Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: G_Monti_E_97    03/09/2023    0 recensioni
Lord Voldemort è rinato dopo la fine del Torneo Tremaghi, molti Mangiamorte si muovono nell'ombra e Silente riforma l'Ordine della Fenice. Per sconfiggere il Signore Oscuro chiederà aiuto a un ex agente del ministero, un ragazzo che è stato torturato da Voldemort per servirlo, diventando uno dei suoi più fedeli servitori.
Rinchiuso per anni a Nurmengard, ora ha la possibilità di aiutare Silente e il ragazzo che è sopravvissuto.
Il suo nome è Byron White.
(Storia di mia invenzione presente anche su Wattpad)
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Byron seduto mollemente sulla poltrona del salotto di casa Tonks spostò la testa leggermente verso destra, il collo piegato di lato in una strana posizione. Le palpebre chiuse vibrarono appena.
Suoni e colori confusi, una voce sempre più vicina e poi parlò.
  «Dammela, Gregorovich.»
La voce acuta e fredda fin troppo familiare uscì dalle sue stesse labbra. Allungò una mano pallida stringendo la bacchetta bianca.
Un uomo anziano era sollevato a testa in giù, dondolava con le braccia strette intorno al busto e il volto contorto dalla paura.
  «Non ha, non ha più! Rubata a me, tanti anni fa!»
  «Non mentire a Lord Voldemort, Gregorovich. Lui sa... lui sa sempre.»
Le pupille dell'uomo appeso si allargarono di colpo.

Byron lo fissò con rabbia e in pochi secondi si ritrovò dentro ai suoi ricordi.
Stava correndo lungo un corridoio immerso nell'oscurità, Gregorovich teneva in mano una lanterna che dondolava freneticamente nella sua mano sinistra creando scie di luce sul muro di pietra. Spalancò una porta scura e illuminò un laboratorio; trucioli e oro brillavano nella pozza di luce dondolante, e lì, sul davanzale della finestra, stava appollaiato come un enorme uccello un giovane dai capelli biondi. Nell'istante in cui la luce della lanterna lo investì, Byron lo riconobbe
 
«Grindelwald» mormorò.
  «Byron…»
Aprì gli occhi di colpo, la luce del salotto lo colpì con violenza e il libro che teneva fra le mani cadde a terra con un tonfo.
Con il fiato corto, come se avesse corso vide Andromeda Black davanti a lui. Ci mise alcuni secondi per rendersi conto che non era Bellatrix, abbassò lo sguardo di colpo e raccolse il libro tenendolo stretto fra le mani.
  «Stai bene?» vide la sagoma sfocata della donna fare un passo verso di lui.
  «Sì, mi ero solo addormentato» rispose tenendo gli occhi sulla copertina del libro.
  «Sei in casa mia, sarebbe gentile almeno guardarmi quando ti parlo.»
Byron sorrise incrociando gli occhi scuri della donna, aveva un'espressione triste, le labbra sottili leggermente dischiuse. Dovette forzarsi a sostenere il suo sguardo, contrasse la mandibola.
  «Non sono Bellatrix.» disse all'improvviso con rabbia.
  «No, non lo sei.» annuì serio picchiettando sulla dura copertina del libro.
  «Allora smettila di guardarmi così.»
  «Se non ti guardo non va bene, se ti guardo non va bene, non ci sono molte altre alternative.»
Andromeda scosse la testa e si sedette sul piccolo tavolino davanti alla poltrona, vagò sul suo volto come alla ricerca di qualcosa. «Cosa ti ha fatto?» chiese abbassando la voce.
Byron inspirò osservando il bracciolo della poltrona «Non è importante, non più.»
  «Sì che lo è.» disse lei inclinandosi in avanti, Byron scattò leggermente verso lo schienale della poltrona.
  «Lo so che non sei lei» si affrettò a dire.
Andromeda annuì lentamente raddrizzando la schiena.
  «Tu sei più giovane» disse Byron alzando lo sguardo
La donna inclinò leggermente la testa di lato prima che un piccolo sorriso le inarcasse le labbra.
