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Autore: Albascura_    10/08/2023    2 recensioni
[A QUIET PLACE AU - AtsuHina]
Avevano perso tante cose, in quel nuovo mondo condiviso con i mostri.
Shouyou aveva visitato molti altri letti, prima di incontrare i sopravvissuti dell’Inarizaki. Ma da quando loro si erano uniti al gruppo, non aveva più cercato nessun altro.
Genere: Angst, Dark, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Shouyou Hinata
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: PWP
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Note: Questa fic è una A QUIET PLACE AU, ovvero è ambientata in una realtà in cui il mondo è abitato da predatori alieni privi di vista ma dotati di un udito incredibilmente sensibile, per cui anche il minimo sussurro può risultare fatale per i sopravvisuti che quindi si trovano a dover vivere nel più assoluto e totale silenzio. I due film omonimi sono stupendi, ve li consiglio! 


How'd you stay alive?
 

Avevano perso tante cose, in quel nuovo mondo condiviso con i mostri.
Le loro case, le loro famiglia, la sicurezza della pace. E tanti suoni meravigliosi di cui avevano capito l’importanza solo dopo esserne stati brutalmente privati.
Lo stridio delle scarpette sul parquet della palestra, l’eco degli insulti di Kageyama che risuonavano nei corridoi della scuola, il piccolo pop! quando Hinata apriva i pacchetti di patatine facendoli esplodere. E soprattutto le risate, quel suono cristallino e fragoroso come acqua di sorgente, gli mancavano come l’aria.
Shouyou non sentiva una risata da 8 mesi. Esattamente da quando tutto era cambiato, e il mondo si era fatto improvvisamente più vuoto, più freddo, più spaventoso. Muto.
Un’altra cosa che avevano perso, era la privacy. 
Con i pochi rimasti, raccattati lungo la strada come cani randagi, si viveva insieme. E si viveva vicini, stretti, come se fosse lo spazio quello a mancare e non tutto il resto. La verità era che per comunicare dovevano usare i gesti, pertanto la vicinanza era assolutamente necessaria. Dovevano tenersi a portata di sguardo sempre, ventiquattro ore al giorno. Tanto durante il sonno quando durante i pasti. Perfino a pisciare si doveva andare in due, era una questione di sicurezza.
Dire che abituarsi fu facile sarebbe una monumentale bugia, non parlare per uno come Shouyou era una vera rogna. Ma dopo che per colpa della sua bocca larga avevano perso Kageyama, aveva imparato a restare zitto. Ora i suoi “Boke!” li poteva sentire solo nei sogni, quando non aveva il turno di guardia. Era stata dura. Qualche volta aveva immaginato di farla semplicemente finita, di lasciare il rifugio nel cuore della notte, correre il più lontano possibile e poi urlare, urlare tutta la sua paura, tutto il suo senso di colpa, tutta la sua disperazione fino a non avere più fiato. Fino a quando i mostri non sarebbero venuti a prendersi anche lui. 
Ma poi avevano incontrato altri amici sopravvissuti, altri randagi da accogliere nel loro rifugio, e Shouyou aveva imparato sulla sua pelle quando forte fosse la capacità degli esseri umani di adattarsi. Quando forte fosse la spinta a insistere nonostante tutto, a sopravvivere, a cercare addirittura di vivere.
E allora dopo 8 mesi, e tanti amici persi tra le fauci dei mostri, Shouyou aveva imparato a fare tutto in assoluto, religioso silenzio: ad eseguire ciascuno dei suoi compiti quotidiani, a preparare i pasti, ad andare in ricognizione, ad occuparsi dei feriti, a piangere e a maledirsi nei momenti di sconforto, così come a consolare chi aveva bisogno. Tutto senza emettere un singolo fiato. 
Aveva anche perso qualsiasi pudore.
Perché nonostante tutto, Shouyou si era accorto di essere ancora affamato di vita. E non sarebbe stata una stanza gremita a impedirgli di viverne il più possibile, con chiunque e a qualunque occasione. 
Non lo fermava neanche sapere di Natsu che dormiva qualche materasso più avanti, a fianco della sorella di Tobio. Non lo fermava sapere di Bokuto sveglio per il turno di guardia. Non lo fermava neanche la paura dei mostri. 

