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Autore: Giada16101995    28/07/2023    0 recensioni
Quando tutto sembra perduto, prima o poi arriva il momento di risalire.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In camera sua, con le cuffie nelle orecchie e la musica a tutto volume, Aurora se ne stava lì, seduta a pensare e pensare. La sua testa era piena, stracolma di ricordi, immagini, sensazioni che la stavano per travolgere. Sapeva che a breve sarebbe esplosa, in qualche modo tutto quello che aveva in testa sarebbe uscito, doveva, non avrebbe resistito ancora per molto. La testa le scoppiava.
Ce l’avrebbe fatta, le dicevano tutti. Sarebbe andata avanti, cercavano di farle credere. Il tempo ripara tutte le ferite, aveva cominciato a crederci anche lei. Invece eccola lì, dopo 3 anni, con la mente strapiena di ricordi, gli occhi verdi pieni di lacrime e il corpo scosso da tremiti incontrollati.
Aveva provato con qualsiasi cosa, aveva provato a dormire fino a tardi quel giorno, cercando di perdere più ore possibili di quella giornata, ma il suo cervello non le aveva dato tregua e alla fine si era tirata su dal letto alle 9. Aveva messo su della musica assordante, per non sentire i propri pensieri, ma neanche quello aveva funzionato. Così aveva cercato di tenersi occupata, cercando di studiare per l’esame di Inglese che rimandava da mesi, ma neanche quello riusciva a tenerle libera la mente. Alla fine si era arresa e, sempre con la sua adorata musica nelle orecchie, si era stesa sul suo letto e aveva chiuso gli occhi. Si era lasciata trasportare dalle sensazioni e dai ricordi di 3 anni prima; immagini veloci si rincorrevano davanti a lei, facendo aumentare il respiro e stringere sempre di più quel nodo alla gola che sentiva ogni giorno da quel maledetto 31 ottobre 2010.
*
Ore 1.30 del 31 ottobre 2010
Una figura barcollante camminava da sola per una strada senza illuminazione, urlava aiuto ma nessuna macchina passava di lì. Non si vedeva il suo viso, a malapena si riusciva a scorgere attraverso il buio quasi completo di quella notte invernale. Non c’erano lampioni su quella strada ed era notte fonda. Il cielo era nero, senza stelle, coperte dalle nuvole. Ogni tanto si scorgeva la luna, prima che venisse coperta anche lei, che con la sua luce illuminava fiocamente la figura che barcollava a bordo strada. Era una ragazza, la sua voce usciva ogni volta più flebile, interrotta dai singhiozzi.
Poi, quando la ragazza aveva quasi perso le speranze, una luce illuminò la strada. Due fari la abbagliarono e lei in preda al panico cominciò a muoversi per farsi vedere, sperando, pregando che si fermasse. Le sue preghiere furono esaudite. L’auto si fermò poco distante da lei, la portiera del conducente si aprì e ne uscì una figura che, spaventata, si avvicinò per chiederle se andava tutto bene, ma non fece in tempo ad aprire bocca che la ragazza si accasciò a terra riuscendo solo a dire poche parole: ‘Mamma… papà… incidente’ prima di svenire.
*
Immagini fugaci si rincorrevano una dopo l’altra nella mente di Aurora. Lei che abbraccia sua madre, suo padre che le sorride, lei che discute con loro per cose che sicuramente non erano importanti. Ricordi un po’ più sfocati arrivano ad un certo punto. Lei bambina tra le braccia di papà, una foto di famiglia, le feste insieme con tutti i parenti. Sembrò che tutto questo durasse ore. Cercò di respirare lentamente, la mente invasa. Aveva imparato in terapia come fare, quando arrivava il dolore.
I minuti passavano e piano piano si rilassò, il tremito si calmò e gli occhi ormai aperti erano asciutti.
Quando si fu calmata del tutto si decise ad alzarsi dal letto e dirigersi in bagno, decisa a portare a termine quella giornata. Si guardò allo specchio, il viso arrossato dal pianto, gli occhi verdi, ereditati dalla mamma, leggermente lucidi risultavano più brillanti del solito, i capelli ramati spettinati le davano un aria un po’ strana. Si decise a darsi una sistemata, si lavò il viso e si pettinò i capelli, cambiò i vestiti, optando per dei jeans e una felpa scura, e si mise un leggero strato di trucco, necessario a nascondere le occhiaie e gli occhi stanchi.
