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Autore: syila    31/08/2023    2 recensioni
Quando il mondo di Alaric Lafayette va in pezzi, il piccolo apprendista perde i pochi punti fermi che ogni bambino ha diritto di avere e non cambia nulla il fatto che sia un mago, discendente da una stirpe di maghi.
Sballottato da un tutore all'altro cresce nell'impossibilità di elaborare il suo trauma e il dolore si tramuta in una personalità spinosa e ribelle, che gli si ritorce contro e lo tiene a distanza dai suoi simili.
Tuttavia un angelo custode in camice bianco e una "maga madrina" molto sui generis sono pronti a tirarlo fuori dal suo pantano emotivo, perché a volte l'incantesimo più efficace non si ottiene agitando una bacchetta, bensì afferrando una mano tesa.
|Prequel di Una storia di Yin e Yang|
|Questa storia partecipa al "PTSD Awareness Contest indetto da Spoocky sul forum di EFP"|
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Bagliori d'Oriente'
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Engramma

“Traccia mnemonica che si forma nel sistema nervoso in seguito all’esperienza e all’apprendimento.”


La sera stava arrivando in punta di piedi nelle campagne intorno a Gordes: il viola del cielo ammantava le colline e le antiche pietre del paese fino ai fondersi coi campi di lavanda.
Gli stormi di uccelli tracciavano le ultime basse parabole nell'aria tiepida di Giugno e all'affievolirsi delle loro strida faceva contrasto il crescendo delle cicale.
Il profilo rustico della cascina era immerso nell'ombra e partecipava alla pace di quell'ora color indaco, sospesa tra il crepuscolo e la notte.
O almeno ne partecipò finché il tramestio di una corsa frenetica irruppe sul sentiero ghiaiato e fece franare rumorosamente i ciottoli.
Subito dopo il lampione solitario posto a guardia del cortile inquadrò una sagoma mingherlina, che s'infilò nel portone e lo chiuse con un calcio tutt'altro che poetico.
Le finestre s'illuminarono in sequenza dal piano terreno al sottotetto, seguendo il tono imperativo di una voce squillante: "Nonno, nonno! Dove sei?"
Non trovando soddisfazione la voce e il suo proprietario fecero il percorso a ritroso e irruppero nel seminterrato, per portare caos e disordine nell'unica oasi di quiete ancora inviolata: il laboratorio del padrone di casa.
“Nonno!” esclamò eccitatissimo Alaric.
L'interpellato, di spalle, rispose con un brontolio distratto.
“Domattina mangeremo crêpes a colazione!”
Il nuovo arrivato si avvicinò al banco da lavoro e vi posò con estrema delicatezza un involto, che una volta aperto si rivelò essere una maglietta dentro la quale erano state sistemate una mezza dozzina di uova.
Lo sguardo di Pascal Lafayette abbandonò la complessa opera di intaglio a cui si stava dedicando e transitò dal “bottino” al nipote, scoprendolo pieno di paglia, graffi e lividi.
“Sei andato di nuovo nel pollaio della signora Tuissant.”
Il colpevole esibì un sorriso orgoglioso ed indicando con enfasi il frutto della sua malefatta esclamò: “Sono ancora tiepide, quella strega non te le vende mai fresche di giornata!”
Pascal fu costretto a convenire; pagava le uova della vicina a peso d'oro e lei trovava sempre il modo di rifilargli quelle della settimana prima, pensando che un parigino non distinguesse un uovo da un sasso e lui glielo lasciava credere.
Era un bene che la signora Tuissant ignorasse sia la loro identità che il contenuto del laboratorio nel seminterrato, anche se l'aveva già pizzicata un paio di volte a curiosare nel cortile sul retro, con la scusa di portargli un cesto di verdura.
“Ragazzino avevamo già affrontato l'argomento: rubare è sbagliato e non perché lo dicono il Vangelo, la Bibbia o il Codice Penale...”
“Questo non è rubare!” lo interruppe Alaric “È rientrare delle spese!”
L'anziano fissò sbalordito il moccioso decenne davanti a lui.
“Dove diavolo hai imparato il marketing aziendale?”
“Su internet! Ci sono un sacco di tutorial interessanti!”
“Noi abbiamo internet?” chiese l'anziano massaggiandosi la fronte, nel tentativo di estrapolare l'informazione.
Il nipote spostò i fogli del progetto a cui stava lavorando e recuperò un portatile impolverato, che aveva visto tempi migliori.
“Oh, quello!”
“Lo hai comprato per fare didattica a distanza, o almeno così hai detto al responsabile scolastico dell'arrondissement*, scommetto che non sai nemmeno come si accende...”
Pascal si strinse nelle spalle.
“Sei sveglio e intelligente, non ti serve la scuola, né tanto meno questo... internet; rimbambisce i ragazzini e spesso anche gli adulti, basto io ad insegnarti tutto ciò che serve.”
“Tranne il marketing aziendale!”
“Vuoi sempre avere l'ultima parola, sei proprio tale e quale a tuo padre.”
Il nonno lo sgridò senza troppa convinzione, poi posò il mezzo sigaro sul bordo del tavolo e andò in cerca della cassetta del pronto soccorso.
Alaric era fin troppo sveglio per la sua età e presto o tardi si sarebbe messo nei guai, quel genere di guai che non si risolvevano con una denuncia e una foto segnaletica.
Il bambino dal canto suo incassò il rimprovero con un sorriso fiero, come accadeva ogni volta che il nonno lo paragonava ai genitori.
“Quindi è una cosa buona se somiglio a papà!”
“Tuo padre sarebbe tornato con dodici uova e il galletto da fare al forno!”
“Prendo appunti per la prossima volta...”
“Non ci sarà una prossima volta!” esclamò l'anziano esasperato “Vuoi che il marito della Toussant ti prenda a fucilate? Devo restituirti intero alla tua famiglia!”
“Ci sono notizie da Theia? Hai forse saputo quando torneranno?”
Pascal placò l'entusiasmo del nipote con una ruvida carezza, finendo per scompigliare del tutto lo spinoso cespuglio di capelli castani che aveva in testa.
“Nessuna novità e non me ne aspetto, quegli inutili ciarlatani sono tutti burocrazia e belle parole.” rispose, mentre con fare pratico ripuliva e disinfettava le ferite di Alaric “ Io ho fiducia nelle capacità di Gaby e Laurent, troveranno il modo di salvarsi da soli. Aspetto il momento in cui si presenteranno davanti al Consiglio e prenderanno a calci in culo quelli che ridevano delle loro teorie.”
Il bambino annuì convinto.
“Certo, stiamo parlando di mamma e papà; presi singolarmente sono dei bravi maghi, ma insieme sono una forza inarrestabile!”
Alaric era troppo piccolo per ricordarseli, era stato lui a farglieli conoscere attraverso i ricordi e gli aneddoti della loro giovinezza.
I genitori glielo avevano affidato che a malapena gattonava, prima di partire per un viaggio di ricognizione oltre il Vuoto, in cerca di un passaggio sicuro tra le dimensioni oltremondane.
Un incarico di alcuni mesi, un anno al massimo, invece i contatti si erano interrotti dopo poche settimane e i loro nomi erano finiti nell'elenco dei dispersi; un favore che il Consiglio di Theia aveva fatto all'anziano maestro Lafayette, per evitare di dichiararli caduti in missione.
I maghi talvolta potevano tornare dalla Morte, dal Vuoto nessuno era mai tornato.
Pascal guardò il nipote e sospirò; a volte dimenticava che davanti a lui c'era un solo ragazzino senza genitori.
“A cosa stai lavorando?”
La domanda gli rammentò che il suddetto ragazzino era curioso, spericolato e amava pasticciare con la magia creativa.
“Niente su cui tu possa allungare le mani!” esclamò, sottraendogli al volo uno dei pezzi del suo progetto “ Assemblare un Richiamo per Fate non è un gioco, la magia fatata è molto instabile. Accendi quel catorcio e comincia ad archiviare i disegni tecnici, se proprio vuoi aiutarmi!”
Alaric sbuffò e accese il portatile di malavoglia, poi cominciò a riordinare i fogli; quando strofinava l'indice sulla firma del progettista l'intero disegno si staccava dalla carta e si smaterializzava, comparendo subito dopo come file disponibile a monitor.
“Tua madre ha sempre avuto il pallino della tecnologia... L'inchiostro codificabile è uno dei suoi lavori migliori.” disse Pascal, provando a rabbonirlo.
Il nipote lo snobbò, chiaramente offeso dall'assegnazione di un compito che reputava troppo semplice.
“Avrà fatto molti test prima di metterlo a punto, io invece arriverò alla tua età archiviando ancora i progetti altrui.”
“L'archivista è un ruolo di grande responsabilità!”
La risposta gli costò un'occhiataccia e l'anziano mago fu costretto a capitolare.
“Forse ho un incarico più importante per te, ma niente iniziative personali, va bene?”
“Soldato Lafayette agli ordini!” esclamò il ragazzino scattando subito sull'attenti “Cosa dobbiamo fare?”
“Verifichiamo che questo arnese funzioni, lo portiamo al cliente, poi andiamo al mare; meritiamo entrambi una vacanza ed è meglio che la Toussant non ci veda in giro per qualche giorno!”



