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Autore: MollyTheMole    18/08/2023    0 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Londra, ore 06:30

 

La cappella era vuota. Ne aveva scelta una piccola, sobria e luminosa dove celebrare le esequie. 

Eric non aveva più una famiglia da tanto tempo. Da quando era rimasto solo, aveva seriamente cominciato a pensare alla morte. Ricordava ancora il giorno in cui le aveva detto di avere fatto testamento. Era una splendida domenica, uno di quei giorni piovosi, freddi ed umidi, che Danielle aveva cominciato ad apprezzare da quando lui era entrato nella sua vita. Era uno di quei giorni che passavano da soli, chiusi nel suo appartamento, di fronte al camino, a scaldarsi bevendo cioccolata calda, a leggere libri e ad ascoltare musica. A volte le aveva chiesto di suonare. Altre volte, avevano passato tutto il giorno a farsi le coccole, ed erano stati così impegnati da non rendersi nemmeno conto che il tempo passava, e che non ce ne sarebbe stato abbastanza né per la musica, né per il fuoco o la cioccolata.

Del resto, i momenti che passavano insieme non erano di certo pochi, condividendo il lavoro, ma quelli che potevano dire di essere veramente vissuti insieme si contavano sulla punta delle dita. Eric odiava vivere in quella clandestinità tanto quanto lei, e per questo, un giorno, Danielle aveva preso la decisione.

- Ci ho pensato.- gli aveva detto, mentre affettava una patata per il pranzo.- Ho avuto i miei giorni di gloria. Sono arrivata dove volevo arrivare. Sono all’apice della carriera e non potrei chiedere di meglio. Ho fatto qualcosa per il mio paese, posso dire di essere soddisfatta. Adesso, voglio la mia vita, e voglio viverla con te. Quale momento migliore per ritirarsi?-

Eric aveva insistito così tanto, ma non era riuscito a farla desistere. Per la prima volta nella sua vita, Danielle si era sentita piena, appagata.

- Chiuderò questa indagine, sbatterò in cella quella spia e ci sposeremo, come vuoi tu.- gli aveva detto. Poi si erano abbracciati, un bacio aveva tirato l’altro e al diavolo le patate al cartoccio.

Erano già d’accordo quando, un giorno, il suo Eric si era presentato alla porta con un piccolo plico di fogli in mano. Danielle era inorridita quando aveva letto quelle parole, ma lui era stato irremovibile.

- Non ho più nessuno, Danielle, soltanto te. Per questo volevo dirti che ho cambiato il mio testamento. Voglio che, nel caso in cui mi accada qualcosa, e con il nostro lavoro può succedere, sia tu a pensare al mio funerale, e che tutti i miei averi passino a te. Mi dispiace, non è molto, ma ti prego, fammi felice.-

Quel giorno l’aveva preso in giro, dicendogli che erano tutte fesserie e che non gli sarebbe accaduto niente.

Mai avrebbe pensato di doversi trovare a rispettare le sue volontà.

Il notaio era un uomo buono, che aveva acconsentito ad assecondarla nel divulgare una versione annacquata del contenuto del testamento. Così, Danielle si era fatta carico delle esequie, onorando la richiesta non del suo fidanzato, ma di un ottimo poliziotto e uomo di legge, fedele e ligio alle regole, che aveva richiesto l’intervento del proprio ispettore capo. I presenti sarebbero stati pochi. Il corpo di polizia al completo, che gli avrebbe riservato un dignitoso saluto, come si deve ad un uomo onorevole. Danielle non aveva voluto nemmeno i suoi genitori. La loro presenza sarebbe stata sospetta.

Era arrabbiata. Covava dentro un dolore immenso, che non riusciva a sfogare con le lacrime. Non aveva avuto il tempo di farlo. Troppe cose a cui pensare, troppe persone con cui fingere. 

Qualcuno, sicuramente, lo aveva capito. Di Evans era certa. Forse, pure Turner. 

Era arrabbiata perché non era libera di essere se stessa nemmeno al funerale del suo fidanzato. Doveva fingere, ancora, per fare contenti gli altri.

Avrebbe dovuto parlare, di lì a poco, come rappresentante di Scotland Yard e suo diretto superiore, ma non aveva parole. Aveva provato a scrivere qualcosa, ma tutto suonava vuoto, vano, senza senso. Suo padre era stato così gentile da scrivere il discorso per lei. 

Il suo Eric era anglicano. Ci teneva tanto, forse perché aveva perso così tanti cari da avere bisogno di credere. Danielle era indifferente nei confronti della religione, eppure aveva accettato di sposarsi in chiesa, con rito anglicano, come voleva lui. Per lei, non sarebbe comunque cambiato niente, ma lui era troppo buono, e non le avrebbe mai chiesto un simile sacrificio. Era stata lei a scacciare ogni paura, anche quella volta.

