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Autore: Cesca_Haibara20    15/08/2023    0 recensioni
[Kagehina] [⚠️I personaggi sono +18⚠️ La storia contiene solo alcuni personaggi di "Haikyuu", il contesto in cui sono è totalmente diverso⚠️]
{Due perché siamo noi. Due lottatori, due reduci, due canzoni d'amore comunque io e te. Se amore, amore vedrai di un amore vivrai.}
Tobio Kageyama è un ragazzo incazzato e incattivito dalla vita, poteva avere tutto ma non ne ha avuto la possibilità a causa di una malattia diagnosticatagli alla giovane età.
Shoyo Hinata è un ragazzo dal sorriso pronto e trova sempre un modo per vedere il lato positivo delle cose senza farsi trasportare dalla negatività.
I due ragazzi finiranno per incontrarsi in un contesto che è stato e sarà un tasto dolente per entrambi, ma alla fine riusciranno a dare voce ai loro pensieri più intimi e profondi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Con un sospiro nasconde le mani dentro le tasche della sua felpa e, con passo lento e trascinato, si avvicina alla macchinetta più vicina per prendere un tè caldo.
Torna in camera sentendola estremamente vuota dopo il pomeriggio trascorso. Appena si siede sul letto, intento a girare il suo tè con uno stecchino, arriva Kahori col sorriso in volto.

«Buonasera tesoro.»

Esordisce dopo aver bussato un paio di volte.
Tobio alza lo sguardo e ricambia il saluto con un sorriso tirato.

«Ciao Kahori.»
«Sono venuta a portarti la Tachipirina per la febbre.»
«Grazie.»
La donna avvicina amorevolmente una mano verso il viso del ragazzo per poi posarla sulla sua fronte per controllare la sua temperatura.
«Non si è ancora abbassata da stamattina. Prendila, su.»
Lo sprona con tono dolce e liberando la pastiglia ruvida e bianca dal blister. Con un sorrisetto blando ingoia la pastiglia insieme ad un sorso di tè.
«Oggi ho visto che Shoyo ha portato la sua sorellina, eh?»
«Sì, è stata qui tutto il pomeriggio. Dovevamo portarla al parco ma a causa della febbre siamo dovuti rimanere dentro.»
«Beh, da come si è evoluto il meteo non sareste potuti uscire comunque.»
«Già… anche se Shoyo sembrava tenerci particolarmente. Mi è dispiaciuto non poter farlo felice.»
«Allora riposa tanto oggi e domani potrete stare fuori tutto il tempo che vorrete.» lo rassicura con tono materno. «Tra un’oretta ti chiamerò per la cena, se te la senti vieni alla sala comune oppure puoi mangiare in camera. Okay?»
«Okay.»

Dopo averlo salutato con un bacio sulla fronte Kahori lascia da solo Tobio che, dopo aver bevuto tutto il tè, si sdraia chiudendo gli occhi.

Appena apre gli occhi Tobio comprende di trovarsi sul marciapiede, di notte, e lontano dall'ospedale.
Come diamine ho fatto ad allontanarmi così tanto senza che nessuno mi fermasse?” si domanda confuso ed osservandosi intorno.
Le strade sono deserte, non c’è anima viva, l’unica illuminazione è quella donategli dai neon dei negozi e dai lampioni.
Che ore sono? Possibile che non c’è nessuno?
Con le mani tasta il suo corpo per cercare il cellulare e si rende conto di non indossare il suo solito pigiama di pile con tanto di felpona ma vestiti differenti. Abbassa lo sguardo sul suo corpo corrucciando le sopracciglia e nota: un bomber lucido nero, dalla zip leggermente aperta si intravede un cardigan di lana pesante dello stesso colore del cielo notturno, jeans larghi e Converse nere nuove di zecca.
Il sentore che qualcosa non va gli allarma il cuore mentre avvicina una mano tremula al naso per constatare che non sia un’allucinazione.
Si volta lentamente e sfrutta una lastra di vetro di un negozio buio per specchiarsi. La visione di fronte a lui gli fa sgranare gli occhi: la sua pelle ha un colore roseo e sano invece che pallida e leggermente grigia, non porta gli occhialini al naso per respirare, i suoi vestiti sono all'ultima moda e, solo ora, nota un borsone da palestra sulla spalla sinistra.
Lo posa a terra, apre la zip per cercare qualcosa che lo aiuti a capire e lì scopra una tuta che non riconosce. Estrae una felpa rossa che cita “Japan National Teams”, le sue mani iniziano a tremare nel leggere quella scritta.

«Ma che significa…? Io ho smesso di giocare sette anni fa.» sussurra tra sé e sé.

Mentre ripiega la felpa pronto a metterla a posto nota una maglietta, dello stesso colore della felpa, col numero 20 e un paio di ginocchiere.

«Che sta succedendo…?»

Rimette frettolosamente la felpa nella borsa chiudendo la zip e col cuore ansioso cerca nuovamente il cellulare, trovandolo in una tasca della giacca.
Accende lo schermo trovando una sorpresa.

«Perché il blocco schermo è una foto di un pallone da pallavolo sul palmo della mia mano? Fino a stamattina c’era Shoyo.»

Tobio non fa in tempo ad assimilare queste nuove informazioni che il cellulare inizia a vibrare; il nome sullo schermo luminoso provoca una scossa di brividi lungo tutto il corpo e il nome del contatto è “Mamma”.
Con un profondo respiro prende coraggio e risponde.

