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Autore: eringad    14/09/2009    3 recensioni
Sette momenti della coppia Sasuke/Karin.
[Partecipante al "Piramidy Contest" indetto da ShiIta]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Karin, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7 – Il Vaso di Creta

Com’è fatto un Vaso di Creta?
È grezzo, ha dei pezzi mai ben amalgamati nell’impasto. È vuoto.
Come noi, come loro. Quelle voci, quelle facce che ancora dopo tanto tempo tornavano come fantasmi del passato a tormentarmi.
Mi rivoltai tra le coperte affondando la testa nell’incavo tra la spalla e il collo di quella sconosciuta. Quella pelle morbida, così piacevole.
«Sasuke?» la sua voce impastata dal sonno mi dava la stessa sensazione di pienezza, come se il mio vaso non fosse più vuoto.
«Non riesci a dormire?» la sua mano vellutata si poggiò sulla mia guancia, scostai la testa di lato girandole le spalle infastidito.
«Pensi ancora a loro?» si voltò verso di me poggiando il volto alla mano «Siamo noi adesso la tua squadra. Dimentica il Team 7.»
«Mnh… sta zitta Karin. Non infastidirmi.» anche se non riuscivo a scorgerlo, sapevo che il suo sorriso era lì, piazzato furbescamente sulle sue labbra, totalmente dipendente da me.
«Stronzo…» quel sorriso di adorazione, mi riempiva.

14 – L’Ubriaco

Lasciai andare la testa nel vuoto appoggiandomi allo schienale della sedia.
Mi girava la testa, chiusi gli occhi stringendo la presa sul bicchiere, intorno a me il rumore mi assordava.
Strinsi le spalle nel mio kimono guardando spento la scena davanti a me.
«Ma stai zitta racchia!»
«Non dirmi di stare zitta pesce lesso!»
Sospirai. Non ero in grado di reggere anche quello.
Ero stanco, la battaglia non era stata facile, e avevo alzato il gomito.
«Sai Karin, anche con il kimono da bambina sembri sempre una ragazzaccia.»
Coprii gli occhi sentendo il rumore di acqua colpita violentemente. Li riaprii giusto in tempo per vedere metà faccia di Suigetsu riformarsi e Karin scappare via arrabbiata.
Sospirai ancora alzandomi in piedi, facevo fatica a reggermi sulle mie gambe.
Raccolsi la mia katana sfoderandola; con un colpo secco tagliai il braccio al mio compagno.
«Che cazzo fai Sasuke?!» mi guardò sconcertato tenendosi il moncherino che puntava dal kimono stracciato.
«Ti ricrescerà sardina, non ti lamentare.» rinfoderai la spada facendo un saluto a Juugo con il capo. Attraverso il corridoio buio notai la sua figura. Batteva velocemente il piede a terra mordendosi le unghie laccate.
La raggiunsi tenendomi aggrappato al muro con una mano.
Sette passi da lei.
Quel kimono colorato, non era affatto da bambina, stupido Suigetsu. Risaltava le sue splenmede forme donandole quel tfeco di femminilità che non aveva.
Tirai la manica del suo vestito facendola scendere lungo la spalla morbida. Con una mano tracciai i contorni del segno scuro che le avevo tracciato sulla spalla nel precedente scontro, un morso.
«Suigetsu proprio non lo sopporto!»
«L’ho notato.»
«Ti rendi conto di aver preso un imbecille con te?!»
«Mmh…»
«… Sasuke?»
«Che vuoi?»
«Sei ubriaco per caso?»
«Sta zitta…»

21 – La Donna Nuda

«Cazzo!» tirai con forza un pugno contro il muro.
Alcune gocce di sangue colarono lungo le nocche fino alla punta delle dita.
Era scappato di nuovo.
Kyuubi…
Appoggiai la fronte al muro scuro respirando affannosamente.
Perché, Naruto? Perché non ti arrendi e basta?
Morsi l’interno della guancia tenendomi la mano dolorante.
Non lo faresti mai, vero? Non arrenderti è il tuo credo ninja…
Non lo avrei mai ammesso, ma mi mancava il suo sorriso, o solamente la sua amicizia.
Le ginocchia cedettero sotto il peso di quella verità, mi accasciai sul terreno tenendo la schiena appoggiata contro il muro.
Dei passi sordi risuonarono nelle mie orecchie. Alzai lo sguardo, vedendola.
Lei, il suo corpo invitante, nudo, coperto di morsi. Una mela già morsa da chissà quanti altri.
Mi guardò da dietro i suoi occhiali sorridendo appena maliziosa.
Ma tu non sei lui, non sei Naruto.
«Non ora, Karin.»