- Ma smettila, sciocco! Ci sono cose più importanti delle discussioni su formule diverse con cui i preti dicono le stesse cose!-

Che bel sorriso le aveva fatto, quel giorno. 

Uno degli ultimi.

La panca era fredda. L’aria tutta era fredda, ma a Danielle non importava. Era seduta accanto alla bara, ferma, immobile, a guardare l’altare e il crocifisso appeso al muro, i crisantemi bianchi lungo le scale. Aveva fatto aggiungere dei nontiscordardimé, i preferiti di Eric, quel piccolo tocco di blu, il colore dei suoi occhi, che rendeva la stanza meno asettica. L’unico sfizio che si era concessa. 

Poteva considerarlo il suo modo per dirgli che non l’avrebbe mai dimenticato.

Avevano discusso anche di questo, e Danielle quella volta si era arrabbiata parecchio. Era stata una giornata particolarmente brutta, in cui avevano dovuto raccogliere i resti di un operaio caduto sotto una locomotiva. Una vista che aveva scosso tutti, incluso il suo Eric.

- Danielle, che succederebbe se domani io non ci fossi più?-

Ricordava distintamente di averlo schiaffeggiato e di avergli intimato di non dirlo nemmeno per scherzo. Era stanca e con i nervi a pezzi, e quello che lui aveva detto dopo, risentito per quel gesto sgarbato, l’aveva ferita ancora di più.

- Se succedesse a me, io vorrei che tu continuassi ad essere felice. Sei quanto ho di più caro al mondo e questo è il mio unico desiderio. Sarei anche disposto a lasciarti andare, se questo facesse la tua felicità. Ecco, voglio che tu faccia proprio questo: se io dovessi morire, vai avanti. Dimenticami. Vivi la tua vita e il tuo futuro. Torna ad amare, anche se ciò significa che quel qualcuno che avrai accanto non sarò io. Non avrei mai la coscienza in pace se sapessi che, per colpa mia, hai smesso di sorridere.-

Ricordava di essergli corsa in contro, di averlo abbracciato forte e di avergli detto che non voleva nemmeno pensarci, e che non doveva farlo nemmeno lui perché non gli sarebbe mai successo niente. 

Non finché lei fosse stata in vita.

 

Quante parole, tutte vuote.

Quella sera, era stata una di quelle piene di coccole, in cui non c’era stato tempo per nient’altro.

E adesso lui era chiuso in una bara e tutto quello che le restava era una manciata di ricordi che riaffioravano nella solitudine e nel freddo di una cappella vuota.

Guardava impassibile l’altare apparecchiato e il crocifisso in legno dipinto appeso alla parete. Non aveva mai capito perché le persone avessero un bisogno così profondo di credere nella vita oltre la morte. Danielle era una mente scientifica e razionale, riteneva lecito dubitare di ciò di cui non si hanno le prove tangibili, proprio non riusciva a condividere la posizione di chi riteneva i dogmi della religione e la vita eterna un dato di fatto, un assioma certo, innegabile, assoluto.

L’aveva visto, fino ad un secondo prima che chiudessero la bara. Si era arrabbiata perché chi si era occupato del corpo non gli aveva pulito bene la bocca, che in parte era ancora sporca di sangue. Si era arrabbiata perché non si erano nemmeno degnati di chiudergli gli occhi. 

Lo aveva fatto lei.

Aveva preteso che indossasse la sua divisa migliore. Poi, di nascosto, aveva chiuso nella sua tasca una delle piccole croci di legno che il suo Eric teneva dentro il portamonete, e il suo bracciale di perle di fiume, per restare sempre con lui. 

Ad Eric erano sempre piaciute le perle. 

L’aveva visto, e lo aveva riconosciuto. Era il suo viso, i suoi capelli neri e i suoi occhi chiari, ma non era più lui. Quello era solo un guscio vuoto. Aveva perso la parte più bella, che sapeva veramente di Eric. 

Quella non c’era più, ma doveva pur essere finita da qualche parte.

E in quel momento Danielle aveva capito perché la gente aveva bisogno di credere nella vita oltre la morte, nel paradiso, negli angeli, nella resurrezione e via dicendo. Tutto ciò che di bello il suo Eric era stato, non poteva semplicemente essere sparito, volatilizzato con la rapidità di un colpo di pistola. Doveva pur essere da qualche parte. Non aveva ancora finito di fare del bene in questo mondo storto. 

Forse, o forse no.

Sentiva gli occhi bruciare, mentre guardava quella croce dipinta, e il solco delle lacrime, freddo nell’aria gelida e solitaria della cappella. 