Pascal cominciò il test pizzicando le sottili lamine metalliche dello strumento.
Il Richiamo per Fate era molto simile ad una kalimba* africana, ad esclusione dei raffinati intagli sulla cassa armonica, decorati con rune celtiche e la preziosa lega di elettro con cui erano state forgiate le lamelle.
Se fosse stato assemblato correttamente avrebbe attirato le presenze fatate dei dintorni.
Alaric aveva l'incarico di censirle e poi allontanarle con una bacchetta di sorbo, prima che le petulanti impiccione mettessero a soqquadro il laboratorio.
All'inizio non accadde nulla e la delicata melodia continuò a fluire dalle dite del mago con un ritmo dolcemente ipnotico.
“Quell'affare invece di attirare le fate concilia il sonno...” sentenziò il nipote al termine di un lungo sbadiglio.
“I miei artefatti ti hanno mai deluso? Abbi un po' di pazienza.”
Trascorsi alcuni minuti un bagliore solitario transitò davanti alle bocche di lupo, che garantivano al seminterrato il ricambio d'aria; Alaric pensò ad un riflesso, tuttavia quando i fuochi eterei cominciarono ad affollarsi davanti ai vetri smise di considerarli una coincidenza.
“Sta funzionando!”
Pascal, concentrato sullo strumento, non rispose.
Nel frattempo i globi di luce, dopo alcuni tentativi, trovarono il modo di entrare e il giovane Lafayette si trovò a gestire un'invasione.
Provò ad allontanare le fate con la bacchetta di sorbo e le minuscole creature si accorsero subito che era maneggiata da un mago inesperto, quindi smisero di prestargli attenzione e si sparpagliarono nel locale, saturando l'ambiente di polvere fatata.
“Nonno aiutami, non se ne vanno!”
Dieu du monde! Da dove arrivano tutte queste sidhe*” esclamò nel momento in cui le più audaci si posarono sul tavolo.
Non attese una risposta, abbandonò la sua postazione e raggiunse il nipote, a cui requisì la bacchetta.
“Da' qui, adesso ci penso io.”
Le fate intanto avevano cominciato a manifestare insofferenza ai molti oggetti in ferro presenti nel laboratorio, quel metallo infatti era il loro punto debole, come l'argento lo era per i lupi mannari.
Le creature, assai infastidite, sciamavano con un ronzio basso e minaccioso, simile a quello prodotto da un alveare molestato incautamente.
Una scintilla, forse generata dal sigaro del mago, forse dal cannello a gas ancora acceso, si propagò per contagio nella polvere fatata in sospensione, che si accese scoppiando col secco crepitio dei petardi.
“I progetti!”
Alaric si precipitò verso il bancone, intenzionato a sottrarre al fuoco i preziosi disegni.
“Lascia perdere i progetti, esci subito! Hanno innescato una reazione a catena, è troppo tardi per tentare di allontanarle!”
Lui obbedì d'istinto all'ordine, però una volta imboccate le scale si accorse che l'altro non lo aveva seguito.
Tornò di sotto e provò ad avanzare alla cieca in quella densa mistura tossica, finché una sagoma emerse dalla cortina di fumo e lo afferrò per la vita.
“Diavolo d'un moccioso ti avevo detto di uscire!”
“Cosa stai facendo ancora qui?” strillò il ragazzino terrorizzato.
“Forse posso salvare qualcosa e recuperare le ricerche dei tuoi genitori!”
“Chi se ne importa delle ricerche, vieni fuori con me!”
Alaric percepì uno spostamento d'aria e, mentre il suo corpo abbandonava il suolo, realizzò che il nonno lo aveva scagliato in direzione delle scale usando un incantesimo.
Provò ad aggrapparsi al corrimano, poi allo stipite della porta, ma la magia aveva annullato la forza d'inerzia imprimendo velocità al lancio e venne trascinato verso l'esterno senza potersi opporre.
Il successivo impatto contro il portone di casa e quello ancora più violento sulla ghiaia del cortile gli annebbiarono i sensi.
Tentò di alzarsi e scoprì di non riuscire a mantenere l'equilibrio a causa della pressione, che propagandosi dal sottosuolo stava generando un terremoto.
Si mosse allora a carponi e trovò riparo dietro ad un abbeveratoio in pietra da cui osservò sgomento le spesse mura dell'antico casale contrarsi verso l'interno, come se l'edificio stesse trattenendo il fiato.
L'energia accumulata venne rilasciata all'istante tutta insieme, sventrando le pareti e scaraventando in aria sassi, detriti e spezzoni di travi in fiamme.
L'onda d'urto lo strappò dal suo rifugio e fortunatamente perse conoscenza; non vide la voragine infernale in cui stava precipitando tutta la vita che amato e conosciuto fino a quel momento.



“In quindici anni di servizio ho affrontato ogni tipo di calamità: alluvioni, incendi, valanghe, frane, ma niente che fosse in grado di lasciare un cratere così profondo...”
“Sembra una zona di guerra... Cosa nascondeva il vecchio nel seminterrato?”
“Magari loro posso dircelo.”
Il vigile del fuoco indicò un gruppetto di persone, che stazionava appena oltre il perimetro del nastro usato per delimitare il luogo dell'incidente e insieme al collega li raggiunse.
La chiamata d'emergenza aveva descritto uno scoppio potentissimo e di conseguenza si era mobilitata mezza caserma.
Sul posto avevano trovato due pattuglie della gendermerie locale a cui si erano aggiunte un'ambulanza e un'auto medica; era venuto anche l'elisoccorso abilitato al volo notturno da Aix en Provence.
Si aspettavano vittime, macerie e strutture pericolanti, invece avevano trovato un'enorme buca da cui spuntavano alcuni mozziconi di muro e qualche palo annerito.

“Il signor Lafayette era un artigiano in pensione, vi risulta che lavorasse ancora?”
Uno degli agenti stava raccogliendo informazioni da quelli che si erano qualificati come amici di vecchia data della vittima.
Erano arrivati subito dopo il fatto, quando ancora stavano mettendo in sicurezza l'area, giustificando la loro presenza con la consueta partita a carte che li riuniva una volta alla settimana al casale di Pascal.
Solo una fortunata causalità li aveva salvati da una tragica fine.
“Nel suo caso non parlerei di lavoro agente, lui lo faceva per passione; restaurava vecchi mobili, qualche orologio... era un vero artista, avrebbe dovuto vedere le sue creazioni!” rispose un omone sulla sessantina, che a dispetto dell'età e della corporatura piangeva come un bambino.
“Adesso non è rimasto più niente...” gli fece eco una distinta coetanea, parimenti provata, tamponando le lacrime con garbata eleganza.
“Quindi il signor Lafayette teneva in casa dei materiali pericolosi?” chiese il pompiere, dopo un cenno di saluto ai gendarmi.
Gli interpellati si scambiarono delle occhiate e la donna rispose a nome di tutti.
“Non siamo degli esperti, però nel laboratorio abbiamo visto barattoli di vernice, cera, trementina, lacche... insomma le cose utili al suo mestiere.”
All'interlocutore venne spontaneo pensare che nemmeno una cisterna piena di trementina avrebbe causato un simile disastro, una bomba inesplosa della Seconda Guerra Mondiale o un deposito di nitroglicerina erano ipotesi assai più verosimili; malgrado ciò quell'importante considerazione scivolò via dalla sua mente insieme ai dubbi, come una goccia d'acqua sul petalo di un fiore.
Il resto del colloquio fu dedicato alle formalità burocratiche verso le quali il gruppo si mostrò molto collaborativo; gli agenti presero le loro generalità, poi si allontanarono per stilare un primo rapporto e confrontarsi coi paramedici, occupati ad assistere e medicare l'unico sopravvissuto.

