Bugie, bugie, sordide bugie. Coperte da un velo di pittura fresca mescolata allo zucchero che copre l’amaro e al veleno di un amore invecchiato. Poirot aveva cercato di rifiutare l’incarico di mademoiselle Lemarchant, ma alla fine aveva prevalso il suo amore per la natura umana. E per la verità.
Cinque sospettati. Cinque figurine di carta che ruotavano intorno alla lanterna accesa. Una storia, rifratta in cinque parti come nel più geometrico dei prismi. Un fascio di luce si rifrangeva sulla sua superficie – la facciata apparentemente tranquilla e rispettabile dei ricordi estivi di villa Alderbury – e ne scaturivano nient’altro che bugie. Un occhio infranto, un ritratto che non sarebbe dovuto essere, un veleno scomparso, un amore rimasto celato, anzi, più di uno. Poirot si era sentito nauseato da quella parata di maschere di cera come fosse stato di persona sotto il sole ardente e i miasmi del fiume che circondavano l’estate di Aldebury. Ma non ne aveva comunque potuto fare a meno.
Il ritratto di Elsa Greer non era, dopotutto, che un’altra bugia esso stesso. E, d’altra parte, non sarebbe mai stato comunque mostrato al pubblico.