  «Sai a volte mi chiedo cosa sarebbe successo se ci fossimo davvero sposati» ammise la Andromeda.
  «Di certo non saresti stata diseredata» ridacchio Byron e avremmo avuto una bella casa in campagna continuò lei.
  «Oh sì e tu mi avresti obbligato ad avere una stalla.»
  «Oh finiscila con questa storia» gli diede un piccolo schiaffo sul ginocchio.
  «Io adoro i cavalli» disse cercando di imitare la voce della donna ne voglio almeno sette.»
  «Avevo sedici anni» si difese lei ridendo.
  «Ed eri già così, pensa se avessi passato anni con me, non c’è limite al peggio.»
  «Ehi!» Il sorriso si fece più largo rivelando i denti dritti.
Ricordava il sorriso di Bellatrix, con quel suo canino appuntito che cercava sempre di nascondere. Non era sempre stata folle in fondo, certo fanatica, ma la follia era un’altra cosa. Se solo non fosse finita ad Azkaban per anni.
Andromeda doveva aver notato qualcosa rabbuiarsi nel suo sguardo, perché si fece di colpo seria. Sembrò pensare per alcuni istanti cosa dire prima di farsi coraggio.
  «Ti manca?»
Abbassò lo sguardo inspirando lentamente
  «sai davvero non ti capisco, è un mostro. Il volto di Andromeda si contorse in una smorfia, le scure sopracciglia si corrugarono formando diverse pieghe all’attaccatura del naso.
  «Non è un mostro» mormorò Byron fissando lo sguardo sulle proprie dita
  «Ha torturano i Paciock fino alla pazzia, ha ucciso Sirius, ha torturato anche te.» elencò Andromeda alzando la voce.
  «In guerra…»
  «No non ci provare, non raccontarmi queste stronzate.» lo interruppe con rabbia. «Non puoi amare una persona simile.»
  «Forse non dovrei, ma non posso evitarlo» ammise giocherellando con le proprie dita.
  «Cos’ha di tanto irresistibile da farti dimenticare tutto quello che ha fatto?»
  «Non lo dimentico, so perfettamente quello che ha fatto, come tu sai quello che ho fatto io» alzò lo sguardo su di lei.
  «È diverso»
  «Perché»
  «Tu eri… non lo avresti fatto se non…»
  «Puoi giustificare me ma non tua sorella»
  «Non è più mia sorella»
  «Si che lo è.» l’ombra di un sorriso gli inarcò le labbra. «Trovi più facile vedere solo il peggio di lei.»
  «Cosa altro dovrei vedere?» Gli occhi di Andromeda si infiammarono. «Ha minacciato di uccidermi quando mi sono fidanzata con Ted, se ne avesse la possibilità ucciderebbe mia figlia. Ha solo portato morte e sofferenza servendo Vo… Tu-sai-chi.»
  «Questo è ciò che ti fa comodo pensare.»
  «Che ha fatto di buono?» Lo incalzò inclinandosi in avanti.
Byron inspirò lentamente. «Mi ha protetto durante la guerra, avrebbe potuto uccidermi molte volte ma non lo ha fatto, ha protetto Narcissa evitando che prendesse il marchio, se non fosse stato per lei Barty…»
  «Barty è peggio che morto.» Lo interruppe seccamente «Lo ha obbligato a torturare i Paciock.»
  «Sai com’era Barty…» si lasciò ricadere verso lo schienale della poltrona. “Avrebbe seguito Evan nella sua follia.»
  «Quindi Bella lo ha guidato nella sua.»
  «La ritieni folle perché ha altri valori»
  «Altri valori? Uccidere e torturare, cercare di ammazzare tutti i Natibabbani ti sembrano altri valori?»
  «I tuoi genitori avevano le stesse idee.»
  «E quindi? Sono più accettabili?» Scioccò la lingua «Merlino, ti ha davvero reso tanto stupido.»
  «Non sto dicendo che siano idee giuste.» Disse con calma «Ma hanno un senso per loro, come ne aveva per gli Auror uccidere i Mangiamorte durante la prima guerra.»
  «C’è differenza fra uccidere per divertimento o per difendere.»