«Pronto?»

La sua voce risulta più tremante di quanto volesse e per questo si maledice mentalmente, ma la sua interlocutrice non sembra essersene accorta.

«Tobiuccio mio!»

La voce squillante ed estasiata della madre fa sobbalzare Tobio preso alla sprovvista.

«Come sta il mio alzatore preferito? Sono andati bene gli allenamenti?»
Con la testa ancora frastornata si limita a mormorare un “”. È la prima volta che sua madre lo chiama di sua spontanea volontà e che dimostra interesse per la pallavolo.
«Non hai idea di quanto io e tuo padre siamo fieri di te per essere stato selezionato per giocare nel Japan National Team!» continua lei entusiasta. «Affrettati a venire a casa che ti ho preparato il tuo piatto preferito!»
«Il curry al maiale con uovo?»
«Esatto! Ti aspettiamo.»

La chiamata si conclude e Tobio si dirige a passo spedito verso casa con le strade ancora vuote.

Anche se sono passati anni non può dimenticare quella via, quel cancelletto in ferro battuto con al centro un cerchio ed un’enorme “K”. Il suo cuore batte con forza contro il suo petto impaurito e pare spingerlo ad abbassare quella maniglietta e camminare sul vialetto composto da piastrelle bianche che sembra spaccare in due il giardino tanto curato che circonda la casa.
Si ferma di fronte alla porta e si posa una mano sul petto sentendo la sua pelle fremere curiosa ma allo stesso impaurita dalle strane vibrazioni che aleggiano nell'aria. È come se ci fosse qualcosa che non va.
Allunga la mano verso la maniglia ma qualcuno lo precede aprendo la porta dall'interno.

«Eccoti Tobiuccio

Ad aprire è proprio la mamma che appena lo vede gli sorride e lo abbraccia.

«Eccoti finalmente!»
«Ciao mamma...»
Balbetta stordito da quella ventata di affetto da parte sua.
«Vieni dentro tesoro, tuo papà ci aspetta a tavola.»

Scioglie l’abbraccio e lo fa entrare mentre lei percorre il piccolo corridoio che porta verso il salotto. Tobio si toglie con cura le scarpe e nota una scarpiera trasparente con un nome di ogni membro della famiglia per ogni scomparto, posiziona le scarpe sotto il suo nome trovando le sue ciabatte. Posa il borsone accanto ad essa, appende la giacca e raggiunge il salotto ansioso come non mai.
Il primo che incrocia il suo sguardo è suo padre che gli sorride con occhi ricolmi d’orgoglio, gli stessi che non lo avevano mai guardato in quel modo, almeno fino ad ora.

«Bentornato a casa figliolo.»

La voce così felice di vederlo fa insospettire ulteriormente Tobio che si avvicina lentamente alla tavola.
Dove diamine sono capitato, in qualche universo parallelo o simile?!” pensa mettendosi seduto.

Tobio rimane con gli occhi bassi per tutta la cena confuso e disorientato mentre i suoi genitori parlano allegramente e lo riempiono di complimenti. È tutto fuori posto. Persino il curry ha un sapore differente.
Tutto questo è assurdo. Io ho smesso di giocare a pallavolo da anni, questi abiti non li sento miei, i miei genitori non si sono mai comportati così con me, nemmeno prima di sapere della mia malattia. E soprattutto: PERCHÉ IO SONO SANO E DOVE È SHOYO?!
Una voce angosciata lo strappa dai suoi pensieri.

«Tesoro stai bene? Hai mangiato a malapena.»

Il ragazzo alza velocemente il viso ritornando alla stramba realtà.

«O-oh… scusa mamma è che...»

Balbetta cercando di formare una scusa convincente.

«Non è buono abbastanza? Se vuoi ti preparo qualcos’altro.»
«No! No! È solo… solo che… s-sono un po’ stanco e vorrei andare in camera a riposare.»
«Oh, allora aspetta che ti mostriamo il nostro regalo.»
«Regalo? Per cosa?»
«È ovvio, no? Per essere stato selezionato.»
«Ma non dovevate...»
«Dovevamo eccome, invece.»
Insiste il padre posando una mano su quella della moglie e volta la sua attenzione altrove.
«Vieni pure!»

Dal corridoio da dove era arrivato Tobio, una piccola figura si avvicina ed il suo cuore salta un battito: Shoyo entra nella stanza con la pelle grigia, gli occhi spenti, gli occhialini a naso ed un pigiama sgualcito addosso.
Quella immagine lo devasta, il suo corpo si trasforma in un tremore unico e non riesce a staccare gli occhi, sgranati, da lui.

«Ti piace tesoro?»
«I-i-io… non… capisco...»
«Abbiamo comprato il tuo amico dall’ospedale, quello con la fibrosi cistica. Ne parlavi così tanto che pensavamo ti avrebbe fatto piacere.»
«Lo avete comprato…?»

Domanda con un soffio di voce.
Si alza in piedi e si avvicina al ragazzo con le gambe tremanti, prende le piccole e fredde mani di Shoyo tra le sue e le scalda. Cerca il so sguardo ma appena i loro occhi si incontrano, Tobio rabbrividisce: gli occhi di Shoyo sono spenti, privi di emozioni, vitrei. Sembra finto.

«Shoyo, amore mio, che ti è successo?»

Gli domanda addolorato osservando la sua figura.

«Perché hai lasciato che mi comprassero…?»
   
 
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