28 – I Seni

«La matematica è odiosa Juugo. Non serve a nulla.»
«Serve a contare i cadaveri in battaglia, o le vittime che mieti, Suigetsu.»
Assistevo a quella scena impassibile. Mi chiedevo, nel profondo, cosa diavolo c’entrasse quel discorso in questo mondo.
Dovevamo prepararci psicologicamente per una nuova battaglia, cosa c’entrava quel discorso?!
«Beh, allora dimmi a cosa serve la trigonometria!»
«In battaglia serve sempre, calcola tutte le probabilità di angolazione da cui puoi colpire o essere colpito.» il loro battibecco cominciava a seccarmi, però non avevo nulla da dire.
«Certo e allora sono sicuro che sono utilissimi il coseno e il…» sbuffai guardando passare una figura ammiccante, coperta ma sensuale «… seno!»
Sorrisi velatamente, cercava me, le mie attenzioni, se avesse avuto la possibilità mi sarebbe saltata addosso. Vidi Suigetsu seguirla con lo sguardo per poi far cenno al compagno strizzandogli l’occhio.
«Io so solo che quel seno è molto utile, ma non dico per cosa!» l’ennesima battuta della triglia.
Annotazione mentale: dopo la vittoria contro Konoha sbarazzarsi della sardina e metterla sott’olio.

35 – L’Uccellino

«Sasuke-kun!» storsi il naso sentendo due braccia prepotenti piazzarsi sulle mie spalle.
«Che vuoi Karin?»
«Un uccellino mi ha detto che hai avuto una ragazza prima di me!» mi guardò attraverso le lenti scure fulminandomi con gli occhi.
Roteai lo sguardo infastidito.
«Una certa Sakura… ti hanno sentito parlare nel sonno!» morsi l’interno della guancia scrollandomela di dosso. La guardai furente.
Non volevo sentire quel nome. Non volevo ripensare a quei giorni.
«Se ti capita di incontrare di nuovo quell’uccellino, riferisci che gli strapperò le ali.» sibilai irritato. Affrettai il passo verso la scogliera raggiungendola. Mi piazzai con le braccia incrociate sul punttopiù alto guardando verso il basso.
Team Taka, T, m Hebi, Team 7. Feci una digressione nel passato ripercorrendo ogni momento.
Ero felice, ero soddisfatto di me stesso, a quel tempo.
Perché anche attraverso lei, tornavano a tormentarmi?
Il suo nome pronunciato da quelle labbra mi aveva procurato una lacerazione al cuore.
Il passato e il presente.
Come si può dimenticare? Come si può non andare avanti?
«Sasuke-kun…» la sua piccola voce sovrastò il rumore delle onde.
C’era solo un modo per dimenticare…
Mi girai guardando la donna di fronte a me, furiosa e arrabbiata. Come me.
Addio, giorni felici.

42 – Il Caffè

Mi rigirai tra le coperte del mio letto.
Allungai un braccio sentendo il caldo vuoto nell’altra piazza del letto.
Portai un braccio a coprire gli occhi.
Amavo e odiavo allo stesso tempo stare solo.
Lo amavo perché nessuno poteva scocciarmi.
Lo odiavo perché i ricordi mi assalivano subdolamente.
E ripensavo a tutto, a come mio fratello era morto, alla sua missione, al tradimento di Konoha.
Ma ripensavo anche alla mia famiglia.
Mia madre, così bella, così dolce. Era come un giunco, non si era mai spezzata, nonostante tutte le pene che pativa, lei si piegava ai dolori per poi rialzarsi sempre in piedi.
Mio fratello. Su di lui non sapevo cosa pensare. Era un traditore, era un tradito. So solo che in fondo, voleva salvarmi, voleva vedermi felice.
Mio padre… a lui non era mai importato molto di me. Ricordo solo che quando ero piccolo, l’unica cosa che lo rendeva felice di me, era che gli portavo il caffè che preparava la mamma a letto.
Si svegliava, borbottando congiure contro di lui fino a quando non posavo la tazzina accanto al suo letto.
Solo allora mi sorrideva.
E adesso che sono anche io più grande, lo capisco.
È tutta una congiura, ci si deve alzare rischiando di morire senza neanche un caffè. Uno di quei caffè che farebbero resuscitare anche i morti.
Amaro, senza zucchero né latte, un gusto pieno di noi.
Sentii un odore penetrante arrivarmi alle narici.
«Questo è solo perché ti devo la vita. Non ti ci abituare Sasuke-kun.»
Un lato della mia bocca si piegò in un sorris F
Finalmente qualcuno mi portava un caffè.