“Manderanno i tecnici per i rilievi e gli agenti della scientifica...”
“Non troveranno niente. Controllati maestro Thibaud per l'amor di Dio, non sei più un apprendista coi calzoni corti!”
Lontano da orecchie indiscrete l'amabile signora in lacrime rivelò ben altra tempra nel redarguire aspramente l'uomo al suo fianco.
“Cercheranno tracce di esplosivi, residui di innesco e il punto in cui si è originato l'incendio, non hanno idea di come funzioni una deflagrazione magica, né che la polvere fatata sia un materiale altamente infiammabile; vogliono fatti, prove da repertare, non inseguiranno le fatine delle favole.”
“Tuttavia erano sospettosi e prevenuti, forzare le loro serrature mentali e riplasmarne le priorità ha richiesto uno sforzo maggiore del previsto...” specificò una voce maschile, che apparteneva ad una presenza così poco appariscente da risultare quasi indistinguibile rispetto alla siepe a cui era addossata.
“Ti pagheremo lo straordinario.” lo rimbeccò la donna.
“Bada che il mio onorario è molto alto...”
“Dovremo aspettare che se ne vadano per setacciare la zona e bonificarla da eventuali artefatti magici.” suggerì il quarto membro dell'insolito gruppo.
Anche lui era molto avanti negli anni, ma i tratti asiatici conferivano al suo viso una levigatezza senza tempo.
“Quelle bastarde luccicanti hanno fatto sprofondare l'intero edificio, percepisco a malapena i residui delle energie eteree. Cosa può essere rimasto?”
“Stiamo parlando di Pascal Lafayette, sono disposto a scommettere tutto il mio Bestiario Celeste che ha trovato il modo di salvare qualcosa...”
“A parte suo nipote?”
L'attenzione del quartetto si spostò verso l'ambulanza parcheggiata nel cortile.
“È necessario prenderlo in custodia.” dichiarò colei che era evidentemente a capo del gruppo.
“Lo dobbiamo a Pascal, merita l'opportunità di diventare un bravo mago, come suo nonno.” convenne Thibaud, tirando su col naso.
“Il karma si sta accanendo contro quel povero bambino: prima i genitori, poi il vecchio maestro Lafayette, è nostro dovere aiutarlo.” confermò l'asiatico.
“Vi siete rincitrulliti respirando la polvere di fata?”
Ancora una volta l'inflessibile signora li richiamò all'ordine.
“Il ragazzino va messo sotto stretta osservazione, dopo un simile disastro non possiamo permetterci che lo vedano al telegiornale, in qualche salotto televisivo o peggio in quella fogna virtuale che definiscono... social network.”
“Sei una vera strega, lo sai? ” le fece notare la presenza defilata, permettendosi un tono molto confidenziale, a differenza dei suoi compagni “Hai intenzione di torturarlo o buttarlo in una segreta finché non confesserà com'è morto suo nonno?”
Il silenzio prolungato dell'interpellata instillò nei presenti il dubbio che ci avesse pensato davvero.
“Paredra* Theofano...” continuò l'altro, senza più traccia di ironia “Il fatto che tu sia vicina ad alcuni consiglieri di Theia non ti autorizza ad agire in modo arbitrario; recuperiamo il ragazzo e lo portiamo al sicuro, infine bonifichiamo la zona e cancelliamo le ultime tracce sospette.”
La donna abbozzò.
“Anche io dovevo dei favori a Pascal, non sono così priva di scrupoli come credete, inoltre il giovane Lafayette può essere una risorsa preziosa per la nostra comunità. Abbiamo un piano, seguiremo quello, ci sarà tempo per indagare sull'incidente.”



Il mondo visto attraverso il lampeggiante blu aveva un'incredibile proprietà agli occhi di Alaric: appariva e scompariva in base agli intervalli di luce.
Ad affascinarlo non erano tanto le caratteristiche dell'oggetto, quanto i suoi effetti: nel momento in cui il mondo entrava nella zona buia cessava di esistere.
Appena oltre il freddo alone al neon che delimitava il retro dell'ambulanza la realtà piombava in una tenebra popolata da forme indistinte e suoni lontani.
“La saturazione è 99 su 100, ottimo.”
“Tieni la maschera dell'ossigeno ragazzo... Come hai detto che ti chiami?”
“Non l'ha detto, io ho guardato il rapporto della gendarmerie, si chiama Alaric.”
“Bene Alaric: tieni la maschera e respira piano, intesi?”
Quando il mondo rientrava nella lama di luce assumeva una dolorosa consistenza, costringendolo a respirare dentro una mascherina di plastica e a subire le assillanti attenzioni dei paramedici.
L'intenso blu elettrico evidenziava anche dettagli sgradevoli sui quali non voleva soffermarsi, come il gruppetto di persone ferme davanti al cancello d'ingresso e faceva spiccare vistose mancanze, a cominciare dal profilo rassicurante del vecchio casale.
C'era un collegamento tra la loro presenza e la scomparsa di casa sua, ne era consapevole, ma si rifiutava di accettarne le inevitabili ripercussioni.

“Come sta?”
“A parte una leggera intossicazione ed alcune abrasioni superficiali non abbiamo riscontrato lesioni importanti; nessun trauma cranico o schiacciamento toracico, nessuna emorragia in corso, nemmeno una costola fratturata o un polso slogato. È uscito praticamente indenne.”
Seguì una pausa di silenzio in cui l'spettore Clérissy prese atto delle sue condizioni.
“Vorrei fargli qualche domanda se fosse possibile, poi ci sarebbe la situazione familiare da definire: i genitori risultano irreperibili e non ha altri parenti prossimi; aspettiamo il vostro rapporto per allertare i servizi sociali.”
“In realtà qualcuno li ha già chiamati e abbiamo ricevuto direttive dall'alto.” rispose il coordinatore dell'equipaggio, mostrandogli una mail dal tablet “Stiamo attendendo il nulla osta per portarlo direttamente alla Clinica Villa Christi di Avignone.”
L'ufficiale la scorse in fretta quindi spostò lo sguardo sul ragazzino, seduto nel retro dell'ambulanza.
“Hanno fatto in fretta.”
“Quando sei amico di San Pietro le porte del Paradiso si aprono subito...” confermò il paramedico.
“Villa Christi non è una specie di posto esclusivo per ricchi depressi?”

“La denominazione corretta è Centro Specializzato in ricerca e trattamento delle malattie neuro degenerative e delle patologie psichiatriche.”
Entrambi furono colti di sorpresa da quell'intromissione e si girarono verso l'intruso, che si era avvicinato senza farsi notare.
“Lei non è autorizzato a stare qui.” lo ammonì l'ispettore.
“Oh, giusto, uno dei suoi agenti al cancello mi ha detto che potevo passare; avete già ricevuto la mail dal Dipartimento di Tutela dei Minori, vero? Sono il Direttore Sanitario di Villa Christi e vorrei sincerarmi delle condizioni del bambino.”
Clérissy lo studiò con maggiore attenzione; mentre interrogava gli amici della vittima si era a malapena accorto di lui e per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare il suo cognome.
Anche adesso, osservandolo intenzionalmente, gli era impossibile focalizzarsi sui tratti del viso o i dettagli della corporatura.
L'impressione generale era di un uomo sulla cinquantina, ben vestito e affabile; informazioni generiche, del tutto inutili se avesse voluto tracciare un identikit.
Attribuì l'offuscamento delle sue doti investigative alla stanchezza e al fatto di essere in turno da più di ventiquattr'ore.
“Quindi Dottor...”
“Professor Giordano Casati Gioia.” specificò l'interpellato, porgendogli un sorriso educato insieme al suo biglietto da visita.
L'ispettore lo prese e gli sembrò assai più reale della figura che aveva davanti.
“Professore.” convenne dopo aver letto i suoi titoli “Assumerà lei la tutela legale di Alaric Lafayette?”
“È la richiesta che ho avanzato al Dipartimento per i Minori, certo di adempiere alla volontà di Pascal.”
“Il signor Lafayette aveva espresso delle volontà a riguardo?”
“Non attraverso scritti olografi o disposizioni testamentarie, che anche se ci fossero state sarebbero polvere ormai... però Pascal ne aveva parlato occasionalmente durante le nostre riunioni.” la voce dell'uomo ebbe un fremito di commozione “Seduti sotto un grande portico, con una bottiglia di vino, della bella musica e questo panorama viene spontanea qualche riflessione profonda sulla vita; il mio buon amico era già molto avanti con gli anni e si preoccupava per il nipote, capisce cosa intendo?”
In circostanze normali Clérissy non l'avrebbe tirata tanto per le lunghe, in base alla sua esperienza coi criminali, i soggetti troppo loquaci erano sospetti.
Tuttavia c'era un sottofondo emotivo nel discorso di quell'uomo, che lo rendeva partecipe della disgrazia toccata al signor Lafayette e a suo nipote.
La stanchezza lo spingeva di nuovo ad abbassare la guardia; doveva evitare un coinvolgimento, tuttavia non aveva argomenti per impedirgli di vedere il bambino e alla fine decise di appellarsi alle sue qualifiche professionali, per salvare apparenza e sostanza.
“Lui è l'unico testimone oculare dei fatti e la sua specializzazione medica potrebbe essere d'aiuto; le vittime di incidenti spesso sono traumatizzate dall'esperienza vissuta.”
L'altro annuì e lo seguì di buon grado.

