Note: in
realtà, in
questa storia (molto idiota e senza alcuna pretesa, specie nella
costruzione
del mistero) non ci sono riferimenti espliciti a nulla accaduto nella
serie,
essendo ambientata ai tempi della scuola – idealmente senior
year di Ace e sophomore
di Nancy – ma vi ho infilato una quantità
imbarazzante di riferimenti e cenni a
cose, quindi metti caso qualcuno sia migliore di
Nancy nel risolvere
indovinelli, non vorrei mai si spoilerasse qualcosa. Preciso di essere
arrivata
alla 4x03, quindi non ci sono riferimenti a cose successive.
◇ Partecipa
alla
challenge “Forza
4 challenge” indetta da Fuuma
sul forum Torre di Carta.
◇ prompt: A ha
perso le chiavi e B l’aiuta a
“scassinare” la porta (di chi altri potevo
scrivere,
con un prompt simile?)
Back
to the night we met
(That
long? That long.)
C’è
qualcosa che le sfugge, nel
caso di Evan McAllister, qualcosa che a quanto pare nessuna delle
edizioni
consultabili al pubblico del The Horseshoe Bay Lodger
– annate dal 1835
al 2016, salvo buchi qua e là – è in
grado di fornirle.
Eppure, Nancy ne è
sciura, la
risposta la può trovare solo nel passato, perché
se capisce come è nata la
“maledizione” dei McAllister – quella di
cui parlano in termini fin troppo
vaghi tutti gli anziani al porto, al circolo del bridge o tra i banchi
della
chiesa anglicana in fondo a Blossom Line – allora
può anche capire cosa è
successo al piccolo Evan. Nancy non crede certo ai fantasmi e alle
maledizioni,
sia ben chiaro, ma è pur sempre vero che tutti, a Horseshoe
Bay, sembrano amare
queste cose, invece, e non sarebbe la prima volta che qualcuno, per
coprire le
proprie malefatte, usa una vecchia leggenda di paese. È
stata proprio lei, al
sesto anno, a scoprire che chi rubava dagli armadietti del terzo piano
lasciando dietro di sé tracce di alghe e pozze
d’acqua salata non era certo
Dead Lucy, come erano tutti pronti a giurare, ma Annie Culson e Jack
Randall.
Quindi, sì, Nancy
è convinta le
serva sapere di più sulla fantomatica maledizione, che tutti
gli adulti
sembrano conoscere ma nessuno vuole raccontare ai ragazzini –
specie quelli
ficcanaso e coi capelli rossi – per sapere come possa aver
agito il rapitore e
quali potrebbero essere le sue prossime mosse. Per questo è
chiusa da questo
pomeriggio in biblioteca, sezione quotidiani e riviste, e ha ritenuto
perfettamente accettabile tornarci anche dopo l’orario di
chiusura. Non è certo
colpa sua se la finestra dei bagni al piano terra è
difettosa, e questo a suo
parere la scagiona da qualsiasi colpa: non ha scassinato niente, lei,
la “porta”
era già aperta, cosa si aspettavano facesse? Di sicuro non
ignorare
l’informazione. Possono chiamarla deformazione professionale
dell’essere Nancy
Drew, se vogliono. E questo spiega perfettamente cosa ci faccia lei in
biblioteca a un quarto a mezzanotte.
Quello che invece non si spiega
è
il tonfo che ha appena sentito provenire dal secondo piano,
perché nessun altro
dovrebbe avere valide motivazioni per introdursi in biblioteca a
quest’ora, e
l’elenco di possibili spiegazioni che Nancy ha già
meticolosamente prodotto non
è particolarmente convincente.
Il rumore è stato
decisamente
troppo forte per essere un gatto randagio intrufolatosi dalla sua
stessa
finestra, questo è poco ma sicuro; non ci sono poi stati
miagolii di sottofondo
o passi felpati nei corridoi. Le verrebbe da escludere anche
l’ipotesi del
ladro, perché in tutta onestà non capisce cosa
potrebbe cercare un ladro nella
biblioteca comunale: soldi è certa non ce ne siano,
né tanto meno volumi rari o
preziosi, che forse farebbe meglio a cercare all’Historical
Society. Forse un
ragazzino che vuole preparare uno scherzo ai danni della bibliotecaria?