49 – La Carne

Vedevo tutto sfocato davanti ai miei occhi.
Le luci rosse provenienti dalle fiamme illuminavano la stanza intorno a me.
Sbattei le palpebre per qualche secondo.
Era tutto così strano, così irreale…
Mossi una mano portandola davanti al volto.
Mi era estranea, non era mia, poteva benissimo appartenere a qualcun altro e non a Sasuke Uchiha.
Ero seduto su una vecchia poltrona intirizzita con la schiena ben aderente allo schienale.
Le lingue di fuoco dal camino sprizzavano piccole scintille incandescenti.
Danzavano, come fossero vive. Una danza lenta, sensuale, prendeva piano la forma del viso di una donna.
Le fiamme i suoi capelli, i carboni iridescenti i suoi occhi, così rossi, così vividi.
Le sue mani brucianti uscirono dal camino per posarsi sul pavimento.
La donna infuocata uscì dalle braci, come una fenice, per rinascere a nuova vita. I suoi passi sul pavimento lasciavano tracce scure, bruciate. Una specie di magia.
Si avvicinò a me, al mio volto pallido, per cominciare a ballare una danza a me sconosciuta.
La conoscevo, Karin, la conoscevo bene.
Eppure non l’avevo mai vista così, dal vivo, davanti a me. Era sensuale, le tracce scure sulla sua pelle i carboni ancora intatti, i suoi morsi.
La sua pelle iridescente era così languidamente invitante. Trattenni il respiro continuando a guardarla.
Non ho mai avuto paura di giocare con il fuoco…
Allungai una mano restando calmo, affondai tra le sue braci roventi, nella tua carne, guardando la sua splendida figura cedere e cadere in pezzi sul pavimento. Scivolai in avanti seguendo le fiamme che si spegnevano, come me.
I piccoli frammenti incandescenti del suo corpo giacevano in terra e nella mia mano solo un mucchietto di cenere.
Era questo il prezzo per averti? Distruggerti?
Io, alla fine, non ero un Vendicatore o un Giustiziere, ero un Distruttore.
Il peggior nemico di me stesso.
Avevo abbandonato il mio migliore amico, Naruto, solo per me stesso.
Avevo ucciso mio fratello, per me.
Avevo sacrificato i miei sogni, le mie speranze, per il mio obbiettivo.
Non me la sentivo di distruggere anche te.
Feci scivolare i granelli di cenere tra le mie dita sul pavimento.
Per te, avevo spento le mie fiamme nere, perché tu possa rinascere… avvicinai le mie labbra a quel cumulo grigio soffiando la mia vita sulla tua.
Uno scintillio crepitò tra la cenere trasformandosi prima in una timida fiammella poi in un fuoco ardente.
Mi sedetti a gambe incrociate a guardare le lingue di fuoco giocare allegre consumando ogni cellula del mio spirito.
Una scintilla raggiunse la poltrona alle mie spalle che cominciò a bruciare crepitando e distruggendosi sotto il fuoco potente che la consumava.
Chiusi gli occhi beandomi cautamente di quel calore che non sentivo da anni.
Tra i miei pensieri solo lei.
Karin era l’unica mia corteggiatrice che aveva il coraggio di rispondermi.
Si era offerta per salvarmi la vita, a discapito della sua.
Si era unita a me nonostante odiasse i suoi compagni, solo per me.
Distesi la schiena sul pavimento rovente lasciandomi andare.
Preferivo bruciare tra le tue fiamme che vivere ancora per rischiare di estinguerti.
Sentivo quello strano torpore invadere ogni minima parte di me. Si stava bene tra le sue braccia infuocate.
Chiusi gli occhi bruciando lentamente…
Tanto, stavo solo sognando.







  
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