Il ragazzo li vide materializzarsi nella lama di luce blu e il suo sguardo stanco si posò su entrambi, senza manifestare particolari emozioni.
“I paramedici mi hanno detto che stai meglio Alaric, te la senti di rispondere a qualche domanda?” iniziò l'ispettore, cercando un approccio che non lo intimorisse “Ho portato una persona che voleva vederti, ti ricordi di lui?”
L'interpellato abbassò la mascherina e rispose un fiacco: “Tonton* Jourdain.”
“Si, si!” esclamò il medico “Naturalmente lo pronuncia alla francese, ma sono io e ci sono anche Tantine*, Thibi e Shushu!”
“Il nonno è morto, non potrete più giocare a carte insieme, mi dispiace.”
Una constatazione così lapidaria suonò spaventosa alle orecchie dell'ufficiale, che si girò verso il suo accompagnatore e lo fissò sconcertato.
L'espressione del professor Casati Gioia, al contrario, era impenetrabile.
“Vuoi raccontarci come hai trascorso la giornata di oggi?” chiese.
Alaric tacque e sembrò estraniarsi per qualche istante, poi iniziò a formulare l'elenco della normale giornata estiva di un bambino di dieci anni.
“Prima di cena ho portato al nonno le uova della signora Tuissant, lui stava... lavorando... volevo aiutarlo... C'era della polvere... no... del fumo... Lui mi ha spinto, no, portato fuori ed è tornato giù nel laboratorio e poi... poi...”
“Direi che per ora può bastare, mi sei stato di grande aiuto.”
Clérissy lo interruppe quando vide che si stava agitando.
“Sei stato molto bravo.” confermò il medico “Non sforzarti e non preoccuparti, verrai a stare da me nei prossimi giorni e potrai giocare con Cabaletta e Codetta.”

Nonostante il professor Casati Gioia fosse un mentalista di alto livello, aveva incontrato molte difficoltà a filtrare e correggere i pensieri che aveva intravisto nella mente sconvolta del ragazzino; sarebbe stato un problema per entrambi se fossero usciti dalla sua bocca come un fiume in piena.
In tal senso influenzare le emozioni dell'ispettore era stata la scelta giusta e gli aveva risparmiato la fatica di scardinare anni di sovrastrutture analitiche, allenate all'indagine e alla diffidenza; chi era in preda all'emotività, infatti, tendeva a compiere scelte meno razionali e meditate.
Approfittò della suggestione che esercitava ancora su di lui per limare i dettagli: lo rassicurò sull'eccellenza della clinica e gli offrì la più ampia collaborazione sul caso.
Quando si salutarono l'ispettore era assolutamente convinto che il bambino fosse estraneo ai fatti e che metterlo sotto la tutela di un rinomato psichiatra lo avrebbe aiutato a superare l'esperienza traumatica.
Il medico non era sicuro che con Alaric le cose sarebbero state altrettanto facili.
Il seme del senso di colpa per l'incidente occorso a Pascal aveva già attecchito, inoltre il suo inconscio aveva opposto una disperata resistenza, impedendogli di vedere chiaramente cos'era successo davvero nel seminterrato.
Teophano non doveva scoprirlo subito, tuttavia prima o poi ne avrebbe chiesto conto e se il moccioso fosse risultato un problema quelli del Consiglio lo avrebbero eliminato senza esitazione.



Il tragitto verso Avignone attraversò uno spazio sospeso tra collane di lampioni sfocati e lunghi intervalli vuoti.
I vetri satinati dell’ambulanza scioglievano i contorni del paesaggio sul quale stava sorgendo l’alba e allo stesso tempo impedivano ai suoi pensieri di trovare degli appigli, disponendosi in uno schema coerente.
La sua coscienza fluttuava sul confine sottile tra un abisso fatto di paure senza nome e priorità contingenti, delle quali anche un bambino di dieci anni era consapevole: non aveva più una casa, i suoi genitori erano persi chissà dove e lo avevano affidato ad una persona della quale conosceva poco o nulla.
Sarebbe andato d’accordo con lui?
Se in futuro lo avesse offeso o deluso si sarebbe trovato in mezzo ad una strada o qualcuno tra i maghi lo avrebbe protetto?
Il portellone dell'ambulanza si aprì e fece uscire Alaric insieme al suo carico di dubbi, angosce e paure.
All'arrivo erano pronti ad accoglierlo un paio di robusti barellieri seguiti da un'infermiera premurosa e sorridente, che spingeva una sedia a rotelle.
Tra loro solo il professor Casati Gioia percepì il suo imminente crollo emotivo.

“Perché siamo qui?”
“Ti avevo detto che avresti alloggiato da me e...”
“Questa non è casa tua! È un'ospedale! Un ospedale psichiatrico!” lo interruppe il ragazzino, indicando il nome della clinica serigrafato sulle vetrate dell'accettazione.
Alaric, come diceva sempre il nonno, era un tipo sveglio; sapeva che negli ospedali psichiatrici ricoveravano gli squilibrati e lui non aveva nessuna intenzione di mettervi piede.
Indietreggiò verso l'ambulanza e si guardò attorno, quasi a valutare eventuali vie di fuga.
Aveva gli occhi spalancati e l'aria spaventata di un animale in trappola.
“Hai subito un forte stress fisico ed emotivo, è normale che tu rimanga qualche giorno in osservazione; qui avrai la migliore assistenza possibile e non appena ti sarai ristabilito verrai a casa con me.”
Il ragazzino scosse il capo ed arretrò ancora; era già in grado di padroneggiare alcuni aspetti del suo retaggio magico e i sensi sottili gli suggerivano che l'uomo non fosse del tutto sincero con lui.
Dietro le belle parole c'era dell'altro.
I maghi avevano sempre dei secondi fini; erano elusivi, sfuggenti e tessevano in segreto trame complicatissime alle spalle dei loro simili.
Il nonno detestava quella propensione all'intrigo dei suoi colleghi e forse aveva ragione.
Probabilmente anche tonton Jourdain seguiva un piano.
Perché voleva internarlo in un ospedale psichiatrico?
La risposta era piuttosto ovvia: lui e gli altri tre avevano capito che l'incidente era accaduto a causa sua e, siccome nemmeno i maghi processavano i bambini, farlo passare per pazzo e rinchiuderlo da qualche parte poteva essere una valida alternativa alla prigione. “Volete farmi sparire!” mormorò quando vide il personale della clinica muoversi verso di lui.
“Pascal desiderava che ci prendessimo cura di te nel caso gli fosse accaduto qualcosa, come potremmo farti del male?”
“Volete chiudermi la bocca! O farmi il lavaggio del cervello!”
L'esclamazione salì di tono e all'improvviso si trovò tra le mani il piccolo estintore presente sul mezzo di soccorso, che puntò contro di lui.
Un cenno del professore fermò l'avanzata dei barellieri, per quanto fossero avvezzi a trattare coi pazienti più instabili e violenti, non avrebbero saputo gestire gli effetti di un incantesimo.
Quella bombola poteva diventare uno strumento molto potente, perfino tra le mani di un apprendista alle prime armi come Alaric.
“Lascia l'estintore, rischi di farti male solo tu.” suggerì l'uomo, dopo aver fallito il tentativo di manipolare i suoi pensieri.
L'unica cosa che riusciva a percepire con chiarezza nello sfrenato caleidoscopio della sua mente era la determinazione a difendersi e, dopo aver spiato i propositi di Teophano, non poteva biasimarlo.
“Posa l'estintore.” ripeté il medico “La fuga e la violenza non sono mai una soluzione, so che anche tuo nonno la pensava così.”
Contro ogni previsione il moccioso decise di ascoltarlo, fece l'atto di deporre a terra l'oggetto, però all'ultimo momento strappò la fascetta di sicurezza che bloccava la leva e diresse il getto sui presenti.
“Lascia in pace mio nonno!” strepitò.
Capire in anticipo le intenzioni della persona di fronte a sé conferiva un grosso vantaggio, tanto in una trattativa quanto in un duello e il mentalista lo sapeva bene.
Alaric avrebbe usato quell'estintore a prescindere da tutte le rassicurazioni che poteva fornirgli e, mentre fingeva di posarlo a terra, lui aveva sussurrato un incantesimo affinché la leva si inceppasse.
Il ragazzino, con un urlo di frustrazione, gli lanciò contro l'oggetto ormai inutilizzabile e riuscì a colpirlo di striscio.
I barellieri colsero subito l'occasione per immobilizzarlo e nonostante la differenza di stazza faticarono a contenerlo, perché strillava e si dimenava come un indemoniato.
Il professore evitò di intervenire e lasciò che il personale vedesse quanto il nuovo paziente fosse pericoloso per sé stesso e per gli altri.
La loro testimonianza avrebbe dissuaso qualsiasi velleità d'indagine della polizia e dei servizi sociali sul suo caso, consentendogli di trattenerlo a Villa Christi sine die.
Avrebbe tenuto lontano anche quei ficcanaso del Consiglio e questo era il miglior risultato che sperava di ottenere da tutta la pantomima.
“Dove lo portiamo?” chiese l'infermiera, una volta appurato che il Direttore Sanitario stava bene.
“All'ultimo piano.”
La donna esitò un attimo, poi annuì; con un crollo psicotico in atto bisognava assicurare al paziente l'ambiente più tranquillo possibile e l'attico era completamente isolato dal resto dell'edificio.
“Somministrategli la terapia sedativa standard per i bambini, poi voglio un ciclo completo di esami del sangue, in modo da avere un quadro clinico generale.”
“Metto in lista anche una risonanza magnetica? Per escludere eventuali lesioni non rilevate dai paramedici...”
“Valuteremo nei prossimi giorni e solo se necessario, è un esame che provoca ansia e senso di claustrofobia, non voglio stressarlo senza motivo.”
“Come dice lei: il benessere del paziente viene sempre al primo posto.” rispose l'infermiera, rivolgendogli uno sguardo di ammirazione.
“Sempre.” convenne il professor Casati Gioia, che aggiunse con un sorriso fiducioso “Il nostro piano terapeutico non ha mai fallito, riusciremo a sanare il suo trauma e a farne un adulto equilibrato e consapevole.”