Uscì dal bagno con calma, guardandosi intorno in quella grande casa.
Ogni angolo era pieno di ricordi, ogni muro, porta, mobile era intriso della presenza dei suoi amati genitori. Accanto alla porta del bagno c’era la sua camera da letto, che oltrepassò senza voltarsi, dirigendosi in fondo al corridoio, dove vi era una porta chiusa. La aprì e rimase sulla soglia. Pareti color crema, tappezzati di quadri e fotografie, mobili di legno scuro, uno specchio posato in un angolo, un tappeto a coprire il pavimento. Un velo di polvere ricopriva ogni cosa e rendeva l'aria satura, ma la ragazza si rivide per un attimo lì con i suoi genitori, sul letto a farsi i dispetti e a ridere fino a scoppiare, le pareva di sentire ancora il profumo che usava sua mamma ogni giorno aleggiare nell'aria. Il nodo alla gola ricominciò a stringere ma sapeva che doveva farlo, era l’unico modo per alleggerire quel peso. Fece un respiro profondo e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, certa di essersi lasciata indietro anche un po’ di dolore. Si diresse verso le scale che portavano al piano di sotto, soffermandosi sulle foto che erano appese al muro; raffiguravano per lo più una bambina vispa dai capelli castani tendenti al biondo e gli occhi di un verde brillante, sempre sorridente. A volte era in braccio ad una donna molto simile a lei, l’unica differenza era il colore dei capelli, quelli della donna erano più scuri, a volte invece era sulle gambe di un uomo, anche lui sempre con gli occhi sorridenti sempre diretti verso la bambina. Aurora accarezzò quelle foto, sorridendo, cercando di imprimere quelle immagini nella sua mente per non dimenticarsi mai i loro volti.
Finì di scendere le scale lentamente, assaporando ogni centimetro di quella casa, imprimendosi nella mente ogni immagine, ogni volto.
Arrivata a fine scalinata si aprì davanti a lei il soggiorno. Un divano grigio era posizionato in centro alla stanza, un tappeto era stato steso al di sotto, donando un’aria regale all’ambiente. Sulla parete davanti c’era un camino, ultimamente sempre spento, che un tempo era stato il protagonista delle serate in quella casa. I ricordi affiorarono di nuovo nella mente di Aurora, e si rivide con i suoi genitori davanti a quel camino acceso, a chiacchierare oppure anche solo in silenzio ad ascoltare i rumori provenienti dal fuoco e a godersi il calore.
Un sorriso fece capolino sul volto di Aurora, quando il suo sguardo si volse verso la cucina; ricordò l’attenzione che ci aveva messo sua mamma nello scegliere qualunque cosa, dal ripiano alla singola piastrella; era una cuoca di talento, dopotutto. Ogni colore era stato studiato, dal ripiano di lavoro color antracite, alle ante dei mobili color grigio chiaro, al colore pastello dei muri, ogni cosa le ricordava lei. Continuò a passeggiare per gli ambienti, accarezzando le superfici, le foto, le tende.
Dopo quelle che le parvero ore si rese conto di avere un peso minore sul cuore, sembrava che tutto quel ricordare alla fine le avesse fatto bene; dovette ammettere che forse le persone intorno a lei avevano ragione, forse con il passare del tempo le cose possono migliorare. Era stata 3 anni in balia del dolore, costringendosi a non pensare convinta che con la mente occupata prima o poi quel nodo alla gola si sarebbe allentato, prima o poi pensare ai suoi genitori le avrebbe fatto meno male. Si era sbagliata di grosso, oh se si era sbagliata. E se n’era resa conto solo quel giorno, doveva ammettere di essere stata sciocca.
Questo non voleva dire che avrebbe dimenticato i suoi, non sarebbe mai riuscita a farlo neanche volendo; voleva dire che da quel momento in avanti le cose sarebbero migliorate, lo sapeva.
  
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