La miriade di foglie rosso scuro frusciavano sopra di lui come un canto.
Qua e là rami bianchi come ossa parevano braccia di una creatura secca e nodosa, antica come la terra che aveva calpestato.
Alla Cittadella gli avevano spiegato cos'era la vita e cos'era la morte, che non c'era magia né nell'una né nell'altra, solo il trascorrere incombente del tempo tra di esse, capace di inghiottire ogni cosa.
Tutto qui.
Eppure Luwin guardando l'albero di lord Eddard e dei suoi figli mentre il suo corpo pulsava di un dolore costante e mortale si ritrovò ad avere dei dubbi.
Dopo aver spronato il piccolo Brandon ad essere forte -oh come avrebbe voluto asciugare le sue lacrime con le sue enormi maniche di maestro come quando era piccolo!- e aver dato le istruzioni ad Osha per porre in salvo i Principi, rivolse di nuovo gli occhi alla chioma scarlatta su di lui.
Poteva quasi vederci un disegno, in quel tripudio di sangue.
Lui sarebbe morto presto, e Bran e Rickon sarebbero stati al sicuro mentre la terra del loro padre si stava spezzando in conflitti ovunque. E poi...l'inverno stava arrivando.
Mai come in quel momento ne era sicuro, Luwin, e mai come in quel momento gli dei di lord Eddard gli parevano reali, veri, gli unici dei che avrebbero potuto salvare chi sarebbe rimasto.
Osha rimase l'unica vicino a lui mentre gli altri uscivano silenziosamente dal parco.
Lei sapeva come fare.
“Che sia veloce, ragazza, sono sicuro che non esiterai.”
L'ultima cosa di cui fu consapevole furono le radici del grande albero sotto la schiena, che lo sostenevano, lo abbracciavano, lo portavano con loro nel freddo.