Otto anni più tardi, Marsiglia.

Malpassé era un quartiere dormitorio cresciuto in fretta a Nord del Vecchio Porto e apparteneva alla città di Marsiglia solo sulla carta.
I suoi casermoni grigi, stretti tra la linea della metro e le strade a grande scorrimento, non godevano del clima mediterraneo delle zone che si affacciavano sul mare.
La brezza salmastra si fermava assai prima, lasciandoli immersi nell'afa stagnante d'estate e nell'umidità gelida in inverno.
I cubi di cemento in cui viveva stipata una popolazione variegata di derelitti, immigrati e pendolari erano ammuffiti in fretta; nemmeno nelle giornate limpide il sole riusciva a cancellare il loro aspetto squallido e rassegnato, specchio fedele delle vite di chi li abitava.
Di giorno il quartiere non appariva molto diverso da una qualsiasi periferia urbana: negozi sfitti, piazze spopolate, giardini tristi dove l'erba aveva rinunciato a crescere.
Di notte quegli stessi luoghi cambiavano pelle, diventando il ricettacolo dei traffici illegali che solo una città portuale e cosmopolita come Marsiglia poteva garantire.
Ai forestieri Malpassé comunicava un senso di straniamento, di una segregazione subita e talvolta scelta da parte dei suoi abitanti, che riuscivano a sopravvivere ai margini della società evitando la fatica di integrarsi.
Era anche il posto ideale dove chi aveva qualche affare in sospeso con la giustizia o l'Ufficio Immigrazione poteva “scomparire”, facendo affidamento su bocche chiuse e controlli inesistenti.

Tutto ciò valeva per la Giustizia dei comuni mortali, perché quella dei maghi diventava molto efficiente se voleva raggiungere qualcuno...

Alle dieci di sera le strade del quartiere contavano più spacciatori e prostitute che auto in sosta; chiunque si fosse trovato lì per motivi diversi dall'acquisto della loro merce avrebbe avuto di che preoccuparsi.
Nonostante queste premesse un uomo ben vestito, con un Borsalino che nascondeva il suo volto alla luce curiosa dei lampioni, procedeva tranquillo al centro del marciapiede, dove la pavimentazione era meno martoriata da buche e avvallamenti.
Chi ne intercettava la figura, sicuramente appetibile per l'inquieta fauna locale, non riusciva a soffermarsi più di qualche istante; l'occhio la percepiva come una visione fugace, sfocata, come quella di un insetto catturato dal fascio di una torcia elettrica.
Il soggetto superò indenne l'ennesimo crocicchio mal frequentato e s'infilò nell'androne di un condominio affacciato sul campetto sportivo del quartiere, dove il prato e le reti erano ormai un lontano ricordo.
Mentre attendeva con pazienza l'arrivo dell'unico ascensore funzionante lasciò scorrere in sottofondo la colonna sonora del caseggiato: televisori a tutto volume, liti di coppia, drogati in astinenza, pianti di neonati, finché non identificò le note languide di un sitar e il flebile tintinnio di una campana del vento.
La Comune si trovava al quarto piano.
L'appartamento era collocato nel cuore dell'edificio ed era rivolto a nord.
Almeno i suoi discutibili occupanti ricordavano ancora come applicare i principi base del Feng Shuii*. Identificare una Comune di reietti era sempre una faccenda complicata; tenevano un profilo molto basso, ma essendo persone che non avevano nulla da perdere diventavano pericolose se approcciate nel modo sbagliato.
Per questo motivo il professor Casati Gioia si era procurato alcuni incentivi per ammorbidirli, nel caso le trattative fossero diventate difficili.
La scelta del giovane Lafayette di rifugiarsi in quel covo di disperati era comprensibile, chiunque a Theia lo considerava ormai irrecuperabile e non meritevole di ulteriori sforzi.
Lui ci aveva provato per due anni e, nonostante gli costasse ammetterlo, Alaric rappresentava il suo unico fallimento professionale.
Il maestro Hoshino gli aveva confidato che Pascal avrebbe dovuto salvare una scatola di chiodi al posto dell'intrattabile nipote e perfino un cuore tenero come Thibaud si era arreso, una volta giunto sull'orlo dell'esaurimento nervoso.
Con Teophano era finita dopo una settimana; lo aveva sbattuto fuori quando aveva bruciato l'archivio in cui raccoglieva i dossier riservati sui membri del Consiglio, perdendo la possibilità di influire sulle loro decisioni.
Considerando la perfidia di quella strega al ragazzino era andata di lusso.
Tuttavia il professore non poteva semplicemente passare oltre; si sentiva responsabile nei suoi confronti, se non come medico almeno come amico del nonno e l'opportunità che andava a proporgli era l'ultima occasione di adempiere alla promessa fatta a Pascal.



All'esterno dell'appartamento non spiccava alcun segno distintivo, visibile o invisibile, che identificasse la presenza di una Comune.
Tuttavia le vibrazioni eteree e il tanfo di un incenso molto economico la qualificavano come tale ai sensi sottili del mago, che prima ancora di bussare vide la porta aprirsi e si trovò faccia a faccia con una donna matura, dalle forme appesantite celate sotto un largo caftano color ocra.
Aveva i capelli raccolti in un turbante colorato e indossava una quantità eccezionale di chincaglieria, che tintinnava al minimo movimento.
I suoi grandi occhi bistrati, che avevano visto scorrere intere dinastie di faraoni e le rotte cammelliere dirette nella mitica Nubia, lo stavano fissando con disincantata ironia.
“Da una sacerdotessa di Heka* non mi aspettavo niente di meno.” la blandì il Professore, preso alla sprovvista dal suo tempismo.
“Da uno stronzo delegato del Consiglio invece mi aspetto di tutto.” ribatté serafica la donna, che rimase ferma sulla soglia e aggiunse “Quindi sii cortese e conciso: riferisci il tuo messaggio, poi levati di torno e non farti più vedere.”
Dietro di lei si mossero un paio di sagome, che emersero dalla fetida nebbia e avanzarono incerte fino alla luce dell'ingresso.
Il visitatore si trovò addosso gli sguardi sospettosi di un Cristo emaciato, vestito di stracci e di una ragazzina pallida, col viso segnato da cicatrici e tatuaggi tribali.
Entrambi col potenziale per diventare ottimi incantatori, ma soggiogati dai propri demoni e incapaci di separarsene...
Concluse dopo averne sondato in fretta le menti.
Una tale assortimento di emarginati era sempre motivo di curiosità professionale per lui, che non si capacitava del perché anche l'utopica società dei maghi generasse simili livelli di disagio.
Forse la loro organizzazione non era così perfetta o forse quegli individui non erano stati in grado di adattarsi alle sue regole.
Alaric era già sulla strada per diventare un reietto e lui doveva toglierlo da quel sentiero, anche se questo significava spedirlo in dimensione magica eccentrica e controversa.

“Sono qui per Alaric Lafayette.” disse e precisò “So che è in casa, vorreste gentilmente chiamarlo?”

La ragazzina arricciò le labbra in un fischio di apprezzamento e commentò in un francese dal pesante accento slavo: “Il Tuttofare ha delle amicizie importanti...”
“Essere amici del Consiglio non è sempre una fortuna.” le rispose la sacerdotessa prima di rivolgersi al nuovo arrivato “Cosa vuoi da lui? Non ha fatto niente di male.”
“Non fa niente in generale... e chi non fa niente non sbaglia mai.” gracchiò il Cristo, che forse condivideva quel tipo di filosofia.
Il professor Casati Gioia prese un lungo respiro e i polmoni gli si riempirono del maleodorante incenso a buon mercato, influendo sulla sua naturale predisposizione alla trattativa.
“Risparmiatemi l'atteggiamento protettivo e paternalistico verso il giovane apprendista, le vostre comunità sono aggregati casuali di individui spinti dalla necessità di sopravvivere, non siete un'associazione benefica, né una chiesa; ditemi quali debiti ha contratto con voi e provvederò a saldarli.”
“La kettle* non funziona!” squittì la ragazzina.
La sacerdotessa egiziana le riservò un'occhiata di rimprovero e lei si strinse nelle spalle.
“Doveva aggiustarla, adesso anche se metto il fornello al massimo l'acqua non bolle mai!”
“La kettle, bene.” annotò il visitatore “C'è altro?”
“Come dici tu, non siamo un ente di beneficenza Signor Delegato, vitto e alloggio hanno un costo.”
Naturalmente non stava parlando di soldi; quelli erano riservati ai rapporti con gli umani.
I maghi avevano modi più o meno semplici e legali per entrarne in possesso: improvvise vincite al gioco, donazioni e lasciti di personaggi altolocati, prestanome, finanziatori inconsapevoli o astute operazioni bancarie.
La magia probabilistica, il controllo mentale, la gestione delle trame del Fato garantivano loro un facile accesso ai flussi economici.