Ma le
pare impossibile che qualcuno possa anche solo pensare di prendersi
gioco
dell’adorabile signora che gestisce la biblioteca da che ha
memoria,
considerate le caramelle e le parole di conforto che è
solita distribuire a
chiunque metta piede nell’edificio. Non sa come si chiami, ma
Nancy è più che
sicura di conoscere abbastanza bene come gira il mondo da poter
escludere anche
questa opzione.
In realtà, dubita
che qualcuno
vorrebbe introdursi in biblioteca di notte per fare qualsiasi
cosa… a parte
lei, ovviamente, ma come già detto le sue motivazioni sono
più che ragionevoli.
Inizia anche a pensare che potrebbe esserselo inventato, quel tonfo,
quando ne
sente un secondo.
Chiunque altro, a Horseshoe
Bay,
ora giocherebbe la carta del sovrannaturale con
l’onnipresente Dead Lucy o
qualche spirito marino amante dei libri. Ma lei è Nancy
Drew, quindi è pronta a
provare che si sbagliano e c’è una spiegazione
perfettamente logica e
verosimile all’accaduto, per questo afferra la torcia e si
sistema il fedele
berretto nero da detective.
Man mano che sale le scale che
portano al piano superiore, Nancy si rende conto che non può
essere sola,
dentro la biblioteca, perché ora le arriva distinto uno
strano ticchettio, che
non riesce bene a identificare, finché non ricorda che la
sala computer si
trova proprio in fondo
al corridoio a
cui è arrivata, e il ticchettio, decide, è quasi
certamente il suono di
qualcuno che batte su una tastiera con una certa velocità
– qualcosa che suona
come un esperto, decreta Nancy avvicinandosi alla stanza incriminata. E
i
fantasmi non sanno usare una tastiera, questo è poco ma
sicuro, probabilmente è
solo qualcuno che non ha un computer a casa e deve usare quello della
biblioteca per finire qualche compito di francese di cui si era
dimenticato,
oppure è solo…
Ace? Almeno, così
crede si
chiami, nessun cognome pervenuto. Biondo, ultimo anno, occhi azzurri.
Lo vede
sempre in biblioteca, in effetti, quando ci passa per qualche
investigazione,
quindi non dovrebbe stupirla troppo trovarlo qui anche dopo la
chiusura, dato
che pare un simile abitudinario. Lo ha sempre ritenuto, a una prima
occhiata
molto superficiale, un nerd solitario, intento a giocare a qualche
nuovo
videogioco o a recuperare l’ultimo libro di Martin prima
dell’uscita della
nuova stagione. Ma i libri a terra su cui le cade l’occhio,
non appena entra
nella stanza, raccontano qualcos’altro.
«Stai provando a
diventare un
hacker?»
Il ragazzo si volta di scatto
verso Nancy, urtando il tavolo con la sedia e facendo cadere un altro
libro a
terra, con quello che Nancy ricostruisce essere il rumore che ha
sentito poco
prima, solo amplificato.
«Cosa ci fai qui a
quest’ora?» balbetta
invece lui innocente, passandosi una mano tra i capelli lunghi e
cercando di
ricomporsi.
Nancy alza un sopracciglio con
fare eloquente. Se l’intento del presunto Ace è
distoglierla da quello che sta
facendo, è proprio ingenuo da parte sua credere basti
così poco per dissuadere
Nancy Drew. Senza contare che, se lei ha fatto qualcosa di non
esattamente
legale – volendo guardare alla definizione esatta della
parola, ma chi mai
vuole perdere tempo in simili cavilli? –
lui non è da meno, e questo è certo
la esoneri dal dover fornire
spiegazioni.
