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Autore: Carla Marrone    03/09/2023    2 recensioni
Hai viaggiato a lungo. In fondo a quella che sembrava un'interminabile mulattiera, scorgi, finalmente, le luci delle candele. Entri in una taverna, lasciandoti alle spalle la bufera dell'inverno. Più che il freddo, la stanchezza e la fame, ti preoccupa la preziosa vita della creatura che nascondi, sotto il mantello.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CONVERSAZIONE CON UN ELFO

 

“Benvenuto, viaggiatore. Accomodati.” La tua attenzione è presto catturata dalla voce di donna, alla destra dell’enorme stanza. Al bancone della taverna, un elfo asciuga, con un canovaccio, un boccale ligneo. A tradirla sono unicamente le orecchie a punta. Indossa indumenti semplici, tipici di normali esseri umani: una camicia bianca, dalle maniche lunghe ed ampie ed una gonna rossa a vita alta che le cinge le caviglie, ornata da motivi floreali azzurri. I capelli, color mogano, sono acconciati in una treccia morbida che le ricade su di una spalla. Richiudi il pesante portone del locale, le vecchie giunture ferree cigolano e ti lasci alle spalle, momentaneamente, il rigido inverno. Ti guardi intorno. Il luogo è rivestito di mattoni grigiastri, gli unici ad abitarlo sono avventori dell’ultima ora, probabilmente, contadini che, ultimato il lavoro, nelle fattorie, sono usciti per una bevuta di birra, prima di andare a dormire. Sono pochi e parlano con voci farfuglianti e sommesse. Il loro distante brusio è come una nenia. Sei in cammino da giorni e non hai incontrato anima viva. Noti le spesse travi di legno, a rivestimento delle colonne portanti e sul soffitto, ed il caminetto crepitante, accanto ai tavoli, sulla destra. Ti avvicini all’elfo ed abbozzi un inchino. Prendi posto al tavolo più prossimo al camino. La donna pone il boccale di legno, accanto ad altri uguali, su di una mensola, alle sue spalle, mentre le stoviglie di creta, una volta asciugate, vengono posizionate in una credenza verde pervinca, a vetro, a lato del piano di lavoro. Piega lo straccio, lo lascia cadere sopra una botte e si reca al posto che hai occupato, per prendere l’ordinazione. “Deve fare parecchio freddo, fuori. Ho sentito il rumore del vento, quando hai aperto la porta.” Scambia due parole, in tono piatto, sembra annoiata. 

“Ha cominciato da circa un’ora, sembra metta bufera.” Le rispondi, riferendoti al vento. “Davanti al fuoco si sta proprio bene.” Ti lasci sfuggire, sollevato. 

Sorride. “Mi fa piacere. Cosa ti porto da bere, viaggiatore, abbiamo birra, vino, oppure, idromele?” Scegli l’ultima opzione.

“Ottimo per una notte fredda.” Commenta, prima di tornare al bancone. 

Ciò che hai ordinato, giunge celere. “Sei in viaggio da molto?” Chiede curiosa. 

“Quasi tre giorni.” Assaggi il liquido tiepido e ti senti rinascere. 

“Immagino, allora, che sarai affamato. Abbiamo carne arrosto, accompagnata da patate caramellate al miele, pane sfornato oggi e, come dolce, una torta di zucca.” 

“Prendo tutto.” Asserisci famelico. 

L’elfo annuisce e sfreccia al lavoro. 

 

“Com’era?” Domanda soddisfatta, una volta che hai terminato tutto ciò che avevi nei piatti. 

“Buonissimo!” Affermi, altrettanto soddisfatto. 

“Mi fa piacere.” Inizia a raccogliere ciotole e posate. “Desideri fermarti per la notte? Le stanze sono pulite ed, in ciascuna, c’è un baule con ulteriori coperte, in caso tu ne abbia bisogno.” Aggiunge, parlando in maniera automatica. 

Le comunichi che ti fermerai. 

“Fanno dieci monete, inclusa la cena.” 

E’ un po’ più di ciò che vorresti pagare, ma, sai bene che non troveresti luogo più economico ed altrettanto vicino alla mulattiera, ad un’ora così tarda. 

Estrai dalla tasca un sacchetto di pelle marrone, ne tiri i lembi annodati ed, in breve, esegui il calcolo. Poni il pagamento nella mano della locandiera. La donna controlla, più per dovere, che per sfiducia. Impiega, decisamente, più tempo di te a contare i soldi. “Grazie. Sei un mercante?” Fai un cenno col capo. 

“L’avevo capito.” Sorride e strizza l’occhio. “Ci sono bagagli che devo portare nella tua stanza?” Stavolta, il gesto esprime diniego. 

“E’ curioso, per uno della tua professione, non averne…” Sembra più che altro perplessa. 

