stretta tra le mani, senza indugiare oltre, Elio afferrò le chiavi della macchina diretto al parcheggio. Non sapeva dove fosse quel motel ma lo avrebbe trovato anche a occhi chiusi. Perché una vocina gli stava sussurrando, molto più distintamente di quanto avesse già fatto ventitré anni prima, di non lasciarsi di nuovo sfuggire quest’opportunità, di non rinunciare a qualcosa solo per la paura di poterla perdere, e questa volta aveva intenzione di darle ascolto. 
 
 
 
   
 
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