  «Lei ha ucciso e torturato per difendere il signore oscuro.»
  «Non…»
  «È esattamente la stessa cosa.»
  «No, non lo è. A lei piace uccidere.»
  «Anche ad alcuni Auror»
  «Sei un’idiota Byron quando fai così» Andromeda si alzò di scatto facendo stridere il tavolino sul pavimento.
Byron la seguì con lo sguardo, era così simile a Bella da fare quasi impressione, eppure era talmente diversa da farla apparire come una copia sfocata. Ricordava bene Bellatrix prima di Azkaban, gli zigomi alti meno scavanti, l’ovale del viso più armonico. Eppure gli sembrava che fosse sempre bellissima.
Forse andromeda aveva ragione, era un’idiota.
Ricordava le torture di bellatrix dopo che era stato catturato, il tintinnio delle catene che lo legavano al sotterraneo dei Lestrange sembravano ancora stringerlo ai polsi. La cruciatus che gli percorreva il corpo, un attimo di respiro spezzato, prima che una nuova scarica lo invadesse.
  “Byron… resisti…”
  “CRUCIO!”
La voce rauca di Rebastan “Il bastardo resiste.”
  “CRUCIO!”
  “Ti farò uscire… non morire”
  “CRUCIO!”
Le dita affusolate che gli sfioravano il viso nell’oscurità, il freddo della cella attenuato dalla vicinanza di bella china su di lui. Il fetore coperto dal suo profumo
  “CRUCIO!”
 
«Se avessi visto i Paciock , come li ha ridotti non ti permetteresti nemmeno di pensare di giustificarla.» disse Andromeda all’improvviso.
  «L’ho vista uccidere e torturare.»
  «Ma non hai visto loro» la voce della strega si fece più bassa. «Se li avesse uccisi sarebbe stato meglio.»
Non aveva mai visto qualcuno reso pazzo dalla cruciatus, una curiosità morbosa montò dentro di lui.
«Voleva trovare il Signore Oscuro» disse cercando di distrarsi dall’aspetto che dovevano avere i Paciock.
«Voleva trovare anche te probabilmente.» sospirò Andromeda appoggiandosi allo stipite della porta. «Eri con lui quella notte dopotutto.»
Byron inclinò appena la testa.
  «Ho ucciso James»
  «Lo so.» disse freddamente
  «Lo odiavo per quello che aveva fatto a Severus, volevo davvero ucciderlo.»
  «Lo so.» ripeté
  «E ti sta bene?» Appoggiò pesantemente una mano sul largo bracciolo «Puoi perdonarmi per averlo ucciso?»
  «Non spetta a me perdonarti»
Abbassò lo sguardo sullo stretto vaso al centro del tavolo.
  «Eppure ti è più facile tollerare quello che ho fatto.»
Andomeda sembrò pensarci per alcuni istanti «Forse perché non ne ho visto direttamente gli effetti.»
Quella semplice verità lo fulminò.
Era più facile perché non aveva visto gli orrori che aveva commesso, eppure lui sapeva perfettamente cosa aveva fatto, ricordava ogni uccisione, ogni grida. E sapeva bene anche ciò che aveva fatto Bella, eppure non riusciva a odiarla, in quel morboso, disgustoso senso di appartenenza, sapeva di essere suo, come lei, nonostante non volesse ammetterlo era stata sua.
Per Salazar quanto era diventato patetico, sentiva la sua mancanza, nonostante tutto.

*  *  *

  «Hai notizie di Byron, Severus?»
  «Nessuna mio signore» rispose Piton tenendo il capo chino. «Sono certo che qualcuno dell'ordine lo stia nascondendo, ma non sono riuscito a scoprire chi, da quando ho preso parte all'attacco a Potter la notte del suo trasferimento è più difficile avere informazioni»
  «Potresti essere più persuasivo Severus» propose Voldemort con la voce fredda.
  «La mia copertura…»
  «La tua copertura non è così necessaria al momento.» lo interruppe seccamente «Voglio Potter e Byron il prima possibile. Avresti dovuto portarmelo dopo quel inutile matrimonio.» lo accusò con rabbia.