«Non credo sia
legale, sai?»
continua, ignorando la sua domanda, mentre indica i libri sparsi sul
pavimento
e il computer. Non sarà un’esperta, ma le pare
abbastanza chiaro cosa stia
succedendo sullo schermo.
«Nemmeno scassinare
la biblioteca
per entrarci di notte» ribatte lui veloce, recuperando la
solita espressione,
difficile da definire per Nancy – le ricorda un cucciolo di
labrador appena
stato sgridato. E si chiede da quando abbia collezionato
così tanti dettagli e
impressioni su un ragazzo di cui non conosce nemmeno il cognome.
«Questo fa solo
salire i tuoi
crimini a due, lasciando me a uno» precisa allora Nancy, un
certo sorrisetto
trionfante che le increspa le labbra, mentre continua a scandagliare la
stanza
alla ricerca di altri indizi su… Ace –
sì, è quasi certa si chiami così,
sempre
che sia un nome.
«Mhm mhm»
nega invece lui,
scuotendo la testa mentre tira fuori dalla tasca dei pantaloni un mazzo
di
chiavi.
Nancy rimane un attimo
perplessa,
presa in contro piede da questo nuovo plot twist: stanno davvero pari,
quanto a
illegalità. Dovrà fidarsi di Ace
perché non spifferi di lei, e tenere la bocca
chiusa su di lui, immagina.
«Mia madre»
commenta Ace guardandola
con la testa appena inclinata. Pare quasi… divertito?
«Cos…»
«Ti stavi chiedendo
come facessi
ad avere le chiavi. Per essere una super detective, ti si legge
facilmente nel
pensiero, Nancy Drew»
«Tua
madre… è la bibliotecaria?
Sa che sei qui? E come fai a sapere il mio nome?»
Domanda stupida: è
da quando ha
dodici anni e ha ritrovato Rose Turnbull che il suo nome finisce sul The
Horseshoe
Bay Lodger almeno una volta al mese corredato di foto, come
ha potuto
constatare nelle ultime sette ore. Ace prima annuisce, e poi alza lui,
questa
volta, il sopracciglio eloquente, dandole una risposta molto simile a
quella
che Nancy ha appena trovato. Questa cosa del leggere facilmente i
pensieri
dell’altro deve finire, è abbastanza inquietante.
«Quindi»
riprende Ace, chinandosi
a raccogliere i libri, «cosa ci fai qui? Credi che Evan sia
nascosto in
biblioteca?»
«Sarebbe un buon
posto: nessuno
verrebbe sicuramente a cercarlo qui. Ma no, faccio ricerche per il
caso»
«In
biblioteca?»
È di nuovo il turno
di Nancy per
sollevare il sopracciglio – domanda stupida. Anche se forse,
a prima vista, una
biblioteca possa sembrare l’ultimo posto in cui fare ricerche
per un caso di
scomparsa.
«Su cosa?»
domanda allora Ace,
dopo essersi scusato per la banalità di poco prima con un
sorriso e
stringendosi nelle spalle.
«Informazioni
classificate»
ribatte pronta. I giochi di squadra non sono decisamente il suo forte,
specie
se riguardano misteri da risolvere: lavora meglio da sola, lei. Nessuno
che
contesta le sue idee, nessuno a trattenerla dal fare qualcosa di
potenzialmente
pericoloso, probabilmente sconsiderato ma sicuramente necessario,
nessuno di
cui doversi preoccupare nel lanciarsi in suddette avventure, se non a
uscirne
viva lei stessa. È più facile così,
quando il tuo tipo di giochi preferito ti
porta ad avere a che fare con piromani seriali o rapitori.
Ace annuisce, deluso quasi. Poi
torna quello di sempre e fa un cenno alla tasca dei pantaloni dove ha
rimesso
le chiavi: «Quando hai finito passa di qui, così
puoi uscire dalla porta
principale e non dalla finestra come un ladro».
Nancy arrossisce, mentre si
congeda con una smorfia.
