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Autore: TaliiaaJossy    12/08/2023    0 recensioni
2020, Venezia. Nina Antelmi è una giovane come tante altre reclusa in casa durante un'atroce pandemia. Immersa dalla noia e soprattutto dallo studio, si ritroverà trasportata indietro nel tempo per colpa di un vecchio libro di letteratura tedesca. Vienna, 1917. Un'atroce annata, a cui però riuscirà a scampare grazie all'aiuto di antichi parenti. In un lungo viaggio alla riscoperta di vecchi e ormai andati costumi, Nina troverà anche l'amore della sua vita. James.
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Vorrei soltanto sottolineare una cosa: è un'opera di fantasia. Già solo per la questione dei viaggi nel tempo non è ovviamente da prendere sul serio, soprattutto dal punto di vista storico. I fatti storici inseriti non saranno infatti specifici o accurati, ma non sarebbe comunque stata mia intenzione. Considerate queste paginette che inserirò come un piccolo svago, un piccolo mondo, non per forza vero. Non un rapporto di storia, ecco xD. Se state cercando opere storiche accurate, tipo veri romanzi storici, questo non credo sia ciò che fa per voi. Un saluto!
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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NINA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Quando ti innamori e sei felice, il tempo è più veloce di una trottola. Quando ti innamori e sei infelice, ogni secondo che passa sembra un’ora” disse guardando un punto impreciso del cielo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

Nei tempi moderni nessuno credeva più a nulla: la fede in qualcosa era ritenuta folle e senza un vero e proprio senso. Le persone avevano fiducia solo in quello che potevano vedere o toccare e le credenze come i miracoli non si sfioravano neanche con un dito. Ciò che era stato considerato un’invenzione umana, specie la religione, era soltanto una ‘fanfaluca’, una bugia narrata ai più piccoli che come gli adulti non si bevevano più niente. Tuttavia nel 2020, in un forte momento di crisi come la pandemia, questa assurdità diventò un punto di riferimento per un miliardo di persone.

-Nina! C’è il papa che fa la benedizione! Vieni! –mi chiamò mamma, che un tempo chiamavo anche Rosa. Si trovava in salotto con papà, il signor Antelmi, mentre io rimanevo piantata sulla sedia in cucina a tentare di comprendere dei video di matematica.

-No, grazie-risposi. –Ho da fare.

Mamma era come tanta altra gente: non credeva in Dio, a volte giuravo di sentirla anche bestemmiare, però quando aveva paura di qualcosa cambiava paradossalmente idea. In questo caso del covid-19, conosciuto anche come coronavirus.

-Nina, vieni! È un momento storico questo! –riprese papà. Lui probabilmente osservava la scena non convinto che qualcosa potesse cambiare, ma con l’idea che avrebbe toccato la storia con mano. Da sempre era stato un appassionato assieme ad una strana ossessione per gli insetti blu, ma nonostante ciò non si era mai laureato. Era un commesso come tanti costretto a casa.

Sospirai e mi alzai dal posto: non riuscivo a concentrarmi con loro due che mi chiamavano di continuo. Li ignorai e mi recai in camera mia, al secondo piano.  

Finalmente ottenni un po' di silenzio.

Osservai la finestra umida della mia stanza: pioveva quella sera nei canali di Venezia che, a mio parere, non erano mai stati così puliti e belli. La quarantena aveva fatto scappare i turisti e ogni cosa all’interno della città sembrava essersi fermata. Se fosse stato legale, mi sarei alzata alle tre di notte e avrei visitato il silenzio vacuo di Venezia. Data l’ora avrei anche potuto farlo, ma avrei avuto il timore di non essere l’unica in giro. Vi era una calma mai vista prima d’ora: era un momento unico per noi, ma soprattutto per la città.

-Va bene… -dissi tra me. -Meglio ricominciare da dove siamo rimasti.

Mi sedetti sulla sedia di fronte alla scrivania e ripresi con matematica. La mia insegnante, la Ghezzi, non si era sprecata a farci delle lezioni via Skype o comunque via streaming su qualsiasi altra piattaforma, no; aveva direttamente inserito sul registro elettronico dei video scelti a caso su Youtube. Da sempre odiavo quella materia e sentirla spiegare da estranei sul cellulare mi causava ancora più ribrezzo.