  «Mi dispiace mio signore, stavo cercando Potter, ero certo che sarebbe venuto, i membri dell'ordine mi avevano...«
La frase gli morì in gola, mentre un dolore insopportabile gli avvolgeva tutto il corpo, le braccia si contorsero per un minuto sopra la sua testa in posizioni innaturali. Le grida roche riempirono la sala buia.
Quando il dolore cessò sentì l'aria riempirgli i polmoni con forza, strinse gli occhi e si rimise in ginocchio, con i capelli arruffati sopra la testa e le spalle che si alzavano e abbassavano velocemente.
  «Portamelo.» ordinò la voce del suo padrone.

*  *  *


 

L'ascensore dei piani inferiori del Ministero si allontanò sferragliando alle spalle di Harry. Ancora trasformato in Runcorn fissò torvo la porta nera che segnava l'ingresso dell'Ufficio Misteri.
La ignorò voltando a sinistra, verso una stretta rampa di scale. I passi riecheggiarono sulle pareti e un tremito gli percorse la schiena mentre un freddo intenso lo avvolgeva.
Il familiare senso di tristezza lo sovrastò. Solo una creatura poteva fargli quell'effetto: Dissennatori, pensò con fastidio.
Quando raggiunse la base delle scale e voltò a destra, vide una scena terribile. Lo stretto corridoio fuori dalle aule era pieno di alte figure con i cappucci neri e i volti celati; l'unico rumore era il loro respiro rauco. I Natibabbani condotti lì per l' interrogatorio sedevano pietrificati, ingobbiti e tremanti su dure panche di legno. Molti nascondevano il volto fra le mani, come tentando istintivamente di ripararsi dalle avide bocche dei Dissennatori. Alcuni erano accompagnati da parenti, altri soli. I Dissennatori scivolavano avanti e indietro davanti a loro e il gelo e la disperazione di quel posto calarono su Harry come una maledizione…
Resisti, si disse, ma sapeva di non poter evocare un Patronus senza rivelarsi all'istante. Così avanzò, più piano che poteva, e a ogni passo il torpore pareva impossessarsi della sua mente, ma si costrinse a pensare a Hermione e a Ron, che avevano bisogno di lui.
Procedere tra le incombenti sagome nere era terrificante: i volti senza occhi nascosti sotto i cappucci si girava no al suo passaggio; Harry era certo che lo percepivano, percepivano, forse, una presenza umana che aveva ancora qualche speranza, qualche risorsa…
E poi, all'improvviso, ne l silenzio gelato, la porta di una delle segrete sulla sinistra si spalancò e ne uscì l'eco di urla.
  «No, no, sono Mezzosangue, sono Mezzosangue, vi dico! Mio padre era un mago, lo era, cercatelo, Arkie Alderton, un noto progettista di manici di scopa, cercatelo nei registri, vi dico... toglietemi le mani di dosso, giù le mani...»
  «È l'ultimo avvertimento« cantilenò la voce carezzevole della Umbridge, magicamente amplificata così da risuonare sopra le urla disperate dell'uomo. «Se oppone resistenza, verrà sottoposto al bacio del Dissennatore.»
Le urla dell'uomo cessarono, ma nel corridoio echeggiarono i suoi singhiozzi senza lacrime.
«Portatelo via« ordinò la Umbridge.
Due Dissennatori comparvero sulla soglia dell'aula, le mani putrefatte e coperte di piaghe attorno alle braccia di un mago semisvenuto. Scivolarono via nel corridoio con lui e il buio che si trascinavano dietro lo inghiottì.
«Il prossimo... Mary Cattermole» chiamò la Umbridge.
Si alzò una donnina; tremava da capo a piedi. Aveva i capelli scuri raccolti in una crocchia e in dossava una lunga veste molto semplice. Il suo volto era completamente esangue. Passando davanti ai Dissennatori, rabbrividì.
Harry agì d'istinto, senza riflettere, perché la vista di quella donna che entrava da sola nella segreta era insopportabile: prima che la porta si chiudesse, scivolò nell'aula con lei.