Mezz’ora dopo
è di nuovo al
secondo piano, perché un hacker o quasi con la madre
bibliotecaria rimane la
sua unica speranza per entrare nell’archivio digitale
– di cui non ha l’accesso
– e leggere le edizioni che non è ancora riuscita
a consultare.
*
«Quindi il capitano
Marvin era un
lealista e inviò i suoi uomini, comandati
dall’ufficiale McAllister, a unirsi
al generale Burgoyne nell’assedio di Fort Ticonderoga, anche
se il Maine rimase
pressoché fuori dalla guerra»[1]
«E a quanto pare
McAllister,
prima di stabilirsi a Horseshoe Bay, aveva combattuto nella guerra
franco-indiana nello stesso reggimento di St. Clair»
«St. Clair non era
scozzese?»
Ace annuisce, sicuro,
continuando
a far scorrere il cursore alla ricerca della citazione successiva nel
nome
McAllister. Deve accorgersi dello sguardo sorpreso che Nancy gli lancia
da
sopra la sua spalla, perché si scosta le ciocche lunghe
dalla fronte e aggiunge:
«La guerra d’Indipendenza mi è sempre
piaciuta, come argomento».
«Anche McAllister
suona scozzese,
come nome…»
Ace digita qualcosa, apre tre
finestre, ne chiude una, e si trovano direttamente nei recessi
più profondi
dell’archivio comunale dell’anagrafe.
«Aye» annuisce, cercando di imitare
l’accento tipico. «Forse se incrocio i dati suoi e
di St. Clair… bingo! Thurso,
Caithness, Highlands entrambi. Erano anche quasi coetanei»
«E a Ticonderoga si
sono
affrontati da nemici, invece»
«Affrontati
è una parola grossa, Burgoyne
prese il forte senza nemmeno bisogno di una battaglia vera e propria, e
non ci
furono quasi vittime»
«Tranne il gruppo di
uomini
mandati da Marvin…» legge Nancy sui rapporti di
guerra che Ace è riuscito a
tirare fuori dal nulla. «Si salvò solo
McAllister»
«Che da quel momento
diventò il
reietto della città, però, tanto che gli diedero
fuoco alla casa, al ritorno
dalla guerra. Per essere stato il solo a salvarsi?»
«O perché
cercò di aiutare St.
Clair mettendo in pericolo i suoi compagni?»
A quelle parole Ace si volta,
incrociando lo sguardo di Nancy, che annuisce meditabonda alla propria
ipotesi.
Perdere Fort Ticonderoga segnò la fine come generale per St.
Clair, che fu
sottoposto alla corte marziale e non si vide più assegnato
il comando in
battaglia, così aveva ricordato prima Ace: che McAllister
avesse cercato di
scongiurare l’inevitabile per l’amico?
«Oppure,
più che per amicizia,
che fosse a sua volta dalla parte dei Continentali e facesse da
infiltrato tra
i Lealisti?»
Anche Ace annuisce, ora,
un’espressione questa volta difficile da interpretare, per
Nancy, ma che se
guardasse meglio potrebbe riconoscere come ammirazione.
«Anche
perché non si trovano più
tracce di lui nell’esercito britannico, dopo il luglio del
‘77»
«E quando
tornò dalla guerra, il
Maine era ormai una colonia americana»
«Ma il paese non
dimenticò…»
«Tra figli, nipoti e
pronipoti,
otto morirono poco più che bambini per cause apparentemente
accidentali negli
anni successivi, finché i McAllister lasciarono la
città nel 1812, per tornare
solo qualche anno fa dopo aver ereditato una vecchia tenuta»
«Una maledizione per
il
traditore… Nel 1812 parte del Maine tornò inglese
per quasi un anno, forse non
fuggirono solo per la maledizione sui loro discendenti»
«Riesci a trovare
l’elenco di
tutti i soldati inviati da Marvin?»
«Ai vostri ordini,
generale!»