L'interessato annuì, ora aveva un margine per trattare.
“Ho portato qualcosa che penso potrebbe risultarvi gradito.”
Con una certa cautela infilò la mano nel soprabito e prelevò dalla tasca un blister trasparente, al cui interno una serie di piccole perle gelatinose emanavano un tenue lucore dorato.
Lo mostrò ai tre, poi lo tese alla sacerdotessa.
“Ma queste sono... Piume di Maat*!” disse in un sussurro pieno di timore reverenziale, ricevendole sul palmo della mano come se si trasse di un tesoro.
“Si, è il loro nome comune, in effetti gli Scientisti usano una formula più complessa...” puntualizzò il professore, contento di averla impressionata “Sono state sintetizzate nella Grande Spirale Aurea di Theia, non ne troverai di più pure.”
“Ti fanno sballare?” chiese la ragazzina, piuttosto interessata.
“Molto meglio, ti fanno viaggiare nelle dimensioni spirituali per settimane intere, senza che il corpo abbia a soffrirne.” le rispose l'uomo macilento, i cui occhi luccicavano di bramosa follia.
“Allora, se lo scambio vi soddisfa, vorrei parlare col giovane Lafayette.”
La mano della sacerdotessa non si ritirò.
“Ho dimenticato qualcosa?” s'informò il visitatore.
A suo modo di vedere le Piume di Maat compensavano con ampio margine il mantenimento dell'apprendista e la sua ingordigia lo infastidiva.
La donna gli rivolse un sorriso sornione.
“Solo un piccolo favore al momento giusto, Signor Delegato.”
Maman hai detto che essere in buoni rapporti col Consiglio a volte è uno svantaggio...” le rammentò la ragazzina.
“Infatti il favore non lo sto chiedendo al Consiglio, lo chiedo a lui.” rispose la donna, rivolgendosi poi al visitatore “Ti sei scomodato personalmente per il nostro Tuttofare, devi esserti molto caro; in futuro ricordati che gli abbiamo dato un tetto quando ne aveva bisogno e lo abbiamo trattato bene.”
“È fattibile.” convenne l'altro.
Non era stato necessario leggerle nella mente per intuire la scopo della sua richiesta: le Comuni erano spesso fonte di problemi e una parola autorevole poteva aiutare ad appianare le contese.
“Dušana vai a chiamare l'apprendista.”
Lei sorrise e sparì nella foschia dell'incenso.



Alaric non si era accorto di nulla, il metal che usciva dalle cuffie a tutto volume permeava l'angusto bugigattolo, definito pomposamente dagli altri stanza per gli ospiti.
In origine doveva essere stata una lavanderia o un guardaroba, perché conteneva a malapena una branda e un tavolino.
Il suo occupante non rimpiangeva l'assenza di una finestra, fuori il panorama era così squallido che preferiva contemplare le macchie di umidità sul soffitto.
La Sfregiata era piombata in camera all'improvviso e gli aveva strappato le cuffie, strillandogli nelle orecchie che aveva visite, visite importanti; doveva muovere il culo e mettere una maglietta pulita, altrimenti avrebbe fatto fare brutta figura a maman.
Il ragazzo la congedò a suon di insulti e spintoni, poi guardò il muro e per la prima volta sentì la mancanza della finestra, o meglio di una via di fuga.
Non che facesse molta differenza; se l'avevano trovato lì potevano trovarlo ovunque, perché era ovvio che le visite importanti a cui la maga serba alludeva arrivavano da Theia.



“Sei venuto a chiedere i danni per l'archivio di quella stronza? Posso proporvi un piano rateale estinguibile in circa... duecento anni.”
I due erano rimasti fuori dall'appartamento, il professore aveva declinato l'invito ad accomodarsi, inorridito dal disordine e della sporcizia che aveva intravisto all'interno.
Sulla balconata che correva lungo il perimetro dell'edificio l'aria era fredda e il lezzo dell'incenso meno opprimente.
Da qualche parte nel buio sotto di loro c'era il cortile condominiale, sul quale Alaric si sporgeva coi gomiti appoggiati alla balaustra.
“Teophano ha accettato di guidare una missione diplomatica presso alcuni Templi canadesi e statunitensi, non sarà più un tuo problema.”
L'apprendista sogghignò.
“Quindi adesso sei tu il cagnolino del Consiglio; fai solo il segugio da riporto o stai anche di guardia agli scranni dorati? Te lo danno un osso da rosicchiare ogni tanto?”
Il delegato si lasciò scivolare addosso l'affermazione insolente e cambiò discorso.
“Ti trovi bene qui?”
“È un posto come un altro, forse appena sopra la media.” rispose Alaric con noncuranza “Almeno non mi ficcano degli elettrodi in testa, né mi obbligano ad ascoltare infrasuoni del cazzo giorno e notte.”
“Era parte del programma terapeutico e per la precisione: non abbiamo impiantato degli elettrodi, era una cuffia destinata a monitorare le onde cerebrali.”
“Il tuo programma terapeutico non ha avuto molto successo... tonton Jourdain.”
L'interpellato abbassò le palpebre e la piega delle labbra si contrasse in una linea di disappunto; stavolta l'astiosa insinuazione del ragazzo era andata a segno.
“È vero e me ne rammarico.” ammise in un sussurro “Ma questo non significa che abbia rinunciato ad occuparmi di te.”
“Oh-ho! Rallenta zietto! Ne ho le palle piene di traslocare e il giro di amicizie del nonno è finito, la strega era l'ultima della lista, quindi se stai pensando all'ennesimo ricollocamento puoi...”
“È una disposizione del Consiglio.”
“Fottetevi tu e il Consiglio!” sbraitò il ragazzo.
Sull'altro lato dell'edificio gli risposero il latrato di un cane e il pianto di un bambino.
Il professor Casati Gioia misurò la sua reazione col distacco del medico: era ancora molto instabile e umorale, ben lontano dal diventare quell'adulto consapevole che aveva auspicato otto anni prima.
Se giudicata dal punto di vista del mago la situazione era perfino peggiore.
La sua magia risentiva delle violente fluttuazioni emotive, che gli impedivano di concentrarsi e portare a termine qualsiasi compito, perfino aggiustare un semplice bollitore.
Alaric afferrò la maniche della felpa e coprì le mani tremanti.
Si era lasciato trasportare di nuovo dalla collera invece di replicare a tono.
“Questa è l'ultima proposta che ti arriverà, non ce ne saranno altre, il tuo nome decadrà nella lista dei reietti e finché non causerai problemi il Consiglio ignorerà la tua esistenza.”
“Sai quanto me ne frega.” fu la risposta sprezzante.
“Vale per qualsiasi procedimento in cui sei coinvolto.”
La precisazione poteva sembrare inutile e il ragazzo stava già confezionando un'obiezione sarcastica all'altezza, quando un'intuizione attraversò i suoi pensieri confusi come una dolorosa stilettata e arrivò fulminea alle labbra: “Smetteranno di cercare i miei genitori! Quei figli di puttana lasceranno perdere tutto! Tu lo sapevi!”
I pugni dell'apprendista si strinsero davanti al volto del professore, che mantenne la calma, nonostante il rischio concreto di un'aggressione fisica.
“La decisione non dipende da me, l'unico che può fare qualcosa a riguardo adesso sei tu.”
Il silenzio notturno enfatizzò il respiro rotto del giovane Lafayette; l'incertezza alimentava la sua ansia e l'unica reazione che conosceva per tenerla sotto controllo era la rabbia.
L'inviato del Consiglio non ritenne opportuno rivelargli tutta la verità: ovvero che a Theia avevano smesso quasi subito di cercare Gabi e Laurent.
Pascal lo aveva cresciuto nell'illusione che fossero ancora vivi, dispersi nel Vuoto e forse ci credeva anche lui.
Era l'unica motivazione che poteva riportare Alaric sulla via maestra e per raggiungere lo scopo non serviva una spallata, bastava una leggera spinta.
“Tuo nonno non ha mai avuto troppa fiducia nelle intenzioni del Consiglio, però Serannian è una realtà unica; le creature che vi abitano hanno accesso a piani oltremondani inesplorati e sconosciuti alla maggior parte degli altri maghi. Forse loro potrebbero riuscire dove i Consiglieri di Theia hanno fallito...”
“Vogliono spedirmi in una dimensione magica?”
La voce del ragazzo uscì strozzata dalla sorpresa.
Le dimensioni magiche erano luoghi esotici per gli incantatori della Terra e visitarne una era un privilegio; un po' come chi aveva sempre passato l'estate al fiume e all'improvviso aveva la possibilità di volare in Polinesia, per trascorrere le vacanze in un atollo esclusivo.
Lo stesso Pascal, che pure era un famoso e stimato artigiano, vi aveva soggiornato solo in una manciata di occasioni durante la sua lunga esistenza.
“Ovviamente sarebbe un cambiamento radicale rispetto alla vita che hai condotto finora, però sarebbe anche una magnifica opportunità per completare il tuo apprendistato, senza le preoccupazioni a cui ti costringe questa esistenza precaria.”
Alaric si morse il labbro sull'ennesima villania dettata dall'impulso del momento; l'altro intuì quanto fosse combattuto e attese in silenzio la sua risposta.
“Avranno delle aspettative...” mormorò infine il ragazzo “Nelle dimensioni magiche non accettano gli scarti, perché dovrebbero prendere uno come me?”
“Quindi è questo che ti fa esitare: non ti senti adeguato!” esclamò il professore, colpito dalla sua ammissione.
Era la prima volta che gli esponeva in maniera diretta e onesta timori e debolezze; forse era prematuro dirlo, ma Serannian stava già mostrando i suoi effetti.
“Beh, vedi tu: il mio curriculum è lungo mezza pagina, disegno i progetti su un quaderno a righe e ho quattro cacciaviti in croce.”
L'altro gli concesse un sorriso.
L'apprendista lo interpretò come un segnale di compatimento, invece era una manifestazione del suo sollievo.
“I Primi Signori hanno standard selettivi... meno conformistici e non devi preoccuparti dell'attrezzatura; avrai diritto ad una residenza con laboratorio e bottega in comodato gratuito.”
“Gratis? Nessuno fa niente gratis! Tanto meno i maghi! Che fregatura mi stai nascondendo zietto?”