Forse il suo Eric non era in quell’aldilà che tutti si immaginano. Nessuno sa che cosa sia la vita oltre la morte, e in quel momento a Danielle non interessava sapere i dettagli, ma era certa che, da qualche parte, lui ci fosse ancora, magari in quel posto per il quale aveva sempre pregato, con la sua famiglia, in pace e felice, e sperava che continuasse a fare del bene, come aveva sempre fatto in tutta la sua vita.

E a lei? Che cosa sarebbe toccato a lei?

Niente. Nemmeno il denaro. Del resto, non le era mai interessato. Aveva fatto in modo che quel patrimonio che lui le aveva lasciato venisse destinato a qualcosa di utile. 

I bambini dell’orfanotrofio di San Patrizio, forse, avrebbero detto una preghiera per lui.

Per sé aveva tenuto solo il suo orologio da tasca, a carica, e un mare di ricordi, splendidi, che l’avrebbero accompagnata fino al momento in cui sarebbero stati di nuovo insieme da qualche parte, in qualche modo, in qualche forma.

- Non so se riuscirò a mantenere quella promessa, sai?- disse, d’un tratto. 

Le giunse l’eco della sua stessa voce che rimbalzava sulle pareti candide. Si sentiva una sciocca a parlare da sola, ma, in fondo, non era poi così sicura di essere sola.

Non ancora.

- Ti avevo promesso che sarei andata avanti, che non avrei mai smesso di sorridere. Non so se riuscirò a mantenere quella promessa. Ad oggi, mi sembra che niente possa farmi sorridere di nuovo. Eri la mia vita. Non può esserci altro là fuori di così interessante da farmi cambiare idea. 

Ti avevo anche promesso che avrei chiuso l’indagine e sbattuto in galera la talpa, assieme a Gordon Van Allen. Ti avevo promesso che niente ti sarebbe accaduto finché io fossi stata in vita. Ho chiuso l’indagine, la talpa è morta e non potrà più dirmi niente per prendere Van Allen, e tu non sei più qui con me. Non so che cosa tu sia, ma non ci sei più. Sono pessima a mantenere le promesse. 

Tu illuminavi il mio mondo. Tu sapevi farlo brillare perché avevi la speranza, il sogno di qualcosa di bello, in questa vita e nell’altra, e io non posso fare altro che fare ciò in cui tu speravi. Tu volevi che io fossi felice, e ti prometto che ci proverò, che farò di tutto per esaudire il tuo desiderio. Ma non ti dimenticherò. Questo no, mi dispiace. So che te lo avevo promesso, ma era una bugia detta a fin di bene, per farti smettere di parlare di cose che non volevo nemmeno sentire. Non ti posso dimenticare. Non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme. Tu sarai sempre con me. Anche quando sembrerà che non ti pensi, in verità sarai sempre presente in un angolo della mia mente e del mio cuore, e tutto il bene che farò nella mia vita, sarà solo perché tu mi hai insegnato che cosa significa amare.-

Si era alzata senza rendersene conto e si era avvicinata alla cassa di legno chiaro coperta di fiori. La luce delle finestre la illuminava delle prime luci dell’alba. 

Poggiò le mani ai piedi della bara e fissò il crocifisso di legno dipinto. Pensò che se ci aveva creduto il suo Eric poteva farcela anche lei, anche se a modo suo.

- Però oggi ti voglio promettere un’altra cosa. Ti voglio promettere che non permetterò a nessun altro di provare quello che sto provando io oggi. Non lascerò che venga strappato il cuore dal petto ad un altra persona, una donna, una mamma, una moglie o una figlia, un figlio o chi altri per loro. Non so quando e non so come, ma io non avrò pace fino a che non avrò incastrato Gordon Van Allen e non gli avrò dato quello che si merita. Non è vendetta, no. Non l’avresti mai voluto e io non intendo farlo, ma non posso permettere che questa persona continui a decidere della vita degli altri. Non posso restare a guardare mentre decide chi vive o chi muore, come se fosse Dio. Non è vendetta. Lo sarebbe se volessi metterlo a tacere per sempre perché lo odio. Non lo negherò, lo odio profondamente, ma non lo faccio per soddisfare il mio istinto. Lo faccio per te. Perché eri tanto buono e non ti meritavi niente di tutto questo, e molte altre persone come te, forse, non se lo meritavano, ma l’hanno subìto lo stesso. Questo deve finire.-

Stingendo forte le mani attorno agli angoli della bara, Danielle pronunciò la promessa che, lo sapeva, l’avrebbe accompagnata per tutta la vita.

- Io troverò Gordon Val Allen, e non avrò pace fino a che non l’avrò consegnato alla giustizia.-

  
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