Qualche smanettamento
più in là,
sullo schermo del computer si apre l’immagine digitalizzata
di un dispaccio
settecentesco, la scrittura sbiadita dal tempo.
«Cow, Grosset, Hampton, Kohls,
Fortfield,
Fowler, Hart, Glass…»
«Kohls!»
«Non sono ancora così
bravo
a leggere nel pensiero, Drew...»
La tentazione di prendere e
andarsene, ora e subito, spinge Nancy ad alzarsi in piedi e
precipitarsi alla
porta. «Credo abbia lui Evan» spiega rapida,
lanciandosi giù dalle scale e
dirigendosi di tutta fretta ai bagni.
Ace le è subito
dietro, senza
nemmeno il cappotto, dimenticato nella fretta di seguire la ragazza,
sicuro che
se non si fosse sbrigato lo avrebbe lasciato lì senza troppi
complimenti,
nonostante questo sia ormai il loro caso. Non fa
nemmeno in tempo a
fermarla per ricordarle che ha le chiavi,
non serve scassinare la
finestra, perché ormai è come se Nancy
si fosse dimenticata di lui. Almeno
finché non la trova che si fruga nelle tasche alla ricerca
di qualcosa di non
meglio specificato – che si rivela poi essere una forcina
– imprecando a mezza
voce.
«Le
chiavi…»
Nancy alza appena la testa
nella
sua direzione, quasi sorpresa di trovarlo lì.
«Di solito
è rotta, non capisco
perché ora non si apra…» spiega
spiccia, indicando la finestra.
«Ti intrufoli spesso
in
biblioteca di notte? Scusa, domanda stupida» la anticipa Ace,
prima che Nancy
possa replicare quello che è ormai il loro gesto
– perché mai le viene
da chiamarlo così? Aver trascorso un paio di ore insieme per
la prima volta da
che abbia memoria non fa sì che si possa parlare di loro al
plurale, anzi, non
c’è proprio nessun loro.
«Non è il
caso di lasciar perdere
e uscire dalla porta?» continua Ace, guardandola mentre da
scassinatrice
provetta si mette ad armeggiare con la forcina e il telaio della
finestra. «Una
forcina può funzionare per le serrature, non so quanto ti
possa aiutare qui»
«Di solito
è aperta» insiste
Nancy.
«Il fantasma di uno
di quei
soldati morti vorrà chiuderci qui dentro perché
la maledizione vada avanti…»
Nancy si volta a guardarlo
scocciata: se anche lui crede ai fantasmi, perde tutti i punti
guadagnati nella
serata.
«Okay, niente
fantasmi per Nancy
Drew» replica, alzando le mani in segno di resa, mentre Nancy
lo supera per
raggiungere l’ingresso principale della biblioteca, Ace che
le corre subito
dietro.
«Ehm,
Nancy…»
«Mhm»
«Non trovo
più le chiavi»
«Come sarebbe a dire non
trovo
più le chiavi? Le hai in tasca, te le ho viste
mettere lì io prima» esclama
Nancy esasperata. Non ne va bene una, stasera…
«Non ci
sono» replica Ace deciso,
frugandosi ancora una volta le tasche dei pantaloni, poi quelle della
felpa,
sempre a vuoto.
«Ti saresti accorto,
se le avessi
perse: sono chiavi, fanno rumore quando cadono, e un mazzo
così grosso pesa…»
«Sassi»
spiega, se si può usare
un simile termine in questa situazione, tirandone fuori una manciata
dalle
tasche.
«Come hai fatto a
scambiare dei
sassi per un mazzo di chiavi?»
«Non lo so,
Drew!»
Questa volta è Ace,
quello
esasperato, o forse è solo agitato perché quelle
chiavi sono della madre e lui
se ne è ovviamente appropriato a sua insaputa.
«Possiamo usare le
mie forcin…»
«Torniamo a cercare
le chiavi su,
devono solo essermi cadute. Non puoi scassinare la porta della
biblioteca,
Nancy: come la spieghiamo, poi? E io non posso tornare a casa
senza»
«Non possiamo perdere
tempo!»
