“Addio”. 

Kate non riusciva a smettere di tremare.

Avrebbe dovuto lasciar andare la cornetta.

Avrebbe dovuto trovare il bandolo della matassa. Perché Katarina non parlava più.

Katarina se n’era  andata.

E così avrebbe dovuto fare lei. Perché aveva promesso. Aveva promesso di sparire.

Per il bene di Katarina. Per il bene di Masha.

Masha, che lei non avrebbe dovuto amare.

Masha, con le guance paffute, il sorriso largo, la vocetta squillante.

Masha che le diceva “Giochiamo, Kate!” porgendole la sua bambola preferita. 

Masha, che non c’era più. E non c’era più Katarina.

Le restava solo il ricordo di una voce al telefono. Una voce spaventata. La voce di una donna braccata che la pregava di mettere al sicuro sua figlia. E poi sparire. Come avrebbe fatto anche lei. 

Ma lei era ancora lì, con il silenzio a farle compagnia. Niente più Katarina. Niente più Masha. No, non avrebbe dovuto amarle. Ma ormai era tardi. Ora sapeva cosa volesse dire perdere qualcuno. Ora sapeva cosa volesse dire perdere tutto. 

Ma Masha era al sicuro. E un giorno, forse…

Katarina era forte. Katarina era in gamba.

Katarina sarebbe sopravvissuta a tutto questo. E un giorno, forse, l’avrebbe vista tornare. Con i capelli rossi al vento, il sorriso scaltro e quel passo di una naturale eleganza. 

Kate lasciò andare la cornetta. Non poteva restare lì a compiangersi. Non era quello che avrebbe voluto Katarina. 

Doveva rimettersi in piedi e ricominciare da zero.

E un giorno, forse, sarebbero state di nuovo insieme. Lei, Katarina e Masha. Un giorno, forse…