Non era la stessa sala in cui era stato interrogato per uso improprio della magia. Era molto più piccola, ma con il soffitto altrettanto alto; dava la sensazione claustrofobica di essere rinchiusi sul fondo di un angusto pozzo.
Dentro c'erano altri Dissennatori, che diffondevano la loro aura gelida; sentinelle senza volto negli angoli più lontani dall'alto palco sopraelevato. Lì, dietro una balaustra, sedeva la Umbridge, con Yaxley a un fianco e Hermione, pallida come la signora Cattermole, all'altro. Ai piedi del palco un gatto a pelo lungo di un luminoso color argento andava avanti e indietro, avanti e indietro; Harry comprese che era lì per proteggere i magistrati dalla disperazione che emanava dai Dissennatori : dovevano provarla gli accusati, non gli accusatori.
  «Si sieda» invitò la Umbridge con la sua voce setosa.
La signora Cattermole barcollò fino all'unica sedia al centro della sala, sotto il palco. Non appena si fu seduta, dai bracci oli uscirono tintinnando delle catene che la legarono.
  «Lei è Mary Elizabeth Cattermole?» domandò la Umbridge.
La signora Cattermole rispose con un solo, tremante cenno della testa.
«Sposata con Reginald Cattermole dell'Ufficio Manutenzione Magica?»
La signora Cattermole scoppiò in lacrime.
«Non so dov'è, dovevamo vederci qui!»
La Umbridge la ignorò.
  «Madre di Maisie, Ellie e Alfred Cattermole?»
La signora Cattermole singhiozzò più forte.
  «Hanno paura, pensano che non tornerò più a casa…»
  «Ce lo risparmi» sbottò Yaxley sprezzante. «I mocciosi Babbani non suscitano le nostre simpatie.»
I singhiozzi della signora Cattermole coprirono i passi cauti di Harry verso i gradini della tribuna. Superato il punto in cui il gatto Patronus marciava avanti e indietro, avvertì la differenza di temperatura: al di là era caldo e gradevole. Il Patronus, ne era certo, apparteneva alla Umbridge, e brillava così intensamente perché lei era felice lì, nel suo elemento, a sostenere le leggi perverse che aveva contribuito a scrivere. Lentamente, con cautela, avanzò lungo il palco alle spalle della Umbridge, di Yaxley e di Hermione, e prese posto dietro quest'ultima. Aveva paura di farla sobbalzare. Pensò di usare l'Incantesimo Muffliato sulla Umbridge e su Yaxley, ma anche solo mormorando la formula rischiava di agitare Hermione. Poi la Umbridge alzò la voce per rivolgersi alla signora Cattermole e Harry ne approfittò.
  «Sono dietro di te» sussurrò all'orecchio dell'amica.
Come previsto, lei sobbalzò così violentemente che per poco non rovesciò la boccetta d'inchiostro con cui doveva trascrivere l'interrogatorio, ma la Umbridge e Yaxley erano concentrati sull'accusata e non se ne accorsero.
  «Signora Cattermole, al suo arrivo al Ministero oggi le è stata requisita una bacchetta» stava dicendo la Umbridge. «Otto pollici e tre quarti, ciliegio, nucleo di pelo di unicorno. Riconosce la descrizione?»
La signora Cattermole annuì, asciugandosi gli occhi sulla manica.
  «Può dirci per favore a quale mago o strega ha rubato questa bacchetta?»
  «R-rubato» singhiozzò la signora Cattermole.
  «Io n-non l'ho rubata a nessuno. L'ho c-comprata quando avevo undici anni. M-m-mi ha scelto.»
Pianse più forte che mai.
La Umbridge rise di una delicata risatina infantile che fece venir voglia a Harry di strangolarla. Si protese sopra la balaustra, per vedere meglio la sua vittima, e un oggetto d'oro scivolò in avanti, penzolando nel vuoto: il medaglione.
Hermione lo vide e si lasciò sfuggire un gridolino, ma la Umbridge e Yaxley, ancora concentrati sulla preda, erano sordi a qualunque altra cosa.