«Ti serve comunque un
piano per
affrontare… Kohls? Tanto vale che lo pensiamo mentre
cerchiamo le chiavi, su»
Ma le chiavi non sono da
nessuna
parte, nonostante Nancy e Ace cerchino ovunque. Se non fosse che
è troppo presa
a mettere Ace al corrente di parte delle sue deduzioni e del suo
piano,
e a perfezionare quest’ultimo, Nancy penserebbe che le chiavi
scomparse, i
sassi, le finestre tutte sigillate, anche quella rotta, non sono un bel
segno,
e nemmeno un segno logico, e forse la storia dei fantasmi dei soldati
è vera. Chi
sembra iniziare a crederci sempre di più è Ace,
che si guarda attorno con fare
circospetto e sussulta a ogni minimo rumore, guadagnandosi occhiatacce
da
Nancy. I fantasmi non esistono, come le maledizioni: esiste solo gente
che fa
del male ad altra gente, è la storia più vecchia
del mondo. È questa volta non
è diverso.
Kohls è sempre stato
un fanatico,
per le questioni politiche: avere un padre avvocato significa che
ricordi bene
dei piccoli giri dell’uomo in commissariato, per disturbo
della quiete
pubblica, dopo aver fatto partire risse nei bar con i suoi discorsi
politici
sempre troppo accesi, specie da brillo. I Kohls hanno sempre vantato
una
lontana – e presunta – parentela con i re Hannover,
che avevano seguito dalla
Germania quando salirono al trono di Gran Bretagna e Irlanda.
La sua fu probabilmente tra le
famiglie che lanciarono la maledizione sui McAllister: se non ricorda
male è
sempre stato uno di quelli che più hanno dato voce alle
dicerie sulla
fantomatica maledizione, per l’appunto. Dalle carte trovate
da Ace pare che i
soldati di Horseshoe Bay morti fossero una trentina, i McAllister che
pagarono
il prezzo del tradimento del loro antenato otto: ancora troppo pochi,
forse,
per Kohls. E nessuno ha ancora perquisito il granaio della sua
fattoria, che
vanta essere uno degli edifici più antichi di tutta
Horseshoe Bay, quello dove
un tempo i primi coloni si riunivano nel tribunale cittadino. Se Evan
è da
qualche parte, Nancy è sicura sia lì.
«Le chiavi sono
scomparse e io
non ho tempo da perdere. Ora si fa a modo mio»
«Ma…»
«Hai un coltellino
svizzero?»
«Certo,
Madeline»
«Hai dato un nome al
tuo coltellino
svizzero?»
«Tu no?»
Altro sopracciglio alzato,
altra
domanda stupida.
«Serve che mi sforzi
il telaio in
questi due punti» indica Nancy pratica. «Prima uno
poi l’altro, così io intanto
posso raggiungere i due ingranaggi»
«Si chiamano
così?»
«Non lo so, il
concetto è
quello…» sbuffa Nancy. Si lavora così
bene da soli.
«Ma se facessi
più forza non
sarebbe meglio?»
«Vuoi che tutti
sappiano che
siamo usciti di qui?»
Principiante. Non ha davvero
mai
provato a scassinare qualcosa? Certo, non tutti probabilmente hanno
trascorso
le ore di matematica del quarto anno a leggere, nascondendo i libri nel
sottobanco, l’intera collana degli Hardy Boys, per poi
cercare di emulare le
loro gesta, effrazioni incluse nel pacchetto – altrimenti,
che piccola
detective sarebbe mai stata? E poi bisogna dire che imparare certe cose
si è
rivelato fondamentale più volte, nel corso della sua
esperienza da
investigatrice: se non avesse saputo scassinare un lucchetto, Rose
Turnbull non
si sarebbe forse mai salvata.