“Commercio gemme. Non occupano molto spazio. Le tengo in una piccola borsa, sotto il mantello.” Spieghi, sbadigliando. 

“Devi essere molto stanco… ed anche la creatura che viaggia con te.” Insinua, ammiccando. Lo stupore ti desta. 

“Ti ho visto tentare di nutrirla, quando cenavi. Devi sapere che le fate non mangiano gran parte del cibo umano. Non avresti fatto che peggiorare la sua condizione.” Afferma saccente. Ti dimostri allibito. 

Sorride di nuovo, stavolta, in maniera bonaria. “Se avrete la pazienza di aspettare la chiusura del locale, le porterò un tè a base di erbe. Le ho raccolte nella foresta ed essiccate io stessa. Vedrai che le farà bene. Ho studiato Cura delle Creature Magiche, quando vivevo nel Paese degli Elfi.” 

Metti subito mano alla borsetta delle monete. “Ah, no, ti prego. E’ un piacere per me. E’ da centinaia di anni che non vedevo una fatina. Da queste parti, sono sparite.” 

 

“Qual è il suo nome?” Ti chiede, ponendo il vassoio, sul tuo tavolo, dopo aver chiuso a chiave la porta della locanda. 

“Muschietta.” Rispondi, intenerito. 

“Carino.” Commenta, stringendo le labbra, gli occhi lucidi. 

Prende un contagocce dal vassoio ed inizia a nutrire la piccola creatura. E’ profondamente addormentata, nel fazzoletto di velluto verde scuro, in cui tentavi di proteggerla, sotto al mantello. Nel momento esatto in cui l’intruglio le sfiora le labbra, sembra ridestarsi, pur apparendo ancora assonnata. La cameriera riesce a fargliene bere due fiale, dopodiché, decide che può bastare, per il momento. 

“Le sue ali brillano molto poco.” Sentenzia, accorata. 

Estrae un metro da sarta, di seta ingiallita, con alcuni numeri scoloriti ed inizia a misurare le ali di Muschietta. Per un qualche astruso motivo, attendi un ipotetico responso, col cuore in gola.  

“Non si sono ridotte, è un bene. Posso domandarvi per quale motivo viaggiate insieme?” 

“L’ho incontrata, quando sono passato dal Bosco Incantato. Mi ero perso e lei si è offerta di farmi da guida. In cambio, mi ha chiesto di mostrarle il mondo…” Le racconti e cerchi altre parole, forse per spiegare quanto le sei affezionato, ma non giungono. 

“La gran parte delle persone non sente parlare le fate, molti non le vedono nemmeno. Se tu ci riesci, sai bene qual è la cosa giusta da fare.” L’elfo ti guarda dritto negli occhi, con espressione accigliata. 

“Riportarla da dove viene.” Concludi, non senza una punta di rammarico, la riflessione. Muschietta è stata, per molto tempo, la tua unica compagna di viaggio. Era bello mostrarle molte cose ed altrettante apprenderne da lei. 

L’elfo sembra leggerti nel pensiero:- So che sarà dura, ma, è giusto così. Lei è un essere vivente e non una delle tue fredde pietre.-

“E’ vero. E non c’è nulla di più prezioso che la Vita.” Osservi, più che mai rivolto a te stesso.

 

Rimanete in silenzio, davanti al focolare acceso, un senso di attesa, carico di pensieri e ricordi, aleggia nell’aria. Ripensi alla tua storia, dall’infanzia, in cui sognavi di incontrare, magari, una creatura magica, fino al giorno in cui il tuo sogno si era avverato. E d’un tratto un luccichio iridescente ti dice che il sogno non si è ancora concluso. Muschietta sta bene! Sbadiglia, dopodiché stiracchia le piccole ali, di nuovo brillanti. Ti sorride. La locandiera si alza in piedi e la fatina le rivolge un’occhiata incuriosita. “Cerca di fargliene bere ancora una, o due fiale.” Indica la pozione a base di erbe. “E mi raccomando.” Non finisce la frase, per non turbare prematuramente la minuscola creatura, ma il tono è perentorio. Tu annuisci. Vi siete capiti. 

L’elfo sparisce nel buio, in fondo alla sala, ha già spento parte delle candele. Inizia a passare la scopa di fascine, cercando di non fare troppo rumore. Decidi di andare a dormire. Domani un’altra giornata impegnativa ti attende. Copri bene la lucciola dalle sembianze umane, col fazzoletto di tessuto pesante e, con l’altra mano, prendi il tè. Prima di salire le scale che conducono agli alloggi, lasci un grosso quarzo rosa sul bancone della taverna. Sei certo che non basti, comunque, a coprire il prezzo della vera amicizia e della spontanea gentilezza. Sono entrambe gemme estremamente rare.   

   
 
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