“Questo atteggiamento negativo ti porterà poco lontano, dovresti provare a fidarti delle persone che hai attorno, non vogliono sempre il tuo male...”
“No!”
“Cautela e diffidenza sono sicuramente dei pregi per un mago, però i cambiamenti portano anche dei vantaggi, non sei d'accordo?” “No!”


A convincere il giovane Lafayette alla fine non erano state tanto la sua capacità di persuasione o l'allettante offerta di trasferirsi in una dimensione magica, quanto la prospettiva di mettere le mani su strumenti nuovi e materiali sperimentali.
Dopotutto era il nipote di Pascal e la genetica non mentiva.
La truffa di cui temeva di essere vittima tuttavia aveva un fondamento, che il professore aveva scelto di tacergli, a dispetto dell'etica professionale: chi aveva proposto il suo nome ai Primi Signori pensava di metterli in difficoltà affidandogli una causa persa; lui al contrario aveva appoggiato la sua candidatura, nonostante conoscesse la natura poco ortodossa di Serannian, proprio perché era l'ultima occasione di aiutarlo.



Erano appena entrati nell'atrio monumentale della Basilica Theiana, un edificio ispirato alle architetture visionarie di Giovanbattista Piranesi, quando sentirono in lontananza l'eco di una violenta discussione.
Lo spazio dell'enorme volta era riempito dalle recriminazioni di una ragazza, paludata con indumenti cerimoniali, dal vago taglio militare.
Gli altri due soggetti coinvolti, una donna magnificamente abbigliata e un uomo infilato in una sobria tunica di velluto, tentavano di contenere l'alterco e di smorzarlo.
Attorno a loro c'era il vuoto.
Chi scendeva dalle scale e per disgrazia incappava nel terzetto risaliva la rampa in tutta fretta e spariva nei meandri del palazzo, gli altri presenti aspettavano a distanza di sicurezza che il confronto si concludesse.
Nessuno osava intervenire, nemmeno l'elegante gentiluomo in tight* a cui il professor Casati Gioia nel frattempo si era avvicinato, apostrofandolo come Consigliere della Morte.
“C'è qualche problema?” chiese serafico, sulla scia dell'ennesima minaccia proferita dalla ragazza.
Alaric sbirciò il consigliere di sottecchi, poi tornò a guardare l'incontro; quei tre dovevano essere personaggi importanti, specie la più giovane.
Vista coi sensi sottili la sua aura magica era spaventosa: tanto ampia quanto instabile e aggressiva.
“Ordinaria amministrazione, la maestra Nemesi sta solo esprimendo la sua contrarietà.” rispose l'interpellato con un sorriso cordiale. “Sono arrivato al momento giusto allora, ho portato con me l'oggetto del contendere.”
Il professore batté la mano sulla spalla di Alaric e lo spinse avanti affinché si presentasse, ma il ragazzo puntò i piedi e squadrò entrambi con aria torva.
“Vi dispiacerebbe spiegarvi meglio?”
“Tu sei il giovane Lafayette!” esclamò il consigliere “L'ultima volta che ti ho visto stavi giocando nel cortile dietro casa con la tua flotta di origami volanti.”
“Era molto tempo fa.” rispose secco l'apprendista, chiudendo ogni possibilità di continuare la conversazione.
I due uomini si scambiarono un'occhiata.
“Giusto, adesso sei cresciuto.” convenne il Consigliere della Morte “Quindi dovresti apprezzare che una bella ragazza ti stia difendendo con tanta convinzione; nel Consiglio qualcuno pensava di mettere Serannian in cattiva luce, erano certi che i Primi Signori avrebbero rifiutato la tua candidatura, invece la piccola Leukotes ha preso la situazione molto sul personale.”
“Perché? Non mi conosce nemmeno...” disse Alaric, facendo spallucce.
“Forse lei non ti conosce, ma tu dovresti conoscerla, almeno di fama.”
L'interesse dell'apprendista verso il pettegolezzo mondano era prossimo allo zero, inoltre in una Comune certe notizie arrivavano col contagocce, eppure quel cognome così insolito gli suggeriva qualcosa...

Erano successi un paio di fatti eclatanti alla fine dell'anno precedente: il primo riguardava una certa dimensione magica, a cui erano stati tolti i sigilli dopo vent'anni di oblio; l'altro era stato considerato come l'evento del secolo ed aveva evitato uno stravolgimento climatico, una nuova estinzione di massa e la probabile distruzione del Pianeta.
L'impresa, esposta in questi termini, somigliava alla trama dell'ennesimo blockbuster catastrofico; in realtà accadeva di continuo che la Terra venisse salvata ad opera dei suoi figli più devoti e misteriosi, nella totale inconsapevolezza del genere umano, troppo impegnato a guardarsi l'ombelico per rivolgere la propria attenzione altrove.
I maghi e in varia misura le altre creature leggendarie vigilavano costantemente sul nostro fragile angolo di universo.
Spesso erano delle circostanze fortuite a rivelare loro l'entità della minaccia o l'esistenza di strutture da cui dipendeva l'equilibrio dell'Esistenza.
Nel caso specifico, ad esempio, l'esplorazione di un condotto spazio-temporale che collegava un piccolo paesino francese al Polo Nord magnetico aveva portato alla scoperta che l'asse terrestre non era solo una convenzione astronomica...
“Lei è il Restitutor Axis*!” esclamò il ragazzo.
“Un titolo piuttosto altisonante.” confermò il Consigliere della Morte “Noi maghi tendiamo sempre ad esagerare con gli attributi onorifici, però in questo caso è meritato: l'Asse stava cadendo a pezzi e la maestra Nemesi ha trovato il modo di ripristinarlo, quando il suo stesso custode si era già arreso all'inevitabile.”
Alaric non ebbe tempo di elaborare l'informazione, perché la suddetta maga troncò la discussione in corso e scese a precipizio le scale, puntando dritta verso di lui.
“Apprendista Lafayette!”
Il suo nome echeggiò come una minaccia sotto la volta affrescata della Basilica e l'interessato s'irrigidì, incapace di reagire.
“Vieni con me!”
Alaric venne afferrato e trascinato via sotto lo sguardo sornione del consigliere e del professor Casati Gioia, che si trassero in disparte all'arrivo dell'impetuosa giovane.
Una parte di lui, l'unica ancora funzionante, annotò che la sequestratrice era davvero molto graziosa, nonostante il cipiglio agguerrito e la presa d'acciaio con cui lo aveva arpionato.