«Ora mi serve solo
far scattare
le due aperture, prima quella inferiore e poi quella superiore, tienimi
il
telaio forzato in quei due punti…»
Ace la osserva quasi
interessato,
direbbe – ammirato, direbbe in realtà lui, ma
questo Nancy non riesce a
leggerglielo nel pensiero – quasi volesse imparare anche lui.
Sempre un
miglioramento rispetto ai suoi genitori o ai poliziotti che ogni volta
non
fanno che ripeterle come tutto quello sia sbagliato. Per una volta
è bello
pensare che qualcuno apprezzi questo suo talento.
Nancy traffica con la forcina,
fino a incontrare una resistenza e far salire prima un blocco e poi
scendere
l’altro, aprendo e modellando la forcina perché
riesca a introdursi nelle due
fessure che Ace le ha creato.
«Funziona!»
esclama Ace, sentendo
il primo clic e poi il secondo, la maniglia che ora si lascia aprire.
«Non che
avessi dubbi» si affretta a precisare, sorridendo
incoraggiante a Nancy, che in
tutta risposta spalanca la finestra e salta giù dal
davanzale, presto seguita
dal proprio Complice Per Una Sera.
Complice che, una volta
liberati
dalla biblioteca infestata, spera di lasciarsi alle spalle, ma che
invece
continua imperterrito a venirle dietro.
«Possiamo usare
Florence, per
fare prima»
«Hai dato un nome
anche alla tua
bici?»
«Auto» la
corregge lui, e Nancy
trova poco da ribattere, pensando alla sua bicicletta nascosta nella
siepe che
circonda la biblioteca: forse oltre a un quasi-hacker le serve anche un
quasi-autista,
per questa volta.
*
Costringere Ace a rimanere in
macchina e aspettarla si è rivelato inutile, così
come ogni tentativo di
tenerlo fuori dal caso nel corso della nottata, ma a conti fatti,
mentre l’auto
della polizia si allontana con Kohls e il piccolo Evan viene avvolto in
una
coperta dai paramedici finalmente tra le braccia dei genitori, Nancy si
ritrova
a pensare che dopotutto non le dispiace sia stato più
testardo di lei nel
restare. Senza la tempestiva chiamata di Ace alla polizia, forse sia
lei che
Evan sarebbero finiti nell’elenco della maledizione dei
McAllister. Rimane
ancora dell’idea di preferire il lavoro in solitaria, ma per
una volta è stato
divertente, e se un domani si ritrovasse ad avere di nuovo bisogno di
un
quasi-hacker, ora sa a chi rivolgersi.
«Funzioniamo bene
come squadra»
commenta lui, avvicinandosi.
Nancy sorride appena,
sollevando
un angolo della bocca, e gli appoggia una mano sulla spalla, in una
specie di
pacca affettuosa e impacciata da amici. Cosa che loro non sono.
«Per una notte. Mi
spiace che i
giornali non potranno riportare il tuo contributo al caso» si
scusa, facendo un
cenno col capo al solito cronista – l’unico della
redazione disposto a uscire
alle ore più assurde per seguire l’ennesimo caso
risolto da Nancy Drew – tutto
indaffarato a prendere appunti e scattare foto.
«Meglio non sappiano
di tutte le
infrazioni alla legge che abbiamo collezionato in una sola
notte»
Nancy sorride davvero, questa
volta: «Mi spiace anche per aver fatto infrangere tutti quei
limiti a Florence»
«Perdonata»
assicura Ace, «pare
tu le stia simpatica»
Nancy si domanda, a bruciapelo,
se conquistare le simpatie di un’auto equivalga a farlo con
il proprietario, ma
poi scaccia il pensiero, perché da domani lei e Ace
torneranno a essere due
perfetti estranei e lei continuerà a non sapere il suo
cognome o quale sia il
suo pullover portafortuna.
«E per le
chiavi…»
«Le ha prese Dead
Lucy, non di
certo io»
Nancy scuote la testa, ma poi
scoppiano entrambi a ridere. Ha una bella risata, Ace, ma questo
è un altro
pensiero che Nancy si affretta a mettere da parte.
