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Autore: pampa98    29/07/2023    7 recensioni
SPOILER FINALE SECONDA STAGIONE.
Breve introspezione di Crowley nella scena finale.
Sapeva che Aziraphale aveva bisogno di tempo per accettare le novità – non che la loro lo sarebbe stata, in realtà: avrebbero fatto quello che facevano da secoli, dandogli semplicemente un nuovo nome. Doveva solo aspettare che capisse di non appartenere al Paradiso, di essere l’altra metà di noi, e tutto si sarebbe risolto.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Nessun usignolo



 

Uscì dalla biblioteca sbattendosi la porta alle spalle e si diresse a passo spedito verso la Bentley. Si arrestò con le mani premute contro la portiera dell’auto, il capo chino mentre cercava di elaborare quanto appena accaduto.

Sentiva ancora le mani di Aziraphale che gli toccavano le spalle, incapaci di stringerlo o di allontanarlo, e il sapore delle sue labbra, morbide e dolci come le aveva sempre immaginate. Sfiorò con i polpastrelli il punto in cui la sua pelle aveva incontrato quella dell’angelo, ma subito li ritrasse: non voleva che quella sensazione sparisse, giacché sarebbe stata l’unica volta in cui avrebbe potuto sperimentarla.

Forse.

Il suo angelo era testardo, non prendeva bene i cambiamenti ed era sempre stato reticente ad accettare il loro rapporto. 

Eppure, lo amava. Lo aveva visto nei suoi occhi, nell’eccitazione della sua voce mentre gli annunciava la proposta che aveva appena ricevuto. Poter vivere insieme, per l’eternità. 

Come angeli.

Credeva che avesse capito che lassù non potevano esserci la libertà e la pace che cercava. Che il mondo – e il Paradiso e l’Inferno – non era diviso in buoni e cattivi. E, se anche lo fosse stato, era chiaro che la divisione non era così netta come lui si ostinava a credere. 

Per Satana!, lo aveva capito anche Gabriele

Aveva visto il suo Paradiso in Belzebu, quindi perché Aziraphale non riusciva a vedere lo stesso in lui?

“Ho bisogno di te.” 

Anch’io ho bisogno di te, angelo.

Sospirò, raddrizzando le spalle. Si appoggiò al lato guidatore della Bentley, dando le spalle al café in cui Nina stava servendo la colazione ai suoi clienti abituali. 

Attese. 

Sapeva che Aziraphale aveva bisogno di tempo per accettare le novità – non che la loro lo sarebbe stata, in realtà: avrebbero fatto quello che facevano da secoli, dandogli semplicemente un nuovo nome. Doveva solo aspettare che capisse di non appartenere al Paradiso, di essere l’altra metà di noi, e tutto si sarebbe risolto.

Lo vide uscire dalla biblioteca insieme a Metatron. Questi non sembrava molto dispiaciuto del suo rifiuto, com’era ovvio che fosse. Aveva la sensazione di essergli sempre stato antipatico, fin da quando, curioso, indagava sul perché di certe decisioni divine. Aziraphale sorrideva, ma lui conosceva ogni sua singola espressione e quel sorriso tirato era un misto di nervosismo e menzogna con cui cercava di celare, forse anche a se stesso, la consapevolezza di aver appena fatto la scelta peggiore della sua vita. 

Rimase immobile, limitandosi a seguirlo con lo sguardo. Nessuno, passandogli accanto, avrebbe potuto cogliere i suoi desideri.

Voltati.

Guardami.

Torna da me, angelo.

Andiamo a fare colazione al Ritz, come sempre. Offro io.

Non serve la danza delle scuse, va bene così.

Torna da me.

Sali in macchina con me. Puoi anche renderla di nuovo gialla – per qualche minuto.

Torna da me.

Torniamo noi.

Aziraphale, lentamente, si voltò verso di lui. I loro sguardi si incrociarono attraverso il via vai della vita londinese, ma nessuno dei due si mosse. 

Solo l’angelo, dopo qualche istante, prese un profondo respiro e seguì Metatron in Paradiso.

Guardò la luce splendere dentro il pub mentre l’ascensore risaliva verso il cielo. Poi aprì la portiera dell’auto e si sedette all’interno del veicolo.

Dal momento che Shax aveva lasciato il suo appartamento, sarebbe potuto tornare lì. Almeno per far respirare un po’ le sue piante e liberare la Bentley dai loro insetti.

Accese la radio e una melensa melodia sugli usignoli si sparse nell’abitacolo. Ascoltò per qualche istante, poi la spense e mise in moto la macchina.


«Oh, Crowley… Niente dura per sempre.»

   
 
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