“Adesso ripetilo! Voglio vedere se hai il coraggio di guardarlo negli occhi, mentre gli dici che a Serannian non c'è posto per lui!”
La maestra Nemesi lo aveva piazzato davanti alla donna vestita come una regina ed era a lei che stava rivolgendo il suo livore.
Nemmeno in quel frangente il ragazzo riuscì a controbattere, appena il suo sguardo incrociò la nuova figura femminile gli ultimi processi razionali in corso decisero di ammutinarsi.
Non erano l'abito o i monili di cui era adorna a renderla regale, era lei stessa a splendere come un gioiello.
Trésor, le mie parole sono superflue, lo hai talmente spaventato che a Serannian non vorrà lasciare neppure la sua fotografia!” cinguettò la dama.
“Sciocchezze! Un futuro abitante della nostra dimensione magica non si impressiona per così poco! Dico bene, Lafayette?”
Alla veemente replica della giovane maga rispose un rantolo fioco, che la indispettì ancora di più.
“Esprimi la tua opinione o dovrò pensare che le cariatidi del Consiglio avessero ragione su di te!”
“A-a quale proposito?” azzardò Alaric in un sussurro.
“Che non vale la pena investire tempo e risorse per allenare un brocco!”
Ma petite manchi completamente di tatto...”
“Piccola Leukotes a volte dovresti contare fino a... diecimila prima di aprire bocca.”
“Silenzio! Voi eravate d'accordo con loro!”
Gli altri due provarono ad intervenire e si trovarono con un indice intimidatorio puntato contro.
“Rifiutare un apprendista in difficoltà non salverà la reputazione di Serannian, se quelle mummie rincitrullite hanno deciso di screditarla!”
“E accettarlo senza riuscire ad aiutarlo nel sua crescita come mago non deporrebbe comunque a nostro favore.” le fece notare la dama.
“C'è una soluzione semplicissima al problema: l'apprendista completerà il suo percorso con successo, anzi diventerà così forte da spaccare le ossa ai demoni come se fossero stuzzicadenti!”
“I-in teoria io mi occupo di artefatti magici...”
“Allora i tuoi artefatti spaccheranno le ossa ai demoni!” rettificò la giovane maga, senza arretrare minimamente dalle sue posizioni bellicose.
“Non credo di essere abbastanza qualificato...”
La considerazione venne affidata ad un flebile filo di voce, che poteva anche essere l'ultimo a giudicare dal pallore del ragazzo. “Evita di fare il modesto, è una virtù sopravvalutata!”
“No, davvero, io non...
” “Non ti senti all'altezza? Allora questa è l'occasione giusta per diventarlo! Hai il dovere di sviluppare al massimo le tue capacità e non per i Consiglieri o per un debito di gratitudine nei confronti dei tuoi maestri, ma perché nessuno un giorno possa permettersi di giudicarti uno scarto o un buono a nulla!”
“P-potrebbe essere un giorno molto lontano...”
“Tu provaci ugualmente! È l'unico impegno che ti chiedo di prendere con Serannian!” esclamò Nemesi, tendendogli la mano.
“Che ti chiediamo.” puntualizzò la donna alle sue spalle.
L'altro mago le si affiancò, annuendo con un sorriso rassegnato.



Alla base della scalinata il professor Casati Gioia aveva assistito con malcelata preoccupazione allo scambio di battute e la stretta di mano tra Alaric e la giovane maga lo aveva rasserenato solo in parte.
Come poteva una creatura così turbolenta e istintiva gestirne una altrettanto problematica?
“Ha fatto la stessa cosa con mio nipote anni fa.” gli confidò il Consigliere della Morte “Callisto era un ragazzo pauroso, goffo e vittima di un'ostinata malasorte, che gli impediva di elaborare anche gli incantesimi più semplici, frequentando l'eccentrico Circolo Leukotes è diventato un maestro occultista di tutto rispetto; non sarebbe mai cresciuto restando rintanato nella piccola libreria di famiglia. Per quanto la nostra società di fondi su regole e convenzioni a volte è necessario superarle per evolvere, senza questi spiriti liberi e temerari la Magia si chiuderebbe su sé stessa e morirebbe soffocata da lacci e stereotipi.”
“Un consigliere che incita alla ribellione?” il medico gli scoccò un'occhiata divertita “La tua posizione è simile alla filosofia delle Comuni, ne sei consapevole?”
“I Reietti sono rivoluzionari che hanno smarrito la loro Causa, viceversa una ribellione metodica e ordinata porterebbe al Grande Rinnovamento auspicato da tutti noi. Alaric Lafayette potrebbe essere il primo mago di questa nuova generazione più libera e audace, consideralo un esperimento scientifico.”
“Di' piuttosto una scommessa.” concluse in fretta l'altro.
Il gruppo stava scendendo le scale e la maestra non aveva abbandonato la presa sul polso dell'apprendista, quasi temendo una sua fuga repentina.
Quando arrivarono all'altezza dei due funzionari la giovane maga gli dedicò un sogghigno tronfio e soddisfatto.
“A buon rendere Consigliere della Morte.”
“Questa cariatide è sempre felice di trattare con te, maestra Nemesi.” rispose l'interpellato, esibendosi in un inchino cavalleresco.
Alaric, ignaro dell'avventura in cui si stava imbarcando, si limitò a guardare il professore in attesa delle raccomandazioni che giungevano inevitabilmente prima di un congedo tra mentore e pupillo; sebbene tra i due non vi fosse mai stato quel tipo di rapporto.
“Sei un Lafayette. So che ti distinguerai, nel bene o nel male, perciò vai e fatti onore ragazzo mio.” gli disse semplicemente l'interessato.
L'apprendista, dopo un attimo di smarrimento, capì.
Erano le stesse parole che avrebbe usato suo nonno e fu grato a tonton Jourdain per aver messo da parte il camice del medico, parlandogli come una persona di famiglia
“Tranquillo zietto, nel bene o nel male sentirai ancora parlare di me.”
Il professor Casati Gioia sorrise nel riconoscere sul suo volto la stessa smorfia ironica e provocatoria della giovane maga; poteva considerare già vinta metà della scommessa se Alaric fosse riuscito a vedere in qualcun altro un esempio da seguire.

Fine


⋆ La voce dell'intraprendenza ⋆

Carissimi e carissime benritrovati (✿◠‿◠)
Ci eravamo lasciati ad inizio Agosto con la chiusura dell'arco temporale in salsa di soia e vi avevo preannunciato un succoso extra sul francese più attaccabrighe e molesto dell'universo.
Dopo inenarrabili fatiche e grazie allo spunto che mi ha fornito questo Contest eccomi ad onorare la promessa con questo lungo flash back che scava nell'infanzia di Alaric fino alla radice del suo carattere intrattabile.
Nemmeno i maghi sono al riparo da disgrazie, incidenti e sciagure e così scopriamo che il giovane apprendista ha subito delle perdite importanti: prima i genitori, poi l'adorato nonno paterno.
Elaborare un simile trauma è difficile, specie quando ci sente responsabili dell'accaduto.
Ne consegue che l'adolescente che ritroviamo a Marsiglia otto anni dopo è la somma di questi fallimenti, paure, ansie e sensi di colpa.
Il Professore, che ha davvero a cuore la sua sorte, dopo l'insuccesso del suo percorso terapeutico decide di provare la terapia d'urto e propone al ragazzo il trasferimento in una dimensione magica assai poco ortodossa.
Chi segue la trama principale della Storia di Yin e Yang sa che da qui prendono le mosse le avventure di Alaric, costretto con le buone o con le cattive (ma più spesso con le cattive!) a imboccare davvero quel percorso di crescita che tutti si auspicano alla fine di questa one-shot.
Ringrazio fin da ora chi vorrà leggere o commentare il mappazzino delirante.
Sono consapevole che sia assai corposo, più dei soliti capitoli che vi propino, però "trust me!" Era assolutamente dovuto ^-^

Termini e traduzioni:
Arrondissement - in Francia sono le circoscrizioni amministrative in cui è suddiviso un dipartimento o una città
Kalimba - La kalimba (o sanza, likembe, piano da pollice, ecc.) è un antichissimo strumento musicale africano, formato da un numero variabile di lamelle di legno (generalmente ricavate dalla canna di bambù e di giunco) o di metallo, applicate su una scatola o una zucca che fungono da cassa di risonanza. La cassa ha due fori posteriori e un grande foro anteriore, per l'effetto "wah wah". La kalimba può avere da 5 a oltre 40 lamelle, e la sua grandezza può variare da pochi centimetri (versioni tascabili) a diversi decimetri (Fonte Wikipedia)
Sidhe – Il popolo fatato, noto anche come Piccolo Popolo, il termine gaelico significa letteralmente “abitanti dei Sid”. Nella mitologia gaelica si poteva accedere a questo mondo di bellezza ed incanto attraversando portali collocati presso tumuli, colline o cerchi di pietre. In corrispondenza di equinozi e solstizi anche i Sidhe giungevano sulla terra portando doni o sciagure agli uomini Paredra: Dal greco “Che siede accanto”. Nella mitologia classica è una divinità associata nel culto ad altra divinità maggiore (ad esempio Igea ad Asclepio). In Atene indicava anche un certo numero di coadiutori che affiancavano e aiutavano i primi tre Arconti.
Tonton: dal francese è il diminutivo affettuoso di “zio”.
Tantine: sempre dal francese “zietta”.
Feng Shui: Antica arte geomantica cinese che insegna ad organizzare lo spazio abitativo in modo armonico e benefico per la salute fisica e mentale. (Fonte: Dizionario di Oxford)
Heka: il dio egizio della magia (Maggiori info qui: https://arda2300.wordpress.com/2017/05/24/heka-il-dio-della-magia/)
Kettle: termine inglese che indica il bollitore per il tè
Maat: la dea egizia della Verità, della moralità, dell'ordine e della giustizia. La sua piuma era la misura che determinava se l'anima (che si credeva residente nel cuore) del defunto avrebbe raggiunto l'aldilà o meno.
Tight: Abito maschile da cerimonia diurna, costituito da una giacca nera a falde lunghe e strette, che si porta con i calzoni a righe grigie e nere e con panciotto grigio e cravatta a plastron. (Fonte: Dizionario di Oxford)
Restitutor Axis: dal latino “Restauratore dell'Asse”



   
 
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