  «No« disse la Umbridge «No, non credo, signora Cattermole. Le bacchette scelgono solo le streghe o i m aghi. Lei non è una strega. Ho qui le sue risposte al questionario che le è stato spedito... Mafalda, passamelo.»
La Umbridge tese la manina: era così simile a un rospo che Harry si stupì di non vedere la memb rana tra le dita tozze. Le mani di Hermione tremavano dallo spavento. Frugò in una pila di documenti in equilibrio sulla sedia accanto a lei e infi ne sfilò una pergamena col nome della signora Cattermole.
  «Che... che carino, Dolores» balbettò, indicando il pendente che scintillava.
  «Cosa?» chiese brusca la Umbridge, guardando in giù.
  «Oh, sì... un vecchio cimelio di famiglia» osservò, picchiettando il medaglione adagiato sul suo largo petto.
  «La 'S' di Selwyn... sono imparentata con i Selwyn... in realtà sono poche le famiglie Purosangue con le quali non sono imparentata... peccato» riprese a voce più alta, sfogliando il questionario della signora Cattermole, «che non si possa dire lo stesso di lei. Professione dei genitori: fruttivendoli.»
Yaxley ridacchiò. Più giù, il soffice gatto d'argento continuava la sua marcia avanti e indietro; i Dissennatori aspettavano nei loro angoli.
Fu la menzogna della Um bridge che fece salire a Harry il sangue al cervello, spazzando via ogni cautela, l' idea che potesse usare il medaglione estorto a un criminale da quattro soldi per sostenere le proprie credenziali di Purosangue. Levò la bacchetta, senza nemmeno darsi la pena di nasconderla sotto il Mantello, ed esclamò: «Stupeficium!»
Un lampo di luce rossa; la Umbridge si afflosciò picchiando la fronte sulla balaustra: i documenti della signora Cattermole scivolarono dal suo grembo a terra e il gatto argenteo svanì. Un'aria ghiacciata li investì come un'improvvisa raffica di vento; Yaxley, confuso, cercava di capire da dove fosse venuto il colpo, quando vide la mano senza corpo di Harry e la bacchetta puntata contro di lui. Cercò di estrarre a sua volta la bacchetta, ma troppo tardi.
  «Stupeficium!»
Yaxley cadde a terra, accartocciato sul pavimento.
  «Harry!»
  «Hermione, non potevo star qui seduto a vederla…»
  «Harry, la signora Cattermole!»
Harry si voltò, togliendosi il Mantello dell'Invisibilità; di sotto, i Dissennatori avevano abbandonato i loro angoli e scivolavano verso la donna incatenata alla sedia: forse perché il Patronus era svanito o perché avvertivano che i loro padroni non controllavano più la situazione, nulla li tratteneva. La signora Cattermole emise un terribile grido di paura quando una mano viscida e coperta di croste le afferrò il mento e le spinse indietro la testa.
«EXPECTO PATRONUM!»
Il cervo d'argento sbucò dalla punta della bacchetta di Harry e balzò verso i Dissennatori, che indietreggiarono e tornarono a confondersi con le ombre. La luce del cervo, più potente e calda della protezione del gatto, illuminava tutta la segreta mentre l'animale trottava attorno alla stanza.
  «Prendi l'Horcrux« disse Harry a Hermione.
Ridiscese i gradini di corsa, infilando il Mantello nella saccoccia, e si avvicinò alla signora Cattermole.
  «Lei?» mormorò la signora, scrutandolo in viso. «Ma... ma Reg ha detto che è stato lei a suggerire il mio nome per l'interrogatorio!»
  «Davvero?» borbottò Ha rry, strattonando le catene che le legavano le braccia. «Be', ho cambiato idea. Diffindo!» Non successe nulla. «Hermione, come faccio a sbarazzarmi di queste catene?»
  «Aspetta, sto cercando di fare una cosa…»
  «Hermione, siamo circondati dai Dissennatori!»
  «Lo so, Harry, ma se si sveglia e non trova più il medaglione... devo duplicarlo... Geminio! Ecco, dovrebbe ingannarla…»
Hermione lo raggiunse di corsa.
  «Vediamo un po'... Relascio!»