Come ogni notte in cui non era troppo stanco o ferito per farlo, Shouyou strisciò silenzioso come un’ombra nel futon di Atsumu.
Aveva visitato molti altri letti, prima di incontrare i sopravvissuti dell’Inarizaki. Ma da quando loro si erano uniti al gruppo, non aveva più cercato nessun altro.
C’era sempre stato qualcosa tra di loro, già prima che il mondo come lo avevano conosciuto vedesse la sua fine, ma ora che Osamu non ce l’aveva fatta, quel qualcosa era diventato ancora più profondo. Condividere quel dolore così simile li aveva legati in modo violento, quasi morboso. 
E infatti era così che si amavano, nella completa oscurità e nel più totale mutismo, i loro respiri quietissimi coperti solo dal frinire dei grilli, che in quel silenzio risultava talmente assordante che avrebbero quasi potuto azzardare di sussurrarsi qualche parola. Ma non lo fecero, sinceramente non ne avevano bisogno.
Shouyou strofinò il viso contro la sua nuca, ispirando a pieni polmoni l’odore acre dei suoi capelli. Non si erano lavati, quel giorno. L’acqua come ogni altro bene andava centellinata, e gli shampoo profumati erano finiti da un pezzo. Ma per Shouyou non aveva alcuna importanza. Era poter sentire il profumo selvaggio della sua pelle, il suo calore contro di sé, i brividi scuotere un altro essere umano, Atsumu tra tutti, ciò che gli importava. Lasciò andare un respiro bollente che gli accarezzò il collo e lo sentì tendersi, e farsi più vicino con un’urgenza quasi febbrile. Avevano bisogno di toccarsi, di stringersi, di marchiarsi. Di ricordarsi di essere ancora vivi, di come ne valesse ancora la pena.
Il petto di Atsumu si sollevò di un respiro più profondo degli altri, come fosse sollievo quello che gli riempiva i polmoni e non banale ossigeno. Shouyou lo capiva bene, dita disperate che affondavano nella stoffa sdrucita della sua maglietta. Non poteva dirglielo a parole ma poteva comunicarglielo con i gesti: se quelle braccia ruvide e forti lo stavano stringendo, se poteva sentire il suo corpo caldo aderire alla sua schiena, lo sfarfallio delle sue ciglia solleticargli il collo, significava che anche per quel giorno ce l’avevano fatta. Che loro c’erano ancora. 
Shouyou si perse qualche momento nel lambire la pelle morbida della sua nuca con le labbra semiaperte, lasciando scie umide al suo passaggio e leggeri graffi con i denti. Atsumu tremò tra le sue braccia e Shouyou dovette inghiottire il nodo che gli stringeva la gola. 
Avrebbe davvero voluto lasciarsi andare alla tenerezza, trascorrere le ore passando le dita tra ciò che rimaneva del biondo sbiadito dei suoi capelli, depositando piccoli baci a schiocco sulle sue guance e sulla sua punta del naso, avrebbe tanto voluto parlargli, forse anche dirgli ti amo. Ma tutte quelle velleità gliele aveva strappate via la vita. Gliele avevano strappate via i mostri.
Allora Shouyou scosse la testa per negare a se stesso i suoi stessi pensieri e sciolse l’abbraccio. Si sputò sulle dita per poi infilarle senza tante cerimonie oltre l’elastico allentato delle mutande dell’altro. Atsumu sussultò, abbassandole con urgenza e spingendosi più indietro.
Le loro vite erano quello, adesso. Non c’era tempo da sprecare. Shouyou lo prese con forza, affondando dentro di lui con colpi lenti e profondi, una mano a tappargli la bocca e l’altra stretta al suo fianco. Soffocò i suoi stessi gemiti piantando i denti nell’incavo della sua spalla, beandosi al pensiero di come l’indomani l’impronta del suo piacere sarebbe stata ben visibile allo sguardo di tutti, un bel segno rosso contro la sua pelle pallida.
Atsumu allungò una mano dietro di sé e si aggrappò alla natica di Shouyou come se ne andasse della sua vita, cercando di portarlo sempre più vicino, lasciando il segno con le unghie, piccole mezzelune rosse sulla carne sua morbida.
L’altra mano la portò indietro, al volto di Shouyou che aprì la bocca e ne lambì il palmo con una lunga lappata, lasciandovi quanta più saliva possibile. Con quella mano Atsumu prese a toccarsi febbrilmente, gli ansimi soffocati contro il palmo di Hinata. 
Attenti a non emettere alcun suono, attenti a limitare anche il fruscio delle lenzuola, vennero entrambi dopo pochi minuti di quella danza scomposta, i reciproci nomi sillabe zittite in fondo alla gola.
 
Poco prima dell’alba, Bokuto lo svegliò con una leggera pacca sulla spalla. Quando Shouyou aprì gli occhi, si ritrovò davanti il suo sorriso gentile. Bokuto gli fece cenno con la testa verso il suo materasso vuoto, e gli fece l’occhiolino. Shouyou lo ringraziò con un sorriso.
Strinse Atsumu a sé un’ultima volta per quella notte e gli posò un leggerissimo bacio alla base del collo, una promessa che capivano solo loro. Se saremo ancora vivi, ci rivedremo domani. Farò di tutto per esserci.
Atsumu sospirò sommessamente. Poi, altrettanto silenziosamente come vi era arrivato, Shouyou strisciò di nuovo nel suo letto, vuoto freddo e muto come l’aveva lasciato.
   
 
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