*
«Ehi!»
Nancy si volta subito verso
Ace,
la voce che riconosce immediatamente, senza nemmeno rendersene conto.
«Alla fine forse un
fantasma
c’era davvero» prosegue lui, prendendo il suo
essersi fermata in mezzo al cortile
della scuola per aspettare che l’affiancasse come un saluto e
un invito a
continuare. «Le chiavi erano a casa mia, al solito posto dove
le lascia mia
madre»
«Ti sarai
sbagliato…»
«Le hai viste anche
tu, Drew, e
in qualche modo devo essere entrato, ieri sera»
«Avevi preso il mazzo
di riserva»
«Non ho idea di dove
sia il mazzo
di riserva, e dubito abbia lo stesso identico portachiavi, rotto nello
stesso
punto»
Nancy riprende a camminare, la
campanella che ha appena suonato per richiamare tutti gli studenti, e
scuote la
testa: «Deve esserci un’altra spiegazione,
Ace»
«I fantasmi sono una
spiegazione,
la più logica, per ora»
«I fantasmi non sono
una
spiegazione, men che meno una logica!»
«Che mi dici allora
della tua
finestra?»
«Avrò
fatto qualcosa quando sono
entrata chiudendola»
«E riparandola
anche?»
«Sempre
più probabile di un
fantasma»
«Attenta a mostrare
tutta questa
diffidenza, o prima o poi Dead Lucy inizierà a perseguitarti
per dimostrarti
che esiste!»
«Intendi travestirti
da Reginetta
del Mare e venire a spaventarmi sotto la finestra di casa
mia?»
Nancy ride, immaginandosi Ace
con
la coroncina in testa, anche se immagina sarebbe proprio carino, come
Reginetta
del Mare. Tutto sommato, pensa che non le dispiacerebbe trovarselo
davvero
sotto la finestra, anche se le pare più probabile che sia
Lucy Sable in persona
a farlo.
Ma i fantasmi non esistono, di
questo è certa, e così la sua
“amicizia” con Ace.
Ma su quest’ultima
cosa potrebbe
anche sbagliarsi, forse…
Note
(con spoiler): spero siate arrivati sin qui sani e
salvi come i nostri
eroi. È la mia prima volta nel fandom, ma sto recuperando di
recente la serie e
sono in fase leggera ossessione per tutto,
soprattutto per la Nace. E argh,
non pensavo l’avrei mai detto ma odio lo slow burn, quindi ho
deciso di
anticipare di qualche anno l’incontro tra questi due (tanto
è canon che sia that
long!). Spero non ci siano pasticci o fraintendimenti nella
caratterizzazione, nel caso Nick ha sempre quel fantastico aggeggio per
togliervi tutti i ricordi e farvi dimenticare di aver letto.
Grazie di
cuore a chi sia arrivato fin qui, spero che la lettura sia stata di
vostro gradimento
♥
[1] In
realtà non c’è una data
precisa (non ancora, che io sappia, sono ferma alla 4x03 e FandomWiki
non è d’aiuto) per la fondazione di Horseshoe Bay,
quindi probabilmente tutto
quello che troverete qui è cronologicamente errato, ergo
prendetela per una
licenza poetica. Fatta eccezione per i soldati mandati dal Capitano
Marvin e
McAllister, che ho bellamente inventato io, il resto è
storicamente vero. Non
sono un’esperta di storia americana, quindi non
sarà tutto precisissimo, ma
siamo in una fanfiction su un fandom in cui crediamo
nell’esistenza dei
fantasmi, so… E dato che a Horseshoe Bay sembrano tutti
legati ai torti del
passato e si divertono a tirare in mezzo eventi bellici del passato
molto
lontano per questioni del presente… here we are anche col
mistero di questa
storia – non il migliore di sempre, ma il punto di questa
storia era solo far
interagire i Nace prima del canon perché ormai ho
un’ossessione e il finale
della terza stagione mi ha distrutta.