Le catene si ritirarono ne i braccioli della sedia. La signora Cattermole era sempre più spaventata.
  «Non capisco» sussurrò.
  «Lei adesso viene via con noi» le ordinò Harry, tirandola su in piedi.
  «Va a casa, prende i bambini e scappa, lascia il paese se deve. Travestitevi e fuggite. Ha visto anche lei: qui non avrà mai un giudizio equo»
  «Harry» lo chiamò Hermione. «come facciamo a uscire con tutti quei Dissennatori là fuori?»
  «Con i Patroni» rispose Harry, e puntò la bacchetta verso il proprio: il cervo rallentò e si avvicinò alla porta, emanando la sua vivida luce. «Tutti quelli che riusciamo a mettere insieme; chiama il tuo, Hermione»
  «Expec-expecto Patronum» balbettò Hermione. Niente.
  «È l'unico incantesimo con cui abbia mai avuto problemi» spiegò Harry
alla signora Cattermole, ormai completamente interdetta.
  «Un vero peccato, direi… dai, Hermione…»
  «Expecto Patronum!»
Una lontra d'argento sbucò dalla p unta della bacchetta di Hermione e raggiunse il cervo danzando con grazia nell'aria.
«Andiamo» Harry guidò Hermione e la signora Cattermole verso la porta.
Fuori dalla segreta, la gente in attesa accolse i Patroni con urla di stupore. Harry si guardò intorno; i Dissennatori si ritraevano da un lato e dall'altro, confondendosi nel buio, disperdendosi davanti alle argentee creature.
  «È stato deciso che dovete andare tutti a casa ed entrare in clandestinità insieme alle vostre famiglie» annunciò Harry ai Nati Babbani in attesa, accecati dalla luce dei Patroni e in parte ancora tremanti. «Andate all'estero, se potete. State alla larga dal Ministero. Questa è la... ehm... la nuova posizione ufficiale. Ora, se seguite i Patroni potrete uscire dall'Atrium»
Risalirono le scale di pietra senza essere intercettati, ma quando arrivarono agli ascensori, Harry cominciò a nutrire dei dubbi. Se fossero sbucati nell'Atrium con un cervo d'argento, una lontra volante e una ventina di persone, metà delle quali accusate di essere Nati Babbani, non poteva fare a meno di pensare che avrebbero causato un qual certo scompiglio. Era appena giunto a questa spiacevole conclusione che l'ascensore si fermò sferragliando davanti a loro.
  «Reg» gridò la signora Cattermole, gettandosi tra le braccia di Ron.
  «Runcorn mi ha lasciato andare, ha aggredito la Umbridge e Yaxley e ha detto a tutti di abbandonare il paese: credo che sia meglio dargli retta, Reg, sul serio. Corriamo a casa a prendere i bambini e... perché sei tutto bagnato?»»
  «Acqua» borbottò Ron, liberandosi dalla stretta. «Harry, sanno che ci sono degli intrusi nel Ministero, parlavano di un buco nella porta dell'ufficio della Umbridge, abbiamo al massimo cinque minuti prima di»
Il Patronus di Hermione sparì con un pop mentre lei si voltava verso Harry, orripilata.
«Harry, se restiamo intrappolati qui…»
«Non succederà, se ci muoviamo» ribatté Harry. Si rivolse al gruppo silenzioso: tutti lo fissavano a bocca aperta.
  «Chi ha la bacchetta?»
Quasi metà alzarono la mano.
  «Bene, chi non ce l'ha stia vicino a qualcuno che ce l'ha. Dobbiamo fare in fretta... prima che ci fermino. Andiamo»
Riuscirono a stiparsi in due ascensori. Il Patronus di Harry fece la guardia davanti alle griglie d'oro che si chiudevano e gli ascensori cominciarono a salire.
  «Ottavo Livello» annunciò l'imperturbabile voce femminile. «Atrium»
Harry capì all'istante che erano nei guai. La sala era piena di gente che si
spostava da un camino all'altro, sigillandoli tutti.
  «Harry!» squittì Hermione. «Come faremo a...»