-Basta, ci rinuncio. Non ne ho più voglia-realizzai quasi subito, buttando il telefono sul letto. Decisi di dedicarmi alla letteratura tedesca e tirai fuori il libro. Era piuttosto alto e pieno di parole che faticavo ancora a ricordare, d'altronde la lingua era difficile.

Aprì il libro già usato da qualcun altro, mia madre sapeva essere una vera e propria maga del risparmio, e arrivai a pagina 138 e mi focalizzai su un capitolo che parlava di Augustin Schubert, un poeta di Vienna della prima metà del novecento. Mio padre lo adorava: la sua passione derivava non tanto da ciò che scrisse, ma dal suo grado di parentela con l’artista. Gli Antelmi erano da sempre stati una ricca famiglia borghese di Venezia e nel 1917 Clara Schubert, la figlia del poeta viennese, si sposò con Andrea Antelmi, un lontano parente mio e di mio padre. Ciò lo faceva proprio impazzire, invece a me non era mai importato. Avevo persino evitato di raccontarlo alla professoressa di tedesco, la Cosca. Anche lei sarebbe potuta impazzire.

Cominciai a leggere con aria poco interessata, però comunque obbligata. Lunedì prossimo avevo un’interrogazione online e dovevo assolutamente prendere almeno la sufficienza. In realtà non ero poi così annoiata, d’altronde io con le lingue me la cavavo e soprattutto mi piacevano; il problema era che non ero una grande appassionata di letteratura, che a un liceo linguistico italiano era proprio l’elemento base di tutte le lingue. A tredici anni non avevo fatto una così grande scelta, ma che ci potevo fare? Durante le medie non ero mai stata così intelligente e a pensarci nemmeno adesso. Non avevo nemmeno idea di come avrei fatto la maturità.

Passata mezz’ora a ripetere la vita dell’uomo, dei suoi amori, delle sue avventure e di tanti scritti sulla prima guerra mondiale, appoggiai la testa disperata sul libro e sospirai. Come era faticoso fingere di saper parlare perfettamente una lingua così diversa dall’italiano! C’era la mia migliore amica, Sara, che riusciva persino ad usare una pronuncia austriaca ed io mi limitavo ad ammirarla in silenzio.

Con l’aria di una che non ne poteva già più di quella giornata dedita allo studio, voltai lo sguardo sull’altra pagina e guardai curiosa un appunto che era stato fatto da colui o colei che aveva avuto per primo il libro, il nome non c’era scritto. Qualcuno aveva scritto in inglese: Non importa se il tempo ci separa, una parte di me ti terrà sempre nel mio cuore. Sorrisi leggermente, immaginando chi potesse essere il fortunato ricevente di quelle dolci parole. Non ero mai stata una tipa romantica, però semmai un giorno mi fossi fidanzata e mi fossero state dette frasi del genere, non mi sarei affatto lamentata.

Un colpo di temporale fece tremare le finestre della mia stanza e le orecchie del mio gatto comodamente raggomitolato sul letto rizzarono sul posto. Io rimasi impassibile, abituata a rumori simili. Ciò che mi fece sussultare per qualche secondo fu vedere le lettere del mio libro spostarsi dai loro posti. Strizzai gli occhi pensando che fosse semplicemente la stanchezza, tuttavia quando li riaprì sembrò proseguire più in fretta. Le parole si stavano smistando a loro piacimento, fino a scrivere per tutta la pagina la stessa frase.

27. März 1917, Wien

Okay, qualcosa doveva appena esser entrata nell’aria e avermi drogata di brutto. Magari era l’umidità e la muffa che andava a creare.

Mi alzai di colpo dalla sedia, ma nello stesso istante sentì qualcosa spingermi nuovamente su di essa, o meglio, sul libro. Non ebbi nemmeno il tempo di proferire parola, d’altronde la mia espressione paonazza e assai incredula spiegava tutto del mio stato d’animo, fu come cadere da un dirupo infinito, un dirupo bianco. Fu come cadere in una valle bianca, ricoperta di neve. Questo fu ciò che riuscì ad immaginarmi nella mia testa, perché la forza che mi travolse mi costrinse a tenere gli occhi chiusi. Fu come quando si cadeva in un sogno, soltanto senza un vero e proprio risveglio.

Fu il mio primo viaggio nel tempo e la strada verso casa sarebbe arrivata molto dopo. Rendersene conto non fu facile. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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