  «FERMI!« tuonò Harry, e la voce possente di Runcorn echeggiò nell'Atrium: i maghi che stavano chiudendo i camini s'immobilizzarono. «Seguitemi» sussurrò ai Nati Babbani terrorizzati che avanzavano in mucchio, scortati da Ron e Hermione.
  «Cosa succede, Albert?» chiese il mago stempiato che prima era arrivato dietro a Harry uscendo dal camino. Era nervoso.
  «Questi devono uscire prima che sigilliate i passaggi« rispose Harry con tutta l'autorità che riuscì a ostentare.
I maghi di fronte a lui si guardarono.
  «Ci è stato detto di sigillare tutte le uscite e di non permettere a nessuno…»
  «Osi contraddirmi?» minacciò Harry. «Vuoi che faccia controllare il tuo albero genealogico, come quello di Dirk Cresswell?»
  «Scusa!» boccheggiò il mago stempiato, arretrando.
  «Non volevo, Albert, ma credevo... credevo che fossero giù per gli interrogatori e…»
  «Il loro sangue è puro« proclamò Harry, e la sua voce fonda rimbombò nell'ingresso, impressionante. «Più puro di quello di molti di voi, direi.
Andate« tuonò ai Nati Babbani, che sgattaiolarono nei camini e svanirono a coppie. I maghi del Ministero si fece ro indietro, alcuni perplessi, altri spaventati e risentiti. Poi...
  «Mary!»
La signora Cattermole si guardò alle spalle. Il vero Reg Cattermole, che non vomitava più ma era pallido e smunto, era appena uscito di corsa da un ascensore.
  «R-Reg?»
Lei spostò lo sguardo dal marito a Ron, che imprecò.
Il mago stempiato spalancò la bocca, voltando la testa comicamente da un Reg Cattermole all'altro.
  «Ehi... che cosa succede? Che storia è questa?»
  «Chiudete l'uscita! CHIUDETELA!»
Yaxley era schizzato fuori da un altro ascensore e correva verso il gruppo davanti ai camini nei quali tutti i Nati Babbani, tranne la signora Cattermole, erano ormai spariti. Il mago stempiato fece per levare la bacchetta, ma Harry gli sferrò un pugno enorme che lo fece volare a mezz'aria.
  «Ha aiutato i Nati Babbani a fuggire, Yaxley!» urlò Harry.
I colleghi del mago stempiato fecero un gran trambusto, approfittando del quale Ron afferrò la signora Cattermole, la spinse nel camino ancora aperto e sparì. Incerto, Yaxley guardò prima Harry, poi il mago ammaccato, mentre il vero Reg Cattermole strillava:
  «Mia moglie! Chi era quello con mia moglie? Cosa succede?»
Harry vide Yaxley voltarsi e un sentore di verità farsi largo sul suo volto animalesco.
  «Via!» gridò a Hermione; le afferrò la mano e saltarono insieme nel camino mentre la maledizione di Yaxley volava sopra la sua testa. Vorticarono per qualche istante e schizzarono fuori da un water dentro un cubicolo. Harry spalancò la porta; Ron, vicino ai lavandini, cercava ancora di liberarsi dalla signora Cattermole.
  «Reg, non capisco...»
  «Mi lasci, non sono suo marito, deve andare a casa!«
Ci fu un rumore nel cubicolo accanto; Harry si voltò a guardare: Yaxley
era appena apparso.
  «ANDIAMO!« urlò Harry. Afferrò di nuovo Hermione per la mano e Ron per il braccio e girò su se stesso.
Il buio li avvolse, insieme al consu eto senso di compre ssione, ma qualcosa non andava... la mano di Hermione sfuggiva alla sua stretta...
Si chiese se stava per soffocare, non riusciva a respirare né a vedere e le sole cose concrete al mondo erano il braccio di Ron e le dita di Hermione, che lentamente scivolavano via...
E poi vide la porta del numero dodici di Grimmauld Place, con il suo battente a forma di serpente, ma prima che riuscisse a riprendere fiato si levarono un urlo e un lampo di luce viola; la mano di Hermione all'improvviso si chiuse sulla sua come una morsa e tutto fu di nuovo buio.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: G_Monti_E_97